martedì 28 gennaio 2020

Cambiare le regole si può, si deve.

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Per ridare alla politica il suo alto significato di "arte di governare" bisognerebbe:
- cambiare alcune leggi come, ad esempio, quella elettorale che dovrebbe contenere tutte le cautele necessarie a non permettere che si verifichino i problemi che si sono dovuti affrontare fino ad oggi;
pertanto, si dovrebbe studiare una legge che eviti la formazione di quei piccoli gruppi di "rapaci" che non superando la soglia del 10% di sbarramento e che non avendo programmi o collocazioni distinte, si appoggiano una volta all'una e l'altra volta all'altra fazione del parlamento a seconda della loro convenienza, creando solo scompiglio; per cui si dovrebbe innalzare la soglia di sbarramento ad almeno il 30%; si avrebbero così solo tre grossi partiti, (anche se sarebbe meglio averne solo due: l'Inghilterra e gli USA con il sistema bipartitico hanno meno problemi di governabilità);
- poi si dovrebbe vietare ai fannulloni senza dignità e responsabilità, di emigrare da un partito all'altro, con nonchalance, vendendosi al miglior offerente ( "se non ti senti più in sintonia con il partito per cui sei stato eletto, in rispetto della volontà di chi ti ha scelto, devi dimetterti e tornare a casuccia tua");
- diminuire il numero di deputati e senatori, infatti, meno teste di tufo ci sono e più è facile legiferare per il bene comune;
- condannare pecuniariamente, infine, con ammende salatissime, quei fannulloni che hanno promesso mari e monti e poi non hanno mantenuto le proposte avanzate.

Ma la mia è un'idea utopistica.
Quei signori che si sono appropriati del Parlamento, infatti, si sono asserragliati in quella bomboniera e non intendono mollarla, si fanno leggi ad hoc che incentivano loro stessi tartassando la plebe che li mantiene, assumendo, al contempo, il ruolo di semidei.
E chi li smonta più questi parassiti?

C.

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