Due settimane fa, affidandomi all’intelligenza collettiva, vi ho invitato a ricordare le bestemmie aggirate dell’infanzia, tipo “Dio svizzero!”, e avete risposto in massa. Non ne dubitavo. Scelgo dunque fior da fiore, rinnovando l’appello alle regioni latitanti, che custodiscono tesori blasfemi di cui sarebbe solo egoista mantenere il segreto. Come tutti sanno, di solito la parabestemmia usa vocaboli assonanti (Maremma e madosca per Madonna; zio, tio, due, diesel, dinci per Dio; ostrega per ostia). Roberto Corbari scrive che, quando giocava nella squadra di basket di Gualtieri (RE), avevano un presidente che odiava le bestemmie. E poiché “il discorso non scorre correttamente, senza bestemmie-intercalari”, per evitare multe salate ne usavano alcune “che porto ancora nel cuore. Le più azzeccate erano Orto mio, Porco bio, Bio porco, e soprattutto Porta ’na donna”. Giuliano Valla ricorda l’antico Porca madosca. (Che nostalgia! La diceva pure mio nonno, ma mia madre lo costrinse a controllarsi dopo che lanciai un porca madosca a un pranzo di Natale. “E questa dove l’hai imparata?” “Dal nonno”. Avevo quattro anni). Maurizio Moretti cita zio cannone e zio canaglia (nello Spezzino), e il sublime “zio sacco di riso porco dieci volte al chicco” (in Toscana). Stefano Valori assicura che il “dio lucchese” di suo nonno era una bestemmia “assai poco aggirata e molto diretta. Vivo a Fucecchio, la simpatia per i lucchesi è tale che un tipo particolare di rovi che si trovano nei nostri boschi, dalle spine particolarmente dolorose in caso di puntura, sono detti pruni lucchesi. C’è poi un epiteto, dalle nostre parti, che condensa in sé quattro offese: macalupente (maiale, cane, lupo e serpente). Caduto in disuso, quando ero bambino i vecchi lo rivolgevano alle varie persone della divinità. Che molti toscani siano grossi bestemmiatori non dipende dal fatto che siano particolarmente accaniti contro la religione, ma dalla grande confidenza. Da noi, il prendersi in giro, la battuta e anche l’offesa sono molto più frequenti e meno pesanti (il permaloso viene subito emarginato) che nel resto d’Italia. Il fatto quindi che, secondo la religione cristiana, Dio si sia fatto uomo, lo relega a prendersi battute e offese come tutti”. Giulio Pagliaricci scrive: “Sono di Pescara e qui vicino c’è una frazione che si chiama Sambuceto. All’età di 8 anni sentii esclamare ‘mannaggia Sambuceto’. Mi parve subito perfetta. Alla prima occasione la usai, ero agli scout, facevo il lupetto. I capi mi fecero una delle più grandi cazziate della mia vita! Non so se è perché l’ho detta talmente bene da sembrare vera o perché era troppo perfetta e li ho spiazzati”. Gianluca Petracci: “Mio padre dice spesso ‘porco diiiii…’ e se mia madre rischia di sentire, conclude con ‘…avolo sporco’. Alle medie, un mio compagno di banco, Romagnoli, per avvicinare il suo banco al mio senza fare rumore lo solleva di peso e lo poggia sopra il mio piede, esattamente sul mellino, rompendomi l’unghia. In preda al dolore sono balzato in piedi esclamando: ‘Romagno’, la focaccia de mammeta!’ La prof mi mise una nota: ‘L’alunno Petracci invoca ad alta voce l’organo riproduttivo della madre dell’alunno Romagnoli’. Inoltre, mi mandò dal preside, che generosamente mi assegnò due giorni di sospensione con obbligo di frequenza, fregandosene del fatto che le mie Converse bianche erano sporche di sangue”. Ne avete altre? Scrivetemi, porca madosca, no? (lettere@ilfattoquotidiano.it).
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