martedì 13 ottobre 2020

Bar e movida, feste e matrimoni: ecco la stretta soft del governo. - Alessandro Mantovani e Paola Zanca

 

Il decreto - Party vietati all’aperto e al chiuso, non più di 30 ai ricevimenti di nozze, massimo 6 ospiti “raccomandati” nelle case.

Sono vietate le feste all’aperto e al chiuso: massimo 30 persone per i ricevimenti di nozze e battesimi, non più di 6 nelle case, ma il limite è solo “raccomandato”. Tetto del 15 per cento della capienza per gli spettatori degli eventi sportivi fermo restando che non si può andare sopra i mille in Serie A. Bar e locali chiusi alle 24 con divieto di consumazione all’aperto dalle 21, salvo servizio al tavolo. Stop a calcetto, basket, boxe e sport di contatto amatoriali mentre le attività delle federazioni proseguiranno. Mascherine anche in casa se ci sono non conviventi. Limiti confermati per cinema e teatri salvo deroghe già previste. E ancora, incremento dello smart working e stop alle gite scolastiche.

Il nuovo Decreto del presidente del Consiglio (Dpcm) è pronto, Giuseppe Conte e i ministri della degli Affari regionali e della Salute, Francesco Boccia e Roberto Speranza, ne hanno discusso fino a ieri sera nella “cabina di regia” con il presidente della Conferenza Stato-Regioni Stefano Bonaccini e il presidente dell’Anci (Comuni) Antonio Decaro. Ieri sera gli uffici legislativi stavano limando il provvedimento che per la prima volta da maggio introduce restrizioni, sia pure limitate, per contenere il Coronavirus. Le resistenze dei rappresentanti degli enti locali si sono concentrate sui locali. A evitare le chiusure anticipare dei bar ha provato Decaro, sindaco di Bari, che ha chiesto anche di incentivare lo smart working e di differenziare gli orari di apertura delle scuole per diluire il più possibile la circolazione sulle strade e sugli autobus. “L’epidemia sta assumendo dimensioni che ci obbligano a nuove misure. Dobbiamo, allo stesso tempo, tenere aperto il Paese e tutelare soprattutto lavoro e scuola”, ha detto Boccia.

Per i locali della movida il governo ha retto sulle ore 24, scartando l’ipotesi di arrivare all’una di notte, ma d’altro canto il “rigorista” Speranza all’inizio chiedeva lo stop alle 22 o alle 23. Dalle 21 non si potrà consumare all’aperto, almeno in piedi vicino ai locali: i controlli toccheranno soprattutto alle polizie locali, come disposto dal Viminale. Trattativa anche su eventi sportivi e spettacoli: sui primi il governo partiva dal 10 per cento della capienza, gli enti locali hanno strappato il 15, fermo restando il tetto massimo di mille spettatori; per cinema e teatri restano in vigore le ordinanze regionali. Non ci sono provvedimenti per la scuola, né sui trasporti per i quali la capienza massima rimane l’80 per cento con l’impegno a fare più verifiche. Se il limite dovesse scendere al 50 per cento c’è l’ipotesi di didattica a distanza per le superiori, avanzata da alcune Regioni.

Il governo corre ai ripari, è il primo passo sulla scala che ne prevede altri due fino al lockdown che nessuno vuole all’aumentare del tasso di riproduzione del virus Rt e di altri indici sanitari. L’ultimo monitoraggio, che si ferma al 4 ottobre e dunque prima del raddoppio dei casi giornalieri da circa 2.500 a oltre 5.000, fissava Rt a 1,06: vuol dire che una persona infetta ne contagia in media più di una e la curva epidemica sale. Ieri il dato è sceso, sono 4.691 i casi registrati da domenica e le Regioni che ne contano di più sono sempre Lombardia e Campania: 696 e 662. Ma come ogni lunedì ci sono meno tamponi: 85 mila dopo cinque giorni sopra i 100 mila e fino a 130 mila ogni 24 ore. Infatti continua a crescere il rapporto positivi/tamponi: 5,4 per cento; fino al 7 ottobre non aveva mai superato il 3. Il morti sono stati 39, anche qui con un aumento rispetto ai giorni scorsi (il totale ufficiale è 36.305). Negli ospedali si contano 302 ricoverati in più nei reparti ordinari (per un totale di 4.821 in tutta Italia) e 32 nelle terapie intensive (452 in totale).

Intanto il ministero della Salute ha varato le nuove regole sulla quarantena, dopo il via libera del Comitato tecnico scientifico: non più 14, ma 10 giorni per i contatti stretti dei positivi, purché con tampone molecolare o test antigenico rapido alla fine; senza test i giorni restano 14. Dieci giorni di cui tre senza sintomi per i positivi, con tampone molecolare negativo (fino a ieri erano due a 24 ore l’uno dall’altro). O al massimo 21 giorni: anche se il tampone è positivo, il soggetto non è più ritenuto contagioso. I test, secondo governo e Cts, potranno farli anche i medici di famiglia, chiamati a rimediare ai limiti delle Asl, ma le loro associazioni resistono: i nostri studi, dicono, non sono attrezzati.

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