sabato 4 giugno 2022

Rinnovabili, l’ultima frontiera arriva dagli abissi marini. Il caso del Giappone: “Qui la corrente Kuroshio potrebbe generare il 60% dell’attuale capacità del Paese”. - Luisiana Gaita

 

Non solo flussi oceanici, ma anche maree e onde: vantaggi e limiti dei progetti. Il fenomeno Tokyo: i flussi permettono al sistema “una generazione di energia del 50-70%”, secondo una ricerca di Bloomberg Net, dunque maggiore rispetto a circa il 29% dell’eolico onshore e il 15% del solare.

Una turbina sottomarina gigantesca, che assomiglia a un aeroplano, da ancorare sul fondo del mare perché sfrutti l’energia della seconda corrente più potente al mondo, quella di Kuroshio, che corre lungo la costa orientale del Giappone. Il piano è questo e l’energia prodotta dalla turbina Giant Deep Ocean, al contrario di ciò che accade oggi per altre rinnovabili come l’eolico e il solare (che dipendono dalle ore del giorno e dalle condizioni atmosferiche), sarebbe una fonte di elettricità costante e affidabile. Da più di dieci anni, la multinazionale industriale giapponese IHI Corporation ha sviluppato il prototipo Kairyu, una macchina da 330 tonnellate con due ventole a turbina controrotanti e una fusoliera centrale che ospita un sistema di regolazione dell’assetto, progettata per essere ancorata a una profondità di 30-50 metri. Nella produzione commerciale, però, le turbine ricaveranno energia dalle corrente di Kuroshio, il corrispettivo della corrente del Golfo per l’oceano Atlantico, trasportando acqua calda tropicale verso il Polo Nord.

I test e il potenziale della corrente di Kuroshio – Come raccontato da Bloomberg, a febbraio 2022 la multinazionale giapponese ha completato uno studio dimostrativo sulla tecnologia durato tre anni e mezzo e condotto insieme alla New energy and industrial technology development organization (Nedo). Il sistema è stato testato nelle acque intorno alle isole Tokara, nel sud-ovest del Giappone, agganciando Kairyu a una nave a cui è stata inviata energia. La nave è stata prima indotta a generare artificialmente una corrente, e poi le turbine sono state sospese in quella di Kuroshio. Secondo la multinazionale e Nedo, solo il prototipo potrebbe generare 100 kilowatt di potenza stabile, ma l’azienda prevede di lavorare a un sistema che arrivi a 2 megawatt e che potrebbe essere operativo dal prossimo decennio. Nedo stima che la corrente di Kuroshio potrebbe potenzialmente generare fino a 200 gigawatt, circa il 60% dell’attuale capacità del Giappone. Secondo l’Ocean Energy Systems, collaborazione intergovernativa istituita dall’Agenzia internazionale per l’energia, entro il 2050 a livello globale potrebbero essere distribuiti più di 300 gigawatt di energia oceanica. Che è solo una delle fonti di energia che arrivano dal mare, insieme a quelle ricavate da ondemaree, gradienti di salinità e di temperatura, che sfrutta la differenza di temperatura tra la superficie e le profondità dell’oceano.

Il confronto con le rinnovabili non programmabili – Soprattutto dopo l’incidente nucleare di Fukushima, anche in Giappone si è investito soprattutto in eolico e solare, tecnologia nella quale Pechino è terzo produttore mondiale. Il primo vantaggio delle correnti oceaniche, però, è la loro stabilità: si tratta di masse d’acqua che scorrono a lungo senza mescolarsi tra di loro, con una direzione e una velocità quasi costante. In termini di capacità, questo permette al sistema “una generazione di energia del 50-70%”, secondo una ricerca di Bloomberg Net, dunque maggiore rispetto a circa il 29% dell’eolico onshore e il 15% del solare. Pur investendo molto nell’eolico offshore, inoltre, il Giappone è anche meno avvantaggiato rispetto ai Paesi europei che si trovano a latitudini più elevate e sono esposti ai venti predominanti da ovest e, dunque, sta puntando molto sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie che sfruttano il mare.

Il Giappone investe sul mare. E non è solo – Il gigante giapponese Mitsui OSK Lines Ltd., una delle più grandi compagnie di navigazione del mondo, ha investito in Bombora Wave Power, pluripremiata compagnia energetica fondata nel 2012 in Australia, ma che oggi ha sede nel Galles, che ha messo a punto il convertitore di energia delle onde mWave™. Con l’investimento si punta a esplorare il potenziale della tecnologia in Giappone e in Europa. Sempre la Mitsui OSK Lines è impegnata nel progetto di avvio di una centrale che sfrutti la conversione dell’energia termica oceanica (OTEC). Oggi gestisce un impianto dimostrativo da 100 kW ad Okinawa, ma l’obiettivo è di arrivare a una potenza di 1.000 kW entro il 2025. La Kyuden Mirai Energy, unità rinnovabile della Kyushu Electric, invece, inizia quest’anno un test da 650 milioni di yen (5,1 milioni di dollari) per produrre un megawatt di energia delle maree intorno alle isole Goto, nel Mar Cinese Orientale. Tra le tecnologie per l’energia marina, in effetti, a contare sui progressi più veloci, anche in termini di costi, è quella che utilizza il flusso delle maree. Lo sanno bene in Scozia, dove la Orbital Marine Power ha lanciato nel 2021 la turbina marina 02 che, alle Orcadi, la scorsa estate ha iniziato a immettere in rete energia sfruttando le correnti di marea. È scozzese anche la Sustainable Marine, con le sue turbine galleggianti, vuole sfruttare le correnti di marea da record della Baia di Fundy, tra la Nuova Scozia e il Nuovo Brunswick, in Canada. Ma ci sono diverse società e progetti in tutto il mondo, Stati Uniti compresi.

Le energie del mare, vantaggi e svantaggi a confronto – Questo perché, sebbene i flussi di marea non durino 24 ore, tendono ad essere più forti delle correnti oceaniche profonde. Tornando alla corrente di Kuroshio, infatti, questa scorre da 1 a 1,5 metri al secondo, rispetto ai tre metri al secondo di alcuni sistemi di marea. E non si tratta dell’unica difficoltà da affrontare: sebbene le correnti oceaniche potrebbero fornire l’energia costante sufficiente per ridurre la necessità di stoccaggio e la dipendenza dai combustibili fossili, questo dipende in primis dalla posizione e dalla forza delle correnti, oltre che da una serie di altri fattori come l’accesso a mercati e reti, i costi di manutenzione, ma anche gli eventuali impatti ambientali. La prima sfida è quella di costruire un sistema che possa generare energia da correnti che non sono particolarmente forti. Nel caso del Giappone, le correnti oceaniche profonde offrono una serie di vantaggi. Oltre al potenziale di quella di Kuroshio, ci sono i limiti delle fonti alternative. Qui, infatti, “l’energia delle onde è moderata e instabile durante tutto l’anno – ha spiegato a Bloomberg Ken Takagi, professore di politica della tecnologia oceanica presso la Scuola di specializzazione in Scienze di frontiera di Tokyo – mentre le aree con forti correnti di marea tendono ad avere un intenso traffico marittimo”, fattore che non incide sulla corrente oceanica profonda. Anche il gradiente termico è maggiore nelle regioni tropicali.

Le sfide del progetto – Rispetto all’impatto sull’ecosistema marino, IHI dichiara di aver condotto una valutazione ambientale prima di avviare il progetto e di utilizzare i risultati dei test per esaminare qualsiasi impatto sull’ambiente marino e sull’industria della pesca. Altra sfida è relativa alla difficoltà di costruire un impianto sott’acqua, abbastanza robusto da resistere anche a condizioni ostili. “A differenza dell’Europa, che ha una lunga storia di esplorazione petrolifera del Mare del Nord, il Giappone ha poca esperienza con le costruzioni offshore” ha spiegato Takagi. È poi c’è la questione economica: i costi del progetto e dell’energia oceanica devono essere competitivi. Su larga scala IHI mira a generare energia a 20 yen per kilowattora, mentre in Giappone il solare è a 17 yen e l’eolico offshore a circa 12-16 yen.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/06/03/rinnovabili-lultima-frontiera-arriva-dagli-abissi-marini-il-caso-del-giappone-qui-la-corrente-kuroshio-potrebbe-generare-il-60-dellattuale-capacita-del-paese/6613807/#

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