giovedì 17 novembre 2022

Finiamola di sottometterci all’arroganza di Zelensky. - Massimo Fini

 

Adesso l’arroganza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha superato ogni limite: non si accontenta più di dettare l’agenda politica dell’Ue, ma vuole cancellare la cultura russa dall’Europa, la stessa pretesa di Putin con l’Ucraina. Come racconta Marco Travaglio […]
Adesso l’arroganza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha superato ogni limite: non si accontenta più di dettare l’agenda politica dell’Ue, ma vuole cancellare la cultura russa dall’Europa, la stessa pretesa di Putin con l’Ucraina.
Come racconta Marco Travaglio sul Fatto:
“Il console ucraino Andrii Kartysh ha intimato a Sala, a Fontana e al sovrintendente Meyer di cancellare la prima della Scala col Boris Godunov di Musorgskij e ‘rivedere’ il cartellone per ripulirlo da altri ‘elementi propagandistici’, cioè da opere di musicisti russi”.
Dà ordini perentori ai sindaci, ai presidenti di Regione, ai direttori artistici, vuole decidere lui, attraverso i suoi scagnozzi, quale deve essere il cartellone della Scala. La Scala, il più grande teatro al mondo di musica classica, di balletto, di operistica, dove sono stati messi in scena i maggiori compositori russi, da Tchaikovsky a Rimsy-Korsakov a Prokofiev a Khachaturian a Stravinsky, dove hanno ballato le più grandi étoile russe, da Rudy Nureyev a Baryshnikov e, per restare a casa nostra, sempre che rimanga tale, dove sono stati dati tutti i nostri grandi dell’opera, da Puccini a Rossini, da Verdi a Vivaldi, da Monteverdi a Bellini, dove hanno cantato Maria Callas e la Tebaldi.
Che cosa ci hanno dato gli ucraini in cambio? Zero, zero.
Volodymyr Zelensky è un filo-nazista, non perché lo ha bollato così Putin, ma perché una parte del suo popolo, sia pur carsicamente, lo è, non solo i miliziani del battaglione Azov che lo sono apertamente, sono inglobati nell’esercito regolare ucraino e vengono continuamente esibiti e magnificati dal loro presidente.
Infatti due settimane fa, come già l’anno scorso, il suo governo ha votato contro l’annuale risoluzione Onu che condanna l’esaltazione del nazismo: l’aveva già fatto l’anno scorso, insieme agli Usa, mentre stavolta Kiev si è tirata dietro i principali Paesi europei, Italia inclusa.
Quando in Ucraina c’era la Wehrmacht, con cui non si scherzava, gli ucraini sono stati attori, in proporzione, di uno dei più grandi pogrom antiebraici.
Volodymyr Zelensky gonfia il petto per la resistenza all’“operazione speciale” di Putin. Ma con le armi che gli hanno dato gli americani e disgraziatamente anche l’Unione europea, che continua a non capire dove sono i suoi veri interessi, pure il Lussemburgo avrebbe resistito al tentativo di occupazione russa.
Lo so, lo so che è obbligatorio premettere che qui c’è un aggressore, la Russia, e un aggredito, l’Ucraina.
Tutto vero, però queste sottili distinzioni non si sono fatte quando gli aggressori eravamo noi, Germania in parte esclusa, in Serbia 1999, in Afghanistan 2001, in Iraq 2003, in Somalia, per interposta Etiopia, 2006-2007, col bel risultato di favorire gli Shabab che hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico, e infine in Libia, 2011, in una delle più sciagurate operazioni di alcuni Paesi Nato, Stati Uniti, Francia e Italia a governo Berlusconi.
Però solo Putin continua a essere massacrato dalla cosiddetta “comunità internazionale” che altro non è che il coacervo di Stati stesi come sogliole ai piedi degli States e che è sì internazionale, ma non è mondiale, perché a questa condanna sono estranei non solo la Cina e l’India, circa tre miliardi di persone, ma anche quasi tutti i Paesi sudamericani, tanto più che ora Lula ha cacciato a pedate il ‘cocco’ dell’Occidente, Bolsonaro.
Inoltre in questa damnatio memoriae qualche ragione ce l’ha anche la Russia di Putin. Non è rassicurante essere circondati da Paesi Nato e filo-Nato cioè, attraverso gli Stati Uniti, da Stati potenzialmente nucleari, oltre che dai nazisti ucraini.
Pistola alla tempia, io scelgo la Russia, anche l’attuale Russia, non l’Ucraina. E forse faccio anche a meno della pistola.
F.Q. 17 novembre

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