L’ex presidente della Camera aveva firmato un contratto con la Protezione civile. Poi dei farmacisti le vendevano al +250% ed è intervenuta la Finanza: manca la certificazione.
Tutto inizia ai primi di aprile, nel momento più drammatico della pandemia. Nel Savonese vengono denunciati i proprietari (senza scrupoli) di alcune farmacie, che vendevano mascherine di protezione con ricarichi esorbitanti: 200-250%. La procura di Savona affida le indagini alla guardia di finanza, che inizia a risalire la filiera di questa fornitura. E gli uomini delle Fiamme gialle arrivano fino ad un hangar commerciale del terminal 2 dell’aeroporto di Malpensa, dove sono custodite appunto migliaia di mascherine Fpp2 (modello che garantisce protezione medio-alta: di meglio ci sono solo le Fpp3, usate quasi esclusivamente negli ospedali. Qui l’inchiesta di Milena Gabanelli). Il carico viene sequestrato su disposizione della procura di Savona, che contesta l’assenza del marchio di certificazione.
Il contratto. La Finanza scopre un particolare non da poco: le mascherine sono state importate dalla Cina dalla Only logistics Italia srl, società di cui è amministratrice unica Irene Pivetti, che nel 1994 (a 31 anni) con la casacca della Lega Nord diventò la più giovane presidente della Camera. Archiviata la carriera politica, Pivetti ha poi iniziato a fare l’imprenditrice, stabilendo tra l’altro una solida di rete di relazioni con l’estremo oriente. Nei giorni più tragici del Covid-19, con un’ondata di morti che sembra inarrestabile, le mascherine di protezione sono pressoché introvabili. La Protezione civile, per ragioni di estrema urgenza, firma con la società di Pivetti un contratto per la fornitura di15 milioni di mascherine, al prezzo di 30 milioni di euro. E una buona parte di queste vengono appunto sequestrate a Malpensa.
«Regole cambiate in corsa» Il motivo? «La mia società ha iniziato a importare questa partita sulla base della legislazione prevista dal decreto legge del 2 marzo, che poi è stata recepita in senso assai restrittivo nel Cura Italia — spiega Irene Pivetti, interpellata dalCorriere— . Noi abbiamo rispettato quanto previsto dal contratto con la Protezione civile, soltanto che poi le regole sono cambiate in corsa, affidando all’Inail la competenza di certificare i dispositivi di protezione», certificazioni che poi non sono state ritenute consone.
La società di Pivetti. Pivetti è molto amareggiata mentre ripercorre la vicenda: « Abusivamente si pensa che una persona che venti anni fa ha fatto politica non possa fare l’imprenditrice: sono stata colpita per il mio cognome, mi fossi chiamata “Rossi” non sarebbe successo nulla — si sfoga —. Ma nel mio lavoro ho profuso anni di impegno e sacrifici». La società dell’ex presidente di Montecitorio nel 2018 ha fatturato 72 mila euro, con un utile di appena 2.300 euro. Poi un affare da 30 milioni, come è possibile un salto del genere? «Sono 10 anni che lavoro con la Cina: abbiamo grandi uffici e ampi spazi commerciali, un business poi strozzato dal Coronavirus — risponde Pivetti —. E grazie a queste relazioni ho pensato che avrei potuto dare una mano al mio Paese: che deficiente sono stata, ma lo rifarei».
60% di pagamento anticipato. La struttura commissariale del governo per l’emegenza, guidata da Domenico Arcuri, ha previsto norme rigide per limitare i rischi di truffe: le forniture di mascherine oggi vengono pagate alla consegna. Mentre il contratto della società di Pivetti prevedeva il 60% di pagamento anticipato e il 40% alla consegna: perché? «Il contratto con la mia società era stato firmato con la Protezione civile: le regole erano quelle, poi sono cambiate. Io ho rispettato tutto, e quell’operazione era pure in leggera perdita per me». L’intesa stipulata tra la Only logistics Italia srl e la Protezione civile prevedeva anche che la società di Pivetti potesse vendere autonomamente a privati quelle mascherine. Che poi sono state acquistate dalle farmacie che, applicando rincari esorbitanti, hanno fatto scattare il sequestro.