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martedì 4 novembre 2025

SCOPERTE MISTERIOSE TOMBE, CIRCOLARI, IMPONENTI E UNITE LUNGO IL PENDIO. HANNO CIRCA 2200 ANNI.

 

In pianta, hanno la forma di fiori o di famigliole di funghi che, partendo dalla radice di un albero, scendono lungo il pendio. Sono una accanto all’altra, come figli appoggiati al padre e alla madre, in un’immagine di famiglia che doveva anche essere anche resa dall’insieme di edifici funerari di altezze diverse, stretti in una sorta di abbraccio che integra i muri, in superfici curvilinee. Protezione e vicinanza. Affettuoso conforto, nel pensarsi insieme, protetti e vicini, anche dopo la morte, come in una casa con tante stanze.
Gli archeologi sull’area delle tombe circolari, poste a gradoni, una accanto al’altra, lungo il declivio. E’ interessante notare la forte unità dell’antico complesso, con muri condivisi Il disegno d’insieme ricorda un fiore o una famigliola di funghi
Sull’altura di Kopila, sopra il piccolo centro di Blato, nell’isola di Korčula, la terra continua a restituire frammenti di un passato che precede Roma. Il sito, scavato dal Dipartimento di Archeologia dell’Università di Zadar, è ormai divenuto una chiave di lettura per la cultura illirica, quel vasto complesso di popolazioni che tra l’Età del Bronzo e l’epoca ellenistica abitò la costa orientale dell’Adriatico, dalla Dalmazia fino all’attuale Albania. Dopo il successo della mostra sui tesori della fortezza di Kopila al Museo Archeologico di Spalato, la nuova campagna di ottobre ha portato alla luce nuove tombe circolari, costruite a pietra a secco, che emergono dal terreno come fosse tracce do famigliole di funghi pietrificati, simbolo di una civiltà profondamente radicata nel territorio e in armonia con la natura circostante.
Il dott. Igor Borzić, che dirige lo scavo insieme a Dinko Radić e Anamarija Eterović Borzić, descrive la scoperta come una delle più significative mai effettuate sull’isola. Le tombe, appartenenti alla necropoli dell’antica comunità di Kopila, appaiono come sepolture familiari, utilizzate per generazioni tra il III e il I secolo a.C. Le strutture, formate da cerchi di pietra sovrapposti a gradoni, costituiscono una tipologia inedita nell’Adriatico, mai documentata con tale precisione e monumentalità. All’interno e intorno alle tombe sono stati ritrovati gioielli in bronzo e argento, vasi ceramici, fibule, pendenti e anelli, depositati come offerte rituali, strumenti di accompagnamento del defunto nell’aldilà e testimonianza del prestigio della famiglia sepolta.
La civiltà illirica, a cui apparteneva la comunità di Kopila, era composta da un insieme di tribù indipendenti, spesso guerriere, ma anche altamente organizzate, che condividevano una lingua indoeuropea e un forte legame con il territorio montano e marittimo. La società era gerarchica e clanica, in cui le famiglie estese si riconoscevano in capi militari, sacerdotali e anziani di saggezza. Le tombe familiari come quella di Tomba 11 non rappresentano solo il luogo di sepoltura dei singoli defunti, ma il centro della memoria collettiva, un simbolo della continuità e della stabilità del clan.
Le tombe di Kopila, con la loro forma circolare e sovrapposta, sembrano riflettere questa visione centripeta della vita e della morte, in cui il ritorno al nucleo familiare e al ciclo naturale è espresso nella geometria perfetta del cerchio. La pietra, scolpita e disposta senza malta, non è solo materiale da costruzione: è medium simbolico e spirituale, elemento di contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
La religione illirica era profondamente animista e naturalistica. Gli Illiri veneravano le forze della natura, le acque, le montagne, gli astri, e ogni tribù possedeva divinità locali specifiche, tra cui Bindus, dio delle sorgenti, Vidasus, assimilato al Giove romano, e Thana, dea della caccia e della fertilità. Credevano nella continuità dell’anima e nell’importanza dei riti funerari, che comprendevano deporvi oggetti di uso quotidiano, vasi da libagione, armi e ornamenti, per accompagnare il defunto nel viaggio verso l’aldilà e consolidare la memoria della famiglia e della tribù.
A partire dal IV secolo a.C., le comunità illiriche entrarono in contatto con le civiltà greca e italica, assimilandone elementi culturali, artistici e religiosi. Le rotte commerciali adriatiche collegavano le isole dalmate ai porti dell’Italia meridionale, favorendo scambi di ceramica, metalli, idee religiose e simboliche. Proprio da questi contatti derivarono migrazioni di piccoli gruppi illirici verso l’Italia meridionale, con presenze documentate lungo le coste pugliesi, in Piceno e nel Sannio. Alcuni elementi rituali e linguistici sopravvissero anche durante l’età romana, soprattutto nei culti legati alla natura e alle acque, testimoniando la persistenza della memoria illirica al di là del mare Adriatico.
La scoperta delle tombe di Kopila contribuisce a delineare un’immagine concreta e complessa di un popolo finora avvolto nel mito. Gli Illiri di Korčula sembrano non allinearsi con le immagini di pirati o guerrieri marginali, come spesso appaiono nelle fonti classiche. Appaiono piuttosto come una comunità organizzata ed armonica, capace di costruire monumenti raffinati, elaborare linguaggi simbolici e rituali sofisticati, e fondare una religione intimamente legata al territorio e al ciclo della vita.
Vanno, a nostro giudizio, rilevate consonanze tra le tombe illiriche di Kopila e i nuraghi della Sardegna, pur senza contatti diretti accertati. Entrambe le civiltà condividono l’uso della pietra a secco, la forma circolare e sovrapposta, le superfetazioni a base circolare, di dimensioni minori, attorno ad un nucleo imponente.
Queste analogie potrebbero derivare da un fondo protomediterraneo condiviso, diffuso lungo le rotte dell’Adriatico e del Mediterraneo, che ha trasmesso modelli architettonici e simbolici simili. In entrambi i casi, la tomba diventa luogo vivo di memoria e rito, un teatro della comunità, della famiglia e del ciclo naturale della vita.
Il sito di Kopila, unico nel suo genere sull’Adriatico, sarà oggetto di altri scavi. Le ricerche e le fotografie sono curate dal Dipartimento di Archeologia dell’Università di Zadar, con il sostegno del Comune di Blato, del Ministero della Cultura della Repubblica di Croazia e del Museo del Vetro Antico di Zadar, confermando l’importanza di Kopila come luogo emblematico per comprendere l’Illiria e le connessioni del Mediterraneo arcaico.