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sabato 11 maggio 2019

Presenze e assenze in Parlamento, non solo Angelucci: Cerno, Brambilla e gli altri onorevoli “desaparecidos”. - Maria Cristina Fraddosio

Presenze e assenze in Parlamento, non solo Angelucci: Cerno, Brambilla e gli altri onorevoli “desaparecidos”

Se anche per i parlamentari valessero le norme che la ministra Giulia Bongiorno vorrebbe applicare agli assenteisti della Pubblica amministrazione, alla Camera e al Senato ne vedremmo delle belle. Fortunatamente per gli eletti non è così, anche se ce n’è più d’uno che latita durante le sedute, qualcuno addirittura con percentuali che sfiorano il 100 per cento in questa XVIII legislatura, entrata nel vivo giusto un anno fa con l’arrivo in Parlamento del Documento di economia e finanza varato dal governo Gentiloni il 26 aprile.
I dati sono su openparlamento.it. Breve premessa: il conteggio delle assenze include anche l’astensione dal voto, cioè un legittimo atto politico. Partiamo dalla Camera coi suoi 628 deputati. Già a luglio era scoppiata la polemica per il caso del deputato-velista Andrea Mura, cacciato dai 5 Stelle e passato al gruppo Misto: è cessato dalla carica a settembre. A Montecitorio ci andava una volta alla settimana, il resto del tempo lo dedicava al mare perché – a suo dire – più che deputato, era un “testimonial in difesa degli oceani”.

Veniamo a chi resta: nella top ten degli assenteisti quattro su 10 sono di Forza Italia. In cima alla classifica c’è Michela Vittoria Brambilla, assente al 98,5 per cento delle votazioni: impegnata com’è tra dog show, dibattiti sulla caccia, 35 gatti12 cani2 cavalli2 asinelli, 7 capre e via dicendo, di tempo a disposizione ne ha ben poco. La scorsa legislatura superò di poco l’1 per cento di presenze, ma non risultò tra gli assenteisti per via di una straordinaria percentuale di missioni, vale a dire attività autorizzate fuori da Montecitorio, pari all’80 per cento.
Al secondo posto c’è un habitué, Antonio Angelucci. Da portantino a imprenditore milionario, plurindagato, con una richiesta di condanna a 15 anni per truffa ai danni della sanità, proprietario dei quotidiani Il Tempo e Libero, anche lui è di Forza Italia: è assente all’89 per cento delle votazioni. Sul podio anche l’imprenditore tuttofare, Guido Della Frera, berlusconiano pure lui, col 74,8 per cento di assenze: d’altra parte ha il suo daffare col gruppo di famiglia, di cui è presidente, attivo nei settori sanitario, turistico, alberghiero, ristorativo e immobiliare.
Al quinto posto si piazza Giorgia Meloni: “Noi difendiamo chi lavora e produce, non i mantenuti”, s’è sgolata a Jesolo per la festa del 1° maggio. Ecco, la leader di Fratelli d’Italia ha una percentuale di assenza che supera il 73 per cento. Quasi la stessa al centesimo di Vittorio Sgarbi, eletto con Forza Italia e oggi traslocato nel gruppo Misto. Seguono due nomi di peso: con il 69,1 per cento di assenze l’ex ministro Antonio Martino, uno dei fondatori del partito-azienda di Berlusconi, in Parlamento dal 1994, e l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che in questa legislatura ha partecipato a un terzo delle votazioni (67,3 per cento di assenze). Ottavo, nono e decimo posto sono, rispettivamente, di Erasmo Palazzotto di LeU (63,7%), Fausto Longo, eletto in Sud America nelle liste del Pd e ora nel Misto (60,1 per cento), e della vicesegretaria del Pd Paola De Micheli(59,6%).
In Senato, invece, composto da 320 membri, le percentuali di assenteismo sono in generale più contenute. Tolti i senatori a vita, in pole position c’è Tommaso Cerno, l’ex direttore dell’Espresso, finito nelle liste del Pd per volere di Matteo Renzi. Per lui, come recita il proverbio, assalto francese e ritirata spagnola: all’inizio sempre presente al fianco di Renzi, ora desaparecido. Ha partecipato a 818 votazioni su 3.550: la sua percentuale di assenze è del 76,9 per cento. Secondo in classifica, impegnato com’è a difendere nei tribunali Silvio Berlusconi, è Niccolò Ghedini, che in questa legislatura ha raggiunto il 61,3 per cento di assenze. Segue – sempre targata Forza Italia – la figlia di Bettino, Stefania Craxi (57,38 per cento). Medaglia di legno per il vicepresidente del Senato ed ex ministro, l’avvocato Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) col 55,46 per cento di assenze, seguito da un ex collega nel governo Berlusconi, Paolo Romani(45,69 per cento). A continuazione – tutti del gruppo Misto – l’ex viceministro socialista Riccardo Nencini (36,2 per cento), la leader di +Europa Emma Bonino (35,75) e il calabrese d’argentina Adriano Cario(32,5), eletto all’opposizione ma fattosi subito governativo. Chiude la top ten la regina dei salotti televisivi, Daniela Santanché, che comunque risulta presente o in missione in oltre il 70 per cento dei voti.

Ovviamente non mancano gli stakanovisti: alla Camera i primi cinque sono grillini, ma il 100 per cento delle votazioni ce l’ha solo Marco Bella, chimico, ha fatto ricerca in California per poi rientrare a casa e insegnare alla Sapienza. Per rigore, però, vincono i senatori: ce ne sono ben 19 presenti a tutte le votazioni (9 sono del M5s, 8 della Lega, uno di Fratelli d’Italia e uno di Forza Italia).
Diceva questa estate la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati: “Per quanto riguarda il contenimento dei costi della politica, è evidente che il dibattito non si esaurisce certo con i vitalizi. Ad esempio quando non si è presenti in aula o in commissione deve esserci una sensibile diminuzione degli emolumenti. È un principio di giustizia e meritocrazia”. Per ora, questo principio non pare una priorità delle Camere.

sabato 13 febbraio 2016

Così i senatori “timbrano” per la diaria e se ne vanno. - Claudio Marincola



Sono i furbetti del tesserino. I senatori che lo lasciano inserito sul loro scranno per poi tornare a prenderlo a fine seduta. O che con fare distratto se lo dimenticano. Il loro voto non risulterà ma verranno considerati presenti a tutti gli effetti. Non subiranno la decurtazione prevista per chi non partecipa almeno al 30% delle votazioni effettuate nell’arco della giornata come stabilisce il regolamento. Il trucchetto, applicato con metodo e con una certa costanza, contando magari sull’aiutino di qualche collega compiacente, può fruttare 3.503 euro al mese. La quota della diaria. In aggiunta s’intende all’indennità fissa da senatore.

PESCA MIRACOLOSA
Non sarà insomma come la brutta storia del vigile urbano di Sanremo che strisciava il badge in mutande o come i dipendenti infedeli del museo Mat a Roma, ma il risultato è lo stesso: mettersi in tasca qualche soldo in più. Per capire fino a che punto si sia diffuso il malcostume, il presidente del Senato Pietro Grasso ha incaricato il questore Antonio De Poli di fare una verifica. I controlli per la verità erano già aumentati a inizio della legislatura. Il caso però si è rivelato ben più serio di quanto si pensasse e ora ad occuparsene sarà l’intero collegio dei questori. Un’indagine interna per incrociare i dati tra presenze e votazioni.

Tutto nasce dalla necessità di garantire ai senatori la possibilità di essere ”presenti ma non votanti”. Necessità dettata dal fatto che in Senato, a differenza della Camera, l’astensione è considerata voto contrario. Nulla a che vedere dunque con i pianisti, vizietto non legato alla diaria. «Quando la seduta è finita noi giriamo tra i banchi ed è... una pesca miracolosa», racconta un commesso, ovviamente off the records. 

I tesserini “dimenticati” vengono pazientemente raccolti e riconsegnati su richiesta del legittimo proprietario alla seduta successiva. Ogni senatore ha diritto a due badge nominali senza i quali non è possibile votare. Uno dei due resta sempre a Palazzo Madama. Viene riconsegnato dagli uffici solo su richiesta del titolare, disattivando il badge principale per fare in modo che abilitato ne resti uno solo.

La stretta è partita ben prima che Giorgio Napolitano mercoledì lanciasse il suo atto d’accusa sui parlamentari «si può fare di più, lavorare 30/40 ore a settimana non basta». Grasso in più occasioni ha chiesto che le commissioni si riunissero anche il lunedì e il venerdi per aumentare la produttività. Lo chiese il giorno stesso che si insediò, lo ha ripetuto in capigruppo. Invano.

SETTE PRESENTI SU 24
Ieri, all’audizione in commissione Difesa sulla missione in Somalia, erano presenti, ad esempio, oltre al presidente La Torre 4 esponenti del M5S, 2 pd e 1 del gruppo per le autonomie. La miseria di 7 membri su 24. In compenso la diaria corre. È prevista della legge n°1261/1965, spetta a tutti i parlamentari a titolo di rimborso delle spese di soggiorno. Dal 1 gennaio 2001 è stata portata a 3.503 euro mensili. Somma che viene decurtata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza.

PIÙ DIARIA PER TUTTI
Dal 2012 inoltre, per arrestare l’assenteismo cronico dei nostri parlamentari, viene applicata un’ulteriore detrazione fino a 500 euro mensili per le assenze dalle sedute delle giunte delle commissioni permanenti e speciali, del comitato per la legislazione, nonché delle delegazioni parlamentari presso le assemblee internazionali. Per la cronaca: la diaria spetta anche ai parlamentari romani che spese di viaggio e di affitto non dovrebbero averne. Che l’appello di Napolitano insomma sia piuttosto fondato è sotto gli occhi di tutti. 

COMMISSIONI PAUSA PRANZO
Domanda. Perché nessuno prima di Grasso ha sollevato la questione dei ”furbetti” - sotto gli occhi di tutti, si scopre adesso - nel collegio dei questori? Bisognava aspettare Napolitano per scoprire che non è serio riunire le commissioni solo nei ritagli di tempo e nelle pause-pranzo?

Qualche tempo fa Lorenzo Battista, senatore del Gruppo per le autonomie presentò un ddl in cui era prevista la decadenza degli assenteisti. Linea dura contro i fannulloni. Quel ddl è stato ripreso ma solo in parte, là dove si prevede il dovere di partecipare ai lavori assembleari, cosa per altro prevista nell’attuale regolamento. E la decadenza? Sparita. Meglio furbetti che decaduti. 


http://www.ilmessaggero.it/primopiano/politica/cos_senatori_timbrano_la_diaria_se_ne_vanno-1545290.html