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martedì 20 dicembre 2016

De Luca compra i politici. Tornano le pensioni d'oro. - Simone Meo



Il governatore fa il regalo di Natale ai consiglieri campani. L'assegno era stato abolito da Caldoro.

Napoli - Dalle fritture al vitalizio è un attimo. La macchina della propaganda e del consenso del governatore Vincenzo De Luca lavora a pieno ritmo.
Né la batosta al referendum costituzionale né l'indagine per istigazione al voto di scambio, in relazione al discorso ai 300 sindaci all'hotel «Ramada», tanto meno i rapporti logorati con Matteo Renzi, hanno lasciato il segno dalle parti di Palazzo Santa Lucia. Stavolta il colpo di teatro si consuma al Centro direzionale, sede del Consiglio regionale della Campania. Dove un maxi-emendamento della maggioranza di centrosinistra, appena arrivato in commissione Bilancio, assume le sembianze di un clamoroso, e nemmeno troppo inaspettato, regalo di Natale.
Il Pd anti-Casta e anti-sprechi (a parole) ha, infatti, tutta l'intenzione di reintrodurre il vitalizio ai consiglieri regionali abolito dalla giunta di Stefano Caldoro, in ottemperanza al decreto Monti, nel gennaio 2012. Quella dei dem è una manovra nascosta, come un vietcong nella foresta, dietro astruse formule finanziarie e rimandi a richiami di legge. Formule che, ridotte all'osso, dicono questo: i consiglieri regionali dell'attuale legislatura otterranno una pensione di 2.500 euro versando di tasca propria poco meno di 700 euro. Tutto in virtù dell'articolo 5 della correzione alla legge di stabilità che prevede di adeguare il sistema previdenziale consiliare a quello contributivo della Camera dei deputati e non più a quello dell'Inps, come invece avrebbe dovuto essere. Ciò significa che, per incassare l'assegno, i consiglieri regionali dovranno rinunciare solo all'otto per cento dell'attuale imponibile dell'indennità di funzione. Poche briciole, davvero. Il resto (ovvero, il 75 per cento della somma complessiva) sarà tutto a carico delle casse pubbliche.
In realtà, l'operazione è stata studiata in maniera così raffinata che non si può nemmeno parlare di vitalizio ma di vera e propria pensione. Il che comporta un vantaggio non da poco per i vecchi volponi della politica campana: i consiglieri anziani, che matureranno o hanno già comunque maturato il vitalizio delle scorse consiliature, potranno infatti aggiungerci anche questa nuova pensione. Raggiungendo, a occhio e croce, la ragguardevole cifra di 5.500 euro netti al mese come ex consiglieri regionali. Mica male.
Combinazione vuole, inoltre, che l'assegno pensionistico minimo sia dello stesso importo (2.500 euro) del vitalizio minimo soppresso cinque anni fa. Coincidenze. Casi della vita.
Questo, ovviamente, si verificherà solo se il provvedimento passerà in Aula. Nel 2013, l'ex consigliere de «La Destra» Carlo Aveta volontariamente rifiutò il vitalizio. E stavolta qualcuno lo imiterà? Al netto dell'incoerenza politica del Pd e di De Luca, in particolare, che aveva promesso una legge di bilancio attenta agli sprechi della politica e pensata proprio per dare una mano alla fasce deboli, il maxi-emendamento prevede di estendere i benefici pure agli assessori tecnici. Caso unico in Italia.
L'operazione, calcoli provvisori alla mano perché è tutto assai veloce nel mondo della politica regionale soprattutto quando si parla di soldi, a fine legislatura graverà per circa cinque milioni di euro sul bilancio del Consiglio. A meno che non arrivi qualcuno a sollevare il dubbio più che motivato che il blitz del Pd sia in contrasto con un bel po' di leggi.

giovedì 24 marzo 2016

Sicilia, pasta e latte in cambio di voti: indagati due esponenti di Ncd. Procura generale di Palermo avoca inchiesta. - Giuseppe Pipitone

  
  Cascio e Gualdani                                                                

Si tratta di due figure di spicco del partito di Angelino Alfano in Sicilia: sotto inchiesta è finito infatti il coordinatore di Ncd sull’isola, Francesco Cascio, deputato regionale ed ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, e Marcello Gualdani, eletto alla Camera dei deputati nel 2013. Nel settembre 2014 i pm avevano chiesto l'archiviazione, respinta dal gip.

Pacchi di pasta, latte e intere buste della spesa distribuiti in un quartiere popolare in cambio di voti per le elezioni regionali in Sicilia. È per questo motivo che due esponenti del Nuovo Centrodestra sono indagati per voto di scambio dalla procura di Palermo. Si tratta di due figure di spicco del partito di Angelino Alfano in Sicilia: sotto inchiesta è finito infatti il coordinatore di Ncd sull’isola, Francesco Cascio, deputato regionale ed ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, e Marcello Gualdani, eletto alla Camera dei deputati nel 2013.
L’indagine prende spunto da alcune intercettazioni telefoniche, registrate durante la campagna elettorale per le elezioni regionali dell’ottobre del 2012. È in quei giorni che il Gico della Guardia di Finanza s’imbatte nelle conversazioni di alcuni galoppini, in passato indagati per spaccio, che si danno un gran da fare al Villaggio Santa Rosalia, un quartiere popolare palermitano. Attaccano i manifesti elettorali, distribuiscono le derrate alimentari destinate ai meno abbienti tra i propri clientes, e poi prendono nota dei seggi elettorali in cui andranno a votare. “Mi devi fare avere le sezioni: nome e cognome di queste persone” , dice al telefono uno degli otto indagati, a pochi giorni dal voto. L’inchiesta va avanti per due anni nel più assoluto riserbo. Poi il 30 settembre del 2014 i pm Alessandro Picchi e Sergio Barbiera chiedono l’archiviazione, negata dal gip Lorenzo Jannelli. Quindi, a tre anni e mezzo di distanza dai fatti, interviene la procura generale che decide di avocare l’inchiestaIl motivo? “Le indagini fin qui espletate appaiono incomplete e all’attività d’intercettazione non è seguita alcuna indagine volta a riscontrare le informazioni acquisite”, scrive il sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio nel suo decreto d’avocazione. Per il pg risultano inoltre “incomplete le iscrizioni nel registro delle notizie di reato” e “non sono stati approfonditi i rapporti tra i procacciatori di voto, i beneficiari e la malavita organizzata”.
Nell’udienza camerale fissata dal gip per il 24 marzo, dunque, il pg Patronaggio chiederà di potere ritirare la richiesta d’archiviazione depositata un anno e mezzo fa dai colleghi della procura, ordinando quindi nuove indagini. “Se già la procura della Repubblica, al termine delle indagini, aveva riconosciuto la mia assoluta estraneità a qualsiasi ipotesi di reato, la richiesta di avocazione delle indagini da parte della procura generale non mi turba e anzi farò immediata richiesta per essere sentito in merito a quanto mi viene contestato”, dice Cascio, difeso dall’avvocato Enrico Sanseverino. E in attesa di capire quale sarà il futuro l’inchiesta sui due esponenti di Ncd, le intercettazioni delle Fiamme gialle ricostruiscono il contesto dei rapporti nell’autunno del 2012 all’interno del Pdl, dal quale provengono i due politici indagati. Come quando Cascio, proprio durante le operazioni di voto, chiede ad uno dei suoi fedelissimi: “Gli abbiamo rotto il culo a Scoma? È questo che mi vuoi dire?”. Francesco Scoma, dal 2013 senatore del Pdl (e poi rimasto in Forza Italia) fu eletto sua volta all’Ars nell’ottobre del 2012 con ottomila voti: cinquemila in meno rispetto a quelli ottenuti Cascio. Che nella stessa telefonata, motivava così la possibile debacle del collega di partito: “Secondo me la gente gli ha fottuto i soldi a Scoma. C’è gente che si è pagata le campagne elettorali prossime con i soldi di Scoma”.