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mercoledì 28 maggio 2025

MATTONE DOPO MATTONE, COSÌ STANNO SMONTANDO LE LEGGI CONTRO LE COSCHE . - Antonella Mascali

 

Dal decreto sui rave ai benefici carcerari anche ai boss che non collaborano fino alla stretta intercettazioni

Antonella Mascali

Le nuove norme sul sequestro di smartphone e altri dispositivi sono l’ultimo tassello della maggioranza per chiudere il cerchio di una serie di provvedimenti che complicano e spesso vanificano le indagini in materia di corruzione e mafia.

Con tanti saluti ai proclami “la lotta alla mafia non si tocca”.

Si tocca eccome, anche perché, come dicono magistrati, investigatori e giuristi, se si abolisce l’abuso d’ufficio, si svuota il traffico di influenze, si allargano le maglie della lotta alla corruzione, di fatto si indebolisce anche la lotta alla mafia perché quelli ormai sono reati quasi sempre connessi:
“Le mafie non opprimono il mercato legale – ha detto al Fatto il pm Nino Di Matteo – ma lo finanziano.
Anche per questo l’indebolimento del sistema di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione finisce per incidere negativamente e in maniera pesante anche sulla lotta alla mafia”.

Vale la pena, per capire, mettere in fila i principali tasselli del mosaico di norme svuota indagini.

MANI LEGATE AL PM
Chiedere al gip e avvertire gli indagati.

Con il ddl Bongiorno-Zanettin il pm, ora “autonomo”, avrà bisogno della doppia autorizzazione del giudice: una per il sequestro e un’altra per l’uso di chat e altro materiale informatico, ai fini delle indagini. Inoltre, lo stesso materiale non potrà essere utilizzato per muovere un’accusa diversa da quella per cui c’è stato il via libera al provvedimento, anche se fosse un elemento stringente di prova per un crimine grave.
Dopo il sequestro, il pm deve avvisare le persone coinvolte: gli indagati, i difensori, le persone offese, per la duplicazione del materiale sequestrato.
Non è una procedura neutrale, ma aiuterà responsabili di reati, anche collegati a mafia e corruzione, perché il pm sarà costretto a scoprire le sue carte prima del tempo.

BENEFICI CARCERARI: collaborare non conviene più, meglio tacere.

Il decreto “anti Rave” ha cancellato dall’elenco dei reati ostativi ai benefici carcerari quelli corruttivi puniti anche fino a 20 anni di carcere.
Con la riforma ai mafiosi arrestati non converrà più collaborare per non avere maggiori obblighi di chi resta zitto e si può aspirare, comunque, ai benefici. Ai collaboratori, ha spiegato l’ex Pg di Palermo, il senatore Roberto Scarpinato, è imposto l’obbligo di specificare tutto il patrimonio occulto accumulato,
pena la revoca del programma di protezione e di tutti gli altri benefici. Invece, chi non collabora può tacere sul suo patrimonio senza sanzioni.
Per ottenere i benefici deve avere una revisione critica della condotta,
ma non un ravvedimento, come invece richiesto ai pentiti.

LA GUERRA TOTALE ALLE INTERCETTAZIONI Quarantacinque giorni e poi tanti saluti

È stato approvato il ddl che mette un tetto di 45 giorni alle intercettazioni per i reati comuni, compresi omicidi, sequestri di persona, violenza sessuale e altri reati da codice rosso. Per mafia e terrorismo è prevista una deroga. Il tetto dei 45 giorni, però, varrà anche per la ricerca dei latitanti, spesso boss mafiosi, hanno spiegato diversi magistrati. Il tetto dei 45 giorni, salvo casi eccezionali, è un ostacolo quasi impossibile da superare poiché di solito quel tempo basta appena individuare le utenze utili da intercettare.
Secondo il procuratore di Roma Francesco Lo Voi è una norma che equivale a un “divieto di indagare”. A insaputa del centrodestra, però, come ha rivelato il Fatto, durante la discussione del ddl, a marzo, il tetto dei 45 giorni non vale per i reati di corruzione: in materia di intercettazioni sono equiparati ai reati di mafia, per una legge del 2017.
Ma non è detto che il governo non riscriva quella norma. Dal 2023, inoltre, è legge il divieto di utilizzare le intercettazioni per reati diversi da quelli per cui c’è stata l’autorizzazione a registrare, tranne se è previsto l’arresto in flagranza.

L’ARMA “FINE-DI-MONDO” La separazione delle carriere e il doppio Csm

Resta sempre sullo sfondo la riforma della separazione delle carriere di pm e giudici, con doppio Csm.
La prospettiva è quella di un pm dilagante, di procuratori capi con un potere sempre più accentrato sotto l’influenza, inevitabile, del governo di turno, specie se si aggiungono le priorità di indagini dettate dal Parlamento.

F.Q. 28 maggio

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