Alla riunione, convocata martedì pomeriggio dalla Dna, i magistrati di Palermo, Caltanissetta, Catania e Reggio Calabria per uno scambio di informazioni sulle rivelazioni del neo-pentito dell’Acquasanta. Sul tavolo, anche le indagini sul killer dal volto sfigurato che avrebbe partecipato ad alcuni tra i più efferati delitti di Cosa nostra.
Un vertice investigativo tra i magistrati della procura di Palermo, Catania, Caltanissetta e Reggio Calabria per discutere delle ultime rivelazioni del pentito Vito Galatolo, il picciotto dell’Acquasanta che ha svelato il piano di morte per Nino Di Matteo. All’incontro, convocato martedì pomeriggio dalla Procura nazionale antimafia, erano presenti per la prima volta i magistrati della Dda reggina competente sul tratto di mare in fondo al quale giace il mercantile ‘’Laura Cosulich’’, affondato durante la seconda guerra mondiale al largo delle Saline Joniche: una parte del tritolo che doveva essere utilizzato a Palermo per eliminare Di Matteo potrebbe, infatti, provenire dalle stive del relitto, dal quale già nel maggio scorso i sommozzatori della polizia recuperarono 24 chili di esplosivo.
Sul tavolo del vertice organizzato per il periodico scambio di informazioni tra gli organi inquirenti, c’erano anche le rivelazioni che Galatolo avrebbe reso ai pm di Palermo e Caltanissetta su ‘’Faccia da Mostro’’, il killer dal volto sfigurato, con in tasca la tessera da 007, che avrebbe partecipato ad alcuni dei delitti più eclatanti di Cosa nostra, tra gli anni Ottanta e Novanta. L’uomo è stato identificato in Giovanni Aiello, dirigente della polizia in servizio a Palermo negli anni Settanta, attualmente in pensione e residente nel comune di Montauro, in provincia di Catanzaro, per mesi indagato da tutte e quattro e procure.
‘’E’ lui. E’ l’uomo che veniva utilizzato come sicario in affari che dovevano restare ‘’riservati’’ – ha detto nel giugno scorso Giovanna Galatolo, la sorella di Vito, pentita da circa un anno, riconoscendo l’ex poliziotto in un confronto all’americana- tutti i miei parenti lo chiamavano lo sfregiato, sapevo che viaggiava sempre tra Palermo e Milano, si incontrava sempre in vicolo Pipitone, con mio padre, con mio cugino Angelo e con Francesco e Nino Madonia’’.
Una testimonianza, quella della donna, che in un primo momento era stata accolta con prudenza dagli inquirenti ma che ora, dopo le nuove rivelazioni del fratello, potrebbe trovare un ulteriore riscontro. Secondo alcune indiscrezioni, infatti, Vito (figlio del boss dell’Acquasanta Vincenzo Galatolo) avrebbe raccontato nei giorni scorsi ai pm siciliani alcuni particolari sulle attività di ‘’Faccia da Mostro’’, appresi dal padre. Tra queste, il ruolo che il killer avrebbe avuto nel fallito attentato all’Addaura, sulla scogliera davanti alla villetta di Giovanni Falcone, nel giugno dell’89, e nell’omicidio del poliziotto Nino Agostino, ucciso a Palermo il 5 agosto dello stesso anno. Tra l’altro, il padre dell’agente assassinato, Vincenzo Agostino, durante una puntata della trasmissione ‘’Servizio Pubblico’’, riconobbe in Aiello il sicario a cavallo tra Stato e mafia che si era recato in casa sua due giorni prima dell’agguato, a chiedere informazioni sulla vittima.
A tirare in ballo ‘’Faccia da Mostro’’, non sono soltanto i Galatolo, ma anche un boss come Nino Lo Giudice, detto il ‘’Nano’’, capo di una cosca calabrese ritenuta da sempre in contatto con i servizi, che prima di ritrattare quanto aveva raccontato agli inquirenti da collaboratore di giustizia, aveva indicato Aiello come un killer spesso in azione al fianco di una donna, una certa Antonella, chiamata ‘’la segretaria’’. ‘’Tutti e due – aveva detto Lo Giudice – facevano parte dei servizi deviati dello Stato e la donna era stata ad Alghero in una base militare dove la fecero addestrare per commettere attentati e omicidi’’. Versione confermata da Giuseppe Maria Di Giacomo, esperto killer del clan catanese dei Laudani, collaboratore di giustizia il cui nome figura nell’elenco degli otto mafiosi detenuti contenuto nell’appunto denominato ‘’Farfalla’’. Di Giacomo, insieme a boss di prima grandezza come lo stragista Fifetto Cannella, sarebbe stato il destinatario di un’offerta di denaro in cambio di informazioni riservate, nell’ambito del patto stilato nel 2003 tra il Sisde di Mario Mori e il Dap di Gianni Tinebra, oggetto del processo sulla Trattativa Stato-mafia.
Anche Luigi Ilardo, il boss mafioso che il colonnello Michele Riccio aveva infiltrato tra i fedelissimi di Bernardo Provenzano, prima di finire ucciso il 10 maggio 1996, aveva fatto cenno ad uno 007 col volto sfigurato: ‘’Noi – aveva detto- sapevamo che c’era un agente a Palermo che faceva cose strane e si trovava sempre in posti strani. Aveva la faccia da mostro, siamo venuti a sapere che era anche nei pressi di Villagrazia quando uccisero il poliziotto Agostino’’.