Quando dopo l’avvenuto Conticidio, lo scorso 2 febbraio Sergio Mattarella convocò al Quirinale Mario Draghi, indicò come unica soluzione possibile un governo di unità nazionale “per fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria” (l’altra ipotesi era il voto anticipato descritto però come una specie di calamità nazionale). Quando il nuovo premier mise insieme una larga maggioranza (a eccezione di FdI e della Sinistra di Fratoianni) vi furono cori da stadio, tipo Wembley, e nei ditirambi dell’informazione al seguito s’immaginò un Paese finalmente affratellato, per risolvere tutti insieme appassionatamente le “gravi emergenze presenti”. Un luogo incantato tipo quello nel quale il “leone e il vitello giaceranno insieme” (Isaia), “anche se il vitello non dormirà molto” (Woody Allen). Infatti, qualche voce dissonante si era detta perplessa sulla possibilità di tenere insieme Lega e Pd, FI e M5S, vale a dire tutto e il contrario di tutto, a eccezione dei due Matteo, già in “palese fidanzamento” (Bersani). Tranquilli, risposero gli aruspici del Foglio convinti che il governo dei Migliori, sommato alla vittoria dei Måneskin, al trionfo degli Azzurri e alla finale persa da Berrettini, annunciasse il migliore dei mondi possibili. In questo paradiso in terra, nel caso di qualche disputa di sicuro irrilevante, SuperMario avrebbe paternamente ascoltato per poi emettere il suo saggio, autorevole e insindacabile giudizio. Del resto, il compromesso non è forse la sublimazione della politica, che a sua volta è l’arte del possibile, eccetera? Purtroppo, entrata a vele spiegate nell’età dei prodigi, la supposta unità nazionale diede, trascorsi pochi mesi, una formidabile musata contro la dura realtà delle cose. Chi poteva immaginare che uno stravagante leader (leghista) della Santa Alleanza fondasse da un giorno all’altro una nuova branca della virologia, stabilendo che al compimento dei 40 anni si poteva (forse) contrarre la perniciosa variante Delta, ma che sotto i 40 anni (ora più ora meno) il virus sarebbe risultato praticamente innocuo? Oppure, che una prestigiosa giurista, pronosticata al Quirinale, elaborasse una riforma della Giustizia che in due anni, indipendentemente dalla gravità dei reati ne sancisse l’improcedibilità, e oplà, il processo non c’è più? Provocando un tale gigantesco falò nei tribunali che a paragone il famoso rogo delle leggi “inutili” organizzato da quell’altro buontempone di Calderoli, sarebbe sembrato una grigliata. Domanda: è possibile cercare l’unità nazionale nell’insensatezza? O nella malafede?
ILFQ