mercoledì 12 settembre 2012

Fondi al Pdl: indagato ex capogruppo Regione Lazio.


Franco Fiorito in una foto senza data tratta dal sito del Consiglio Regionale del Lazio


Franco Fiorito coinvolto nell'inchiesta della procura di Roma sulla gestione dei soldi regionali al partito.


L'ex capogruppo Pdl della Regione Lazio Franco Fiorito è indagato per peculato dalla procura di Roma, secondo quanto si è appreso, nell'ambito dell'inchiesta sulla gestione dei fondi regionali assegnati al partito. Al vaglio del procuratore aggiunto Alberto Caperna e del sostituto Alberto Pioletti c'é un'informativa delle Fiamme Gialle.
L'inchiesta giudiziaria punta ad accertare se Fiorito abbia aperto alcuni conti presso banche spagnole, con denaro assegnato dalla Regione Lazio al Pdl, intestandoli a se stesso. Nel fascicolo processuale, oltre all'informativa del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, c'é anche una segnalazione dell'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia su movimenti di denaro sospetto, trasferito all'estero, negli ultimi due anni.
EX CAPOGRUPPO: 'FIDUCIA IN PM' - "Apprendo dalle agenzie di stampa di un procedimento a mio carico per il quale personalmente non ho ricevuto comunicazione. Ove fosse confermato, non mi stupirei visto le innumerevoli falsità messe in giro ad arte su questa vicenda. Come sempre nutro massimo rispetto e fiducia nel lavoro svolto dagli inquirenti. Sarà questa un'ottima occasione per spiegare chiaramente i termini di tale vicenda e il quadro completo nel quale essa è contenuta". Lo dichiara il consigliere del Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito, già capogruppo.

'Ndrangheta: in Brianza un bunker come in Aspromonte. - Salvatore Garzillo




Arresti anche a Milano, boss tra estorsioni.


La 'ndrangheta è sempre più a suo agio al Nord. Lo dimostrano le indagini dei carabinieri del Ros e della Dda di Milano, che oggi hanno portato all'esecuzione di 37 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti affiliati alle cosche presenti sul territorio di Milano e provincia. L'operazione "Ulisse" - chiamata così dal nome di Ulisse Panetta, presunto boss della 'locale' di Giussano - ha permesso di scoprire non solo traffici e schemi criminali, ma anche atteggiamenti nuovi dell'organizzazione calabrese. Un esempio è il bunker trovato in via Boito 23 a Giussano, piccolo comune della Brianza, precisamente nell'abitazione di Antonio Stagno, 44enne giussanese detenuto per altra causa nel carcere di Opera. Una botola nascosta nel pavimento della cucina, con un perfetto meccanismo di apertura telecomandata.
Un bunker in piena regola per scappare ai blitz della forze dell'ordine, identico a quelli di 'ndranghetisti latitanti dell'Aspromonte. Si tratta di un vero e proprio bunker con una parete mobile che si aziona con un telecomando - ha spiegato il pm della Dda di Milano, Alessandra Dolci - come quelli che siamo soliti trovare in realtà come San Luca o Platì. Determinanti per l'operazione condotta dai carabinieri del comando provinciale di Milano e coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Alessandra Dolci e Cecilia Vassena, sono state le rivelazioni del 'nuovo' pentito della 'ndrangheta in Lombardia, Michael Panaja, che era stato arrestato assieme a un altro pentito, Antonino Belnome (che ha gia' parlato di alcuni omicidi avvenuti negli ultimi anni), perché ritenuto uno dei responsabili dell'omicidio di Carmelo Novella.
Quest'ultimo, 'capo dei capi' delle cosche dalla 'ndrangheta in Lombardia, venne ucciso in un bar nel milanese nel luglio 2008, perche' voleva rendere autonome le 'locali' lombarde dalla casa madre calabrese. Panaja avrebbe svelato le attività delle cosche lombarde dal luglio 2010 in poi, rivelando quanto accaduto dopo il maxi-blitz 'Infinito' della Dda di Milano che aveva portato ad oltre 170 arresti e a 110 condanne con rito abbreviato. Gli investigatori hanno scoperto che, oltre al traffico di droga e alla detenzione di armi (Kalashnikov, mitragliette Uzi, bombe a mano), l'organizzazione si occupava di usura ed estorsioni nei confronti di imprenditori locali, soprattutto di origini calabresi. Quasi nessuno ha denunciato le vessazioni, restando in un clima di omertà che ha ostacolato le indagini. Anche un politico, Francesco Gioffré, consigliere comunale di Seregno (Milano), con un atteggiamento "vicino alla connivenza", scrive il gip nell'ordinanza, tentò "di minimizzare" con le sue dichiarazioni agli inquirenti le minacce subite dal fratello Roberto, vittima di estorsione da parte della cosca della 'ndrangheta dei Cristello.
Nonostante cio', sono tanti gli episodi raccolti dai militari, a partire dal 2007, quando le vittime dell'estorsione furono i titolari della concessionaria di auto "Selagip 2000" di Giussano, a cui venne chiesto il pagamento di 500mila euro dopo minacce, telefonate minatorie, attentati incendiari, e l'esplosione di colpi di pistola contro le vetrine. E' del 2010, invece, quella nei confronti di Domenicantonio Fratea, imprenditore nel settore immobiliare e titolare di una bar a Giussano. A lui vennero chiesti 80mila euro con la medesima modalità intimidatoria. La lista prosegue con Roberto Gioffré, titolare di una sala giochi che alla fine del 2010 fu costretto a rinunciare a un credito di 70mila euro, che vantava nei confronti di alcuni affiliati, dopo numerose minacce. Infine, Stefano Sironi, imprenditore edile di Giussano, costretto a riconoscere interessi esorbitanti sulle somme prestate dalla cosca.

La benedizione delle armi....



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L'ARSENALE NUCLEARE DI ISRAELE. - Gianni Lannes




E' un argomento tabù come le scie chimiche. Se qualche testimone oculare con quintali di prove osa parlarne anche solo su un blog piovono insulti, minacce e quant'altro. Perché? Gli ordigni nucleari targati stella di Davide si sono moltiplicati grazie alla concessione di tecnologia francese e poi tedesca a Tel Aviv. Ma non esistono nella realtà del senso comune. Come al solito, chi asserisce fondatamente il contrario viene liquidato in tutta fretta come un banale complottista. Strano. La stragrande maggioranza degli esseri umani semplicemente ignora il fenomeno. Va in onda la terza guerra mondiale contro Siria ed Iran, organizzata da Usa, Israele, Gran Bretagna, Francia, Nato, Italia, eccetera. La rapina dell’oro nero nel Sud del mondo si ammanta di un pretesto nucleare che tira in ballo l’assenza dei diritti civili in quei Paesi del Medio Oriente. Inverosimile. Con lo stesso criminale metro di misura e per le medesime ragioni, l’Occidente dovrebbe muovere guerra - anche a sé stesso - al governo dittatoriale ebreo che ha occupato pretestuosamente la Palestina e massacra la popolazione autoctona di quella terra martoriata (bambini inclusi). Israele con la sua volontà di superpotenza atomica mette a repentaglio la sicurezza planetaria. Le cifre della contraddizione: quasi 500 ordigni nucleari: a tanto ammontano le riserve strategiche per la guerra di annientamento del nemico.
Correva l’anno 1986: Mordechai Vanunu lavorava alla centrale nucleare di Dimona e rivelò alcuni segreti sull’atomica bellica israeliana al Sunday Times. 36 anni fa - il 30 settembre - fu rapito dal Mossad, a Roma e trasferito con una nave (Tapuz) dal porto di La Spezia, sotto il naso della polizia di frontiera italiana. Da allora l'arsenale atomico di Tel Aviv è cresciuto a dismisura, senza alcun controllo o sanzione internazionale dell'Onu. Chi detta l'agenda di interesse ai mass media? Soltanto la prima divisione del Mossad?

Remember Vanunu? - Il tecnico ebreo di origine marocchina era stato condannato sommariamente il 7 ottobre 1986 a 18 anni di reclusione; poi rilasciato nell'aprile dell'anno 2004. I rapporti di polizia e dei servizi di intelligence documentano pagine oscure della magistratura italiana che a quel tempo non dispose una rogatoria, non indagò né sul rapito né sui rapitori. E accettò di archiviare la spinosa faccenda, ingoiando la strampalata tesi suggerita ed imposta dalla diplomazia israeliana, secondo cui la vicenda sarebbe stata nient'altro che “una mistificazione romanzata”. Uno storico israeliano di chiara fama, Benny Morris a quattro mani con il giornalista inglese Ian Black, ha scritto parole definitive su questa macchinosa “teoria del complotto” che fu accettata dalla Procura della Repubblica di Roma e dal governo dell'epoca. Vanunu non era una spia e non era manovrato da potenze oscure. “La sostanza dell'episodio era semplice: una colossale mancanza di sicurezza aveva portato a una conferma inequivocabile di quanto l'intero mondo sapeva da tempo, o riteneva di sapere, ossia che Israele possedeva una vasta e indipendente capacità di fabbricare armi nucleari. Vanunu era considerato un traditore da arrestare, anche se con un lieve rischio di danneggiare le relazioni con una potenza amica”. Frasi che ne riecheggiano una, all'epoca attribuita al primo ministro Bettino Craxi: “Una protesta sarebbe il minimo … e anche il massimo, perché perché di più non potremmo fare”. Gli italiani fecero assai meno del minimo. Alla stregua di altre occasioni con le stragi (Argo 16) e gli omicidi mirati (Aldo Moro) attuati dall'Istituto Centrale per l'Informazione e la Sicurezza” in Italia. Nessuno ha chiesto spiegazioni al primo ministro dell'epoca: Shimon Peres.

Doppia morale - L'Iran ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare in sede Onu e si è quindi formalmente impegnato a rinunciare all'arma atomica e a consentire ispezioni e controlli. Israele non ha firmato invece quel trattato. Tra i 59 paesi che lo siglarono nel 1970 ci sono però Gran Bretagna, Francia, Cina, Russia e Stati Uniti d'America. Potenze che si sono impegnate a svuotare i loro arsenali. Non solo non l'hanno fatto, ma hanno consentito e incoraggiato deroghe interessate ed inique. L'Iran è stata aggredita due volte nell'ultimo mezzo secolo: la prima direttamente da potenze occidentali e la seconda da Saddam Hussein sostenuto sempre dagli occidentali. Vanunu: “Sono orgoglioso di quello che ho fatto. Aprite alle ispezioni i siti atomici israeliani”.

Mafie di Stato - In una lettera aperta di Vanunu pubblicata nel 1997 ma censurata dalle autorità israeliane è scritto: “... Essi sono anche responsabili per la debolezza politica dei governi italiani, come mostra l'insolito fenomeno di 55 governi in 50 anni … ma l'Italia ha sofferto maggiormente per tutti i suoi giochi spionistici lasciando fare a tutti i servizi segreti del mondo quello che hanno voluto in Italia (CENSURA) Qui in Israele usano finte guerre e il terrore per spaventare la gente e convincerla a credere e a fidarsi dei segreti nucleari … Il problema è che Israele non potrebbe fare quello che fa senza l'aiuto e il silenzio dell'Europa … voi cittadini italiani dovreste sapere quel che accade nel vostro paese, cosa i vostri servizi stanno facendo in collaborazione con quelli israeliani, che crimini hanno commesso insieme in passato contro gli Stati Uniti negli Stati Uniti e contro i cittadini italiani … a chi serve ora e a che scopo e che è venuto il momento di mettere fine a tutti questi giochi spionistici per avere uno stato normale e stabile come ogni altro stato d'Europa per mettere fine a tutte le deviazioni e gli inganni a danno dei cittadini e per entrare nell'epoca moderna senza la mafia. Coloro che vogliono la mafia nelle loro azioni di spionaggio in realtà vogliono tenere l'Italia in un'epoca oscura … Questo uso della mafia da parte delle spie italiane non serviva era un modo per mantenere l'Italia in una condizione di sottosviluppo ...”.

Come sosteneva l'arguto Leonardo Sciascia: “Se un fatto non viene raccontato non esiste”. L'Italia ha firmato sotto Berlusconi, grazie alla tacita connivenza della cosiddetta opposizione, un memorandum di cooperazione militare con Israele. Un altro fatto è certo: le carte Moro sono ancora coperte dal segreto di Stato, nonostante sia ampiamente scaduto. Vero D'Alema?

GLI “AMANTI DI VALDARO”, L’ABBRACCIO LUNGO 6000 ANNI, DALLA TERRA AL CAVEAU….



Abbracciati teneramente, le gambe raccolte e incrociate l’uno con l’altra, le braccia di lui sul collo di lei, quelle di lei sulle spalle di lui, uniti da oltre 6000 anni in una pace d’abbandono che forse è stata amore. Sono gli «amanti di Valdaro», due scheletri risalenti al Neolitico ritrovati vicino a Mantova in una
necropoli scoperta nel 2007. Finora nessuno aveva potuto gettare uno sguardo su quelle ossa innamorate, se non in fotografia. Un’associazione nata tutta per loro che si è battezzata «Amanti a Mantova» nel 2011 è riuscita a esporli per qualche giorno nell’ingresso del Museo Archeologico, ancora in fase di ristrutturazione. Ma l’obiettivo è che i due possano avere, come avrebbe detto Virginia Woolf, una stanza tutta per sé, e magari anche un adeguato arredamento tecnologico per illustrarne la vicenda. Che è straordinaria, come un romanzo di cui possediamo alcuni capitoli, una narrazione al tempo stesso frammentaria e appassionante, una storia eterna. I due scheletri sono stati ovviamente studiati a lungo. Ora sappiamo che sono appartenuti a due giovani, un uomo e una donna, fra i 18 e i 20 anni. A sinistra il maschio, a destra la femmina, vissuti intorno a 6000 anni fa.Rappresentano qualcosa di unico al mondo, sia per l’antichità sia per la posizione in cui sono stati trovati. E recano con sé una componente di mistero, perché sul significato del loro abbraccio mortale ed eterno (o quasi, dipende dai punti di vista e dal futuro dei musei) non si possono che formulare ipotesi. In un primo tempo, dato che erano state trovate accanto alcune punte di silice, si era pensato che potessero essere stati uccisi. Immaginare un compagno geloso, un capo-clan irascibile, una seduzione finita molto male non è poi così strano, visto che Mantova è la città del Rigoletto, e la casa dove Verdi concepì la sua (immaginaria) vicenda è a due passi dal museo, basta attraversare la piazza. Le prime analisi, però, stabilirono che non c’erano fratture e neppure microtraumi, dunque l’omicidio era da escludere. Restava la malattia, forse il freddo: che i due ragazzi si fossero stretti per scaldarsi a vicenda in una gelida nottata neolitica? E’ possibile, ci dice la professoressa Silvia Bagnoli, animatrice e presidente del Comitato; però il luogo del ritrovamento, una necropoli, rende la cosa improbabile, o eccessivamente romanzesca. Sembrerebbe molto più verosimile pensare che i due corpi siano stati composti in quella posizione da mani pietose, che forse volevano lanciare un messaggio, magari non a noi posteri curiosi, ma certamente agli spiriti dell’aldilà, chiudere in un tenero abbraccio quello che era stato un amore (coniugale, probabilmente: è verisimile che a quel tempo ci si «sposasse» assai presto), consegnarlo tale e quale, incorrotto, al lungo viaggio della morte. Queste cose le abbiamo lette nei feuilleton di Jean M. Auel, fra pitture rupestri e idilli nella caverne, sapiens-sapiens e neanderthaliani che si guardano in cagnesco, deliziose - per l’epoca - fanciulle in fiore: ma a vederle di persona e quasi toccarle l’impatto è ovviamente incommensurabile. La terra della zona ha conservato perfettamente le ossa, tanto che per non danneggiarle al momento dello scavo è stato sollevato e riposto in un adeguato contenitore l’intero blocco da cui affioravano, una zolla da due metri cubi che resta anche adesso il loro letto. I due amanti non hanno mai cambiato posizione, si stringono immutabili in un gesto che è nello stesso tempo affettuoso e sensuale, un gesto d’amore. Ora, dopo un’ultima notte che si perde nella vertigine dei millenni, avrebbero diritto forse a una prima notte al museo. Gli Amanti di Valdaro sono oggi conservati presso il Museo Archeologico Nazionale di Mantova, in uno spazio che non consente l’accesso del pubblico. Una delle molte, incredibili defaillance del sistema culturale italiano. Ormai è una cantilena: possedere bellezze di valore inestimabile e non essere in grado di valorizzarle, di promuoverle, di crearvi intorno economia e informazione. È proprio per questo che, nel febbraio 2011, il Comune e la Provincia di Mantova, insieme all’Associazione Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani, hanno costituito il “Comitato Amanti a Mantova”. L’obiettivo? Attraverso un calendario di attività, raccogliere i fondi necessari per offrire una collocazione adeguata al reperto. Si spera, cioè, di esporlo in permanenza presso il Museo, grazie a un allestimento museografico di pregio. Non serve moltissimo, aggiunge la professoressa Bagnoli: 250 mila euro per una stanza dotata di un provvisorio accesso dall’esterno, e altri 200 mila per farla diventare una camera multimediale. Il prezzo di un appartamento in centro. Hanno sì 6000 anni, ma restano giovani e di poche pretese. E con un po’ di buona volontà, si potrebbe forse trovare posto anche per un loro antenato, non proprio il nonno visto che risale a 6500 anni fa, ma insomma un lontano trisavolo, il cui scheletro è stato ritrovato nella stessa necropoli. E’ un cacciatore, sepolto col cane e le armi. Non è mai uscito dalla cassa in cui è rinchiuso: esiste l’immagine, beninteso, ma salvo gli studiosi nessuno ha potuto ancora vederlo di persona. Per ora il cacciatore non riceve. Eppure anche lui ha una storia da raccontare, altrettanto straordinaria anche se forse un po’ meno appassionante; chi mai, del resto potrebbe rivaleggiare con un amore preistorico stroncato a 18 anni?

Fonti: Mario Baudino -Pierluigi Montalbano -La stampa.it





martedì 11 settembre 2012

Trattativa, Ingroia: "Cambiare la classe dirigente"




Martelli: «Scalfaro regista di trattative Stato-mafia»

oscar luigi scalfaro 2003


Claudio Martelli, già ministro della Giustizia dal 1991 al 1993, è tornato oggi ad accusare di 'regia' nella trattativa Stato-mafia l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Ascoltato dalla Commissione Bicamerale Antimafia, Martelli ha ribadito, come già aveva fatto lo scorso agosto nel corso di un'intervista, che Scalfaro in quel periodo avrebbe condotto una 'regia' per portare a termine una trattativa con la mafia e far cessare il periodo stragista. «Lui era il dominus, colui che regnava», anche se non isolato ma con «un consenso più ampio». Per Martelli l'ex capo dello Stato fu protagonista della «regia per la 'normalizzazione' del rapporto con la mafia» che, con l'obiettivo di fermare le stragi, mise da da parte dei «politici e avevano esagerato nel contrasto».

«Il fine - ha detto l'ex esponente socialista davanti alla Commissione antimafia - era quello di tagliare l'area più offensiva contro Cosa Nostra. Colpendo Martelli, Scotti e successivamente anche Nicolò Amato, responsabile dell'Amministrazione penitenziaria». L'ex guardasigilli è arrivato anche a dare del 'bugiardo' all'ex premier e compagno di partito Giuliano Amato che ieri, ascoltato in Commissione, ha dichiarato di aver scelto personalmente il successore al ministero della Giustizia Consu: «È una bugia perchè Consu è stato scelto da Scalfaro. Così come lo stesso Amato è stato scelto da Scalfaro, Mancino e la sostituzione di Nicolò Amato con Capriotti».

SCOTTI: "41 BIS FU PROPOSTO DA ME E MARTELLI" 
«Il 41 bis fu proposto da me e da Martelli e non dai Corpi di polizia con la ragione specifica di troncare il rapporto fra le carceri e i vertici mafiosi». Lo ha detto Vincenzo Scotti, ministro dell'Interno tra il 1990 e il 1992, alla Commissione bicamerale antimafia. Scotti, che fu poi sostituito al Viminale da Nicola Mancino, ha sottolineato che esisteva all'epoca una contrapposizione fra due linee strategiche per la lotta alla mafia.