giovedì 8 novembre 2012

Passera: “Io indagato? Non c’è incompatibilità con ruolo di ministro nè con quello che farò”.


Passera: “Io indagato? Non c’è incompatibilità con ruolo di ministro nè con quello che farò”


L'ex banchiere rompe il silenzio sull'inchiesta di Biella: "Sono stato chiamato in causa oggettivamente come amministratore di una società del gruppo. Non è una responsabilità soggettiva ma oggettiva. Non è in alcun modo assolutamente incompatibile con quello che faccio oggi o potrei fare in futuro".

La posizione di indagato del ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, per il suo precedente ruolo di amministratore delegato di Intesa Sanpaolo non è incompatibile con l’attuale ruolo governativo o con altri incarichi futuri. Lo ha detto oggi lo stesso ex banchiere rompendo oltre quattro mesi di silenzio sul suo coinvolgimento nell’inchiesta che a fine giugno ha visto la Procura di Biella iscriverlo nel registro degli indagati per le presunte irregolarità fiscali del gruppo Intesa – da lui guidato per quasi un decennio fino allo scorso anno – nel 2006-2007.
“Sono stato chiamato in causa oggettivamente come amministratore di una società del gruppo. Non è una responsabilità soggettiva ma oggettiva. Io ero l’amministratore delegato della holding – ha detto – Non è in alcun modo assolutamente incompatibile con quello che faccio oggi o potrei fare in futuro”. All’interlocutore che di conseguenza gli ha chiesto se intende candidarsi alle prossime elezioni, Passera ha glissato con un: “Ne parlerò al momento giusto”. 
Un caso che potrebbe non essere isolato e nelle carte dell’indagine si legge di “sospette complicità” nell’istituto di credito con Marco Bus, forse il manager più importante della rete estera di Intesa, che è indagato per concorso in riciclaggio. Secondo quanto scriveva il 22 giugno scorso il gip Vincenzo Tutinelli, “Si ha motivo di ritenere che tale sistema sia messo a disposizione dei grandi gruppi economici italiani da funzionari ed ex funzionari del gruppo Banca Intesa Lussemburgo – con la probabile complicità della banca – per costituire fondi neri nel Granducato di Lussemburgo ed ivi riciclarli”.
Argomenti, quindi, piuttosto delicati, sia per un banchiere, che per un ministro della Repubblica e sui quali Il Fatto Quotidiano l’8 luglio scorso in un editoriale aveva chiesto almeno “qualche spiegazione” al ministro. Passera, però, sull’argomento fino ad oggi è stato piuttosto parco di spiegazioni. Tra le rare esternazioni sul tema, un laconico “per me ha già commentato la Procura”, in risposta alle domande di un cronista delFattoquotidiano.it che lo interpellava sull’indagine fiscale di Biella a ridosso dalla notizia. 

Tutti i misteri dei debiti di Lisa Lowenstein, ex moglie del ministro Vittorio Grilli. - Giorgio Meletti


Vittorio Grilli


Nel 1998 la signora dell'allora alto dirigente del Tesoro fonda una società che viene generosamente finanziata dalle banche, ma che dopo qualche anno accumula debiti per 2,3 milioni di euro.Poi fa perdere le sue tracce, ma gli istituti di credito non si preoccupano di recuperare il credito. La storia è riemersa per un'intercettazione del maggio scorso tra Gotti Tedeschi e Giuseppe Orsi.

Che fine hanno fatto i debiti di Lisa Lowenstein, ex moglie americana di Vittorio Grilli? E perché le maggiori banche italiane erano così generose con lei? Attorno a questo mistero girano le indagini del procuratore della Repubblica di Busto Arsizio, Maurizio Fusco. Tutto parte dall’intercettazione ambientale del 23 maggio scorso tra il numero uno Finmeccanica Giuseppe Orsi e l’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. Dice Orsi: “Grilli aveva una moglie americana… gli ha lasciato qualche casino in giro, di buchi”.
Sia Orsi, sia Grilli, sia la stessa Lowenstein hanno ripetutamente smentito che il gruppo Finmeccanica abbia dato alla Lowenstein consulenze per aiutarla a uscire dai suoi “casini”, cioè debiti. Fusco però ha già interrogato l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che Orsi indica nell’intercettazione come fonte delle sue informazioni. E non è detto che abbiano parlato solo di consulenze. La dimensione dei cosiddetti “casini” apparirebbe difficilmente affrontabile con qualche consulenza, sia pure ricca. La conversazione tra Orsi e Gotti Tedeschi fa chiaramente riferimento a un problema imbarazzante per il ministro, e riecheggia voci che da mesi si rincorrono insistenti.
Nel 1998 l’allora moglie dell’alto dirigente del Tesoro fonda una società chiamata Made in Museum, per produrre e vendere ai turisti oggetti ispirati alle opere d’arte. Colpisce che un’attività appena agli inizi venga generosamente finanziata da diverse banche di primaria importanza. Nel 1998, primo anno di attività, la società chiude i conti con appena 5mila euro di ricavi e ben 71mila euro di perdite, ma già ottiene 266mila euro di finanziamenti: 40mila euro dalla Bnl, 50mila euro dalla sua controllata Efibanca, 100mila euro da Unicredit. Nel 1999 i ricavi della società salgono a 119mila euro e le perdite a 129mila euro, anche perché i conti sono gravati da ben 37mila euro di oneri finanziari: un terzo del fatturato se ne va in interessi.
Ma le banche credono nel talento imprenditoriale della moglie di Grilli: mentre le perdite salgono, come abbiamo visto, da 71mila a 129mila euro, il credito bancario balza da 266mila a 723mila euro. E’ ancora Bnl a fare la parte del leone: il suo prestito alla Made in Museum balza a 174mila euro, mentre la controllata Efibanca passa da 50mila a 300mila euro di esposizione. Aprono i cordoni della borsa anche Banco di Sicilia e Banca Nazionale dell’Agricoltura. Così ben foraggiata dalle banche, la società cresce e investe. Made in Museum apre un negozio dentro il duty free di Fiumicino e un altro all’aeroporto di Pisa.
Ma con l’11 settembre 2001 arriva la crisi del turismo e crollano gli affari. La signora Lowenstein chiude il bilancio 2002 con numeri da incubo: 644mila euro di fatturato e perdite per668 mila euro, un debito di 2,3 milioni di euro (quattro volte il fatturato), un patrimonio netto negativo per 192mila euro. Nel bilancio 2002 scompare dalla nota integrativa la specifica delle banche esposte con la società. Gli ultimi dati noti, nel 2001, vedono in testa alla classifica la Bnl con 360mila euro. Ma c’è anche l’Antonveneta, che dopo aver incorporato la Banca Nazionale dell’Agricoltura aumenta la sua generosità verso la signora Lowenstein, e le presta 270mila euro. Arriva anche la Banca Commerciale con un finanziamento di oltre 60mila euro. L’elenco delle banche fiduciose si completa con le solite Efibanca, Unicredit e Banco di Sicilia.
Dopo l’anno orribile 2002 la Made in Museum fa perdere le sue tracce e non deposita più i bilanci. Nei dieci anni trascorsi la società dà solo una volta notizia di sè, il 23 febbraio 2006, quando davanti al notaio romano Paolo Pistilli Lisa Lowenstein e suo fratello Arieh Daniel cedono tutte le azioni della loro srl ai signori Pier Paolo Montalto di Frascati (Roma) e Rolando Vassallo di Pomezia (Roma), per un prezzo assai contenuto: 1600 euro in tutto.
A tutt’oggi, però, la società ha ancora come amministratore unico la signora Lowenstein. Non si hanno tracce di liquidazioni, fallimenti o altre procedure di chiusura. Non si sa se qualcuno abbia pagato i 2,3 milioni di debiti, né se le banche abbiano fatto qualcosa per recuperare il denaro così abbondantemente prestato. Le voci corrono, e creano qualche imbarazzo nel governo. Nessuno sa come la coppia Grilli-Lowenstein, prima della rottura, abbia risolto il problema di quel debito. E nessuno riesce a capire come mai il ministro dell’Economia dichiari di possedere solo un appartamento gravato da mutuo e una polizza vita del valore di 134mila euro. Possibile che dopo anni da direttore generale del Tesoro con stipendio attorno ai 500 mila euro l’anno non sia riuscito a mettere da parte neppure un piccolo Bot da mille euro? Il 6 ottobre scorso, intervistata da Repubblica, la Lowenstein ha negato di aver mai preso consulenze da Finmeccanica, ha specificato di non parlare con l’ex marito dal 2008, ma ha aggiunto una frase sibillina: “Questa è una storia molto, molto più complicata di quello che crede”.

mercoledì 7 novembre 2012

G8, arrestato ex della Corte dei Conti L'accusa per Colosimo è concussione.



Il nome dell'ex magistrato era stato fatto dall'imprenditore edile Francesco Maria De Vito Piscicelli nel corso degli interrogatori della procura di Roma. Secondo i pm di Roma avrebbe ricevuto 200 mila euro di tangenti. Alla base dell'ordinanza di custodia emessa dal Gip, testimonianze e verifiche bancarie.

ROMA -  Antonello Colosimo, ex consigliere della Corte dei Conti, è stato arrestato dai carabinieri del Ros di Firenze. L'ex magistrato, secondo i pm di Roma avrebbe ricevuto 200 mila euro di tangenti. A Colosimo, proprio per avere ricevuto soldi, in forza del suo ruolo, è contestato dal giudice per le indagini preliminari di Roma, Maurizio Caivano, il reato di concussione.

Colosimo, insieme ad altri cinque alti funzionari dello Stato, era finito nell'inchiesta, condotta dai pm, Ilaria Calò e Roberto Felici, sugli appalti del G8 e di altri Grandi Eventi gestiti dal provveditorato ai Lavori pubblici. L'indagine sui funzionari statali era partita dopo le rivelazioni fatte lo scorso giugno, nel corso di una dichiarazione spontanea, dal costruttore Francesco Maria De Vito Piscicelli. Si tratta dell'imprenditore che rise del terremoto dell'Aquila del 2009. Alla base dell'ordinanza di custodia emessa dal gip Ci sono le dichiarazioni di Piscicelli e i riscontri effettuati dagli inquirenti della Procura di Roma, come testimonianze e verifiche bancarie.

FOTO Occupati i resti del G8
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Francesco Maria De Vito Piscicelli, due mesi di carcere, undici giorni ai domiciliari, è l'imprenditore edile consegnato 2  all'opinione pubblica "per sempre" dall'intercettazione telefonica  in cui ride con il cognato3 del terremoto dell'Aquila, discorrendo con lui dei nuovi lavori che porterà la futura ricostruzione. Cinquanta anni, napoletano, è stato uno dei quindici costruttori scelti dalla cricca della Ferratella per lavorare al soldo della Protezione civile di Bertolaso. È diventato un collaboratore di giustizia. In otto interrogatori, assistito dall'avvocato Giampietro Anello, ha consegnato alla Procura di Roma il racconto della corruzione pubblica italiana dal 2000 al 2010. Tra questi anche il magistrato della Corte dei Conti Antonello Colosimo, già capo di gabinetto del ministro dell'Agricoltura Catania.

"Credevo fosse un amico, mi ha taglieggiato dal 2004 al 2008. Ha sempre preteso una tangente, a volte anche del 15%, su tutti i lavori pubblici che facevo e questo perché è stato lui a presentarmi Angelo Balducci", aveva raccontato Piscicelli in un'intervista a Repubblica 4 il 20 ottobre. "Per anni gli ho pagato auto, autista, l'affitto dell'ufficio in via Margutta. Quando ho smesso mi ha scatenato contro la  finanza. Nel 1992 la politica chiedeva agli imprenditori soldi, ma dava benefici. Oggi la politica, e alcuni funzionari potenti, ti chiedono soldi per non farti male. Alla Ferratella c'è un'impiegata che solo per mandare tre righe di giustificazioni della spesa in Banca d'Italia chiede a ogni imprenditore una tangente di 1.000 euro. Tre righe digitate al computer, mille euro".

Il filone investigativo sull'ex consigliere della Corte dei Conti Antonello Colosimo, è legato all'inchiesta sugli appalti per i Grandi Eventi che ha portato di recente alla condanna di Angelo Balducci, ex presidente del provveditorato ai Lavori pubblici, e Fabio De Santis, ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana. 



La Banca del Germoplasma di Bari, migliaia di varietà di semi a rischio.

sementi

BARI – Non tutti sanno che Bari è sede dell’unica Banca del Germoplasma in Italia, al secondo posto in Europa e tra le prime dieci in tutto il mondo per dimensioni e standard di conservazione. La Banca del Germoplasma si occupa essenzialmente di conservare i semi di specie vegetali che appartengono alla flora autoctona, al fine di conservarne il patrimonio genetico, ma da quando nel 2002 è stata accorpata al CNR, il mantenimento delle 84.000 varietà di sementi e collezioni vegetali non sarebbe più apparso garantito.

Il germoplasma rappresenta un’importante risorsa agro- biologica per risolvere i problemi dell’agricoltura senza dover ricorrere all’utilizzo di OGM che oggi si affacciano sempre più prepotenti nel panorama agricolo e alimentare e che nel biologico vedono un concorrente commerciale.
Nel lontano 2003 le  temperature delle camere di conservazione del germoplasma sono salite oltre quelle ottimali, che si affermano a -20° e a 0°. La mancata tempestività nelle riparazioni delle camere del freddo da parte del CNR ha provocato danni ingentissimi al patrimonio genetico per cui, a seguito di un contenzioso tra la Banca e Consiglio Nazionale delle Ricerche, un’indagine della Magistratura avrebbe appurato le responsabilità di quest’ultimo. Nonostante i campioni  siano stati dissequestrati dal 2009, la Regione Puglia pare non averli ancora acquisiti per provvedere alla loro rigenerazione. Nessun altro si è offerto per farlo e per questo sono tornati nelle mani del CNR. Nel frattempo un immenso e preziosissimo patrimonio genetico agro-biologico sta perendo nell’abbandono.
Negli anni passati a poco sono serviti gli appelli, tra gli altri, del Dott. Perrino per impedire che la biodiversità rappresentata e perpetuata attraverso questi semi venisse distrutta. Impedire il peggio è semplice, basta rigenerare quei germoplasti piantandoli. Nessuno inspiegabilmente appare interessato a farlo a partire dalla politica, riferisce sempre l’appello di Perrino, già direttore dell’Istituto del Germoplasma del CNR di Bari (1983 – 1993; 1998 – 2002).

Partiti....




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Differenze.



Gente del Colorado...



Ieri il Colorado (USA) ha legalizzato la Marijuana: la foto è stata scattata questa mattina nella metropolitana di Denver.

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