giovedì 21 marzo 2013

Sanità, ticket aumentati del 40% e più di un cittadino su due si rivolge al privato. - Adele Lapertosa


Sanità, ticket aumentati del 40% e più di un cittadino su due si rivolge al privato


C'è poi l'esplosione del welfare 'fai da te', con le badanti (774mila) che superano i dipendenti di asl e ospedali (664mila). E' questo il bilancio 2011 della politica di rigore nei conti nella sanità italiana, che emerge dal Rapporto Oasi 2012 dell'Università Bocconi. E le Regioni per pareggiare i conti hanno aumentato i tributi locali.

Sembrano lontani anni luce quel 2007 in cui ci si vantava che secondo l’Oms la nostra era la seconda sanità migliore al mondo per capacità e qualità dell’assistenza. Un patrimonio che non basta più e che si rischia di perdere. La realtà di oggi vede infatti i ticket sui farmaci aumentati del 40 per cento, più di un cittadino su due che paga di tasca propria visite ed esami per evitare le file della sanità pubblica e perché, tra ticket e superticket, spesso il privato costa meno. C’è poi l’esplosione del welfare ‘fai da te’, con le badanti (774mila) che superano i dipendenti di asl e ospedali (664mila). E’ questo il bilancio 2011 della politica di rigore nei conti nella sanità italiana, che emerge dal Rapporto Oasi 2012 dell’Università Bocconi.
Di fatto l’austerity sanitaria si sta traducendo in un taglio dei servizi, più tasse, e insoddisfazione nei cittadini, il cui giudizio è impietoso. Nel Centro-Sud la maggioranza valuta inadeguati i servizi offerti dal Servizio sanitario nazionale (53,5% al Centro, e 62,2 per cento al Sud, contro una media italiana del 43,9 per cento). A influire sul livello di qualità percepito c’è anche la massiccia politica di tagli messa in atto dalle otto Regioni sottoposte ai piani di rientro, tanto che il 57,8 per cento di chi vive in CampaniaLazioAbruzzoMolise, PiemonteCalabriaPuglia e Sicilia si è dichiarato insoddisfatto, contro il 23,3 per cento delle altre Regioni.
Il caro ticket pesa sulle tasche degli italiani per circa 5 miliardi di euro, tra compartecipazione della spesa sui farmaci e per visite specialistiche ed esami diagnostici. E a questa cifra, è probabile che dal primo gennaio 2014 si debbano aggiungere altri due miliardi di euro per effetto dell’ultima manovra Tremonti dell’estate 2011, se non ci saranno interventi correttivi, ora più che mai difficili, vista la situazione economica e politica. Per i farmaci gli italiani tirano fuori dal portafoglio circa un miliardo di euro, di cui circa 300 milioni da imputare al ticket vero e proprio, e gli altri 7-800 milioni di euro per il cosiddetto ‘spread‘, cioè la differenza tra il prezzo rimborsato dal Ssn e quello del medicinale che si vuole acquistare (generalmente tra farmaco generico e griffato). Ma la compartecipazione maggiore si ha per visite ed esami, per cui ormai i cittadini sempre più spesso si rivolgono al privato-privato. A fine 2012 i cittadini hanno speso quasi 1,3 miliardi di euro per le prestazioni di specialistica ambulatoriale nelle strutture pubbliche, e circa 3 miliardi di euro nelle strutture private convenzionate tra ticket nazionali (con una franchigia a 36 euro) e i superticket regionali, che aggiungono una quota fissa per ricetta (in genere di 10 euro).
Ad acuire il malcontento, c’è anche il fatto che oltre alla cosiddetta spesa ‘out of pocket’, cioè di tasca propria, i cittadini contribuiscono a pagare la sanità, che dovrebbe essere finanziata dalla fiscalità generale, con il moltiplicarsi di tasse, tributi e balzelli locali, utilizzati dalle Regioni per evitare di sforare i bilanci e ritrovarsi con i conti in rosso. Tra il 2011 e il 2012, secondo dati del ministero del ministero della Salute e dell’osservatorio Uil sulle politiche sociali, elaborati dalla Fiaso (Federazione di asl e ospedali), le Regioni hanno raccolto in questo modo quasi 5 miliardi, senza i quali già nel 2011 ben 16 di loro avrebbero tinto di rosso i propri bilanci sanitari. Per pareggiare i conti le Regioni in rosso hanno aumentato tributi locali e addizionali Irpef per 2,2 miliardi di euro nel 2011. Solo Valle d’Aosta, Friuli, Trento e Bolzano, Basilicata e Sardegna non hanno rincarato il bollo auto e cartolarizzato i debiti. E anche se per far fronte alla crisi e crescente penuria di risorse di questi ultimi anni, asl e ospedali sono ricorsi più spesso innovazioni gestionali, reti cliniche interaziendali per patologia e riorganizzazione degli ospedali per intensità di cura, il problema é che i loro manager continuano ad essere esposti ai venti della politica. In media i direttori generali di asl e ospedali restano in carica 3,6 anni, meno della durata dei loro contratti, che è di 5 anni. Altri anche per un solo anno. Insomma, finora i tagli della spesa sanitaria non sembrano aver portato alla tanto sospirata razionalizzazione della spesa e a minori sprechi, ma a meno servizi e più tasse.

Pietro Mennea, morto il campione che “bruciava” le macchine da corsa. - Luca Pisapia


Pietro Mennea, morto il campione che “bruciava” le macchine da corsa


Pugliese di Barletta, ha detenuto il record mondiale per 17 anni, dal 1979 al 1996, con il tempo di 19''72, che è tuttora il record europeo. E' stato anche deputato europeo dal 1999 al 2004 e avvocato. Giomi (Fial): "Un grande uomo di sport e un grande amico". Pomeriggio la camera ardente al Coni.

Addio a un Campione. Nato a Barletta 60 anni fa, Pietro Paolo Mennea, è morto in una clinica a Roma per una malattia incurabile. L’immagine che resta, e che resterà per sempre scolpita nella memoria, è quella del 28 luglio 1980: Stadio Lenin di Mosca, Giochi della XXII Olimpiade. Per il boicottaggio degli Stati Uniti ai blocchi di partenza della finale dei 200 metri piani i favoriti sono il giamaicano Quarrie, il britannico Welles e l’italiano Pietro Mennea, 28 anni dalla Puglia, detentore del record del mondo, stabilito l’anno precedente alle Universiadi di Città del Messico con 19,72”. Sorteggiato in ottava corsia, l’atleta parte lento come al suo solito, ma la progressione è inarrestabile: quarto all’uscita della curva, nel rettilineo si mangia gli avversari uno dopo l’altro e va a vincere tagliando il traguardo per primo con 2” di vantaggio sul britannico. Pietro Mennea vince la medaglia d’oro entrando nella storia, e lì rimane. 
Nato da una famiglia modesta, la leggenda vuole che da piccolo Mennea si fosse guadagnato la fama in città sfidando in corsa i “macchinoni” dei ragazzi più ricchi: non c’erano Alfa Romeo o Ferrari che tenessero, Pietro in velocità le bruciava tutte. E’ l’inizio di una delle storie più vincenti dello sport italiano, con una collezione di medaglie che dai Giochi del Mediterraneo arrivano fino a Europei, Mondiali e Olimpiadi, dove fu il primo a disputare quattro finali consecutive. Praticamente imbattuto dai Giochi di Montreal 1976 a quelli di Mosca 1980, di ogni Olimpiade ricordava con piacere il contesto storico e geopolitico che le accompagnava. Il suo primato, quello dei 200 metri piani, è diventato record a sua volta rimanendo imbattuto per ben 17 anni a livello mondiale e resistendo ancora oggi come record europeo.  
A fianco dello sport gli studi e l’impegno politico. Una prima laurea in scienze politiche e poi in giurisprudenza, scienze dell’educazione motoria e lettere, appesi gli scarpini al chiodo Mennea è stato avvocato, docente universitario e commercialista, scrittore con oltre venti libri all’attivo, e ha avuto anche diverse esperienze politiche prima con l’Idv, di cui fu eurodeputato a Bruxelles dal 1999 al 2004, e poi con Forza Italia. In una recente intervista al Fatto Quotidiano ribadì la sua contrarietà alla candidatura dell’Italia a ospitare le Olimpiadi nel 2020, spiegando con un filo di amarezza che “Nella storia recente le Olimpiadi hanno portato a chi le ha organizzate solo recessione e svalutazioni, vedi l’esempio della Grecia che è fallita. Le Olimpiadi oggi non portano valore, sono solo uno spettacolo che dura 15 giorni, un business economico”.  
“È una situazione troppo dolorosa, si fa fatica a fare commenti, perché non solo era un grande uomo di sport, ma anche un grande amico – ha detto Alfio Giomi, il presidente della Federazione Italiana Atletica Leggera -. Proprio qualche settimana fa ci eravamo ripromessi di vederci presto, al telefono. E non ci siamo riusciti. Per la Fidal (Federazione Italiana Atletica Leggera ndr.) è un giorno tristissimo”. Tra le condoglianze sincere di tutti gli uomini di sport, anche quelle del neo presidente del Coni Giovanni Malagò, che appresa la notizia telefonicamente mentre era in viaggio verso Milano, ha deciso di annullare gli impegni istituzionali e di far rientro a Roma. Oggi pomeriggio sarà allestita la camera ardente al Coni.
“Sono veramente sconvolto. Purtroppo sono fuori dall’ambiente sportivo da tanti anni e non sapevo che stesse male, ormai le notizie mi arrivano di riflesso”. Gianni Gola, ex presidente della Fial è “basito, era nel fiore degli anni, una delle più grandi figure dello sport italiano e un grande uomo. Riesco a dire solo di essere sconvolto”. 

Equitalia, protesta dei consumatori per aumento interessi di mora.


Equitalia, protesta dei consumatori per aumento interessi di mora


Federconsumatori e Adusbef sul piede di guerra per l'incremento del 15% applicato dal primo maggio sui pagamenti ritardati. Le due associazioni attaccano Befera: "Piove sul bagnato. Vuole fare cassa con metodi prepotenti ed arroganti".

Levata di scudi delle associazioni dei consumatori contro  la decisione di Equitalia di aumentare i tassi di interesse di mora dal prossimo primo maggio. Con l’aumento, che il direttore dell’agenzia delle Entrate, Attilio Befera, definisce “previsto dalla legge”, il tasso di interesse applicato sui ritardati pagamenti delle cartelle esattoriali iscritte a ruolo passa dal 4,55% al 5,22 per cento (+15%).
“Una vera e propria assurdità. Piove sul bagnato”, commentano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. “Piuttosto che pensare ad aumentare i tassi di mora – proseguono Trefiletti e Lannutti – Equitalia dovrebbe dare la priorità ad una decisa riorganizzazione della struttura, migliorando i pessimi rapporti con il pubblico”.
E se Equitalia non darà risposte, le due associazioni “avvieranno tutte le iniziative necessarie per tutelare le famiglie”. Non solo, sottolineano Trefiletti e Lannutti, “non bastava l’aumento dei prezzi e delle tariffe, la caduta verticale del potere di acquisto (-14,1% dal 2008) e l’incredibile livello raggiunto dalla pressione fiscale nel nostro Paese, con aumenti solo nel 2013 di 421 euro”. Ma ora anche Equitalia, incalzano, “dà un ulteriore contributo per accrescere la preoccupazione e lo stato di vera e propria esasperazione in cui si trovano le famiglie”.
La società, “già tristemente nota per le cartelle pazze, ancora una volta, vuole fare cassa, per conto dell’Agenzia delle Entrate, con metodi prepotenti ed arroganti”, accusano poi Trefiletti e Lannutti e concludono: “E’ impensabile che un cittadino debba trascorrere giornate intere in coda per richiedere informazioni o attivare le procedure di contestazione o rateizzazione delle cartelle esattoriali”.
“L’adeguamento annuale dei tassi di interesse di mora applicati alle cartelle di pagamento è previsto dall’articolo 30 del dpr 602/1973. Pertanto non esiste alcuna discrezionalità da parte di Equitalia o dell’Agenzia delle Entrate che adotta il provvedimento con i nuovi tassi”, ha puntualizzato dal canto suo Equitalia. “Per evitare questo meccanismo è necessario che il Parlamento cambi la Legge”, spiega la società. Si precisa inoltre che “gli interessi previsti nelle cartelle sono riscossi da Equitalia per conto degli enti pubblici creditori ai quali vengono riversati insieme a tributi e sanzioni”.
Per quanto riguarda invece i rapporti con il pubblico, Equitalia “da sempre è impegnata nel migliorare l’assistenza ai cittadini. Lo scorso anno, ad esempio, sono stati attivati nei capoluoghi di provincia sportelli dedicati alla soluzione dei casi più delicati di famiglie e imprese in difficoltà a causa della crisi economica. Gli sportelli ordinari impegnati nei pagamenti, nelle rateizzazioni e nelle altre regolari attività garantiscono tempi d’attesa del tutto adeguati”.
Oggi, tra l’altro, “i cittadini hanno a disposizione diversi canali di contatto con Equitalia, come ad esempio il numero verde, per avere informazioni e assistenza, e il sito internet per effettuare numerose operazioni”. Non solo. “Continuare ad accusare Equitalia di responsabilità che non ha, non fa altro che alimentare il clima di tensione che, anche in questi giorni, ha portato a episodi di intimidazione nei confronti del personale”.
Noi siamo l'Italia, dove tutto funziona al contrario.

mercoledì 20 marzo 2013

Andrea Scanzi



C'è questo giochino in atto di zimbellare il parlamentare grillino. 
Soprattutto in Rete. 
Se hanno una pulce, diventa un tumore. 
Lo capisco e in parte è giusto. 
Si ergono a superiori e per questo stanno sulle palle a molti. 
Giusto sfottere chi casca nello scherzo telefonico di un finto Vendola (Campanella), chi scrive "siamo in streaming su La Cosa da Monte Citorio" (Fico) e chi si vanta (poi scusandosi) di non avere salutato la Bindi (Rostellato, la stessa che non sa cos'è la BCE). 
Scrivo anch'io, ogni giorno sul Fatto, che sono ragazzi inesperti. 
La loro comunicazione è debole e il monologo di ieri in conferenza stampa non mi è piaciuto (per niente). 
Poi però mi vengono dei pensieri odiosamente diversi dalla intellighenzia rosicante-dominante. 
Tipo che le discussioni e i pianti di sabato, quando si è trattato di votare il Presidente al Senato, denotano una passione autentica per la politica. 
Tipo che sono ragazze e ragazzi sinceri, magari ingenui, ma onesti e molto meno impreparati di quanto si creda (guardate cosa fanno nei Comuni e Regioni in cui sono). 

Tipo che, senza loro e il M5S, col cazzo che in Sicilia avrebbero abolito le Province. 
Tipo che, senza loro e il M5S, col cazzo che avremmo avuto la Boldrini (Grasso mi piace molto meno) e col cazzo che potremmo avere quel governo sognato di cui tanto abbiamo bisogno. 
Tipo che, se negli ultimi 20 anni avessimo avuto più grillini e meno Orfini e Moretti, Gelmini e Carfagna, non saremmo nella merda in cui siamo. Io, a queste ragazze e ragazzi, guardo con rispetto. 

E continuo a pensare che siano una risorsa - forse l'ultima - per la politica di questo paese. 
Uno stimolo, un pungolo. 
Imperfetti e manichei quanto volete, ma senza di loro avremmo ancora lo schifo che abbiamo avuto. 
Per troppo tempo. 
E in parte abbiamo ancora.

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=629381297078202&id=226105204072482

Parigi, perquisita la casa della Lagarde. - Giordano Stabile



Il direttore dell’Fmi sospettato di aver favorito Bernard Tapie nel contenzioso con la banca Credit Lyonnais. L’ex patron del Marsiglia ottenne 403 milioni di euro.

La casa parigina del direttore generale del Fondo Monetario internaziona (Fmi), Christine Lagarde, è stata perquisita oggi dalla polizia. 

Gli inquirenti hanno agito su ordine del tribunale che sta indagando sullo scandalo finanziario che, nel 2007, coinvolse l’ex finanziere Bernard Tapie e il Credit Lyonnais. Lagarde, allora ministro dell’Economia del presidente Nicolas Sarkozy, è stata coinvolta nelle indagini per un presunto abuso di potere

Il contenzioso tra l’uomo d’affari marsigliese Bernard Tapie e la banca Credit Lyonnais (Lcl), di proprietà pubblica al tempo dei fatti contestati. Si vuole verificare se la decisione, da parte della Lagarde, di affidare la sentenza sul caso a un tribunale arbitrale e non a uno ordinario, sia stata legittima o un abuso di potere. 

Il caso riguarda la consulenza che la banca diede all’uomo d’affari per la vendita del marchio Adidas, negli anni Novanta, e in particolare il fatto che l’istituto prima acquistò la società da Tapie, per poi cederla a un prezzo più elevato. Nel 2008, il tribunale arbitrale aveva riconosciuto a Tapie un risarcimento di 403 milioni di euro. 

Compravendita, Caforio: “Non so perché Di Pietro non ha tirato fuori il nastro incriminato” - Nello Trocchia




Registrai il colloquio con Sergio De Gregorio mentre mi offriva soldi per passare al centrodestra. Insieme al collega dell’Idv Nello Formisano, consegnai il nastro all’allora ministro e leader del mio partito Antonio Di Pietro”. 
L’ex senatore Giuseppe Caforio ricostruisce i fatti dell’inverno 2007 quando, registratore alla mano, confezionò la prova regina dell’inchiesta sulla compravendita di parlamentari da parte di Silvio Berlusconi. Di quella cassetta, però, non c’è traccia. Nel novembre 2011, quando scoppiarono i casi Scilipoti e Razzi, Caforio non si capacita del silenzio sulla vicenda. “Non capivo perché Di Pietro – racconta al fattoquotidiano.it – non tirasse fuori quella storia, avrebbe dimostrato che nel nostro partito c’erano anche altre persone coinvolte”. Caforio rivela che prima dell’incontro con De Gregorio era andato a pranzo, nelle settimane precedenti, con il senatore di Forza Italia Antonio Tomassini: “Non ci fu nessuna proposta indecente. A pranzo mi disse che gli era stato chiesto di farmi incontrare il presidente Berlusconi. ‘Se fai un segno positivo – mi disse Tomassini – tra 5 minuti lui viene’”. Caforio rifiuta. Poco dopo arriva la proposta di De Gregorio che fu oggetto di registrazione. Una cassetta, il cui destino è sempre più avvolto dal mistero.

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/03/20/compravendita-caforio-non-capisco-perche-di-pietro-non-ha-tirato-fuori-nastro-incriminato-2/225433/

martedì 19 marzo 2013

Auto, vendite a picco in Ue. In Fiat cresce solo il salario di Marchionne.


Sergio Marchionne


Fiat va peggio del mercato: con 56mila veicoli venduti segna un calo del 15,7% rispetto al 2012, per una quota scesa al 6,8%. Chrysler perde il 38,5 per cento. Aumenta solo lo stipendio dell'amministratore delegato: +50% a 7,4 milioni.

Mentre l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, fa i conti con l’incasso sul 2012, lievitato del 50% a oltre 7 milioni di euro, arriva un nuovo record negativo per il mercato europeo dell’auto, con il Lingotto che va sempre più a fondo. A febbraio le vendite delle quattro ruote nel Vecchio Continente sono scese del 10,2% rispetto ad un anno fa. Secondo i dati diffusi dall’Acea, l’associazione dei costruttori europei, le immatricolazioni nei 27 Paesi Ue più quelli Efta il mese scorso hanno segnato il livello più basso mai raggiunto, con appena 829.359 unità vendute. Se si considera la sola Ue, il dato scende a quota 795.482 nuove auto, con un calo del 10,5% rispetto a febbraio 2012.
Nei primi due mesi del 2013, invece la flessione è stata del 9,5%, con un numero complessivo di immatricolazioni di 1.681.073 auto. Nel mese di febbraio, solo il Regno Unito ha registrato un aumento delle vendite che sono risultate in crescita del 7,9 per cento. Tutti gli altri mercati risultano in affanno per la recessione e hanno totalizzato un calo, che va dal -9,8% della Spagna al -10,5% della Germania, fino al -12,1% della Francia al -17,4% dell’Italia. Stesso trend per i primi due mesi dell’anno: la Germania segna un -9,6% e Spagna a -9,7 per cento. Per Francia e Italia flessione a due cifre del -13,5% per i cugini d’oltralpe e -17,3% per il Bel Paese. Domanda sostenuta invece nel Regno Unito che ha messo a segno un +10,3 per cento.
In questo contesto Fiat Group Automobiles il mese scorso ha immatricolato nell’Ue a 27 più i Paesi Efta 55.985 nuove autovetture, in calo del 15,7% rispetto alle 66.448 unità di febbraio 2012. Il marchio Fiat ha contenuto le perdite al -6,7% segnando 46.838 unità. Peggio è andata a Lancia/Chrysler che ha ceduto il 38,5% a 5.477 unità, Alfa Romeo il 41,8% a 4.718 unità e Jeep il 16,3% a 1.905 unità. Nei primi due mesi dell’anno il marchio Fiat ha perso il 5,3% a 90.649 immatricolazioni, Lancia/Chrysler il 35% a 11.675 unità, Alfa Romeo il 39,2% a 10.359 unità e Jeep  il 15% a 3.905 immatricolazioni. Nel primo bimestre, poi, il Lingotto ha ceduto il 14% a 117.067 unità. E la quota di mercato della casa di Torino è così scesa al 6,8% dal 7,2% di un anno prima, ma è leggermente salita rispetto al 6,6% di gennaio.
Festeggia, intanto, l’amministratore delegato del gruppo torinese che secondo la relazione sulla remunerazione depositata in questi giorni dal gruppo, nel 2012 ha incassato da Fiat e Fiat Industrial complessivamente 7,4 milioni di euro, quasi il 50% in più dei 5 milioni del 2012. Non è andata tanto male neanche al presidente della Ferrari, Luca di Montezemolo, il cui stipendio si è attestato sui 5,534 milioni, mentre a John Elkann sono andati 1,463 milioni.