sabato 9 novembre 2013

Come e perché Facebook sta “fregando” utenti e clienti.

Come e perché Facebook sta “fregando” utenti e clienti
Eh si: questa volta Facebook ha sul serio superato ogni limite. Con le ultime, disastrose modifiche apportate all’Edge Rank (l’algoritmo che decide quali post far visualizzare sulla newsfeed degli iscritti), il social network più famoso al mondo ha letteralmente tagliato le gambe a tutti i gestori di pagine fan e, al contempo, ha chiuso ogni utente in una sorta di recinto virtuale dove l’interazione con i propri contatti è sempre più ristretta, ripetitiva e limitata. Anche se come sempre i responsabili negano gli effetti devastanti delle ultime modifiche (come di consueto applicate senza preavviso ed in maniera unilaterale), di fatto il social in blu si è trasformato in una sorta di condominio virtuale dove, se hai 4500 amici e sei iscritto a 300 pagine fan, ti ritrovi nella newsfeed praticamente sempre gli stessi contenuti, a volte addirittura ripetuti in loop. Controllate voi stessi sulle vostre rispettive home: vi capiterà di scorgere quasi esclusivamente i post di amici con i quali interagite spesso, anche più volte nel giro di pochi minuti. Oppure vedrete post vecchi di giorni comparire in alto solo perché hanno collezionato tanti “mi piace” ed altrettante condivisioni e commenti o sono di quelli a pagamento.
In estrema sintesi, da un po’ di tempo Facebook ha deciso di stuprare la propria natura, ciò che lo ha reso tanto diffuso e soprattutto rivoluzionario. Come? Modificando l’algoritmo che decreta quanta visibilità concedere ai contenuti condivisi dai suoi utenti. Se un tempo c’era grande alternanza, eterogeneità e possibilità di scoperta del nuovo, oggi ci si ritrova in maniera sempre più stringente ad essere profilati e poi automaticamente “indirizzati” verso un range molto limitato di amici e contenuti. Questo perché la nuova regola è semplice quanto stupida: se tizio interagisce abbastanza con determinate pagine e contatti, allora vedrà i post di tali pagine e tali contatti comparire sulla sua newsfeed sempre più spesso. Se però smette, allora le pagine e i contatti “trascurati”, vengono inesorabilmente oscurati. La home di chi vi scrive, ad esempio, è praticamente priva di ogni contenuto postato dalle centinaia di pagine fan alle quali sono iscritto e mi rimanda gli aggiornamenti di stato, i post e le interazioni delle solite 30-40 persone (a dispetto delle oltre 4500 che ho tra i contatti) che più si confrontano con me, lasciando commenti e like ai contenuti che posto. Spesso mi capita addirittura di scorgere lo stesso aggiornamento di stato dello stesso amico più di una volta lungo la stessa time line e questo soprattutto sui dispositivi mobiie (dove l’effetto dell’algoritmo è ancora peggiore).
Qualcuno a questo punto potrà osservare che tutto sommato è meglio così: indirizzati verso qualcosa che ci interessa e verso le persone con le quali chiacchieriamo con più piacere e frequenza, potremo fare pulizia tra contatti e contenuti superflui. Peccato, però, che in questo modo si precluda agli iscritti l’attività senza dubbio più interessante e utile del social in blu e cioè la scoperta anche casuale di pensieri e persone, quel meraviglioso caos di stimoli disparati che tanto manca a chi, come il sottoscritto, usa Facebook dalla fine del 2006. E peccato, soprattutto, che con simili algoritmi si censuri di fatto coloro che si occupano di fare informazione senza tramutarsi in una sorta di prostitute dei click e dell’interazione. Senza, cioè, farsi ossessionare dal numero di like, condivisioni e mi piace ottenuti dai post diffusi attraverso le proprie pagine ed i propri profili personali. Insomma: non parliamo di adolescenti intenti a postare frasi stucchevoli ed immagini glitterose ma di giornali online e professionisti della comunicazione che devono diffondere contenuti di un certo tipo, non per forza virali o “viralizzabili” per venire incontro ai capriccio di mister Facebook e dei suoi utenti più nevrotici e superficiali.
Ma l’aspetto più clamoroso ed odioso, riguarda i cosiddetti “promoted post” e cioè quei contenuti che vengono promossi pagando cifre anche molto alte. Neppure in quel caso, infatti, il nuovo algoritmo assicura un risultato certo e chiaro in termini di visibilità ed efficacia. Come confermato dai test noi effettuati nelle ultime settimane e stando a quanto confermano anche le riviste specializzate, l’utente-cliente può anche pagare 200 euro nella speranza di raggiungere un numero più elevato di fan o, in alternativa, potrà “acquistare” nuovi fan promuovendo la propria pagina. Tuttavia, per quel contenuto a pagamento, varrà la stessa regola utilizzata per tutti gli altri post e cioè: poche interazioni, poca visibilità concessa. Se nessuno regala like, commenti e condivisioni, quel contenuto che avete pagato per vedere diffuso, magari anche oggettivamente interessante, verrà automaticamente oscurato dall’algoritmo. Allo stesso modo, quindi, anche se compriamo spendendo cifre esorbitantanti 100.000 nuovi fan per la nostra bella pagina, solo un numero esiguo di questi ultimi visualizzerà i nostri post, tutti gli altri saranno letteralmente tenuti in ostaggio dall’Edge Rank di ultima generazione e rimarranno “parcheggiati” potenzialmente in eterno in zone d’ombra (la nostra pagina più grande ha oltre 350.000 iscritti e post visualizzati da 80 persone). Di fatto, questo significa vendere fumo e dare zero possibilità di recesso e/o reclamo ai consumatori. Non solo: se pagate e la vostra campagna inizia proprio durante uno dei non pochi aggiornamenti/problemi tecnici riscontrati dal social, nessuno vi rimborserà la cifra sborsata. E il servizio clienti? Meglio non considerarlo visto che risponde una volta su dieci, se siete particolrmente fortunati ed insistenti. I blocchi ingiustificati di account e la rimozione altrettanto arbitraria ed imprevedibile dei contenuti postati? Idem (nessuno ci ha ad esempio spiegato come mai, un nostro articolo sulla psoriasi, sia stato segnalato da qualche utente bontempone, rimosso da tutte le pagine sulle quali era stato diffuso e, cosa ancora più grave, abbia causato il blocco di un mese a tutti gli account amministratori). Facebook si è quotato in borsa, ha avuto un disperato bisogno di tramutare i suoi iscritti in prodotti da vendere e clienti da spremere ma non ha saputo offrire alcuno strumento professionale e chi lo utilizza, appunto, per lavoro e non solo per condividere foto con frasi da baci perugina e video di gattini fuffolosi o patetici sfoghi autoreferenziali. Chi lavora e mantiene aziende e dipendenti grazie all’utilizzo professionale dei social network, deve ovviamente anche essere pronto a pagare per tale utilizzo che possiamo definire commerciale. Ma poi, coloro che offrono il servizio, devono garantire trasparenza, assistenza ed una policy decisamente più affidabile e partecipativa. Non è possibile, per chi gestisce portali d’informazione, svegliarsi un mattino, ritrovarsi con un calo di traffico pari al 50% ed essere obbligato ad investire decine di migliaia di euro praticamente al buio per mantenere un trend che prima veniva garantito gratuitamente. E non è possibile che le autorità garanti del caso dormano e non si decidano ad intervenire in maniera ferma nei confronti di questi giganti senza volto che spesso, troppo spesso, si comportano da vere e proprie divinità digitali che in nessun caso devono dar conto delle proprie azioni (o non azioni). Se ti “puniscono” tu puoi solo pregare inviando una mail o una segnalazione e sperare che qualcuno, prima o poi, risponda.
Con questo editoriale, YOUng spera di poter ricevere il supporto di altre realtà editoriali medio-grandi e di numerosi professionisti di settore per portare avanti una protesta comune e chiedere a Facebook Italia un tavolo di confronto con le aziende che, da anni, lavorano incessantemente ed indirettamente anche per il social network che le ospita, mantenendolo attivo e vivo. In merito agli utenti, è decisamente odioso il relegarli a semplici prodotti da profilare e poi rivendere, privandoli di fatto della possibilità di un’interazione più ampia e di una selezione meno rigida e ripetitiva dei contenuti visualizzati nella propria newsfeed. Che il social resti social e non si tramuti in asocial-truffa-network.

venerdì 8 novembre 2013

5 Giorni a 5 Stelle/17: Il M5S presenta all'Italia il "RedditoDiCittadinanza".



"Il Reddito di cittadinanza nasce dal basso e in Rete. La proposta sarà messa in discussione con tutti i 90.000 iscritti certificati al MoVimento 5 Stelle tramite l'applicazione online attiva da due settimane. 
Decine di migliaia di cittadini potranno avanzare proposte, critiche e modifiche migliorando la legge. Dopo questo processo di discussione democratica e diretta dal basso e in Rete, la legge sul Reddito di Cittadinanza sarà ufficialmente depositata in Parlamento da parte dei portavoce M5S. 
Sarà la prima legge al Mondo che approderà in un Parlamento dopo essere stata discussa in Rete da migliaia di cittadini. Nel corso della puntata si parla anche dell'ultima settimana di battaglie. 
Dal convegno d'approfondimento sui temi dell' euro e dell'Europa, alle proposte anti-casta durante l'approvazione dei bilanci di Camera e Senato per arrivare al caso del Ministro Cancellieri. Il Senato ha fissato per mercoledì 27 novembre la votazione sulla decadenza del condannato Berlusconi. 
Il M5S aveva proposto di votare già questa settimana la decadenza, ma Pdmenoelle e Pdl hanno risposto "no" (stupiti?). 
E' stato definitivamente approvato il Decreto Scuola, all'interno del quale il Movimento è riuscito a far approvare 18 importanti ordini del giorno con proposte concrete. 
Un risultato che si è ripetuto alla Camera sul tema della Terra dei Fuochi con diverse idee a 5 stelle approvate."
M5S Camera e Senato

http://www.beppegrillo.it/2013/11/5_giorni_a_5_stelle17_redditodicittadinanza.html

“Medici corrotti con 10 euro perché dovevano mantenere due famiglie”. Tutti i particolari dell’inchiesta su Nola. Ecco i nomi. - Gabriella Bellini e Pasquale Napolitano


Truffa alle assicurazioni per falsi incidenti stradali. E’questa l’accusa mossa dalla Procura di Nola che questa mattina ha disposto il sequestro di beni per 4 milioni di euro nei confronti dei componenti di un’organizzazione criminale operante nel nolano. Quattrocento gli indagati tra medici e avvocati. Dalle prime luci dell’alba carabinieri e Guardia di Finanza di Nola stanno eseguendo diverse misure cautelari personali nei confronti dei principali indagati di un sodalizio criminale dedito alla commissione di truffe. Centinaia i falsi sinistri stradali accertati ed oltre un milione e mezzo di euro l’ammontare degli illeciti rimborsi.  Tra i destinatari dei provvedimenti, numerosi medici e avvocati nei confronti dei quali l’Autorità Giudiziaria ha disposto l’interdizione dall’esercizio della professione oltre al sequestro dei beni, tra cui ville, studi medici, auto di lusso e conti correnti utilizzati per gestire le attività illecite. Falsi certificati medici pagati 10 euro e medici compiacenti che si facevano corrompere perché “dovevano mantenere due famiglie”. A dichiararlo il procuratore capo di Nola Paolo Mancuso nel corso della conferenza stampa che ha fatto luce sull’inchiesta condotta dai carabinieri e dalla guardia di finanza delle Compagnie di Nola partita nel 2009 e che ha portato oggi all’alba a diverse misure cautelari nei confronti di medici e avvocati dell’area nolana e vesuviana. Scoperti centinaia di falsi incidenti  e sequestrate agli indagati ville e auto di lusso nonché conti correnti e natanti. Per il valore di quasi 4 milioni di euro. 
Ecco l’elenco dei nomi con relativo provvedimento a carico:
Salvatore Brancaccio, (medico all’Ospedale Loreto Mare)  interdetto dall’esercizio dell’attività 
Felice Peluso (Medico Santa Maria della Pietà di Nola) interdetto esercizio professione 
Alberto Silenti (Radiologo pronto soccorso Ospedale Pollena Trocchia) interdizione esercizio attività medica 
Emilio Cepparuoli (consulente medico)  interdetto dall’attività medica 
Francesco Coppola, (medico in servizio al pronto soccorso Ospedale di Nola) interdizione esercizio professione 
Maria Capasso, (medico in servizio Asl Napoli 3) interdizione 
Graziella Minieri (medico)  obbligo di presentazione quotidiana alla Pg 
Marco Coppola (avvocato) interdizione attività forense 
Rossella Ranieri (avvocato) interdizione attività forense 
Giuseppe Iervolino (avvocato) solo sequestro beni 
Massimo Muto (avvocato Ordine di Avellino) interdetto dall’attività forense 
Nunzia Cerciello, (avvocato Ordine d Nola) interdizione attività forense 
Maria Cristina De Vivo- (avvocato) interdizione attività forense

“Antiche Tessiture Lucchesi”



Laboratorio-atelier in via dell’Anfiteatro 85 a Lucca.

Esiste oggi una nuova traccia della seta a Lucca duro e paziente lavoro manuale sui telai di legno, vecchi ma ancora operosi che sapienti mani moderne lavorano per la gioia di coloro che apprezzano la perizia e la magia di questa antica lavorazione
Genni, Ilaria, Lucia, Silvana, , Simona e Tomoko sono le donne delle “Antiche Tessiture Lucchesi” che ci consegnano tele a “traliccio” ed a “opera” come pure il celeberrimo “filaticcio lucchese”, con motivi ornamentali quali la “rosetta di Barga” o il “ quadrattino lucchese”. Le stesse che lavorano nel laboratorio di Palazzo Mansi e nella Torre Guinigi. Sembra quasi una favola. In via dell’Anfiteatro, in una cornice irreale dai muri di mattoni rosso corallo del ‘500. In bella mostra i vestiti, le sciarpe, stole ed altri preziosi accessori pazientemente creati con grande sapienza, pronti ad essere indossati. Se vi trovate a passare di lì, e anche no, andate comunque a trovarle: sono la prova vivente che la seta è radicata nella nostra città. Vi racconteranno una favola che è durata tantissimi secoli. Lunga vita a queste fate moderne”.

(M.T)

http://www.antichetessiturelucchesi.it/chi-siamo/ 

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=754538351227120&set=a.231957366818557.79045.231944406819853&type=1&theater

Maxi traffico di rifiuti tossici indagato padre della Marcegaglia. - Michele Bocci



FIRENZE - Un milione di tonnellate di rifiuti speciali trattati come normali. Ottocento camion che in un anno percorrevano mezza Italia carichi di terra proveniente da bonifiche di distributori di carburante, di scarti di produzione industriale contaminati dal mercurio, di bombolette piene di gas propano. Quei materiali pericolosi finivano in discariche, aree di stoccaggio e zone di ripristino ambientale in Emilia, Toscana e Trentino non attrezzate per smaltirli: diventavano bombe ecologiche. A organizzare il sistema era un'azienda grossetana, l'Agrideco, che falsificava analisi per cambiare la natura dei rifiuti e si accordava con gestori dei siti e trasportatori. Tra i suoi venti clienti anche la multinazionale Procter & Gamble e due grandi gruppi industriali come Lucchini e Marcegaglia, fondato da Steno padre della numero uno di Confindustria Emma, che ora è indagato.

A scoprire il sistema sono stati i carabinieri del Noe, Nucleo operativo ecologico, di Grosseto, che sono partiti da un incidente mortale sul lavoro avvenuto nel giugno 2008 per avviare l'operazione "Golden rubbish" (immondizia d'oro). Hanno messo sotto inchiesta 61 persone, di cui 9 sono finite ai domiciliari e 6 in carcere. Oltre a 5 responsabili della ditta toscana sono stati coinvolti trasportatori, titolari di discariche e siti di stoccaggio, tecnici di tre laboratori, e anche gli stessi clienti, che secondo l'accusa non potevano non sapere dove finivano i loro scarti. Si contestano reati legati alla gestione dei rifiuti, falso e associazione a delinquere.

"Siamo certi della assoluta estraneità dei nostri dirigenti coinvolti, loro malgrado, in un'indagine che chiama direttamente in causa società regolarmente autorizzate, alle quali la Lucchini e numerose altre imprese italiane hanno affidato i servizi di smaltimento dei rifiuti", si difendono dal grande gruppo di acciaierie. Nell'inchiesta sono finiti il direttore responsabile dello stabilimento siderurgico di Servola (Trieste), Francesco Rosato e il responsabile ecologia e ambiente, Vincenzo D'Auria. "I dirigenti interessati dalle indagini non ricoprono più da tempo quegli incarichi - dicono da Marcegaglia - L'azienda si dichiara certa del loro comportamento e confida di poter dimostrare la propria estraneità. Questo materiale è stato conferito a società legalmente autorizzate allo smaltimento. Steno Marcegaglia è indagato in quanto presidente del gruppo". 

Ai domiciliari è finito Mauro Bragagni, 59 anni, ex direttore dello stabilimento di Ravenna da dove sarebbero usciti rifiuti pericolosi, ma ci sono problemi anche per il laboratorio della della Made Hse, appartenente allo stesso gruppo e situata a Gazoldo degli Ippoliti (Mantova) dove si trova il quartier generale dei Marcegaglia. È stato sequestrato e uno dei tecnici è agli arresti: il sospetto è che nella struttura si compilassero falsi certificati di analisi sui rifiuti.

L'incidente sul lavoro è avvenuto il 26 giugno del 2008 a Scarlino (Grosseto), presso un impianto della Agrideco che gestiva rifiuti pericolosi senza autorizzazione. Quel giorno c'erano circa 100 tonnellate di bombolette mal triturate. Ci fu un'esplosione che impegnò i vigili del fuoco per una settimana. Tra le fiamme morì Martin Decu, operaio romeno di 47 anni. Un suo compagno rimase ustionato. Cinque responsabili dell'azienda - Stefano Rosi di 50 anni, Luca Tronconi di 45, Paolo Meneghetti di 49, Federico Lattanzi di 37, Giovanni Consiglio di 47 anni - ieri sono finiti in carcere, i primi due sono stati denunciati anche per omicidio colposo, lesioni personali colpose e incendio. Da quell'incidente i carabinieri hanno ricostruito il sistema di smaltimento irregolare.

Ieri ai domiciliari sono finiti 4 uomini di Marcegaglia, 3 di Lucchini, un tecnico di laboratorio di Bergamo e 2 responsabili di un sito di smaltimento vicino Trento. Nei guai anche una discarica a Fusignano, il paese di Arrigo Sacchi.


http://www.repubblica.it/cronaca/2010/02/10/news/traffico_rifiuti_marcegaglia-2242748/

Condimento per la pasta con i broccoli.


Ingredienti: 1 broccolo, una cipolla bianca di media grandezza, una bustina di zafferano, uva passa e pinoli, olio d'oliva, sale , pepe, pangrattato, parmigiano.

Bollire il broccolo, scolarlo lasciando un po' della sua acqua;
a parte, soffriggere la cipolla tagliata o grattuggiata; quando è imbiondita, versarvi il broccolo sbriciolato con l'aggiunta della sua acqua, condire con pepe, sale, zafferano, pinoli e uvetta.
Cuocere a fuoco lento per una buona mezz'oretta.
A parte cuocere la pasta, vanno benissimo spaghetti o penne o rigatoni, a seconda dei gusti.
In una padellina versare il pan grattato per tostarlo.

Scolare la pasta e versarla nel padellone del condimento, aggiunere il pan grattato tostato ed il formaggio.

Il risultato è quello in alto!


Buon appetito!

Cetta.

giovedì 7 novembre 2013

Processo Trattativa, il pentito: “L’omicidio Dalla Chiesa fatto da Craxi e Andreotti”. - Giuseppe Pipitone

Trattativa Stato - Mafia


È un fiume in piena Francesco Onorato, collaboratore di giustizia e oggi testimone nell'aula bunker del carcere Ucciardone. Parla di Claudio Martelli e dell'omicidio Lima: "Trattativa? Ma quale Trattativa? Io ho visto solo la convivenza tra politica, Stato e mafia”.

L’omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa? “Lo hanno fatto i signori Craxi e Andreotti, che si sentivano il fiato addosso”. Claudio Martelli? “Cosa Nostra lo finanziò con 200 milioni per farlo diventare Guardasigilli”.Salvo Lima? “Il primo nome nella lista dei politici da eliminare, insieme a Giulio Andreotti, Calogero Mannino e Carlo Vizzini”. Il gruppo di fuoco della commissione di Cosa Nostra? “Farne parte era come giocare nella Nazionale di calcio”.
È un fiume in piena Francesco Onorato, collaboratore di giustizia e oggi testimone del processo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra, in corso a Palermo all’aula bunker del carcere Ucciardone. Il boss aveva cercato di rinviare la sua testimonianza “perché – ha spiegato – non mi sento pronto moralmente e psicologicamente. A causa di un infortunio a mia moglie”. Pochi attimi dopo, però, ci ha ripensato aprendo a giudici e avvocati il libro dei ricordi tra morti ammazzati e rapporti a cavallo tra mafia e istituzioni. Una trentina di omicidi sul groppone, un passato da killer micidiale agli ordini di Saro Riccobono prima, e di Totò Riina poi, Onorato ha spiegato che “fare parte del gruppo di fuoco della Commissione di Cosa nostra era come fare parte della Nazionale di calcio: ci entravano persone con capacità particolari”.
Il 12 marzo del 1992 è suo l’indice che a Mondello preme il grilletto in via Danae: nel mirino c’è la chioma bianca dell’europarlamentare democristiano Salvo Lima, primo politico da eliminare dopo le promesse fatte a Cosa Nostra, e poi non mantenute, sull’annullamento delle sentenze del Maxi processo, divenuto definitivo poche settimane prima. “Non ho fatto l’omicidio Lima perché era nel mio territorio – ha raccontato il pentito collegato in videoconferenza – ma era fuori dal mio territorio, dovevo partecipare anche all’attentato poi fallito del commissario di Polizia Rino Germanà, ma poi ci andò Leoluca Bagarella”.
L’omicidio di Salvo Lima è il primo atto di guerra che Riina rivolge allo Stato, primo pezzo della lunga catena che poi porterà le istituzioni a trattare con la piovra. “I primi politici da eliminare – ha raccontato Onorato – erano Salvo Lima e Giulio Andreotti. Ma c’erano anche Calogero Mannino, Vizzini, i cugini Salvo, Claudio Martelli, Ferruzzi e Gardini”. Secondo il collaboratore di giustizia lo stesso Martelli in passato avrebbe avuto contatti con le cosche. “Io da reggente della famiglia di Partanna Mondello, tra il 1987 e il 1988 presi 200 milioni per finanziare Claudio Martelli perché si diceva che faceva uscire i mafiosi dal carcere: l’abbiamo fatto diventare ministro della Giustizia”. Ed è proprio sui rapporti tra Cosa Nostra e lo Stato in tempi di stragi che Onorato ha concentrato la sua testimonianza. “Perché Riina accusa sempre lo Stato? – ha spiegato il collaboratore – Perché è l’unico che sta pagando il conto, mentre lo Stato non sta pagando niente, per questo motivo Riina tira in ballo sempre lo Stato. Ha ragione ad accusare lo Stato, da Violante ad altri. È lo Stato che manovra, prima ci hanno fatto ammazzare Dalla Chiesa i signori Craxi e Andreotti che si sentivano il fiato addosso. Perché Dalla Chiesa non dava fastidio a Cosa Nostra Poi nel momento in cui l’opinione pubblica è scesa in piazza i politici si sono andati a nascondere. Per questo Riina ha ragione ad accusare lo Stato”. Paradigmatica anche la considerazione che l’ex killer dei corleonesi ha fatto sull’oggetto principale del processo. “Trattativa? Ma quale Trattativa? Io ho visto solo la convivenza tra politica, Stato e mafia”.