sabato 5 luglio 2014

Eni indagata per corruzione internazionale. Inchiesta sul grande giacimento in Nigeria. - Marco Lillo

Paolo Scaroni

Il gruppo petrolifero pubblico accusato per la concessione del più grande deposito petrolifero del paese africano, un affare da un miliardo di euro. Indagato Scaroni, nelle carte il nome del faccendiere Bisignani. Il pm milanese De Pasquale chiama in causa l’uomo d’affari Di Nardo che avrebbe agito da intermediario.

L’Eni è indagata per corruzione internazionale per l’acquisizione nel 2011 di un giacimento petrolifero al largo della Nigeria del valore di un miliardo e 300 milioni di dollari. Mercoledì 11 giugno i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Milano su mandato dei pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, della Procura di Milano, sono entrati nella sede della società energetica quotata in borsa e controllata dal ministero dell’economia per notificare due atti. Il primo era un avviso di garanzia per responsabilità di tipo amministrativo secondo il decreto legislativo 231 del 2001 nei confronti della società. L’ipotesi contestata è la corruzione internazionale e l’Eni è stata iscritta nel registro degli indagati perché la legge del 2001 estende alle persone giuridiche la responsabilità per reati commessi in Italia e all’estero da persone fisiche che operano per la società.
Il secondo atto notificato all’Eni è una richiesta di acquisizione di una lunga serie di documenti riguardanti l’accordo stipulato nell’aprile del 2011 con il governo nigeriano e anche le trattative intervenute nel 2009-2010 con la società Malabu. Risulta indagato Gianluca Di Nardo, l’imprenditore legato da un lato all’uomo di affari che faceva da interfaccia con i nigeriani, Ebeka Obi e dall’altro a Luigi Bisignani, che garantiva un canale preferenziale grazie al suo amico: l’allora amministratore dell’Eni, Paolo Scaroni. L’indagine dei pm De Pasquale e Spadaro coinvolge anche l’ex amministratore dell’Eni e Bisignani, che è stato già sentito dai pm a Milano nei mesi scorsi. Nel doppio avviso all’Eni la Procura non scopre le sue carte. Tutto parte dai numerosi esposti dell’associazione Re:common. L’indagine ha però preso vigore quando sono state acquisite dai pm milanesi le intercettazioni dell’indagine del 2010 sulla cosiddetta P4 di Henry John Woodcock e Francesco Curcio.
In quelle intercettazioni emerge chiaramente l’intervento di Bisignani, attivato dal suo amico Di Nardo, su vertici dell’Eni di allora. Bisignani, che poi ha patteggiato nell’indagine P4 una pena di 19 mesi per associazione a delinquere e rivelazione di segreto, parlava al telefono con il suo compagno di partite a tennis Scaroni e anche con Claudio Descalzi. L’attuale amministratore delegato dell’Eni agiva su indicazione del suo capo di allora ma ha partecipato a numerosi incontri con il mediatore Obi e anche a una cena all’hotel Principe Savoia di Milano con l’ex ministro nigeriano Dan Etete, personaggio chiave del caso. Etete deteneva la concessione OPL 245 dal 1998 quando, poco prima di lasciare il posto di ministro dell’energia nel Governo nigeriano del generale Abacha, la assegnò alla società Malabu, riferibile tramite prestanomi, a lui stesso e al generale Abacha. La posta in gioco è enorme. OPL 245 è un giacimento immenso così descritto dal bilancio dell’Eni: “L’area comprende il maggiore potenziale minerario non sviluppato dell’offshore profondo del Paese. Le riserve scoperte sono stimate in circa 500 milioni di boe”, cioè barili di petrolio equivalente.
Scaroni l’8 marzo 2011 dichiarava al pm Woodcock: “Tale trattativa (con Malabu di Etete, ndr) non è andata a buon fine”. Invece con uno schema diverso rispetto a quello descritto nelle telefonate Scaroni-Bisignani del novembre 2010, l’affare da 1,3 miliardi è andato in porto con il Governo ma sempre a beneficio di Etete, che alla fine ha incassato un miliardo e 92 milioni di dollari, due mesi dopo, alla fine di aprile 2011. La concessione è stata per anni contesa e quando Etete nel 2009 ha deciso di venderla è entrato in campo il mediatore Obi e il suo referente italiano, Gianluca Di Nardo. Questi ha messo in pista Luigi Bisignani che ha contattato Paolo Scaroni. Per un lungo periodo fino al novembre del 2010 le trattative sono andate avanti tra Etete e l’Eni atraverso i due mediatori: il russo Ednan Agaev e il nigeriano Obi. L’affare alla fine però si è concluso con un altro schema. La concessione è stata ceduta a Eni non da Etete, che era accusato di averla ‘rubata’ al suo Governo, ma dal Governo Nigeriano stesso. Prima la Nigeria ha firmato una transazione con Etete per riprendersi la concessione e contestualmente l’ha girata all’ENI. La società italiana ha pagato esattamente la stessa cifra pattuita con la Malabu di Etete, a seguito delle trattative con la cordata Obi-Di Nardo-Bisignani: un miliardo e 92 milioni di dollari.
Il Governo nigeriano in più ha avuto dall’altra società petrolifera interessata all’affare con ENI, l’olandese Shell, un bonus di circa 200 milioni di dollari. Tutti questi particolari sull’affare sono divenuti di dominio pubblico grazie a una causa civile a Londra tra Malabu e le società dei suoi mediatori. Obi e Agaev hanno trascinato Malabu in giudizio rispettivamente a New York e Londra perché sono stati fatti fuori dall’affare. L’ex ministro Etete, ceduta la concessione e incassato il miliardo, non ha pagato i 200 milioni di dollari promessi ai due mediatori. Obi ha vinto la causa a luglio del 2013 davanti alla High Court londinese ottenendo il riconoscimento del diritto ad avere il 7,5 per cento dell’affare: 110,5 milioni. Le carte londinesi sono finite nel fascicolo dei pm De Pasquale e Spadaro. La sentenza descrive la trattativa Etete-Eni e il ruolo dell’allora direttore generale Eni Claudio Descalzi. In particolare il 4 febbraio 2010 all’hotel Principe di Savoia di Milano Descalzi partecipa a un incontro con Etete, Obi e Agaev, nella fase in cui Eni trattava ancora con Malabu.
Ovviamente De Scalzi non risulta indagato anche se è stato intercettato dalla Procura di Napoli mentre parlava di questo affare con Luigi Bisignani il 14 ottobre del 2010. “Eni ha ricevuto notizia – spiega al Fatto la società – dell’apertura di un’indagine da parte della Procura di Milano riguardo all’acquisizione del blocco OPL 245 in Nigeria da parte di Eni e Shell; la Procura ha richiesto la trasmissione di alcuni documenti. Eni dichiara la totale correttezza del proprio operato nella transazione in questione e assicurerà alla magistratura italiana la massima collaborazione. Eni ricorda che la concessione in questione denominata OPL 245 è stata assegnata a Eni e Shell dal Governo Nigeriano nel corso del 2011. I relativi accordi sono stati conclusi da Eni, senza l’ausilio di alcun intermediario ed unicamente con il governo Federale e Shell. Il pagamento del prezzo concordato è stato effettuato all’assegnazione del Blocco su un conto corrente vincolato a nome delGoverno Nigeriano presso una banca internazionale. Nessun accordo commerciale è stato raggiunto da Eni con la società Malabu”.

Tariffe, in 10 anni rincari record per acqua, rifiuti e pedaggi: aumenti fino all'85%.


Negli ultimi 10 anni, le tariffe dei principali servizi pubblici hanno registrato un aumento record. E' il caso dell'acqua, aumentata dell'85,2 per cento; dei rifiuti, +81,8 per cento; dei pedaggi autostradali, +50,1 per cento; dei trasporti urbani, +49,6%.
A denunciarlo è la Cgia, l'associazione degli artigiani di Mestre, nel sottolineare come "purtroppo, le liberalizzazioni non hanno prodotto gli effetti sperati". Tra le 10 voci prese in esame in questa analisi, solo i servizi telefonici hanno subito una diminuzione: -15,9 per cento.
''Nonostante i forti aumenti registrati dalle bollette dell'acqua -sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi- la nostra tariffa rimane la più bassa d'Europa. La stessa considerazione può essere fatta per i biglietti ferroviari: anch'essi sono tra i meno cari in Ue. Preoccupa, invece, il boom registrato dall'asporto rifiuti. Nonostante in questi ultimi sei anni di crisi economica sia diminuita la produzione di rifiuti e sia aumentata la raccolta differenziata, le famiglie e le imprese hanno subito dei rincari ingiustificati".
"Gli aumenti del gas -prosegue Bortolussi- hanno sicuramente risentito del costo della materia prima e del tasso di cambio, mentre l'energia elettrica dell'andamento delle quotazioni petrolifere e dell'aumento degli oneri generali di sistema, in particolare per la copertura degli schemi di incentivazione delle fonti rinnovabili. I trasporti urbani, invece, hanno segnato gli aumenti del costo del carburante e quello del lavoro. Non va dimenticato che molti rincari sono stati condizionati anche, e qualche volta soprattutto, dall' aggravio fiscale . Tuttavia, nonostante i processi di liberalizzazione avvenuti in questi ultimi decenni abbiano interessato gran parte di questi settori, i risultati ottenuti sono stati poco soddisfacenti. In linea di massima oggi siamo chiamati a pagare di più, ma la qualità dei servizi non ha subito miglioramenti sensibili''.
Pur riconoscendo il limite di questa comparazione, l'Ufficio studi della Cgia fa notare che tra i settori presi in esame in questa elaborazione quello dei taxi è l'unico ad avere le tariffe totalmente amministrate: in altre parole, queste ultime sono definite attraverso una delibera comunale. Ad esclusione del servizio telefonico, che nell'ultimo decennio ha registrato una contrazione dei prezzi di quasi il 16 per cento, il servizio taxi ha subito l' incremento percentuale più contenuto tra tutte le voci analizzate.
L'ultima parte dell'analisi elaborata dall'Ufficio studi della Cgia ha preso in esame l'aumento delle tariffe registrato da alcune voci nel periodo intercorso dall'anno di liberalizzazione fino al 2013. Ebbene, le assicurazioni sui mezzi di trasporto sono aumentate del 197,1 per cento (4 volte in più dell'inflazione), i pedaggi autostradali del 62,7 per cento (1,7 volte in più dell'inflazione), i trasporti ferroviari del 57,4 per cento (1,7 volte in più dell'inflazione), il gas del 53,5 per cento (2,3 volte in più dell'inflazione), mentre i servizi postali hanno subito un incremento del 37,8 per cento pressoché uguale a quello registrato dall'inflazione.
''Sia chiaro -conclude Bortolussi- noi non siamo a favore di un'economia controllata dal pubblico. Ci permettiamo di segnalare che le liberalizzazioni hanno portato pochi vantaggi nelle tasche dei consumatori italiani. Anche perché in molti settori si è passati da un monopolio pubblico ad un regime oligarchico che ha tradito i principi legati ai processi di liberalizzazione. Pertanto, invitiamo il Governo Renzi a monitorare con molta attenzione quei settori che prossimamente saranno interessati da processi di deregolamentazione. Non vorremmo che tra qualche anno molti prezzi e tariffe, che prima dei processi di liberalizzazione/privatizzazione erano controllati o comunque tenuti artificiosamente sotto controllo, registrassero aumenti esponenziali con forti ricadute negative per le famiglie e le imprese''.

Coca cola, ne vogliamo parlare?

venerdì 4 luglio 2014

NON PENSARE ALL'ELEFANTE, ANCHE PERCHÉ IO VORREI TANTO ESSERE QUELLO CHE GIÀ SONO !! - Rosanna Spadini

boschi

Carissimo telespettatore - elettore della società dei consumi di massa, non pensare all’elefante !
Non pensare alla crisi sistemica devastante che ti sta sequestrando il presente e confiscando il futuro, alla dittatura lager della moneta unica che ti requisisce il lavoro, la serenità, la salute, ai fallimenti a catena delle migliaia di aziende italiane (+ 22% nel 2014), ai numerosi suicidi di stato provocati dalla disperazione, ai prossimi licenziamenti in massa dei dipendenti pubblici (sembra 250mila), alle prossime liberalizzazioni del welfare state (scuola, sanità, pensioni), alla riforme capestro che ti priveranno di quei diritti democratici che le lotte del Novecento ti avevano assicurato. Non pensare all’elefante!
Pensa invece agli occhi azzurri della bellissima ministra Maria Elena Boschi, la Calipso dall'iride di ghiaccio, o a quelli turchesi di Alessandra Moretti, afona e adorante replicante dello streaming tra Renzi e Di Maio. Streaming vinto alla grande da LoRenzi il Magnifico. O meglio, forse non solo da lui, ma soprattutto dai suoi spin doctor.

Roma, 25 giugno 2014 - E' andato in onda in streaming il confronto tra Pd e Movimento 5 Stelle sul tema della riforma elettorale. A sorpresa al tavolo si è seduto anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi, al suo fianco l'eurodeputata Alessandra Moretti, il vicepresidente Pd  Debora Serracchiani e il capogruppo alla Camera Roberto Speranza. Di fronte la delegazione grillina composta dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, Danilo Toninelli (esperto in sistemi elettorali), i capogruppo Giuseppe Brescia e Maurizio Buccarella.
Anche se le premesse non erano state delle migliori, “Si parte dall’Italicum, non si ricomincia tutto daccapo”, aveva detto Calipso. “Il testo sul Senato è una porcata”, era stato l’affondo di quegli zoticoni dei 5 Stelle.

Infatti perché LoRenzi balza improvvisamente alla ribalta del pubblico sempre accompagnato dalle ninfe del Mediterraneo?  Perché quando scende tra gli uomini suscita sgomento, stupore e venerazione, come fosse Apollo scortato dalle Muse? Perché è venerato da tutti i mezzi di distrazione-distruzione di massa mentre diffonde spudoratamente le sue solite menzogne globalizzate? 

Semplicemente perché ha ben appreso l'arte della comunicazione mediatica, divulgata da un famoso  best seller di successo del 2006 di George Lakoff "Non pensare all'elefante !",  il quale sostiene appunto che in ogni sfida politica vince chi riesce a comunicare i propri valori fondamentali e ad imporre il proprio linguaggio.  E Renzi ci è riuscito.  Ha comunicato i suoi valori e imposto il suo linguaggio.
Nonostante il suo populismo bypassi gli scomodi vincoli democratici e si riveli pienamente connaturale al sistema, arrivato al potere senza alcuna legittimazione popolare, non votato da nessuno, ma semplicemente catapultato  sulla scena  politica dalle solite primarie  piddine, dove vince sempre il predefinito, è riuscito a presentarsi come il giovane rottam'attore della politica decrepita e bastarda, mentre in realtà rappresenta il punto di convergenza tra la politica del malaffare nazionale (Tav, Expo, Mose) e il regime oligarchico  eurocratico dell'Unione Europea.  
Esperto perito nelle procedure di cover-up mediatica, dall'intelligenza molteplice e furbesca, l'infante magnifico durante lo streaming ha rimarcato l'inefficienza della legge elettorale pentastellata (gravemente deficitaria), da lui definita più volte il "Toninellum" (messaggio cifrato rivolto ai camerieri del gruppo Bilderberg presenti e non), perché non garantirebbe la governabilità di chi ha vinto le elezioni mentre si è dichiarato disponibile a discutere il problema delle preferenze, perché il Pd "non avrebbe paura" delle preferenze.
Poi ha furbescamente insinuato che la proposta del Movimento sembrerebbe piuttosto  macchinosa, per l'aumento delle circoscrizioni e per le preferenze negative da inserire nella scheda elettorale.
"A mio giudizio il vostro sistema ha il rischio di essere oggetto di voto di scambio come le preferenze"  ha insistito il presidente del Consiglio  "Ma voi, oltre a questo, date al partito politico la possibilità di allearsi con chi vuole il giorno dopo. Mentre il nostro sistema costringe a dire prima con chi ci si allea, con il vostro sistema si attribuisce al gruppo il potere di decidere gli alleati" (la coerenza è una loro prerogativa storica, bisogna riconoscerlo). Da qui la richiesta: "Vi chiediamo di introdurre un meccanismo 'mai più inciuci e mai più larghe intese' per rispetto dei cittadini" ha detto Renzi. Sembra strano che lo diciamo noi (strano ma comprensibile secondo la logica dell'elefante), in un contesto di larghe intese, anche se poi si sono rimpicciolite...".
La proposta "barbara" dei grillini per la nuova legge elettorale, ribattezzata dagli stessi autori “Democratellum”, è d’impianto puramente proporzionale, sistema che permetterebbe di fotografare perfettamente i rapporti di forza nel paese, in quanto i seggi vengono assegnati in base ai consensi. Del resto Di Maio ha chiarito subito le istanze inderogabili della legge: rappresentabilità, governabilità, rapporto elettore-eletto, pulizia delle liste.
Toninelli ha poi ribattuto che la scelta di disgiungere il voto del candidato da quello del partito eliminerebbe il voto di scambio, e la preferenza negativa tornerebbe molto utile per l'eventuale volontà del cittadino di eliminare i candidati impresentabili e di conseguenza costringerebbe i partiti ad evitare proposte indecenti. 

Di Maio, a sua volta, ha replicato dicendo che la loro proposta di legge è solo un punto di partenza per superare determinate criticità e ha ricordato (a difesa della presunta ambiguità del Democratellum) gli accordi pre-elettorali del governo Prodi del 2006, relativi all'accozzaglia di partiti che avevano composto il governo.
Certo il clima era teso e apparentemente cambiato tra le due delegazioni, più umiltà e meno rabbia da parte dei 5 Stelle, più disponibilità spaccona da parte del Pd. Era infatti il momento della trattativa tra due idee diverse di partito, di cultura, di società. Il faccia a faccia si conclude con l’ok di Renzi all’incontro definitivo tra alcuni giorni, basta che il M5S corregga la sua proposta di legge: il Toninellum non garantirebbe la possibilità di governare a chi vince  (però le speranze di un accordo sono rare come la foca monaca del Mediterraneo, ovvero monachus mediterraneus, praticamente estinta).
Due mondi a confronto dunque, due diverse metafore del sociale a confronto, quella della delegazione piddina, espressione dell’establishment eurocratico e del regime finanziario della Troika, quella antisistema dei 5 Stelle, nuova “rivoluzione culturale” emergente e tanghera.
Del resto George Lakoff insegna: le persone non votano secondo ragione, votano secondo emozione valoriale. Non votano per il proprio interesse, ma votano per i valori in cui si identificano. Un voto in cambio di un desiderio, un voto in cambio di un'identità. Il marketing elettorale per convincere gli elettori dovrebbe  trasferire in loro i propri modelli di vita.
Ecco perché i miti dell'Illuminismo non si sono mai realizzati nella storia, perché la verità non può incidere sul reale, dato che le persone non ragionano politicamente secondo logica, ragionano per frames, cioè per metafore identitarie (vorrei tanto essere quello che già sono!). La presunta verità dei fatti, la possibile verità razionale, per essere accettata, deve rientrare nei frames mentali che le persone già possiedono. Se i fatti non rientrano nei frames (valori identitari, ideali sociali, origini etniche, stereotipi culturali), i fatti vengono rifiutati. Si vota con il cuore e con la pelle, non con la mente.
La propaganda elettorale è direttamente proporzionale alla narrazione etico morale d'appartenenza e inversamente proporzionale alle ragioni dei fatti. Invero per quale motivo i matrimoni gay incontrano tanta ostilità in quasi tutti i paesi occidentali? Perché la proposta mette in gioco le identità e i valori fondamentali di una civiltà: famiglia, genitori e figli, educazione, formazione, maturità, responsabilità, crescita equilibrata. Quindi anche se i matrimoni eterosessuali sono solo uno stereotipo culturale, un frame, hanno sicuramente la meglio su di un altro frame che per motivi pregiudiziali non ci appartiene.

La civiltà occidentale è ideologicamente spaccata i due, si dibatte tra due frames familiari opposti: quello del padre severo (patriarcale, autoritario, politicamente di destra), e quello del padre comprensivo (politicamente progressista, che divide le responsabilità con la madre). Questa divisione tra i due modelli educativi, dice Lakoff, rispecchia la divisione tra due modelli di cultura, due sistemi di valori, due visioni politiche del mondo, due visioni economiche (neoliberista e keynesiana). Ecco perché la proposta dei matrimoni gay tocca le corde più inconsce del tessuto culturale di una nazione, perché quando entra in crisi la famiglia, entra in crisi anche il sistema culturale ed economico: il pater familias ed il mos maiorum.
Dunque Renzi, novello Apollo corredato urbi et orbi dalle sue splendide Muse, figuranti afone e turchine, ha perfettamente appreso la lezione di Lakoff, non solo ha raffigurato il pater familias della destra conservatrice e neocon (Apollo, dio padre della musica, della poesia e della parola), ma anche il padre progressista permissivo che condivide la responsabilità educativa con le splendide madri (le Muse appunto). Il gioco è fatto, il governo delle larghe intese si materializza nella metafora culturale più profonda della nostra identità occidentale, nel frame più autentico ed attendibile del sistema, per essere così legittimato dal vasto consenso popolare e trovare piena realizzazione di sé.
Quell'eterno spaccone di Apollo ha imposto anche il suo linguaggio, con buona pace di quei piccoli, rozzi, stolti, incompetenti, incapaci, miseri dilettanti da strapazzo dei grillini. La sua neolingua è composta di poche parole, ma potenti: governabilità, interesse, responsabilità, competenza, riforme, multinazionali, banche, Fmi, Bce, Europa, Euro. 

Niente di nuovo sotto il sole, lo sapevamo già, ce lo aveva detto Sidney Lumet in un famoso film del 1976,  "Quinto potere": 

https://www.youtube.com/watch?v=W5Q8TorSyAA#t=75

"Lei è un vecchio che pensa in termini di "nazioni" e di "popoli"... Non vi sono nazioni, non vi sono popoli; non vi sono russi, non vi sono arabi; non vi sono Terzi Mondi, non c'è nessun Ovest. Esiste soltanto un Unico, un Solo Sistema di Sistemi: uno, vasto e immane, interdipendente, intrecciato, multivariato, multinazionale, dominio dei dollari: petroldollari, elettrodollari, multidollari, reichmark, sterline, rubli, franchi e schekel! È il Sistema Internazionale Valutario che determina la totalità della vita su questo pianeta. Questo è l'ordine naturale delle cose, oggi.
Questa è l'atomica e sub–atomica e galattica struttura delle cose oggigiorno. E lei ha interferito con le primordiali forze della Natura! E lei dovrà espiare. Capisce quello che le dico signor Beale? Lei si mette sul suo piccolo teleschermo da 21 pollici e sbraita parlando d'"America" e di "democrazia"... Non esiste l'America, non esiste la democrazia! Esistono solo IBM, ITT, AT&T, Dupont, DOW, Union-Carbide ed Exxon. Sono queste le nazioni del mondo, oggi.
Di cosa crede che parlino i russi nei loro consigli di Stato? Di Carlo Marx? Tirano fuori diagrammi di programmazione lineare, le teorie di decisione statistica, le probabili soluzioni, e computano i probabili prezzi e costi delle loro transazioni e dei loro investimenti: proprio come noi. Non viviamo più in un mondo di nazioni e di ideologie, signor Beale: il mondo è un insieme di corporazioni, inesorabilmente regolato dalle immutabili, spietate leggi del business. Il mondo è un business, signor Beale: lo è stato fin da quando l'uomo è uscito dal magma."

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=13578

mercoledì 2 luglio 2014

Gli italiani devono sapere. - Riccardo Fraccaro

Nel silenzio generale, Renzi sta per imporre agli italiani una nuova e odiosa tassa: quella sulla giustizia. Se i cittadini vogliono far valere i propri diritti, dovranno pagarli cari. E se non possono permetterselo, saranno costretti a subire torti e soprusi: il decreto legge sulla riforma della Pa e l’efficienza degli uffici giudiziari stabilisce infatti una serie di ulteriori aumenti a pioggia per il contributo unificato (il c.u. è una tassa sulle cause civili e amministrative, che si paga all'inizio del procedimento) pari a circa il 15%. Una somma mostruosa.
Dopo gli aggravi già disposti dai precedenti provvedimenti, arriva un’altra stangata per il semplice accesso al sistema giustizia a carico dei cittadini che vogliono iniziare un procedimento per far valere i propri diritti. Un modo brutale e iniquo di fare cassa, senza assicurare in alcun modo il miglioramento qualitativo del settore. Pagheremo quindi una nuova tassa per avere servizi scadenti: cause di lavoro, liti tributarie, ricorsi e controversie civili e amministrative saranno più costosi senza diventare minimamente più efficienti. È manifesta la volontà deterrente del Governo, che intende generare atteggiamenti di autorinuncia e scoraggiare la proposizione di nuovi contenziosi, come ad esempio quelli presentati dalla Onlus per la protezione ambientale. E a proposito degli standard europei, in Svezia e Finlandia c’è l'esenzione del pagamento di ogni tassa per accedere alla giustizia; in Irlanda, si paga un massimo di 125 euro; in Belgio, 82 euro; in Austria, 175 euro; in Gran Bretagna 180 sterline; in Olanda, 150 euro. I cittadini italiani, per vedere tutelati i propri diritti, possono arrivare a pagare fino a 1.600 euro per un primo grado, fino a 2.500 euro in grado di appello e fino a 3.200 euro per la Cassazione.
Lo Stato diventa mero esattore, violando di fatto il diritto di accesso agli organi di giustizia e rendendo così più oneroso il ricorso ai Tribunali da parte di chi ne ha bisogno. I cittadini e le imprese, in definitiva, vengono discriminati in base alle disponibilità economiche: si tratta di una misura incivile e antidemocratica che penalizza i più deboli a vantaggio dei più forti. È la riforma dell’Ingiustizia. Il M5S ha presentato una pregiudiziale di costituzionalità, a prima firma di Andrea Colletti - Deputato del M5S, per palese violazione del diritto alla difesa, del principio di uguaglianza e della progressività contributiva stabiliti dalla nostra Carta fondamentale. Con il Governo Renzi, alcuni cittadini sono più uguali degli altri di fronte alla legge.

Tagli alle autoblu della Regione Passa emendamento 5Stelle.

autoblu

Passa in finanziaria la norma che taglia le autoblu in Sicilia e ne limita l’utilizzo. Esulta il Movimento Cinque stelle che aveva concordato l’emendamento col governo Crocetta.
La norma vieta il possesso e l’utilizzo di auto di rappresentanza “alle società regionali, alle società partecipate dalla Regione siciliana a prevalente capitale pubblico, alle agenzie regionali, alle aziende regionali, alle aziende sanitarie e ospedaliere”. Inoltre “le auto di servizio, esclusivamente in car sharing, non possono superare i 1.300 cavalli” ed entro 90 giorni società ed enti dovranno comunicare all’amministrazione regionale l’adozione del piano di dismissione delle auto di servizio.
Alla Regione le auto di servizio potranno essere utilizzate solo dal presidente e dagli assessori regionali ed entro 90 giorni sarà adottato un piano di dismissione delle vetture di proprietà pubblica. I contratti di noleggio o assicurazione sulle auto considerate in esubero e in scadenza non potranno essere rinnovati.

Sarkozy rilasciato, nessuna restrizione. Stasera la 'sua' verità in tv.

Nicolas Sarkozy (foto: ANSA )

Era stato fermato e messo in stato d'accusa per corruzione, abuso d'ufficio e violazione del segreto istruttorio.
Rilasciato in piena notte, dopo 15 ore di fermo, Nicolas Sarkozy si è visto notificare l'apertura di un'indagine per reati pesantissimi. Ma senza nessun provvedimento restrittivo della libertà. L'ex presidente si esprimerà stasera in diretta tv alle 20 sulla tv privata TF1 e per la radio Europe 1.
Il fermo, scattato ieri mattina alle 8, è durato fin quasi alla mezzanotte, ora in cui l'ex presidente francese è stato portato dagli uffici della polizia di Nanterre a quelli del pool finanziario di Parigi.
Le ipotesi di reato nei suoi confronti sono pesantissime: corruzione attiva di un giudice, complicità in violazione del segreto istruttorio e "traffico di influenze". Questo reato è tipico del diritto francese, dove è stato introdotto già alla fine dell'Ottocento, ma è estraneo alla tradizione italiana. E' stato inserito nel nostro codice penale solo nel 2012, all'articolo 346 bis, a seguito dell'adesione dell'Italia a convenzioni internazionali dell'Onu e del Consiglio d'Europa. Il "traffico di influenze" consiste nella mediazione illecita volta al compimento di atti contrari al dovere d'ufficio di un pubblico ufficiale. 
In piena notte, i giudici gli hanno notificato l'apertura dell'inchiesta, stessa sorte toccata pochi minuti prima di lui all'avvocato di fiducia,Thierry Herzog, e al magistrato di Cassazione, Gilbert Azibert.
Quest'ultimo sarebbe stato corrotto da Sarkozy, che gli avrebbe promesso il posto desiderato nel Principato di Monaco in cambio di preziose informazioni sull'andamento dei suoi affari giudiziari in Cassazione. Non indagato e rimesso in libertà il secondo magistrato coinvolto, Patrick Sassoust. La corruzione in atti giudiziari e la violazione del segreto istruttorio sono reati passibili di pene fino a 10 anni di carcere.
Accuse gravissime anche se tutte ancora da dimostrare, come afferma la difesa degli imputati, che punta soprattutto sulla illegalità delle intercettazioni. Particolarmente controverse quelle effettuate sui colloqui fra un indagato (Sarkozy) e il suo avvocato (Herzog), o di quest'ultimo con i suoi colleghi. L'UMP, il partito di destra del quale Sarkozy avrebbe ripreso il controllo come prima tappa verso la ricandidatura, ha difeso ieri l'ex presidente ma in modo piuttosto tiepido.
Con il passare delle ore, i leader si sono defilati e l'atteggiamento si è fatto piuttosto attendista.
Il giudice Azibert, dal canto suo, è accusato di ricettazione della violazione del segreto professionale, traffico di influenze passivo e corruzione passiva. Per l'avvocato Herzog l'accusa è invece di violazione del segreto professionale, ricettazione della violazione del segreto professionale, corruzione attiva e traffico di influenze attivo.
Ex-premier Fillon, urgente fare piena luce - ''E' urgente che sia fatta piena luce'' sul dossier giudiziario legato all'ex presidente Nicolas Sarkozy: lo scrive sul suo blog Francois Fillon, che durante il quinquennio di Sarkozy all'Eliseo è stato suo primo ministro. ''Indagato, Nicolas Sarkozy è presunto innocente. E' urgente che piena luce sia fatta per l'uomo che attraversa una prova dolorosa come per il Paese che si affossa nella crisi di fiducia'', afferma Fillon. ''Ex-presidente della Repubblica, ha diritto al rispetto'', ha continuato Fillon, che intende presentarsi alle primarie dell'Ump, il grande partito francese di centrodestra, nel 2016, in vista del voto presidenziale del 2017.
Popolarità Hollande risale di cinque punti - Risale di cinque punti, anche se resta comunque bassissimo, l'indice di popolarità del presidente francese, Francois Hollande, secondo quanto emerge dall'ultimo studio realizzato dall'Ifop per Paris-Match. Il tasso di consenso di Hollande passa dal 18% di giugno (un record negativo) al 23% di luglio (+5 punti). E' soprattutto come difensore degli "interessi della Francia all'estero" che il presidente più impopolare della Quinta Repubblica guadagna terreno: + 10 punti (dal 41% al 51% degli intervistati). Mentre l'ex presidente, Nicolas Sarkozy, affonda nello scandalo legato alla presunta corruzione dei magistrati, cresce anche la popolarità del premier, Manuel Valls, che guadagna un punto di approvazione, dal 52% al 53% in un mese.