mercoledì 17 settembre 2014

L'oro e le piramidi mesoamericane. - Marcello Soave.



Tutti sanno che l’interesse degli Spagnoli nelle Americhe risiedeva nell’oro che volevano “estrarre” da questo territorio e dalle sue genti (per fini di conio monetario). Ma pochi sanno che i popoli precolombiani glielo diedero perché pensavano che gli Spagnoli fossero gli “dèi” ritornati dopo una lunga assenza.
Gli studiosi concordano sul fatto che tanto gli Incas quanto gli Atzechi non usavano l’oro per scopi monetari, né gli attribuivano un valore commerciale. Il commercio era senz’altro sviluppato, ma si trattava più che altro una forma di baratto; le tasse consistevano in prestazioni e servizi occasionali, dal momento che l’uso del denaro era assolutamente sconosciuto. Per quanto riguarda gli utensili e le armi, gli Aztechi si trovavano ancora all’età della pietra, eppure sapevano lavorare perfettamente l’oro.

I cronisti del tempo, come pure i ricercatori contemporanei, concordano nell’affermare che quei popoli utilizzavano l’oro solo per adornare i templi degli dèi e i re (che li governavano in nome degli dèi) e come offerta funebre (da seppellire nella tomba). Gli Aztechi riversarono letteralmente tutto l’oro che avevano ai piedi degli Spagnoli, credendoli i loro dèi. Un testimone oculare, Bernal Dìaz del Castillo (Historia verdadera de la conquista de la Nueva España), narra che  Hernando Cortès nel 1519 partì da Cuba e, raggiunto il continente, allestì il campo sul confine tra il territorio Maya e quello azteco e lo chiamò Veracruz. Fu lì che si presentarono degli incaricati del sovrano azteco a dare il benvenuto e a offrire doni. Come spiegarono gli incaricati, quei doni li mandava il loro sovrano Montezuma al divino Quetzalcoatl, il “serpente piumato” che era il dio della sapienza degli Aztechi. Egli era stato un grande benefattore che molto tempo prima, per colpa del dio della guerra, era stato costretto ad andarsene e a lasciare la terra agli Aztechi. Con un gruppo di seguaci se ne era andato nello Yucatan, per poi spostarsi ancora più a oriente; aveva promesso, però, che sarebbe tornato nel giorno dell’anniversario della sua nascita, nel cosiddetto “anno del ritorno” (che secondo il calendario ciclico azteco si ripete ogni 52 anni). Per il calendario cristiano gli anni possibili erano il 1363, il 1415, il 1467 e il 1519, proprio l’anno in cui Cortès era apparso da est ai confini del territorio azteco. Munito di barba ed elmetto come Quetzalcoatl (secondo alcuni anche il dio era di pelle chiara), sembrava proprio che Cortès fosse il compimento delle loro profezie.

Anche gli Aztechi credevano in un Creatore di tutte le cose, un Dio che “dà la vita e la morte, la sorte propizia e quella avversa”. Il cronista Antonio de Herrera y Tordesillas (Historia general) scrisse che gli Indiani “lo invocavano quando soffrivano, alzando gli occhi al cielo, laddove ritenevano che egli si trovasse”. Questo Dio creò dapprima il cielo e la terra; poi, con dell’argilla, diede forma a un uomo e una donna, ma questi non durarono a lungo. Dopo molti tentativi, una coppia di esseri umani venne creata con cenere e metallo, e da essa ebbe inizio il popolamento del mondo. 

A un certo punto, però, tutto venne distrutto da un immane diluvio, che travolse per un anno e un giorno tutto e tutti a eccezione di un sacerdote (Nene) e di sua moglie (Tata), i quali, portando con sé semi di piante e animali, trovarono scampo a bordo di un’imbarcazione. Come non trovare in queste tradizioni precolombiane un parallelo con l’Antico Testamento e i miti sumerici?

Gli annali aztechi registravano il tempo passato dalla creazione in quattro ètà o “Soli”. Quindi la loro epoca corrispondeva alla quinta (in corso): l’Era del quinto Sole. Ciascuna delle precedenti ere era finita con un evento catastrofico, alcune volte di origine naturale (il diluvio), altre volte causato da guerre tra gli dèi. La prima epoca, l’Era del primo Sole durò (tradizionalmente) 4008 anni e fu un’età in cui il Creatore di tutte le cose, del cielo e della terra, regnava con la sua consorte: questa era finì col diluvio. Nella sua Historia de las cosas de la Nueva España, il frate Bernardino de Sahagùn attribuisce l’origine di questa credenza ai Toltechi (predecessori degli Aztechi in Messico):

E i Toltechi sapevano che molti sono i Cieli.
Dicevano che essi erano divisi in dodici settori,
uno al di sopra dell’altro;
là sta il vero dio e la sua consorte.
Egli è il Dio Celeste, Signore della Dualità;
La sua consorte è Signora della Dualità, Signora Celeste.
Ecco ciò che questo significa:
Egli è il Signore, al di sopra dei dodici Cieli.

Questa storia sembra una sintesi del pensiero religioso-astronomico mesopotamico, secondo il quale il capo del pantheon si chiamava Anu (“Signore del Cielo”) e, con la sua consorte Antu (“Signora del Cielo”), abitava nel pianeta più lontano, Nibiru, il dodicesimo membro del nostro sistema solare secondo la cosmogonia sumera (il Sole, Mercurio, Venere, Terra, Luna, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone, Nibiru). 

L’Era del secondo Sole fu l’Età dell’oro e durò 4010 anni. 
L’Era del terzo Sole fu l’era del Popolo dai capelli rossi e durò 4081 anni. 
L’Era del quarto Sole fu l’era del Popolo dalla testa nera (notare che i Sumeri chimavano sé stessi “popolo dalla testa nera”). Durante quest’epoca venne costruita Tollan (l’odierna Tula), la capitale tolteca. Verso la fine gli dèi cominciarono a farsi guerra l’uno con l’altro, portando morte e distruzione in tutta la regione, gli animali selvatici sopraffecero il genere umano, Quetzalcoatl se ne andò e Tollan fu abbandonata. Cinque anni dopo arrivarono le tribù Chichimec, ovvero gli Aztechi, e cominciò l’Era del quinto sole. La cronaca del Codex Vaticano-Latino 3738 tramanda che il quarto Sole “ebbe inizio 5042 anni” prima della prima redazione del testo: quindi gli annali aztechi andavano a ritroso per 17.141 anni.

La cronologia Mexica-Nahuatl colloca il diluvio alla fine del primo Sole, circa 13.133 anni prima del momento in cui venne scritto il codice, ovvero intorno all’11.600 a.C. Ed è proprio nell’11.000 a.C. che Zecharia Sitchin colloca la data del diluvio basandosi sulle tavolette cuneiformi sumere (vedi l’articolo Cronologia della Terra).

Nel Manoscritto del 1558 si afferma che alla fine del quarto Sole gli dèi si riunirono a Teotihuacan (“Luogo degli dèi”, dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'Unesco nel 1987, è il più grande sito archeologico precolombiano del Nord America, nel comune di San Juan Teotihuacán, 40 chilometri a nord-est di Città del Messico). Là Quetzalcoatl si impadronì di alcune “ossa preziose”, le portò a Tamoanchan (“Luogo della nostra origine”) e le diede alla dea. 

Essa prese le ossa
E le mise in una vasca di terracotta dai bordi sottili.
Quetzalcoatl fece sanguinare il suo organo maschile e sparse il suo sangue su di esse.

Sotto gli occhi degli altri dèi, essa mischiò le ossa fatte di terra con il sangue del dio: ne derivò una mistura simile ad argilla, con la quale fu modellato Macehuales, il primo uomo. Nei racconti sumerici erano Enki e Ninti (“Colei che dà la vita”, detta anche Ninharsag) che davano vita ad Adapa.

Particolarità delle piramidi di Teotihuacan è che sono simili per diversi aspetti alle piramidi di Giza. Sia la Piramide del Sole che la Grande Piramide sono costruite su piattaforme artificiali e la misura dei lati è quasi la stessa: 227 metri a Teotihuacan e 230 metri a Giza. Inoltre si è notato che la Seconda Piramide di Giza è più bassa della Grande Piramide, eppure le loro cime sono alla stessa altezza, perché la Seconda Piramide poggia su un terreno più alto. Analogamente a Teotihuacan la Piramide della Luna, più piccola, è costruita su un terreno più alto di quello della Piramide del Sole, in modo che le loro cime si trovano alla stessa altezza. Inoltre il viale principale su cui si affacciano le Piramidi del Sole e della Luna è un’asse nord-sud che si estende per quasi 8 km, perfettamente dritta (René Millon, 1960). 
Quest’asse però non è perfettamente orientato verso nord, ma è inclinato di 15°, in modo che corrisponda al passaggio del Sole allo zenit dell’osservatore, il che avviene due volte l’anno, quando il Sole sembra muoversi da nord a sud e ritorno (Zelia Nuttal, 1926).

Altro mistero sono le cosìddette “teste olmeche”: finora ne sono state trovate sedici, sono scolpite nella pietra basaltica, vanno da un’altezza di un metro e mezzo a tre e


pesano fino a 25 tonnellate. Il primo a vedere una di queste teste fu J.M. Melgar y Serrano nella località di Tres Zapotes, nello stato di Veracruz (Messico).
Egli la descrisse nel 1869 all’interno del Bulletin of the Mexican Geographical and Statistical Society e ne notò i tratti negroidi. L’esame al radiocarbonio le data al più tardi a 1200 a.C. : il punto è che teoricamente fino al 1500 d.C. non ci dovevano essere che indios in America, in quanto da quel secolo iniziò la tratta degli schiavi neri!

Zecharia Sitchin, traduttore dal sumerico delle tavolette cuneiformi irakene, ipotizza che fossero effettivamente gente di colore che gli Annunaki (alieni di Nibiru) portarono dallo Zimbabwe per lavorare nelle miniere d’oro in sudamerica.

Inoltre sono veramente impressionanti le mura di Sacsayhuamán (Luogo del Falco), un sito archeologico Inca nella regione di Cusco in Perù, in una posizione dominante della collina di Carmenca, a nord della città di Cusco. 

Queste mura sono alte fino a 18 metri e sono composte da pietre megalitche (in porfido e andesite o trachite scura Andahuaylillas) di dimensioni colossali, del peso di 10-20 tonnellate. Uno dei blocchi, addirittura, è alto oltre 8 metri e pesa più di 300 tonnellate, mentre diversi altri raggiungono i quattro metri e mezzo di altezza e dai tre a quattro metri di larghezza e profondità.

Le pietre sono posate a secco e, pur essendo irregolari, combaciano perfettamente, al punto che non passa una lama o uno spillo negli interstizi. E’ accertato che le pietre provenivano da cave distanti da un minimo di 21 km (a Muyna) a un massimo di 63 km (a Yucay).
Ciò che stupisce è che gli Inca non conoscevano ferro né acciaio (necessari a intagliare la roccia). Non avevano carri, né buoi, né funi, né gru, né carrucole. Inoltre non vi erano strade piane su cui trasportare le pietre, ma piuttosto aspre montagne a ripidi strapiombi da oltrepassare.
Erich von Daniken (Reise nach Kiribati, 1980) fu il primo
a sostenere la teoria degli “antichi astronauti” per spiegare i megaliti di Sacsayhuamán. Zecharia Sitchin riprese queste teorie e indicò negli Annunaki (gli alieni di Niburu, un pianeta del nostro sistema solare) gli autori di queste mura. In particolare dovrebbero essere gli alieni della fazione di Enlil, che si trasferirono definitivamente in sudamerica dal medio oriente dopo la Grande Calamità (una guerra scoppiata nel 2024 a.C. con la fazione di Enki e suo figlio Marduk, in cui vennero usate anche armi atomiche). 

Anche gli annali Inca (Fernando Montesinos, 1628, Memorias Antiguas Historiales del Peru) registravano cinque ere o “Soli” successivi. 
La Prima Età o Primo Sole fu quella dei Viracocha, divinità bianche e barbute. 
La Seconda Età o Secondo Sole fu quella dei giganti, in cui ci furono guerre tra dèi e giganti (simili alla mitologia greca dei Titani). 
La Terza Età o Terzo Sole fu quella dell’uomo primitivo. 
La Quarta Età o Quarto Sole fu quella degli eroi o semidei. 
Vi era poi la Quinta Età o Quinto sole, l’epoca dei re umani, dei quali gli Incas erano gli ultimi in linea cronologica.
Ci sono poi altre “coincidenze” tra tradizioni sumeriche e precolombiane: sia l’astronomia Inca che quella sumera hanno 12 case dello zodiaco, con molti nomi coincidenti! Così gennaio, il mese dell’Acquario, era dedicato a Mama Cocha e Capac Cocha, ovvero Madre Acqua e Signore Acqua. Aprile, il Toro, si chiamava Tupa Taruca, Cervo al Pascolo (non vi erano tori in Sud America). La Vergine era Sara Mama (Madre Granoturco) e il suo simbolo era l’organo sessuale femminile. Poi è accertato che il simbolo della croce fosse conosciuto in Sud America già prima dell’arrivo degli Spagnoli. 
E’ nota la croce presente sulla lastra Maya (di 5 tonnellate, lunga 4 metri) del Tempio delle Iscrizioni a Palenque (situato nello stato messicano del Chiapas, non lontano dal fiume Usumacinta, circa 130 km a sud di Ciudad del Carmen) e che Erich von Daniken interpreta come l’immagine di un antico astronauta.


Ricordiamo che vi era una croce sullo scudo di Quetzalcoatl (fig. d); una croce era anche il simbolo del pianeta Nibiru tra i Sumeri (fig. a) e aveva una croce centrale l’onnipresente emblema egizio del Disco Alato (fig. b e c).


Gli annali Inca registrano un fatto prodigioso avvenuto nel terzo anno di regno di Titu Yupanqui Pachacuti II (nel 1433 a.C. secondo Sitchin): “non vi fu alba per 20 ore”. Ancora più notevole è che la Bibbia lo conferma: dopo che gli Israeliti, sotto la guida di Giosuè, entrarono in Palestina conquistando Gerico e Ai, vi fu una battaglia con i Cananei vicino a Beth-Horon.

Antico Testamento, Libro di Giosuè, 10, 13

                E allora il Sole si fermò, si arrestò la Luna,
                finchè il popolo non si fu vendicato dei nemici.
                In verità tutto è scritto nel Libro di Jashar:
                il Sole si fermò nel mezzo del cielo
                e non si ebbe fretta di scendere
                per quasi tutto il giorno

Quindi la Bibbia e le cronache Inca si confermano a vicenda sull’episodio dell’interruzione della rotazione della Terra per una ventina di ore un giorno del 1433 a.C (osservata contemporaneamente dagli Ebrei in Palestina e dagli Inca in Sud America, a Cusco). Vi è un’altra conferma negli scritti di Juan de Betanzos (Suma y Narracion de los Incas, 1551) sulla città di Tiahuanacu in Bolivia, vicino al lago Titicaca (a 72 km a ovest di La Paz, a 3810 m s.l.m.): “Una volta, quando il popolo di Con-Tici Viracocha si era già insediato là, la terra si oscurò. Ma Viracocha ordinò al Sole di riprendere il suo movimento nella direzione che ancora oggi esso segue; e così, da un momento all’altro, fece in modo che il Sole desse inizio al giorno”.

Ma se gli Annunaki erano arrivati in Sud America per l’oro (e di oro gli Spagnoli ne trovarono) dov’erano le antiche miniere da cui veniva estratto? Secondo Sitchin la miniera principale era proprio a Tiahuanacu, il cui nome (in sumerico!) TI.ANAKU significa “luogo di Titi e Anaku” cioè “la città dello stagno”, e Titicaca significherebbe “pietra di stagno”. Infatti nelle regioni attorno al lago Titicaca vi è abbondanza di oro e argento, rame e stagno. Inoltre il ricercatore Arthur Posnansky (Una Metropoli Prehistorica en la America del Sur, 1914), basandosi su considerazioni astronomiche, data il sito di Tiahuanacu attorno al 15.000 a.C.!

   

Esiste un riferimento nella letteratura sumerica al sito di Tiahuanacu. Ne “Il libro perduto del dio Enki” di Zecharia Sitchin ci sarebbe la traduzione testuale di alcune tavolette sumeriche. Nel secondo paragrafo dell’11a tavoletta (pag. 258) si dice:

Questa è ora la storia del perché, nel paese lontano (il Sud America, in Bolivia, n.d.r.), fu costruito un nuovo luogo dei carri (uno spazioporto), e dell’amore di Dumuzi (figlio minore di Enki,delegato alla  pastorizia nel suo regno in Egitto) e di Inanna (figlia di Nannar e Ningal, gemella di Utu, signora di Uruk e di Harappa), che Marduk (primogenito di Enki e Damkina, venerato come Ra in Egitto) distrusse, causando la morte di Dumuzi. 
Accadde dopo la contesa fra Horus (dio egizio chiamato Horon nella tradizione sumera) e Seth (figlio di Marduk e Sapanit, dio egizio conosciuto come Satu nella tradizione sumera) e dopo la battaglia aerea nei cieli di Tilmun (“Terra dei missili”, la Quarta Regione nella penisola del Sinai). Enlil (figlio di Anu e Antu e capo della colonia terrestre degli Annunaki) convocò i suoi tre figli in consiglio. 
Preoccupato per quanto stava accadendo, disse loro: all’inizio creammo i Terrestri a nostra immagine e somiglianza. 
Ora, invece, i discendenti degli Annunaki sono diventati a immagine e somiglianza dei Terrestri! Prima Caino uccise suo fratello, ora un figlio di Marduk è l’assassino del proprio fratello! Per la prima volta un discendente degli Annunaki, dai Terrestri ha formato un’esercito. Nelle loro mani ha posto armi di un metallo particolare, un segreto degli Annunaki! Dai giorni in cui la nostra legittimità venne sfidata da Alalu (re deposto di Nibiru dopo la guerra nord-sud) e Anzu (pilota di navicella spaziale e primo comandante della Stazione di Passaggio su Marte), gli Igigi (i trecento Annunaki assegnati alle navicelle spaziali e alla Stazione di Passaggio su Marte) hanno continuato a creare problemi e a violare le regole. Ora le vette che fungono da faro (le piramidi di Giza, in Egitto) si trovano nella terra di Marduk, il Luogo dell’Atterraggio (lo spazioporto a Baalbek, in Libano) è controllato dagli Igigi. Ora gli Igigi avanzano verso il Luogo dei Carri. In nome di Seth rivendicheranno per loro tutte le stazioni Cielo-Terra! Questo disse Enlil ai suoi tre figli; propose dunque di adottare delle contromisure: dobbiamo creare in segreto un’installazione alternativa Cielo-Terra! Che sia creata nella terra di Ninurta (dio di Lagash, primogenito di Enlil e Ninmah, trovò altre fonti d’oro nelle Americhe), al di là degli oceani, in mezzo a Terrestri a noi leali! Fu così che la missione segreta venne affidata nelle mani di Ninurta. Nelle Terre delle Montagne (in Bolivia), al di là degli oceani, accanto al grande lago (il Titicaca), costruì un nuovo Legame Cielo-Terra, lo circondò con un recinto. Ai piedi delle montagne, dove erano disseminate le pepite d’oro, selse una pianura con terreno stabile; vi tracciò i segni per l’ascesa e per la discesa. Le stazioni sono primitive, ma serviranno bene allo scopo! Così dichiarò Ninurta al padre: da lì possono proseguire le spedizioni di oro su Nibiru, anche noi, in caso di necessità, possiamo da lì ascendere!

Quindi se diamo credito alla traduzione di Sitchin di queste tavolette sumere (traduzione che altri assirologi potranno benissimo confermare o confutare), dobbiamo dedurre che le Americhe erano un territorio assegnato definitivamente alla fazione di Enlil (vedi l’articolo sui Sumeri) dopo la guerra del 2024 a.C. e che a Tiahuanacu, in Bolivia vi erano sia le miniere d’oro principali che lo spazioporto. Ora mostro una vista da satellite del sito:


Altro sito che Sitchin indica come antica miniera d’oro è Chavin de Huantar , a 250 km da Lima, Perù (ad un’altitudine di 3150 m s.l.m.). Nella foto sono indicati i cunicoli sotterranei tipici delle miniere.

            

martedì 16 settembre 2014

Il meraviglioso mondo degli Hunza. - Marina Zenobio




La valle dell’Hunza prende il nome dall’omonimo fiume, si trova nel Pakistan del nord, a 2.438 metri di altitudine e si estende per circa 7.900 chilometri quadrati. E’ un luogo fantastico, reso quasi magico dai colori delle stagioni che si riflettono sulla valle e su i suoi maestosi rilievi. Ma è conosciuta anche per un’altra caratteristica: i suoi abitanti vivono fino a 110-120 anni, raramente si ammalano e, nonostante il passar del tempo, mantengono un aspetto piuttosto giovane anche ad età avanzata.
Sono diversi rispetto alle popolazioni vicine per diversi aspetti: fisicamente gli Hunza somigliano agli europei, parlano una lingua propria – il burushaski – che non somiglia a nessun altro idioma al mondo, e professano il credo ismaelita.
Ovviamente ciò che affascina di questo piccolo popolo che vive tra i massicci montagnosi del nord del Pakistan, sono i racconti sulla loro straordinaria capacità di mantenersi giovani e in salute. Fanno il bagno in acque gelide anche fino a 15 gradi sotto zero, fanno attività sportive fino a cent’anni, le donne a 40 anni sembrano adolescenti e a 65 sono ancora in grado di dare alla luce figli; in estate mangiano frutta e verdure crude, in inverno albicocche secche, germogli di grano e formaggio di pecora.
Fu il medico scozzese Robert McCarrison a scoprire, nei lontani anni ’30, la “valle felice”, e registrò che mangiavano pochissime proteine: 1933 calorie diarie, che comprendevano 50 grammi di proteine, 36 grammi di grassi e 365 grammi di carboidrati.
A distanza di svariati decenni le abitudini alimentari degli Hunza non sembrano cambiate: la carne è quasi assente dalla dieta e si nutrono soprattutto dei cereali da loro più coltivati come frumento, orzo e grano saraceno, di patate e frutta come albicocche e mele, nocciole, eppoi di burro, yogurt e derivati del latte di pecora. Per quanto riguarda l’acqua, la loro unica fonte discende dal ghiacciaio Altar. Ma non disdegnano, ogni tanto, un po’ di alcol, bevendo elisir ottenuti dalle more di gelso o dalla distillazione del succo fermentato di albicocche.
La conclusione è dunque che sia proprio la dieta il fattore principale della longevità di questo popolo. Un esempio è dato dalle popolazioni vicine, che vivono alle stesse condizioni climatiche ma non rispettando lo stesso regime alimentare e che hanno una speranza di vita due volte inferiore.
Non sappiamo dove finisca la realtà e inizi la favola del popolo che non invecchia, nei primati di longevità umana non c’è traccia degli Hunza, ma anche se fosse è una bella favola.



Cilindro sumerico della tentazione di Eva.


Il cilindro custodito presso il British Museum


Risalente al periodo post accadico, intorno al 2200 avanti Cristo, questo reperto contiene tutti gli elementi fondamentali del racconto biblico. Proviene dalla Mesopotamia, ed è stato scoperto intorno al 1840.

George Smith, uno studioso del museo, sostiene nella scena riportata nel cilindro si è relativa alla tentazione di Adamo ed Eva nel giardino dell'Eden, raccontata nell'Antico Testamento.

Gli elementi sostanziali del racconto sono tutti riportati graficamente sul cilindro, infatti, sono presenti un uomo ed una donna posti ai lati dello stesso, dei serpenti e dal centro della scena un albero con dei frutti.La scena è resa ancora più simile al racconto biblico perché la figura maschile rappresentata era presentata con delle corde, simbolo sumerico della divinità.

Contrariamente a quello che verrebbe da pensare, il Sumeri non erano un popolo semitico, è tanto meno indoeuropeo. Già da 4000 a.C. è stato accertato che questo popolo viveva in Mesopotamia. A loro è attribuita l'invenzione della scrittura cuneiforme e come è stato mostrato, le loro credenze spirituali influenzarono tutte le successive religioni del vicino oriente (tra cui l'ebraismo).


Samuel Noah Kramer, archeologo, ha trascorso la maggior parte della propria vita a studiare nella letteratura, redigendo nel 1944 un libro sulla mitologia sumera.
In questo libro, Kramer si è soffermato sull'importanza che il Sumeri attribuivano alla mitologia, proprio come un precursore, egli affrontò tra i primi, lo studio della letteratura sumera.


Secondo Kramer: " i miti più significativi di una cultura sono solitamente riferiti alla cosmogonia, o mito della creazione. 
Le storie sacre si evolvono e si sviluppano, nel tentativo di spiegare l'origine dell'universo, la presenza degli dei e l'esistenza dell'uomo.

La creazione dell'universo: la principale fonte sumera circa la creazione dell'universo è riportata nel poema sumerico intitolato "Gilgamesh, Enkidu, e il mondo sotterraneo"

Nel 1934, Kramer, decifrandone il contenuto, scoprì che otto parti della poesia, sette rinvenute a Nippur ed una ad Ur, erano già state copiate e pubblicate. nonostante ciò la ricostruzione della narrazione sumerica era ancora molto difficile, soprattutto perché i frammenti delle tavolette non erano ancora stati organizzati e, pertanto, rappresentavano una raccolta confusa. 
Nel 1936, Kramer inviò alla Revue d'Assyriologie la prima di una numerosa serie di traduzioni intitolata "La discesa di Inanna agli inferi". da questo momento, Kramer riuscì a organizzare i vari frammenti nel loro giusto ordine naturale.
Il cilindro della tentazione conservato al British Museum di Londra,dimostra che la Genesi è un mito, raccontato come una storia.
La storia della cacciata dal giardino di Eden, era già una leggenda sumera e venne descritta in questo reperto archeologico a grandi linee, ovviamente i nomi dei personaggi cambiano.
Ma cosa interessante è che questo documento è stato scritto nell’ anno 2200, cioè già esisteva 12 secoli prima che venisse scritta Genesi 3 che è della Tradizione Jahwista del X° sec. a.C.


http://memorialezikkaron.blogspot.it/2011/06/il-peccato-originale.html

Pakistan, invio armi. - Alessandro Di Battista - M5s



Oltre allo scandalo dei 333.000 euro spesi per dei manuali di traduzione vi segnaliamo un'altra assurdità del decreto missioni che stiamo votando adesso in aula. 

Mentre il governo si auto-celebra in TV dichiarando il massimo impegno sulla questione maro' contemporaneamente invia 100 veicoli M113 http://goo.gl/Z7fy6a alla Repubblica islamica del Pakistan.

Il Pakistan (paese che tra l'altro possiede la bomba atomica) da decenni e' in conflitto con l'India per il controllo del Kashmir. Cioè mentre trattiamo con l'India il rilascio dei nostri fucilieri di marina cediamo “a titolo gratuito” 100 mezzi blindati, armi insomma anche se obsolete, al Pakistan, rivale storico della Repubblica dell'India. Vi sembra normale?

Se fossero stati francesi o americani i due maro', o con la diplomazia, o con i ricatti economici o con le minacce di sanzioni starebbero gia' a casa.


https://www.facebook.com/dibattista.alessandro/photos/a.310988455679892.65829.299413980170673/588158781296190/?type=1&theater

Taglio alle pensioni d'oro. - Giancarlo Cancelleri



Giancarlo Cancelleri Portavoce a 5 Stelle

Stampatelo e mettetelo dappertutto! 
Nei bar, nei panifici, dal parrucchiere, dal gommista, al cinema, a casa di lei, sotto il banco dello studente di fronte, nel portone del vostro comune, nel parabrezza di un'utilitaria, all'entrata di una villa qualsiasi, nei cessi della metro, accanto al manifesto dell'ypsigrock, dentro ogni bucalettere, sotto l'ombrellone, sopra il frigo, nella vostra bacheca... TUTTI DEVONO SAPERE cosa siamo riusciti a fare!


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I dischi di pietra di Bayan-Kara-Ula nel Qinghai.

  

Chi Pu Tei, professore di archeologia presso l'Università di Pechino, e i suoi studenti compirono una spedizione per esplorare una serie di grotte nelle montagne himalayane prive di sentieri del remoto Bayan-Kara-Ula nel Qinghai al confine con la Cina e il Tibet. Le grotte potevano essere state scolpite artificialmente per formare un sistema di tunnel sotterranei e magazzini. Le pareti sono state squadrate e vetrificate, come se fossero tagliati nella montagna con un gran calore.

Essi hanno scoperto molte file di tombe in cui erano sepolti piccoli scheletri alti circa 130 cm. Gli scheletri avevano teste anormalmente grandi, ma piccoli, sottili, fragili corpi. Un membro del gruppo suggerì che potessero essere i resti di una specie sconosciuta di gorilla di montagna. Si dice che il Professor Chi Pu Tei rispondesse: "Chi ha mai sentito parlare di scimmie che si seppelliscono l'una con l'altra?"





Non c’erano epitaffi presso le tombe, ma furono trovati centinaia di dischi di pietra ("Dropa Stones") larghi una trentina di cm, con buchi nei loro centri del diametro di circa 2 cm. Sulle pareti erano scolpite le immagini del sole che sorge, luna, stelle, la terra, le montagne, e linee punteggiate che collegavano la terra con il cielo. Insieme con i dischi, i disegni della grotta furono datati a circa 12.000 anni.

I dischi di Dropa

Si riferisce che ogni disco di pietra fosse inciso con due belle scanalature a spirale dal bordo del buco nel centro del disco, in modo forse simile al disco di Festo.
I dischi furono classificati insieme ad altri reperti di spedizione e conservati all’Università di Pechino per 20 anni, durante i quali i tentativi per decifrarli non hanno avuto successo. Quando i dischi furono attentamente esaminati dal Dottor Tsum Um Nui di Pechino verso il 1958, questi concluse che ogni scanalatura effettivamente consisteva di una serie di piccoli geroglifici, di modello e di origine sconosciuti. Le righe di geroglifici erano così piccole che una lente di ingrandimento fu necessaria per vederle chiaramente. Molti dei geroglifici erano stati portati via dall’erosione. Quando il Dr Tsum decifrò i simboli, essi raccontarono la storia della caduta a terra di un'astronave dei Dropa e l'uccisione della maggior parte dei sopravvissuti da parte di tribù locali.

Secondo Tsum Um Nui, una delle linee di geroglifici recita: "I Dropas sono venuti giù dalle nuvole nei loro aeromobili. I nostri uomini, donne e bambini si nascosero nelle grotte dieci volte prima del sorgere del sole. Quando finalmente capirono il linguaggio dei segni dei Dropas, capirono che i nuovi arrivati avevano intenzioni pacifiche.... " Un'altra sezione esprime il "rammarico" degli Ham per il fatto che l'imbarcazione degli alieni fosse precipitata in una remota e inaccessibile catena montuosa e che non vi fosse stato modo di costruirne una nuova, per consentire ai Dropas di tornare al loro pianeta.

La relazione del Dr Tsum è apparsa in una rivista scientifica nel 1962. Egli è stato successivamente messo in ridicolo, fino al punto di autoimporsi l’esilio in Giappone, dove morì. L'Accademia di Paleontologia di Pechino non ha mai permesso di pubblicare e non parla mai delle sue conclusioni.

"Tsum Um Nui" non è un vero e proprio nome cinese, e i critici suggeriscono che il Dottor Tsum può non essere effettivamente esistito. Tuttavia Tsum Um Nui è un nome giapponese adattato alle lingua cinese. Non vi è alcuna prova di lui al di là della storia dei Dropa.

Ulteriori ricerche

Nel 1965, il professor Chi Pu Tei e quattro dei suoi colleghi hanno finalmente avuto il permesso di rivelare la loro teoria e l’hanno pubblicata con il titolo "Le scritte a scanalature riguardanti le navi spaziali che, come registrato sui Dischi, sbarcarono sulla Terra 12.000 anni fa".

La documentazione di circa 716 dischi con scanalature, scoperti in seguito nelle stesse grotte, racconta una sorprendente storia di una sonda spaziale inviata dagli abitanti di un altro pianeta. Dopo l'atterraggio nella catena montuosa di Bayan-Kara-Ula (così narrerebbero quelle iscrizioni) le intenzioni pacifiche degli stranieri confusero i membri della tribù Ham, abitanti delle vicine grotte, che diedero la caccia agli extraterrestri e li uccisero.

Le foto che pretendono di mostrare i dischi Dropa sono in realtà dei dischi Bi, trovati a migliaia in tutta la Cina, soprattutto nelle Province del Sud. I dischi Bi hanno una gamma di dimensioni da pochi centimetri a diverse decine di centimetri (alcuni piedi), e sono il più delle volte fatti o di giada o nefrite, con un piccolo foro centrale rotondo o quadrato.

La maggior parte dei dischi Bi data al periodo Neolitico (circa 3000 a.C.), ma se ne trovano fino al periodo della dinastia Shang. I dischi Bi più recenti del periodo Shang sono di solito più riccamente scolpiti, con draghi, serpenti e, talvolta, pesci, e utilizzati in cerimonie rituali.

La maggior parte dei dischi Bi neolitici è stata trovata in siti tombali. Essi erano sepolti sotto la testa o i piedi del defunto. E' stato teorizzato che ciò fosse per assistere lo spirito del defunto. Nessun disco Bi è stato trovato contenente iscrizioni o scanalature a spirale, come narra la storia dei Dropa riferita da autori come Hartwig Hausdorf.

Si dice che i dischi Dropa siano di soli 12 pollici (30 cm) di diametro. Tuttavia, una foto in bianco e nero proposta da Hausdorf e altri per visualizzare un disco Dropa mostra chiaramente il disco appoggiato su un sedile, ed è chiaramente più largo in diametro (diversi piedi) e non presenta segni di sorta.

Le Ricerche degli scienziati Russi

Scienziati russi hanno chiesto di vedere i dischi e molti sono stati inviati a Mosca per l'esame. I dischi sono stati grattati per pulirli da particelle di roccia che si erano incrostate e poi sono stati sottoposti ad analisi chimica. Per la sorpresa degli scienziati, i dischi contenevano grandi quantità di cobalto e altre sostanze metalliche. Inoltre, se messi su un piatto speciale, secondo il Dr Vyatcheslav Saizev, che descrisse gli esperimenti nella rivista sovietica Sputnik, essi vibrano o "ronzano" in un insolito ritmo, come se una carica elettrica passasse attraverso di loro. O come ha suggerito uno scienziato "come se essi formassero una parte di un circuito elettrico". Ad un certo tempo, essi devono essere stati chiaramente esposti ad una tensione straordinariamente alta. "Essi sembrano come antichi dischi rigidi, e ruotano come i dischi rigidi che abbiamo oggi. Forse se riuscissimo a leggere questi antichi dischi rigidi, ci sarebbe possibile trovare risposte".

Le Foto di Wegerer

Nel 1974, Ernst Wegerer, un ingegnere austriaco, fotografò due dischi che corrispondevano alle descrizioni dei Dropa Stones. Egli partecipava ad una visita guidata del Museo Banpo a Xian, quando vide i dischi di pietra in mostra. Egli sostiene di aver visto un buco al centro d’ogni disco e geroglifici in parte incisi a spirale come scanalature.

Wegerer chiese ai manager di Museo Banpo maggiori informazioni sui pezzi in vetrina. La guida culturale non sapeva nulla della storia delle pietre, anche se era in grado di raccontare una storia completa su tutti gli altri artefatti di creta. Lei sapeva solo che i dischi di pietra erano "oggetti di culto" di poco conto.

A Wegerer fu consentito di prendere in mano uno dei dischi. Egli stimò il loro peso in 1 kg (2 libbre) e il diametro a 30 cm (un piede). I geroglifici non possono essere visti nella sua foto, perché si sono in parte sbriciolati, e il flash della fotocamera ha fatto sparire i dettagli fini, come le scanalature a spirale.

Pochi giorni dopo la sua visita, la direttrice è stata rimossa dal suo posto di lavoro senza rivelarne la ragione. Lei e i due dischi di pietra sono scomparsi, secondo il professor Wang Zhijun, il direttore del Museo Banpo, nel marzo del 1994.

Alcune conferme

Misteriosi dischi dei Dropa
Negli anni trascorsi dal momento della scoperta del primo disco, archeologi e antropologi hanno appreso di più sulla zona isolata di Bayan-Kara-Ula. La maggior parte delle informazioni è stata interpretata come sostegno alla storia registrata sui dischi.

Leggende presumibilmente ancora conservate nella zona parlano di piccoli, esili uomini dalla faccia gialla, "venuti dalle nuvole, molto, molto tempo fa". Quegli uomini avevano enormi teste sporgenti e corpi sottili ed erano così brutti e repellenti che erano evitati da tutti. "Uomini con i cavalli rapidi" diedero la caccia ai brutti nani. Stranamente, la descrizione degli "invasori" si dice corrispondente a quella degli scheletri originariamente scoperti nelle grotte dal professor Chi Pu Tei.

Alcune critiche

I critici hanno ampiamente respinto la pretese di cui sopra, sostenendo che sono una combinazione di truffa e leggenda urbana. Ad esempio, lo scrittore David Richie prende atto che i racconti sui Dropa abbiano incuriosito Gordon Chreighton, un Fellow della Royal Antropological Society e della Royal Geographical Society. Dopo le sue indagini, Chreighton giudicò le sensazionalistiche narrazioni relative ai Dropa-Extraterrestri come "prive di fondamento", e dettagliò le proprie conclusioni in un articolo per Flying Saucer Review (La Rivista del Disco Volante).

Non esistono prove rintracciabili o credibili per questa teoria, né si può dimostrare che ne siano esistite in passato. I fautori della storia delle Dropa-stones sostengono che ciò sia il risultato di perturbazioni sociali causate dalla Rivoluzione Culturale cinese e da una cospirazione di coverup da parte delle autorità cinesi. Tuttavia questa storia va ben oltre la Cina. Gli oppositori sostengono che è ampiamente dimostrato che si tratti di un falso imbastitoda Erich von Däniken.

Di seguito è riportato un dettagliato resoconto della maggior parte delle pretese sensazionalistiche sulla storia dei Dropa/ Extraterrestri:

1. La scoperta.
Non ci sono menzioni di 'Tsum Um Nui' in nessun luogo, poiché si suppone che egli sia fuggito dalla Cina e sia morto in Giappone negli anni 1960, ciò non può dipendere dalla teoria di una coverup comunista attuata dalla Rivoluzione Culturale. Inoltre, non vi è alcuna traccia del 1938 di una spedizione archeologica alla catena di Banyan Kara Ulla. Nessuna "Peking Academy of Pre-History" è mai esistita.

2. Prime Fonti.
La prima menzione della storia è nel libro pieno di frottole di Erich von Daniken del 1968, “Carri degli Dei”. Il libro è stato ampiamente criticato in quanto inaffidabile. Di fatto, la stragrande maggioranza dei nomi e delle fonti del libro non può essere confermata, e non si può dimostrare l’esistenza dei seguenti studiosi sovietici o cinesi, al di fuori di questa storia: Cho Pu Tei, Tsum Um Nui, Ernst Wagener, Vyatcheslav Saizev, e Sergei Lolladoff. Per dirne di più, Däniken dice che la sua principale fonte per la parte sovietica della storia fu lo scrittore di fantascienza Alexander Kazantsev; lo stesso Kazantsev tuttavia non è d'accordo col racconto di Däniken e dice che è stato Däniken a raccontare a lui la storia, non il contrario.

3. Fonti più tarde.
Il libro “Dei Solari in Esilio”, “edito” da David Agamon, apparve nel 1978 per dare sostegno alla storia dei Dropa, ma Agamon ammise nella rivista “Fortean Times” nel 1988 che il libro era una finzione e che il suo presunto autore, un ricercatore britannico chiamato dottor Karyl Robin-Evans, era immaginario. Alcuni siti web pretendono di mostrare una foto del dottor Robin-Evans con il Dalai Lama: un fragile vecchio, a fianco del Dalai Lama attuale. La fotografia è abbastanza recente e non può essere il dottor Robin-Evans, il quale sarebbe morto nel 1978, secondo Hartwig Hausdorf.

4. Traduzione. 
Non vi è assolutamente alcun precedente di una lingua sconosciuta decifrata con successo. Tutte le lingue perdute dell’antichità sono state riscoperte solo perché erano sopravvissute in forme familiari per gli scienziati. Anche in tali casi, la decifrazione e la comprensione di queste antiche forme linguistiche e delle loro scritture di solito ha richiesto decenni a più squadre di linguisti altamente competenti, e le loro conclusioni sono costantemente oggetto di dibattito e di aggiornamento. Molti scritti antichi (in particolare il Lineare A dell'isola di Creta e il Rongorongo dell’Isola di Pasqua), hanno sfidato la decifrazione proprio perché non possono essere collegate a nessuna lingua conosciuta. Alla luce di questi fatti, ci sarebbe anche una maggiore difficoltà nel tradurre una vera e propria lingua extraterrestre. E' quindi altamente improbabile che un singolo studioso cinese privo di un’adeguata preparazione linguistica possa da solo decifrare una scrittura o lingua aliena nel suo tempo libero.

5. I Dischi. 
Tutto ciò che esiste dei presunti dischi alieni sono diverse fotografie riprese col grandangolare. I dischi fotografati, in primo luogo, non corrispondono alla descrizione di "dischi da 12 pollici ": i dischi fotografati sono molto grandi. In secondo luogo, le foto non mostrano nessuno delle presunte profonde scanalature. Infine, assolutamente nessuna foto, descrizione, analisi o nessun’altra prova dell’effettiva “scrittura aliena” appare in nessun luogo.

6. Si è supposto che i dischi siano stati immagazzinati in diversi musei in Cina. Nessuno di questi musei possiede o ricorda alcuna traccia di questi dischi, né può esserne trovata alcuna di quelli apparentemente inviati in URSS per l'analisi.

7. La tribù Dropa.
Mentre si racconta che si tratti d’una tribù di deboli nani, in realtà i Dropas sono pastori nomadi che abitano la maggior parte dell’altopiano settentrionale tibetano. Anche gli Ham sono abitanti del Tibet, e tradizionalmente hanno fornito i guerrieri del Tibet: molte delle guardie del corpo del 13° Dalai Lama, durante la sua fuga dall’invasione cinese, erano Ham tibetani. La parola "Dropa", secondo Chrieghton, descrive i nomadi residenti sugli altipiani tibetani, e può essere approssimativamente tradotta come "solitudine" o "isolato". Inoltre, Chreighton non ha descritto i Dropa come somiglianti a "trogloditi", o come nani, ma al contrario essi tendono ad essere piuttosto grandi e robusti, il che corrisponde alla loro occupazione di pastori. (Richie, 95-96)


http://www.climatrix.org/2009/12/i-misteriosi-dischi-di-pietra-dei-dropa.html