Visualizzazione post con etichetta Pakistan. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Pakistan. Mostra tutti i post

giovedì 25 gennaio 2024

Mohenjo-Daro - Pakistan

 

Mohenjo-daro (Urdu: موئن جودڑو, Sindhi: موئن جو دڙو) è un'antichissima città risalente all'Età del bronzo, situata sulla riva destra del fiume Indo, nell'attuale regione pakistana del Sindh, a 300 km a nord-nord-est di Karachi. Insieme ad Harappa, è una delle più grandi città della civiltà della valle dell'Indo (33001300 a.C.).

Mohenjo-daro significa letteralmente il monte dei morti, nome che condivide con Lothal.

Si estende per circa 100 ettari. È divisa in due settori: una cittadella e una città bassa. Sulla cittadella si trova una struttura in mattoni cotti a forma di vasca, soprannominata il Grande Bagno, un enorme granaio e uno stupa, nonché un tempio buddista più tardo.

Avendo sofferto poche degradazioni nell'età moderna, il suo stato di conservazione è migliore di quello di Harappa, ed è, di conseguenza, un'importante fonte di informazioni sulla civiltà cui apparteneva.

La città è stata costruita nel corso del III millennio a.C. ed è stata abbandonata alla fine del XVIII secolo a.C., verosimilmente a causa della variazione del corso di un fiume.

Scoperta di una civiltà sconosciuta[modifica | modifica wikitesto]

Antiche città della valle dell'Indo

Il sito è stato riscoperto nel corso degli anni venti. Tra il 1922 e il 1927, degli scavi in grande scala vi sono stati avviati da Rakhal Dâs Banerjî e sono stati portati avanti da Madho Sarup Vats e Kashinath Narayan Dikshit sotto la direzione di John Hubert Marshall. Ernest MacKay ha effettuato altri scavi dal 1927 al 1931Mortimer Wheeler portò a termine questi lavori nel 1950 con scavi di minore portata.

I lavori condotti sul sito hanno consentito di liberare un centinaio di ettari di rovine della città, dieci volte di più di ciò che era stato scoperto negli anni venti, ma probabilmente solo un terzo della superficie totale da studiare. Con Mohenjo-daro per la prima volta sono state portate alla luce vestigia della civiltà della valle dell'Indo di cui fino ad allora si ignorava l'esistenza.

Mohenjo-daro non è stata costruita per giustapposizione di edifici innalzati nel corso del tempo ma, come le altre città della civiltà dell'Indo, HarappaKâlîbangan o Lothal, rivela una urbanizzazione studiata e pianificata nel tracciato delle strade, che formano una griglia in cui almeno un viale largo 10 metri divideva la città bassa in due zone. In effetti esiste, come negli altri siti dell'Indo, una divisione della città in due parti denominate tradizionalmente la cittadella o città alta e la città bassa. Le costruzioni sono fatte di legno indurito col fuoco, di mattoni seccati al sole, comuni in Mesopotamia o cotti al forno, una caratteristica dell'Indo che assicurava una maggiore longevità agli edifici. Questi ultimi seguivano le regole dimensionali standardizzate nella civiltà dell'Indo, con la larghezza doppia dell'altezza, la lunghezza doppia della larghezza.

Le due città

La popolazione della città è stimata in circa 70.000 persone. Gli scavi hanno rivelato che le case di abitazione erano spesso munite di una sala da bagno e di un sistema di drenaggio delle acque sporche, comfort probabilmente inventato da questa civiltà, così come i granai.

La cittadella possiede un Grande bagno, l'antenato dei bâoli o dei serbatoi che si ritrovano in tutta l'India e nello Sri Lanka, di 14 m di lunghezza e 9 m di larghezza, con una profondità di 2,40 m. Questo serbatoio è circondato da piccole lastre una delle quali protegge un pozzo. La cittadella è dotata anche di enormi granai di m 50 x 20, una grande struttura residenziale. La scoperta forse più inattesa è quella di un edificio con un ipocausto, probabilmente per riscaldare l'acqua del bagno.

Ad est della città alta, si trova la città bassa, molto estesa, in cui si trova lo schema a griglia delle strade. Queste sono dritte, affiancate dai sistemi di scolo. Le strade formano dei blocchi di edifici di 390 x 260 m. Le costruzioni hanno un tetto a terrazza, presente anche nel mondo indiano contemporaneo, sostenuto da travi ed al quale si accede solitamente con una scala. Alcune erano probabilmente di due piani e la maggior parte usufruivano di una piccola sala da bagno. Le case sono di dimensioni diverse, alcune piccole, altre più ampie che presentano un cortile interno, senza aperture sulla strada e che si aprono su un vicolo, per meglio isolarsi dalla agitazione presente nelle strade principali.

il cosiddetto Re-sacerdote
La "Ballerina"

Sono stati scoperti forni di vasai, vasche per tintura, officine per lavorare i metalli, per la produzione di perle e lavori di ceramica vetrificati. Gli abitanti della città sapevano padroneggiare l'irrigazione e controllavano le piene del fiume. Nel corso degli scavi sono stati ritrovati numerosi sigilli con iscrizioni, così come anche opere più rare, in pietra come la statuetta di steatite (alta 17,7 cm) detta, in modo sicuramente inappropriato, il Re-sacerdote o quella in bronzo nota col nome di Ballerina.

Parte dei reperti sono custoditi ed esposti nel Museo Nazionale del Pakistan a Karachi.

La società

I manufatti e gli altri oggetti indicatori scoperti nel sito permettono agli archeologi di farsi un'idea su questa civiltà, della quale non abbiamo ancora potuto decifrare la scrittura. Le somiglianze nella pianta e nelle costruzioni tra Mohenjo-Daro e Harappa indicano che entrambe facevano parte della stessa area culturale e che forse condividevano lo stesso governo. Le due città sono state costituite con mattoni di forma e dimensione standardizzate, appartenevano forse allo stesso periodo e la loro dimensione suggerisce che si trattasse di capitali regionali. Al contrario di altre civiltà, le sepolture sono molto semplici, senza oggetti funebri notevoli per ricchezza. Da ciò si è potuto dedurre che questa società ignorava la divisione in classi sociali. Nelle città dell'Indo in generale e a Mohenjo-Daro in particolare non è stata trovata alcuna struttura chiaramente identificabile come un palazzo o un tempio. Popolo agricolo probabilmente tranquillo, non si trovano tracce di alcuna attività militare, anche se è stato accertato l'impiego di coltelli, di lance e di punte di freccia di rame e di bronzo. Le città erano, peraltro, munite di fortificazione.

La città è stata distrutta e ricostruita almeno sette volte. Ogni volta la nuova città veniva ricostruita sopra la vecchia. La causa dell'ultima e definitiva distruzione non è stata ancora identificata. La scoperta dei resti di 24 scheletri (gli unici trovati in tutta la città) con tracce di calcinazione e carbonizzazione e di campioni di roccia, vasi, mattoni e varie suppellettili vetrificate, lascia supporre che la città sia stata rasa al suolo da una repentina devastazione con presenza di elevate temperature, come ad esempio un vasto incendio o, ipotesi meno probabile, l'impatto di un meteorite. Alcuni studiosi suppongono che il fiume li abbia costretti a abbandonare la città perché a causa di una diga cambiò il suo corso.

Ipotesi pseudo-scientifiche

Secondo alcune teorie pseudo-scientifiche come quella degli Antichi astronauti la distruzione della città fu dovuta ad un'esplosione di tipo nucleare a seguito di una battaglia tra UFO, il che confermerebbe la presenza in un antico passato di alta tecnologia. Queste ipotesi si basano su alcune assunzioni, come il ritrovamento di scheletri che suggerirebbero una morte violenta e improvvisa e la presenza di alti livelli di radiazioni.

Gli studiosi tuttavia rigettano queste ipotesi elencando una serie di fatti. Innanzitutto alcuni edifici della città sono ancora intatti, ma essi erano stati fatti con il fango, per cui non si può pensare che un’arma nucleare, il cui potere distruttivo principale è nella forza della sua onda d’urto, non sarebbe stata in grado di rovesciare alcuni edifici di mattoni di fango. Inoltre gli scheletri trovati non mostrano segni di morte improvvisa, anche perché la data della loro morte varia a volte di centinaia di anni l'uno dall'altro e tutti i corpi erano stati sepolti.

Riguardo alle affermazioni circa le presunte radiazioni, non si sa di preciso da dove provengano. Certamente piccoli livelli di radiazioni sono plausibili ma una presenza di forti quantità non è stata ancora rilevata scientificamente. Anche le prove di vetrificazione sono risultate, ad un esame approfondito, ristrette a piccole quantità di materiale e riconducibili a forme note e compatibili con l'epoca di sviluppo della città.[1]

https://it.wikipedia.org/wiki/Mohenjo-daro

martedì 8 agosto 2023

Valle dell'Indo del Pakistan.

 

In alto nella valle dell'Indo in Pakistan ci sono alcuni dei più intricati e diversi petroglifi sulla terra. Questi sono gli antichi glifi shatial sull'autostrada Karakoram nella regione del Gilgit-Baltistan. Risalenti all'età della pietra alla nascita dell'Islam, i glifi coprono macigni e macigni che si estendono per più di 100 chilometri. Gli scritti e i disegni coprono varie lingue, religioni e il simbolismo dei popoli risalenti a 10.000 anni fa.

https://www.facebook.com/photo/?fbid=253319657518305&set=gm.3504597593126025&idorvanity=1692223041030165

martedì 18 febbraio 2020

Renzi in Pakistan a sciare con l’alta finanza, M5s: ‘Vacanze sono sua priorità’. Lui: ‘Devo chiedere permesso al tribunale dell’antirenzismo?’

Renzi in Pakistan a sciare con l’alta finanza, M5s: ‘Vacanze sono sua priorità’. Lui: ‘Devo chiedere permesso al tribunale dell’antirenzismo?’

In una foto pubblicata sui social dal primo ministro pakistano il leader di Italia Viva è presente a un aperitivo di lavoro con alcuni componenti del board di Afiniti, una società di intelligenza artificiale. Il motivo del viaggio, a leggere Imran Khan, è "vacanza sciistica". Di certo la presenza dell'ex premier in Pakistan coincide con il momento complesso dell'esecutivo di cui Renzi fa parte: difficoltà create proprio dall'ex Rottamatore.

La foto è stata pubblicata il 15 febbraio alle ore 8.31 dal primo ministro del Pakistan Imran Khan ed è stata ripresa nell’edizione odierna del quotidiano La Verità di Maurizio Belpietro: un giardino, il sole, un gruppo di persone attovagliate attorno a un tavolo per il classico aperitivo. Ciò che salta all’occhio non è tanto l’arredamento dozzinale da pensione vista mare, quanto la dicotomia tra il modesto salottino e il calibro delle personalità presenti al convivio. L’elenco è proprio del primo ministro pakistano: c’è lui, la principessa Beatrice di York, l’ex premier spagnolo Josè Maria Aznar, alcuni finanzieri tra cui Muhammad Ziullah Chishti, l’ex ambasciatore pakistano negli Stati Uniti Ali Jehangari Siddiqui e l’ex presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi.

Motivo dell’incontro? A leggere il post di Imran Khan si tratterebbe di “sky-trip“, ovvero “vacanza sciistica”. Insomma, a sentire il primo ministro pakistano il leader di Italia Viva si trovava in Pakistan per sciare. Leggendo il quotidiano di Maurizio Belpietro, però, emerge un altro aspetto: nel gruppo di “amici” ritratti nello scatto in questione, ci sono almeno tre persone che hanno legami forti con Afiniti, una società di intelligenza artificiale: si tratta di Aznar, attualmente nel board di Afiniti, che tra i fondatori vede anche Ziullah Chishti e come ex membro del cda (al pari di David Cameron) Jehangari Siddiqui. Collegamenti tra la presenza di Renzi e la società di intelligenza artificiale? Nessuno può dirlo. Ciò che appare certo, invece, è che nei giorni in cui il governo italiano è attraversato da forti fibrillazioni interne, colui che ha provocato queste tensioni si trovi in Pakistan, nella più semplice delle ipotesi per sciare
La conferma direttamente da un tweet di Matteo Renzi, che parte dalla natura incontaminata del Pakistan per arrivare alla situazione italiana: “Ci sono momenti in cui è bello riscoprirsi a riflettere, ammirando la natura incontaminata. Anche a 4.000 metri. E quassù non ci sono polemiche ma solo tanta bellezza. Ci aspettano giorni impegnativi, buona settimana a tutti”.

Visualizza l'immagine su Twitter

La foto ha creato molte polemiche. Tra i primi a parlare il sottosegretario all’Interno Gianluca Castaldi (M5s): “Informo lo ‘sciatore pakistano'”, ha scritto su Twitter, “che qua stiamo lavorando sodo. Si goda la vacanza, potrebbe essere una delle ultime a spese degli italiani”. A lui ha replicato, intervenendo in difesa di Renzi, il viceministro al commercio estero di Italia viva Ivan Scalfarotto: “Non credo sia ammissibile che un sottosegretario di Stato, e per di più ai rapporti con il Parlamento, si esprima così. La Costituzione richiederebbe a chi ricopre funzioni pubbliche disciplina e onore: sull’onore non indago, ma la disciplina è andata totalmente perduta”. Per i 5 stelle si è esposto anche il viceministro dello Sviluppo economico Stefano Buffagni: “Mentre il M5s lavora per gli italiani”, ha scritto su Facebook, “Renzi si fa una vacanza mondana. C’è chi come noi lavora per gli italiani, e poi c’è chi preferisce farsi una vacanza a sciare con l’alta finanza in Pakistan. Gli italiani ci chiedono risposte, ci chiedono lavoro, crescita, giustizia, equità. Queste sono la priorità! Altro che weekendini mondani in montagna! Ognuno è libero di fare ciò che crede… Ma per il Movimento 5 stelle stare al governo significa mettere i cittadini al primo posto e risolvere i loro problemi!”.

Alle polemiche Renzi tramite la sua enews, giustificando la sua assenza: “Avevo preso l’impegno di incontrare il presidente della Repubblica, il primo ministro, il capo dell’esercito a Islamabad assieme all’ex premier spagnolo José María Aznar. Un politico degno di questo nome ha anche relazioni internazionali. Se ad altri non capita non so che farci. Poi, con alcuni amici, siamo andati due giorni a sciare a 4.000 metri, in luoghi bellissimi”. E ha chiuso: “Posso fare due giorni sugli sci o devo chiedere il permesso al Tribunale dell’antirenzismo?”.

Il mantra degli affari sulla vetta del mondo per il Paulo Coelho di Rignano sull’Arno. - Daniela Ranieri

Renzi dal Pakistan: «Se cade il Conte bis, nuovo governo e niente elezioni»
– “Ci sono momenti in cui è bello riscoprirsi a riflettere, ammirando la natura incontaminata. Anche a 4.000 metri. E quassù non ci sono polemiche ma solo tanta bellezza”. Le parole, come avrete capito dalla loro sconcertante banalità, sono di Matteo Renzi, il Paulo Coelho del Valdarno. Sembra di vederlo, seduto nella posizione del loto, mentre medita e recita mantra coi monaci del posto bevendo tè masala. Gli è che il Nostro, dopo aver posizionato i candelotti di dinamite nelle Istituzioni, è partito per le nevi del Pakistan. Sappiamo cosa state pensando: ma come, fino all’altro ieri era qua che minacciava di far cadere il governo sulla prescrizione, e adesso è già sulla vetta del mondo che si atteggia a Dalai Lama, staccato dalle cose terrene, tipo Brad Pitt dopo 7 anni in Tibet? Purtroppo il primo ministro pakistano Imran Khan ha rovinato l’eterea visione, pubblicando sui social una foto che immortala i suoi compagni di “ski-trip” (vacanza sciistica): attorno a un tavolo da giardino, in un cortile che potrebbe pure essere quello del resort “Il Coccio” dell’amico Marcucci in Garfagnana, siedono la principessa Beatrice di York (figlia di Andrea, amico di quell’Epstein arrestato per traffico di minori e suicida), l’ex premier spagnolo Aznar, il finanziere paki-americano Zia Chishti, l’ex ambasciatore pakistano negli Usa Ali Jehangari Siddiqui, un capo della Tim più altri milionari in petrodollari, e infine, spaparanzato al sole a capotavola, lui, Renzi (sul tavolo ogni ospite ha un’aranciata oppure una tazza di tè: Renzi è l’unico che ha sia l’aranciata che il tè). La Verità ha scoperto il link tra questi ricconi ed ex potenti: la Afiniti, una società di intelligenza artificiale, a cui in futuro si farà sempre più ricorso in mancanza di quella naturale. Ignoriamo le competenze di Renzi sul tema (a onor del vero, era bravo con le slide), e in quale lingua si esprima, ma è evidente che la missione ha natura spirituale quanto uno yak tibetano ha contezza di Rignano sull’Arno. Ci viene in mente ora che Renzi sottoponeva un tariffario agli imprenditori che volevano parlare con lui: 100 mila euro, cinque volte quello che prendono i cantanti neomelodici per esibirsi alle comunioni. Un affarone per il Pil del Pakistan. Dove vige la legge del karma: le conseguenze delle nostre azioni ci seguono ovunque come un’ombra, ne siamo responsabili ed eredi. (Nell’interesse preminente dello Stato, chiediamo alla Farnesina se è possibile corrompere gli sherpa locali per rapire, rifocillare e trattenere l’Illuminato a 4000 metri per un po’, o almeno fino alla fine della legislatura).

martedì 16 settembre 2014

Il meraviglioso mondo degli Hunza. - Marina Zenobio




La valle dell’Hunza prende il nome dall’omonimo fiume, si trova nel Pakistan del nord, a 2.438 metri di altitudine e si estende per circa 7.900 chilometri quadrati. E’ un luogo fantastico, reso quasi magico dai colori delle stagioni che si riflettono sulla valle e su i suoi maestosi rilievi. Ma è conosciuta anche per un’altra caratteristica: i suoi abitanti vivono fino a 110-120 anni, raramente si ammalano e, nonostante il passar del tempo, mantengono un aspetto piuttosto giovane anche ad età avanzata.
Sono diversi rispetto alle popolazioni vicine per diversi aspetti: fisicamente gli Hunza somigliano agli europei, parlano una lingua propria – il burushaski – che non somiglia a nessun altro idioma al mondo, e professano il credo ismaelita.
Ovviamente ciò che affascina di questo piccolo popolo che vive tra i massicci montagnosi del nord del Pakistan, sono i racconti sulla loro straordinaria capacità di mantenersi giovani e in salute. Fanno il bagno in acque gelide anche fino a 15 gradi sotto zero, fanno attività sportive fino a cent’anni, le donne a 40 anni sembrano adolescenti e a 65 sono ancora in grado di dare alla luce figli; in estate mangiano frutta e verdure crude, in inverno albicocche secche, germogli di grano e formaggio di pecora.
Fu il medico scozzese Robert McCarrison a scoprire, nei lontani anni ’30, la “valle felice”, e registrò che mangiavano pochissime proteine: 1933 calorie diarie, che comprendevano 50 grammi di proteine, 36 grammi di grassi e 365 grammi di carboidrati.
A distanza di svariati decenni le abitudini alimentari degli Hunza non sembrano cambiate: la carne è quasi assente dalla dieta e si nutrono soprattutto dei cereali da loro più coltivati come frumento, orzo e grano saraceno, di patate e frutta come albicocche e mele, nocciole, eppoi di burro, yogurt e derivati del latte di pecora. Per quanto riguarda l’acqua, la loro unica fonte discende dal ghiacciaio Altar. Ma non disdegnano, ogni tanto, un po’ di alcol, bevendo elisir ottenuti dalle more di gelso o dalla distillazione del succo fermentato di albicocche.
La conclusione è dunque che sia proprio la dieta il fattore principale della longevità di questo popolo. Un esempio è dato dalle popolazioni vicine, che vivono alle stesse condizioni climatiche ma non rispettando lo stesso regime alimentare e che hanno una speranza di vita due volte inferiore.
Non sappiamo dove finisca la realtà e inizi la favola del popolo che non invecchia, nei primati di longevità umana non c’è traccia degli Hunza, ma anche se fosse è una bella favola.



Pakistan, invio armi. - Alessandro Di Battista - M5s



Oltre allo scandalo dei 333.000 euro spesi per dei manuali di traduzione vi segnaliamo un'altra assurdità del decreto missioni che stiamo votando adesso in aula. 

Mentre il governo si auto-celebra in TV dichiarando il massimo impegno sulla questione maro' contemporaneamente invia 100 veicoli M113 http://goo.gl/Z7fy6a alla Repubblica islamica del Pakistan.

Il Pakistan (paese che tra l'altro possiede la bomba atomica) da decenni e' in conflitto con l'India per il controllo del Kashmir. Cioè mentre trattiamo con l'India il rilascio dei nostri fucilieri di marina cediamo “a titolo gratuito” 100 mezzi blindati, armi insomma anche se obsolete, al Pakistan, rivale storico della Repubblica dell'India. Vi sembra normale?

Se fossero stati francesi o americani i due maro', o con la diplomazia, o con i ricatti economici o con le minacce di sanzioni starebbero gia' a casa.


https://www.facebook.com/dibattista.alessandro/photos/a.310988455679892.65829.299413980170673/588158781296190/?type=1&theater

domenica 29 giugno 2014

Semi di albicocca: un potente antitumorale? Proprieta', benefici e dove trovarli. - Marta Albè

semi di albicocca anticancro

semi di albicocca sono un concentrato di benefici per la salute, un po' come i loro frutti. Le popolazioni del Pakistan ne sono conoscenza da tempo e praticamente da secoli ricorrono alle albicocche e ai loro semi come rimedi naturali per la cura della salute. Il popolo Hunza sarebbe il maggior utilizzatore e conoscitore delle proprietà benefiche dei semi di albicocca, oltre che dell'olio ricavato da essi e dei frutti secchi.
I maggiori benefici attribuiti ai semi di albicocca riguarderebbero le proprietà anticancro. E' stato infatti osservato che in Pakistan, per quanto riguarda il popolo Hunza, malattie come il cancro sono pressoché sconosciute, così come le comuni patologie del benessere che affliggono gli occidentali. Ancora una volta, il benessere e lo sviluppo economico non rappresentano una garanzia di salute.
I semi di albicocca sarebbero un vero e proprio elisir di lunga vita. La loro utilità per contrastare il cancro era già nota nell'antica Cina, oltre che in Medio Oriente. Sono infatti stati ritrovati dei documenti attribuiti all'imperatore Shen Nung e risalenti al I-II secolo A.C., nei quali erano state riportate delle ricette ottenute dall'estratto di semi di albicocca e ritenute un valido aiuto contro i tumori.

Vitamina B17 e proprietà anticancro

Le proprietà anticancro dei semi di albicocca hanno ricevuto in seguito la conferma da parte della scienza moderna e anche molte critiche. Il loro segreto consisterebbe nel contenuto di vitamina B17, anche conosciuta come amigdalina o nitriloside. Per alcuni si tratta di una sostanza in grado di inibire lo sviluppo dei tumori e delle loro metastasi.
La vitamina B17, in presenza di cellule malate, agirebbe sprigionando cianuro, in grado di distruggerle. Le cellule tumorali contengono infatti un particolare enzima, assente nelle cellule sane, che permette l'attivazione dell'azione anticancro della vitamina B17. Il cancro sarebbe una malattia quasi sconosciuta alle popolazioni che seguono un'alimentazione ricca di vitamina B17. Oltre che nelle albicocche, accompagnate dall'assunzione dei loro semi, la vitamina B17 è contenuta in legumi come le fave o i piselli, nei germogli di legumi e cereali, nell'erba medica, nella lattuga, nelle rape ed in altri ortaggi e bacche.
Di contro, negli ultimi anni, tali proprietà sarebbero state fortemente ridimensionate. Diversi studi hanno anzi affermato che non c'è alcun effetto positivo come anticancro

semi di albicocca

Assunzione e controindicazioni

Quanti semi di albicocca è possibile consumare al giorno? Ernst T. Krebs, l'autore degli studi a favore come anti cancro, sosteneva che 7 semi di albicocca, assunti quotidianamente, sarebbero la quantità ideale durante tutto il corso della vita. 
Le controindicazioni in proposito possono riguardare il loro contenuto di cianuro. E' stato calcolato che, per assumere una quantità di cianuro che possa risultare fatale, a seconda del peso e dell'altezza, un individuo dovrebbe mangiare da 80 a 560 semi di albicocca al giorno. Parliamo dunque di quantità spropositate rispetto al consumo di semi di albicocca come integratori alimentari. 
Più in generale, il loro normale impiego come integratori di vitamina B17 prevede il consumo di 1 o 2 semi di albicocca al giorno. I semi di albicocca vanno assunti accompagnati dal frutto fresco o secco, poiché gli enzimi contenuti nel frutto stesso sono considerati come componenti del loro meccanismo d'azione.

Semi di albicocca amari

La vitamina B17 è presente in quantità maggiore nei semi di albicocca amari rispetto ai semi di albicocca dolci. I semi di albicocca ricordano molto le mandorle nell'aspetto e nella forma. I semi amari provengono dalle albicocche selvatiche, dal sapore acidulo, mentre i semi dolci vengono ottenuti dai frutti freschi e maturi che troviamo comunemente in vendita. I semi di albicocca, dopo essere stati estratti dai frutti, vengono sottoposti ad essiccazione.

Dove trovare i semi di albicocca

I semi di albicocca sono un prodotto legato sia all'alimentazione naturale che alla cura della salute grazie a metodi alternativi ai tradizionali medicinali, con particolare riferimento alla prevenzione delle malattie. Possono essere acquistati nelle erboristerie (in cui dovrebbe risultare possibile ordinarli se non disponibili), nei negozi di prodotti biologici, oppure negli shop online dedicati al mondo del biologico e del naturale. E ovviamente potete mettere da parte i noccioli del frutto di cui avete fatto scorpacciate in estate.