venerdì 14 novembre 2014

Ex ministro Ambiente Clini a giudizio per corruzione.

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ROMA (Reuters) - L'ex ministro dell'Ambiente Corrado Clini andrà a processo a per corruzione con rito immediato a Roma il prossimo 12 marzo. Lo ha deciso il gup romano Massimo Battistini, come riferito oggi da fonti giudiziarie.
La procura di Roma contesta a Clini di avere ricevuto una tangente di oltre un milione di euro tra l'ottobre 2010 e il giugno 2011, quando era direttore generale del ministero dell'Ambiente, relativa a un finanziamento per un progetto di riqualificazione idrica in una zona dell'Iraq, erogato dallo stesso dicastero.
Assieme all'ex ministro è stato rinviato a giudizio l'imprenditore di Ferrara Augusto Calore Pretner.
Clini è stato ministro sotto il governo di Mario Monti tra il novembre 2011 e l'aprile 2013, dopo i fatti contestati dalla Procura.

Innegabile!



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Claudio Scajola vende la casa al Colosseo. E ci guadagna un milione di euro. - Marco Lillo



Claudio Scajola vende la casa al Colosseo. E ci guadagna un milione di euro

L'ex ministro ha ceduto a 1,63 milioni il 'mezzanino' che nel 2004 aveva pagato 610mila euro con l'aiuto "a sua insaputa" della 'cricca' di Anemone. Che aveva colmato la differenza per l'acquisto da 1,7 milioni.

Alla fine Claudio Scajola è riuscito a vendere la sua casa al Colosseo. Il 16 ottobre scorso la moglie dell’ex ministro, con delega del marito, ha firmato davanti al notaio Paolo Becchetti l’atto di vendita dell’appartamento al primo piano con vista sui fori imperiali. Scajola si è messo in tasca un milione e 630mila euro, dei quali 50mila riferiti ai mobili presenti nell’appartamento. Nel luglio del 2004 l’allora ministro dello Sviluppo Economico aveva pagato solo 610mila euro. Quindi a distanza di dieci anni, dopo un processo per finanziamento illecito chiuso in appello con la prescrizione dopo l’assoluzione in primo grado, Scajola ha incassato una plusvalenza di 970mila euro, escludendo i 100mila euro dei lavori fatti dieci anni fa e che sarebbero stati pagati da Anemone secondo l’accusa, contestata da Scajola e non accolta in primo grado. Sono 97mila euro all’anno per dieci anni, tutti esentasse.
E’ un po’ come se qualcuno avesse pagato un secondo stipendio da 8mila euro netti al mese per dieci anni a Scajola che stavolta non può nemmeno dire che ciò sia avvenuto ‘a sua insaputa’. Ormai anche lui avrà compreso che il prezzo realmente pagato nel 2004, come dichiarato dalle venditrici alla Guardia di Finanza, è stato di un milione e 700 mila euro. Scajola il 7 luglio del 2004 nel suo ufficio al ministero ha versato di tasca sua per l’appartamento di 180 metri soltanto i miseri 610mila euro dichiarati davanti al notaio Gianluca Napoleone, giunto appositamente al ministero come le venditrici e l’immancabile architetto Angelo Zampolini che ha tirato fuori gli assegni circolari offerti da Anemone e compagni per colmare la differenza. Alla fine il regalo del 2004 della ‘Cricca’ di Anemone arriva quasi a coprire la plusvalenza realizzata da Scajola con l’atto depositato in conservatoria il 3 novembre scorso.
In realtà Scajola era riuscito a spuntare molto di più. Al Fatto risulta che il 18 aprile 2012 l’ex ministro aveva firmato un preliminare con l’imprenditrice della sanità Jessica Veronica Faroni, direttore generale del Gruppi INI, titolare di cliniche sparse tra Roma, Guidonia e Grottaferrata. Il prezzo stabilito nel preliminare era di 2 milioni di euro. La dottoressa Faroni consegnò alla firma del preliminare un assegno circolare Unicredit di 250mila euro come caparra però poi si accorse che qualcosa nelle pratiche urbanistiche non collimava e iniziò una contesa.
Il 27 marzo 2013 Scajola e Faroni chiudono le liti con una scrittura privata nella quale si danno reciproco atto che a “fronte della mancata corrispondenza dello stato di fatto dell’immobile rispetto ai dati catastali e alle planimetrie depositate con particolare riferimento al locale cucina (…) concordavano una riduzione del prezzo da 2 milioni a un milione e 800 mila euro”. In compenso la promittente acquirente si dichiarava disponibile a “acquistare tutto il mobilio e gli arredi presenti nel suddetto immobile per un importo di 50 mila euro”.
Per cautelarsi dai rischi del procedimento penale a carico di Scajola, si concordava di dare mandato al notaio Becchetti per incassare 1,2 milioni come deposito “onde scongiurare il rischio di sequestro dell’immobile”. Nulla di tutto ciò è accaduto e Scajola ha potuto portare a termine la vendita. Però a comprare alla fine è stata una società: Italy Hotels and Suites Srl, costituita il 24 settembre 2014 amministrata da Luca Nicolotti che ne detiene solo una quota dell’uno per cento mentre il restante 99 per cento è intestato alla FidItalia Srl, una società fiduciaria che scherma la proprietà. Il prezzo è stato pagato, come risulta dall’atto, per 580mila euro con assegni circolari di un conto acceso al Monte dei Paschi di Siena mentre un milione e 80mila euro provengono dai circolari di un conto acceso all’Unicredit. Uno di questo assegni, pari a 250mila euro, ha lo stesso numero di quello consegnato come caparra nel 2012 dalla dottoressa Faroni.
Scajola ha pagato all’agenzia immobiliare Tevere Srl un compenso di 76mila euro e l’agenzia ha iniziato un contenzioso legale per ottenere il pagamento di una provvigione anche dalla dottoressa Faroni, per il preliminare di vendita. L’imprenditrice però si è rifiutata e la causa è in corso. A marzo dovrebbe esserci una nuova udienza. “Il Tribunale per due volte ha rigettato la richiesta di decreto ingiuntivo”, spiega Jessica Veronica Faroni.
Che fine faranno ora i soldi? Al Corriere della Sera nel settembre del 2010 Scajola aveva promesso: “Vendo la casa e offro la differenza in beneficenza”. Poi nel maggio del 2012, dopo la firma del preliminare, al Fatto aveva rettificato: “Sto valutando un gesto ancora più forte, ma che non vi posso dire adesso, lo dirò nel momento in cui farò il rogito. Io quello che prometto lo mantengo sempre”. Il Fatto ha provato a contattare Claudio Scajola, nel frattempo uscito dagli arresti disposti per la vicenda Matacena e sottoposto solo all’obbligo di dimora. Al telefonino risponde la sua voce registrata: “Non sono al momento raggiungibile”.
Ora ci aspettiamo che mantenga la parola e devolva la plusvalenza in beneficenza, visto che l'appartamento è frutto di "beneficenza" ricevuta....

giovedì 13 novembre 2014

Amiu, tutti gli imprenditori indagati per corruzione. - Matteo Indice.



Genova - Il giro degli imprenditori in affari con i manager Amiu (l’azienda comunale della nettezza urbana) era molto più ampio di quanto trapelato finora. E svariava dai giganti come “Switch” alle cooperative sociali tipo “Il Giglio”. Non solo. Nelle carte dell’inchiesta sugli appalti pilotati in materia di smaltimento rifiuti, spunta oggi l’elenco dettagliato di chi è sospettato d’aver pagato vere e proprie tangenti in cambio di commesse pubbliche.
Le ultime perquisizioni sono state eseguite dai carabinieri due giorni fa. E hanno portato all’iscrizione sul registro degli indagati di Stefano e Daniele Raschellà, 55 e trent’anni, rappresentanti dell’impresa “EdilDue”. Sono accusati di corruzione poiché - insistono gli inquirenti - avrebbero pagato o comunque partecipato al pagamento di stecche per ottenere proprio da Amiu l’incarico per la «realizzazione delle opere di adeguamento dei locali siti in via Leoncavallo a Sestri Ponente» e il noleggio da loro d’una serie di mezzi per l’emergenza neve.
Ancora: i pm Paola Calleri e Francesco Cardona Albini inseriscono EdilDue nella galassia delle ditte che lavoravano a stretto contatto con il gruppo Mamone, ritenuti fra i principali collettori di mazzette a un paio di dirigenti Amiu sottoforma di notti (pagate) con escort. Perciò nelle scorse settimane erano stati indagati, sempre per corruzione, Gino e Vincenzo Mamone, che hanno ricoperto varie cariche in “ImpresAres” e “Ares International”, appaltatrici di Amiu. È notizia invece delle ultime ore l’estensione dell’addebito alla moglie di Gino, Ines Capuana. Il 7 febbraio scorso i militari del Nucleo operativo ecologico hanno consegnato a palazzo di giustizia un nuovo dossier, in cui circoscrivono con più chiarezza le «prove» sui “pagamenti”.
Quali erano, secondo gli investigatori, gli uomini Amiu “ammorbiditi” dai favori di chi voleva ottenere da loro appalti in materia di rifiuti e bonifiche-lampo? In primis il superdirigente Corrado Grondona, 56 anni, responsabile legale e affari generali. Ma sono accusati di corruzione pure Massimo Bizzi (56, servizi generali), Claudio Angelosanto (51, responsabile del centro smaltimenti alla Volpara) e Roberta Malatesta (55 segretaria di Bizzi)
Oltre al “gruppo Mamone”, legatissimo a Grondona, gli investigatori mettono nel mirino altre due presunte “cricche”. Si comincia con Maurizio Dufour (48) e Roberto Curati (54), ai vertici della Switch, che ha ottenuto appalti per milioni da Amiu specie per la raccolta della carta. Del loro lavoro, e grazie ai buoni uffici con i dirigenti pubblici, avrebbero beneficiato di riflesso altri impresari e consulenti: Augusto Russo, 55 anni, Franco Dardano (53), Gerlando Lorenzano (54) e Paolo Carrea (53).
I referenti nell’ex municipalizzata, per ottenere incarichi strutturali o urgenti, a parere dei pm erano in primis Bizzi e Angelosanto. In rapporti con Roberta Malatesta erano invece Antonio, Matteo e Simone Cicala (55, 27 e trent’anni), per le aziende “Spemi” (bonifiche) ed “Eurocolors”. Oltre all’accusa di corruzione, per loro è scattata la truffa ai danni di un ente pubblico (Amiu appunto). Stessi addebiti per Stefano Ionadi, 41 anni, al momento delle assegnazioni contestate guida della coop Il Giglio, che si è aggiudicata in particolare la «gara informale per l’affidamento del servizio di diserbamento nelle strade veicolari e pedonali di Genova».
Altro filone è sulla possibile truffa nella gestione della differenziata o in specifiche operazioni subappaltate da Amiu: certificate a regola d’arte, quindi pagate in toto dalla società comunale, ma eseguite solo sommariamente (non ci sarebbero però di mezzo tangenti). Qui gli indagati sono una trentina - alcuni nomi ricorrono dalla tranche sulla corruzione - e per sette s’ipotizza l’associazione a delinquere.

Appalti e sesso, “pilotati” pure i lavori per il post-alluvione

Corrado Grondona
Corrado Grondona

Genova - Anche gli appalti per lo smaltimento rifiuti dopo le alluvioni che hanno flagellato Genova negli ultimi anni venivano barattati in cambio di sesso : è uno degli aspetti più inquietanti che emergono dalle carte dell’inchiesta sugli appalti pilotati in favore di alcuni imprenditori da 3 dirigenti dell’azienda di nettezza urbana Amiu, che in mattinata ha fatto scattare 7 arresti.
In manette sono finiti Corrado Grondona, manager degli Affari generali della stessa Amiu, e uno degli imprenditori più noti della città, il “re delle bonifiche” Gino Mamone; in carcere anche suo fratello Vincenzo, il nipote Luigi e gli impresari Stefano e Daniele Raschellà, oltre a Claudio Deiana. Indagati a piede libero altri 2 dirigenti di Amiu, Massimo Bizzi e Roberto Ademio.
L’accusa per tutti è di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta: le ordinanze di arresto sono state emesse dal giudice dell’indagine preliminare Roberta Bossi su richiesta dei pubblici ministeri Francesco Cardona Albini e Paola Calleri.
Così scrive il gip nel circoscrivere le prime accuse: «Corrado Grondona, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, nella qualità di dirigente dell’area Approvvigionamenti e Affari generali di Amiu Genova Spa, e quindi di pubblico ufficiale, accettava la promessa e quindi riceveva utilità da Gino Mamone, Vincenzo Mamone, Luigi Mamone, Stefano Raschellà, Daniele Raschellà, consistente nella reiterata fruizione di cene prestazioni sessuali da parte di prostitute pagate dai predetti, per compiere e avere compiuto atti contrari ai doveri d’ufficio».
Ancora: «In particolare, con il concorso di Corrado Bizzi (responsabile dell’ufficio Servizi esterni di Amiu), nel triennio 2010-2013 affidava direttamente a Eco.Ge Srl (società di cui Gino Mamone era socio di maggioranza) prestazioni di servizi correlate a eventi alluvionali per l’importo complessivo di 585mila euro, senza compiere gli adempimenti previsti per gli affidamenti in economia di lavori di somma urgenza, tra cui in particolare la redazione da parte del responsabile del procedimento del verbale attestante i motivi dello stato d’urgenza, le cause che lo hanno provocato e i lavori necessari per rimuoverlo, nonché la redazione di perizia estimativa dei lavori, comunque in violazione dei principi di buon andamento».

I DUE MATTEO E DI MATTEO. - Marco Travaglio



Matteo di qua, Matteo di là, anche perché i Matteo sono due: Renzi e Salvini. 
Parlano dappertutto e ne parlano tutti. 

Poi c’è Di Matteo, nel senso di Nino, il pm di Palermo condannato a morte da Totò Riina, il quale – intercettato nell’ora d’aria con il boss pugliese Alberto Lorusso – non s’è limitato a “minacciarlo”, come scrive la stampa corazziera, ma ha ordinato una strage come a Capaci e in via D’Amelio: “Questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta, e allora se fosse possibile ucciderlo, un’esecuzione come a quel tempo a Palermo. Organizziamola questa cosa, facciamola grossa e non parliamone più”. 

Era il 16 novembre 2013.

In 12 mesi il capo dello Stato, pur così ciarliero fra esternazioni e moniti, non ha trovato due parole di solidarietà per questo servitore dello Stato. 

Nemmeno quando se l’è ritrovato davanti per testimoniare sulla trattativa Stato mafia, e ha ricordato quando Cosa Nostra voleva far la pelle a lui e a Spadolini. 
Nemmeno ieri, quando Repubblica ha rivelato che una fonte “molto attendibile” ha raccontato (con le stesse parole di un’altra fonte che nel giugno '92 preannunciò la strage di via D’Amelio) che “a Palermo è già arrivato il tritolo per Di Matteo”
Due mesi fa anche il Pg Roberto Scarpinato, che sostiene l’accusa nel processo d’appello al gen. Mori per la mancata cattura di Provenzano, ha subìto minacce gravissime: uomini del cosiddetto “Stato” si sono introdotti nel suo ufficio e nel corridoio antistante per lasciare una lettera di avvertimenti sulla sua scrivania e la scritta “Accura” (attento) sulla porta di fronte alla sua stanza, nella certezza di non essere ripresi dalle telecamere di sorveglianza. 

Diversamente dai due marò, questi magistrati non hanno diritto alla solidarietà del capo dello Stato, forse perché non sono accusati di duplice omicidio.

Le tv perlopiù ignorano queste notizie e i giornali, quando ne parlano, le trattano come normale routine. 

Anzi, su Libero si leggono articoli infami che irridono a quei magistrati in pericolo come se le minacce e le condanne a morte se le inventassero loro. 

E sul Foglio, già noto per aver beatificato gli Squillante e i Carnevale, è partita un’ignobile campagna perché a Palermo arrivi un nuovo procuratore che assicuri l’isolamento dei pm della Trattativa più ancora di quanto già non facciano molti loro colleghi. 
A luglio il vecchio Csm si accingeva a nominare l’attuale procuratore di Messina Guido Lo Forte, già braccio destro di Caselli ai tempi d’oro degli arresti di centinaia di boss e dei processi Andreotti, Dell’Utri, Contrada, che in commissione si era imposto con tre voti su Sergio Lari, procuratore di Caltanissetta, e Franco Lo Voi, ex rappresentante italiano a Eurojust, che avevano raccolto un solo voto a testa perché meno titolati (soprattutto Lo Voi, che ha 9 anni meno degli altri due e non ha mai diretto un ufficio giudiziario). 

Ma intervenne a gamba tesa il Quirinale con un’incredibile lettera del segretario Donato Marra, che bloccò la nomina imponendo – fatto mai accaduto – di dare la precedenza ad altre 25 sedi giudiziarie vacanti: cioè di seguire un inedito “ordine cronologico”, partendo dal fondamentale Tribunale dei minori di Caltanissetta. 
Ora il Foglio – non smentito da nessuno – rivela che il vicepresidente del nuovo Csm, l’ex sottosegretario di Renzi Giovanni Legnini, “deve interpretare un indirizzo che arriva da Palazzo Chigi” e dal Colle: “imporre discontinuità con l’attuale gestione di matrice ingroiana” con “l’affermazione di uno degli ultimi due candidati (Lari, grande critico dell’impostazione data alla trattativa Stato-mafia, è favorito ma la partita è aperta)”. Lo chiedono “i figli del Nazareno”. Quindi: il governo vuole scegliersi il procuratore di Palermo in barba alla Costituzione e alla divisione dei poteri; pretende che sia il più lontano possibile dai pm che rischiano la pelle col processo sulla Trattativa; e il Csm, che dovrebbe tutelarli, deve isolarli vieppiù. 
Come accadde a Falcone prima dell’Addaura e di Capaci e a Borsellino prima di via D’Amelio. 
La trattativa è viva e lotta insieme a loro. 
Se il Csm non avrà uno scatto d’orgoglio per respingere queste ributtanti pressioni, ci sarà solo da vomitare.

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Ancora alluvioni da geoingegneria clandestina tra Liguria e Toscana spacciate per disastri naturali.



Mentre meteorologi d'accatto o meglio, negazionisti di mestiere, proseguono nella loro campagna di disinformazione, attraverso valanghe di scartafacci miranti a ridicolizzare la questione "scie chimiche" da costoro definite "scie comiche", proseguono i disastri (annunciati). Infatti il 2014 non è ancora terminato e siamo già a quota quattordici (14) inondazioni. 
La frequenza di questi drammatici eventi, che stanno sfibrando intere popolazioni, è oltremodo preoccupante e non la si deve certo a fantomatici "cambiamenti climatici" né tanto meno a "colpe umane" o solo al dissesto idrogeologico, giacché le cause vanno assolutamente ricercate nella guerra ambientale in atto da alcuni decenni in Italia. Infatti con la legge 36/94 sulla gestione artificiale delle precipitazioni piovose, le manipolazioni meteo hanno ricevuto il placet delle istituzioni. 
Leggiamo che cosa recita la legge in questione.

Legge 36/94 - Con decreto emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è adottato il regolamento per la disciplina delle modificazioni artificiali della fase atmosferica del ciclo naturale dell'acqua.

Ricordate l'alluvione disastrosa del Piemonte nel 1994? 

Questa segnò l'inizio "ufficiale" delle sperimentazioni. 
Fu uno spartiacque. 
D'altronde le statistiche non mentono e se diamo uno sguardo alla frequenza nonché alla gravità degli eventi alluvionali dal 1948 ad oggi, possiamo constatare che siamo passati da un nubifragio ogni 4/8 anni sino al 1997, a decine all'anno da quel periodo in poi. 
Si veda qui.

Riscaldamento globale da biossido di carbonio come propagandato dalla gran cassa dei media di regime? 

No, visto che gli studi del prestigioso Met Office evidenziano, invece, una costante diminuzione delle temperature medie mondiali dal 1998 al 2013. Di conseguenze le cause sono da individuare altrove ed i responsabili sono sì gli uomini, ma non i comuni cittadini, bensì i vertici militari nonché le lobbies legate alle società per la modifica del clima, le aziende O.G.M., le compagnie che raffinano il petrolio e producono carburanti ed additivi speciali per aviazione civile e militare ed altri enti, privati e statali che rimpinguano le loro casse per mezzo della distruzione dell'Italia. 
Pensate quali interessi enormi gravano intorno alla "messa in sicurezza" del territorio, che mai sarà attuata, ma che permetterà ai soliti noti, che poi sono puntualmente assolti dalla magistratura se colti con le mani nel sacco, di arricchirsi sulle spalle di cittadini vessati, umiliati, spesso uccisi per mano della geoingegneria illegale. Sono cittadini che lavorano, pagano le tasse, sudano sangue per vivere in un paese dove le istituzioni sono solo sanguisughe.



In buona sostanza, così come avevamo previsto alcuni anni fa, ora siamo alla fase finale: essi creano il problema e poi ci proporranno la soluzione: la geoingegneria. D'altronde basta visitare il portale del C.N.R. che già si premunisce preparando personale ad hoc. Infatti sono stati pubblicati i bandi di concorso per geologi nell'ambito della "geoingegneria". Sì, proprio così. 


Geoingegneria! 

Vediamo che cos'è avvenuto tra i giorni 10 ed 11 novembre 2014. 

Ancora "bombe d'acqua". 
Ancora morte e distruzione, mentre le immagini del radar Doppler sono eloquenti: ancora V-shaped
Questa volta ben tre. 
I meteorologi di regime le definiscono "celle autorigeneranti", in contrasto con le leggi della termodinamica, ma sono eventi indotti, artificiali, scientemente voluti. 
Si noti che intorno alle celle temporalesche V-shaped è presente una coltre chimica igroscopica che intrappola, concentra e rafforza l'energia distruttiva delle celle temporalesche artificiali. 
Alcuni vi diranno che sono cirri, ma questi non possono essere rilevati dal radar Doppler, poiché troppo alti! 
Le coltri igroscopiche (prosciuganti), invece, queste sì che sono visibili, poiché si trovano a quote relativamente basse, che poi sono le stesse quote di rilascio di elementi chimici igroscopici per mezzo di velivoli civili e militari. 
Queste scie persistono, si allargano, assorbendo l'umidità atmosferica, distruggono la nuvolosità naturale e formano un sottile strato elettroconduttivo che al radar Doppler appare come nell'immagine di copertina.

Che cos'è il radar Doppler e perché le sue immagini possono essere definite "la pistola fumante"?

Il radar Doppler è un particolare tipo di radar che si basa sull'effetto di slittamento in frequenza, detto, appunto, effetto Doppler. 

L'effetto Doppler è l'apparente variazione di frequenza delle onde emesse da una sorgente in moto rispetto ad un osservatore: la frequenza aumenta, se sorgente ed osservatore si avvicinano, mentre diminuisce in caso di allontanamento. 
Il fenomeno fu scoperto dal fisico e matematico C. Doppler (1803-1853) per le onde sonore, ma si verifica anche per quelle elettromagnetiche. 
L'effetto Doppler ha molte applicazioni nella tecnica (radar), in medicina (ecografia), in astronomia. 
Esso permette al radar di distinguere bersagli in movimento anche in presenza di oggetti fissi. 
In questa sede intendiamo fornire la documentazione inoppugnabile circa le attività chimico-biologiche (chemtrails), attraverso immagini digitali e di radar meteorologici i cui i dati sull'atmosfera superiore indicano che le condizioni meteorologiche presenti alla quota degli aerei chimici NON sono idonee per la formazione di scie persistenti in base ai parametri fisici. 
Dunque le nuvole filiformi di bassa quota, create dai velivoli clandestini che si possono osservare in questa mappa radar, non sono cirri, a differenza di quanto affermano i meteorologi dell'establishment, ma scie tossiche. 
I cirri veri, infatti, che si formano a quote molto più alte, non possono essere rilevati dai radar meteorologici Doppler.

http://tankerenemymeteo.blogspot.it/2014/11/ancora-alluvioni-da-geoingegneria.html#.VGRwMvmG8WA

Nubifragi, esondazioni.

Automobilista soccorsa in viale Caravaggio

Brindisi



Chiavari



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Milano esondazione Seveso