martedì 12 maggio 2015

I CINQUE PASSI VERSO LA PRIVATIZZAZIONE DI TUTTO. - PAUL BUCHHEIT




Polizia e tribunali, istruzione, sanità, acqua, tutto fino al governo stesso sono stati, o stanno per essere privatizzati. I più benestanti tengono sempre per loro il meglio di ogni servizio.
Nel cuore della spinta alla privatizzazione c'è il disprezzo per il Governo e totale sfiducia nella società, nonché un individualismo senza cervello che praticamente non lascia alcuno spazio alla cooperazione. I sostenitori della privatizzazione chiedono totale ''libertà'', almeno finché non hanno bisogno che il governo intervenga in loro nome.

Questi privatizzatori hanno un sistema:

1. Convinciti che “Ho fatto tutto da solo”:
La gente che si ritrova avvantaggiata in società cerca di razionalizzare le proprie azioni, e molti di loro vi riescono con l'aiuto della filosofia di Ayn Rand, autrice del testo "La virtù dell'egoismo". Questa autrice rifiutava in tronco i valori della comunità affermando: "Un qualsiasi gruppo non è altro che un certo numero di individui messi insieme (...) Se la civiltà vuole sopravvivere l'uomo deve interamente rifiutare la moralità altruistica”.
Dopo Ayn Rand, negli anni d'oro del neoliberismo, con Ronald Reagan che borbottava “Il Governo è il problema” e Margaret Thatcher che proclamava: “La società non esiste!”, istituzioni prima rispettate e tenute in conto come la scuola pubblica e il trasporto pubblico iniziarono ad essere demonizzate e definite come “socialiste” e “di stile sovietico”. Simili messaggi sono stati ripetuti con una tale frequenza e insistenza dai media di proprietà del grande capitale che il vasto pubblico ha finito per crederci sul serio.
Affermava l’ “Economist”, parlando della situazione riguardo allo sviluppo di prodotti di consumo: “I Governi non sono mai stati bravi a capire chi sono i vincitori, e molto probabilmente lo diverranno ancora meno; oggi ormai legioni di imprenditori e tecnici scambiano incessantemente nuove idee e progetti online, li trasformano in prodotti finiti a casa e li mettono sul mercato globale da un garage. Mentre la rivoluzione avanza, il governo dovrebbe occuparsi solo dello stretto necessario e lasciare fare il resto ai rivoluzionari”.
Tuttavia, come nota Marianna Mazzuccato sulla rivista “The Entrepreunerial state”: "La realtà è che proprio lo Stato che si è impegnato su vastissima scala nell'assumersi il rischio imprenditoriale per stimolare innovazione”. Le prove di questo non mancano, in numerosi settori e discipline, fra tutte tecnologia e industria farmaceutica, le quali hanno visto i laboratori finanziati dalle corporazioni diminuire le loro attività o persino scomparire.
Nel costoso nuovo settore delle nanotecnologie, continua la Mazzucato, l'industria non può giustificare nelle sue logiche investimenti su applicazioni che richiedono 10 o 20 anni di lavoro di sviluppo, nonché un coordinamento multidisciplinare di fisica, chimica, biologia, medicina, ingegneria e informatica.

2. Insistere che la rimozione del Governo sia un vantaggio per tutti:
La necessità di rimuovere i governi viene giustificata con un vago richiamo alla “libertà”, il quale suona a dire poco iperbolico, per non dire completamente insensato. Uno dei massimi sostenitori è stato Milton Friedman, il quale disse che: “Alla base di molti degli argomenti contrari al libero mercato vi è la mancanza di fede nella libertà in generale”'. Il “Cato Institute” rincarava la dose predicando che: “I liberi mercati creano un futuro di integrità e fiducia”, infine il fondatore della rivista Forbes, Steve Forbes dichiarò indignato: “È impossibile creare prosperità senza libertà”!
Senza considerare il semplice fatto che questa libertà è responsabile di aver generato la situazione di massima disuguaglianza registrata negli ultimi 100 anni circa, gli apologeti di questa sorta di libertà non rinunciano a cercare di convincerci che in qualche modo (incomprensibile) stiamo già tutti prosperando. Sul Wall Street Journal: la nostra economia va alla massima velocità. Un analista Moody's: La nostra economia spara da tutti i cilindri, come un mitragliatore.
Alcuni “amanti della libertà” riescono a essere ancora più estremi nel difendere i fantomatici benefici della disuguaglianza per tutti noi, arrivando a sostenere che l'ineguaglianza dei redditi è positiva per i poveri e persino a dichiarare senza mezzi termini che “La diseguaglianza dei redditi in un sistema capitalistico è qualcosa di veramente bello”.

3. Assicurare che il governo non sarà rimosso prima di essere diventati veramente ricchi:
Mentre gli straricchi si lamentavano del governo non hanno certo smesso di preoccuparsi che lo stesso governo continuasse ad aiutarli, tramite l'incredibile dispiegamento di deduzioni, esenzioni, esclusioni e scappatoie legali di cui questi straricchi si avvantaggiano. Almeno 2200 miliardi all'anno tra sconti fiscali, tasse sottopagate, paradisi fiscali e pura strafottenza aziendale sfuggono ogni anno dall'economia della comunità, diretti nelle tasche dei più ricchi, fra i quali i più svergognati arrivano a sostenere che è giusto che i loro hedge funds siano tassati, molto, moltissimo meno dello stipendio di un insegnante. Essendo la massima aliquota relativamente bassa i multimilionari pagano una percentuale del loro reddito insignificante rispetto a normali contribuenti del ceto medio; tramite i derivati ad alto rischio, che sono i primi ad essere ripagati in caso di collasso del sistema bancario; per ultimo la possibilità della bancarotta che consente alle imprese, e non certo agli studenti, di sbarazzarsi dei loro debiti contratti.

4. Tagliare progressivamente i fondi al Governo finché la privatizzazione non appare come unica soluzione possibile:
Questo è stato utilizzato in dosi massicce specialmente contro l'istruzione, seguendo una semplice formula; secondo il The Nation: “Usare test standardizzati allo scopo di dichiarare dozzine di scuole dove vanno soltanto i poveri come “un costante fallimento”, metterle sotto controllo e gestione di una autorità speciale non eletta, la quale farà in modo che la scuola da pubblica passi a essere una concessione a privati”. E ovviamente, continuare a tagliare i fondi. Secondo il Centro studi sulle priorità di spesa e bilancio in 48 stati USA, praticamente tutti esclusi Alaska e Nord Dakota, la spesa media per studente nel 2014 risultava diminuita in confronto a prima della recessione.
Sta accadendo anche al sistema “social security” (previdenza sociale), probabilmente il programma gestito in maniera più efficiente, in confronti sia a gestioni pubbliche che private che si può trovare nella storia della nazione. Come nota Richard Eskow: “il Governo ha tagliato 14 dei 16 requisiti di budget del social security. C’è una sola spiegazione logica di questo: ostilità verso il Governo stesso, combinata alla determinazione di trasferire nelle mani di imprese private quante più risorse pubbliche possibili tramite privatizzazione”.
Sta succedendo anche alle forze di polizia, che diventano private in sempre più quartieri e poli produttivi mentre i soldi pubblici scompaiono.

5. Restare ignoranti di qualsiasi fatto problematico:
I casi di fallimento dei sistemi privati abbondano nei fatti concreti, ne citeremo qualcuno:

Istruzione: Il manager del detentore di una concessione scolastica privata è pagato 350 volte in più per studente di un analogo preside in una scuola pubblica.

Sanità: Il sistema più costoso del mondo sviluppato, con costi per un intervento di chirurgia ordinario tra le tre e le dieci volte più alti che nella maggior parte degli stati europei, con il 43% degli Americani che evitano di farsi visitare da un medico o non comprano medicine necessarie a causa dei costi eccessivi. Il programma Medicare invece, quasi esente dal motivo del profitto e dalla competizione è gestito in maniera efficiente, e ne beneficiano ugualmente tutti i cittadini degli USA aventi diritto.

Sistema bancario/credito: Grazie alle banche private un dollaro su tre che spendiamo finisce nel pagamento di interessi, e quando andiamo in pensione metà dei nostri fondi pensione sarà in mano alle banche. Intanto la banca pubblica del North Dakota (BND) vantava un ritorno sugli investimenti patrimoniali del 23,4% prima del boom petrolifero in questo Stato. Il Wall Street Journal, generalmente parecchio orientato in favore delle privatizzazioni, ammette che la banca pubblica del North Dakota è “più redditizia del Goldman Sachs group Inc, ha un rating del credito migliore della JP Morgan Chase&co e i suoi profitti sono in costante crescita dal 2003”.

Polizia: mentre il budget per le forze di polizia è costantemente ridotto, le comunità sono sempre più affidate a agenti responsabili della sicurezza che sono insufficientemente addestrati, poco controllati e regolamentati, e troppo spesso immuni dal giudizio dei cittadini sulle loro azioni.

Gestione delle risorse idriche: Un esperto sulla sicurezza delle risorse idriche ha suggerito che “Una soluzione promettente potrebbe essere la creazione di mercati dell'acqua dove la gente possa vendere e comprare diritti di utilizzo dell'acqua”. Tuttavia una analisi condotta dal “Food and water watch fund” nel 2009 sulla infrastruttura di condutture idriche e fogne ha riscontrato che le compagnie private aumentano il costo per l'utente dell'80% rispetto alla erogazione d'acqua e del 100% rispetto ai costi di manutenzione della rete di scarico fognario.

Ambiente: Secondo l'ex economista capo della Banca mondiale Nicholas Stern, “Il cambiamento climatico è il più enorme fallimento del mercato nella storia”, nonostante ciò Bloomberg riferisce che “A Wall Street le compagnie finanziarie stanno investendo in aziende che trarranno profitto via via che il pianeta si riscalda”.

Il Governo stesso: In uno studio sui subappalti il Project on Government versight (Progetto per esaminare l'operato del Governo) ha rivelato che in 33 casi su 35 esaminati "Il fatturato annuo verso le aziende appaltatrici è molto più elevato dello speso per gli stipendi annui degli impiegati federali.

I Grandi Individui emergono dagli sforzi collettivi
La privatizzazione va di pari passo con l'imposizione di più individualismo e meno cooperazione. Ma il pensare che concentrare tutto nei confini dei sé produca un beneficio per tutti è decisamente un pensiero arretrato. Come riassume George Lakoff: “E' il pubblico a garantire le condizioni della libertà… l'individualismo può iniziare solo dopo che le strade sono state costruite, che gli individui hanno ricevuto una istruzione, dopo che la ricerca medica ha provveduto alla cura delle infezioni…”

Sull'autore: Paul Buchheit insegna “Diseguaglianze economiche” alla DePaul University, è inoltre fondatore e sviluppatore dei siti web: UsAgainstGreed.org, PayUpNow.org e RappingHistory.org ed editore e co-autore del testo: "American Wars: Illusions and Realities". Lo si può contattare a: paul@UsAgainstGreed.org
Fonte:www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article41761.htm
04.05.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONZI

(Nota del traduttore: dati, fonti riportate e situazioni descritte nel presente articolo si riferiscono esclusivamente agli USA)

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=15044

MA CHE COSA HA IN MENTE OBAMA, CON I SUOI TPP E TTIP? - ERIC ZUESSE



La motivazione sottesa al Partenariato Trans-Pacifico TPP di Obama, e al Trattato Transatlantico per il Commercio TTIP, la motivazione dietro ad entrambi questi giganteschi trattati commerciali internazionali è la stessa, e i senatori democratici degli Stati Uniti Elizabeth Warren e Sherrod Brown hanno ragione: non è per niente progressista. 

Ha invece l’intento di togliere, in una democrazia, il potere politico al pubblico, e trasferirlo al suo posto all’aristocrazia internazionale (cioè, allontanarsi il più possibile da qualunque  democrazia nazionale).

Questo si otterrà cambiando la cosa più fondamentale di tutte: la base stessa del potere globale. 
Tale base, invece di essere costituta dai voti democratici del pubblico nazionale, che eleggono i loro rappresentanti politici i quali determinano leggi e regole, tale sistema politico democratico nazionale diventa invece il suo esatto opposto: i voti degli stakeholders aristocratici dell’aristocrazia internazionale eleggono i dirigenti aziendali delle società internazionali, che a loro volta selezionano i membri delle tavole rotonde internazionali sul commercio,  che nel TTP e nel TTIP a loro volta determinano le leggi e le applicazioni, in particolare riguardo ai diritti dei lavoratori, alla sicurezza dei prodotti e dell’ambiente. 

L’indebolimento da parte dell’aristocrazia internazionale di queste regole nazionali permetterà l’abbassamento salariale del pubblico, cioè delle persone che non controllano le società ma che controllano solo la loro forza lavoro, che diminuisce fino al più basso compenso orario nell’intera trading-area internazionale. Questo nuovo sistema renderà anche possibile minimizzare le regole sulla sicurezza del cibo e degli altri prodotti, massimizzando in questo modo la possibilità delle società internazionali di evitare le spese, che sarebbero altrimenti necessarie all’innalzamento della sicurezza dei loro prodotti.

Queste spese (le passività dei prodotti pericolosi) verranno sempre più sostenute unicamente dai consumatori di tali prodotti. I rischi per gli investitori  (che è ciò che gli aristocratici cercano di evitare maggiormente) sono di conseguenza diminuiti - trasferiti sempre più sul pubblico. Renderà, inoltre, virtualmente libero il danno ambientale per le
società internazionali che lo perpetuano, mentre esso diventerà allo stesso tempo un costo che solo il pubblico dovrà sostenere: tossicità dell’aria, dell’acqua, … Perciò, ancora un’altra categoria di rischio che se ne va per gli investitori: questo aumenterà i margini di profitto, a vantaggio dei soli stakeholders - non del pubblico. I profitti diventeranno perciò sempre più concentrati nelle società internazionali e nelle famiglie che le controllano, e le perdite verranno distribuite tra consumatori e lavoratori, in generale tra coloro che ne vivono: il pubblico.

Il Governo diventerà sempre più solo un mero esecutore e diffusore dei  rischi e delle penalizzazioni al pubblico; e ciò a sua volta aumenterà ancora di più l’ideale del libero scambio: che il Governo sia sempre meno presente, o “più piccolo”- ovvero che vi sia sempre meno Governo democratico. 
E’ questo il succo del discorso del “piccolo governo” dell’aristocrazia: si tratta di spostare i costi dagli aristocratici al pubblico. Perciò la percentuale maggiore dei costi per la sicurezza dei prodotti, per i diritti dei lavoratori e per  l’ambiente, diventerà a carico dei cittadini, e la quota minore dei costi sarà sostenuta dagli  stakeholders delle società internazionali.
In cambio, gli aristocratici saranno in grado di passare ai loro eredi designati il loro dominio e il controllo crescente sul pubblico. Perciò, la  concentrazione della ricchezza diventerà sempre più appannaggio di un numero sempre più esiguo di famiglie, una iper-aristocrazia sempre più piccola. Questo è quel che sta succedendo, e si verificherà in modo ancora maggiore se verranno approvati gli accordi TPP e TTIP. (Secondo il più approfondito studio a tale proposito, al 2012 lo 0.7% più ricco del mondo possiede 13.67 volte di più del 68.7% più povero”); perciò, la distribuzione della ricchezza nel mondo è già estremamente diseguale. TTP e TTIP sono progettati per aumentare quella diseguaglianza).

Inoltre, il Presidente Obama e il Partito Repubblicano al Congresso (che lo supporta su questa e su tutte le altre questioni che sono d’interesse principale per l’aristocrazia Americana, quali la sconfitta della Russia, della Cina e degli altri paesi del BRICS – per esempio, allontanando l’Ucraina dall’aristocrazia russa e mettendola invece sotto il controllo dell’aristocrazia americana) si stanno adoperando per far sì che l’aristocrazia americana sia sempre più al controllo a livello internazionale, e questi accordi commerciali sfruttano in aggiunta il fatto che l’America è la potenza più grande in entrambi gli oceani più vasti del pianeta: l’Atlantico e il Pacifico.

In altre parole: gli Stati Uniti, con il TTP e il TTIP, saranno nella straordinaria posizione di consolidare la partecipazione dell’aristocrazia americana, probabilmente per il prossimo secolo, in entrambi i due maggiori patti commerciali internazionali. Questa esclusiva commerciale manterrà il controllo dell’aristocrazia americana praticamente su tutte le aristocrazie delle altre maggiori nazioni industriali – includendo tutto l’emisfero settentrionale, dove si trova la maggior parte delle terre del mondo.   
Di conseguenza, non solo l’aristocrazia mondiale controllerà il pubblico mondiale, ma l’aristocrazia americana controllerà le altre aristocrazie, con modalità che aumenteranno il suo potere collettivo nei confronti di ogni aristocrazia nazionale esterna; e così, l’Impero Americano diventerà giorno dopo giorno il più grande impero che il mondo abbia mai conosciuto, grazie allo sfruttamento della popolazione, ovunque, e non solo all’interno di un’unica nazione.  

Obama ha detto ai cadetti di West Point, il 28 Maggio 2014: “L’ascesa economica della Cina e la sua capacità militare preoccupano i suoi vicini. Dal Brasile all’India, le classi medie in crescita competono con noi, e i governi cercano maggior voce in capitolo nei forum a livello mondiale.” 
In altre parole: parte del lavoro di questi futuri ufficiali sarà di assicurare che le nazioni BRICS, e le altre che hanno una ricchezza pro-capite inferiore dell’America, restino povere, così che l’aristocrazia americana possa mandare il lavoro là, al posto di pagare gli stessi lavoratori americani per farlo – in altre parole: far competere i lavoratori americani con quelli delle nazioni povere, piuttosto che far competere gli investitori americani con quelli delle nazioni povere. Sta dicendo alle forze armate americane che sono soldati in questa guerra di classe internazionale, pagati dal pubblico, ma che lavorano in realtà per l’aristocrazia americana e non per il pubblico, bensì contro di esso – al fine di abbassare il loro salario, la sicurezza sul cibo, ecc…
Questa è la strada verso un certo tipo di governo del mondo da parte dei super ricchi per i super ricchi, che mantiene loro e i loro eredi designati al controllo sulle risorse del mondo intero – sia in termini di risorse naturali che umane – e che usa gli aristocratici locali come agenti locali in tutto il mondo, che influenzeranno il loro pubblico locale e lo faranno lavorare per l’intensificazione della ricchezza mondiale nelle mani, in primo luogo, dell’aristocrazia mondiale e, in secondo luogo, dell’aristocrazia americana in quanto aristocrazia dominante a livello mondiale.

Ciò che rimarrà dei governi nazionali locali diventerà perciò un mero involucro.

Benito Mussolini, che aveva imparato il suo fascismo dal fondatore del fascismo stesso, il suo maestro Vilfredo Pareto (che Mussolini chiamò “il Karl Marx del Fascismo”), che è stato anche il fondatore della moderna teoria economica ed in particolare del suo Criterio del Welfare, che informa una parte così grande delle restanti teorie economiche e in particolar modo tutte le analisi costi-benefici (come quelle dei mezzi proposti per frenare il surriscaldamento globale), ha spiegato nel seguente modo il “corporativismo” che sosteneva fosse alla base del fascismo: 

La corporazione gioca sul terreno economico come il Gran Consiglio e la Milizia giocarono sul terreno politico!

Il corporativismo è l’economia disciplinata, e quindi anche controllata, perché non si può pensare a una disciplina che non abbia un controllo.
Il corporativismo supera il socialismo e supera il liberalismo, crea una nuova sintesi.
In calce a questo articolo c’è il discorso di Mussolini a questo riguardo, nel quale espone quella che chiama un’ideologia post-capitalista e post-socialista, e che Barak Obama, proclamatosi post-capitalista e post-socialista esso stesso, (come agente per l’aristocrazia globale) sta mettendo in atto in modo sempre più crescente – in modo particolare tramite il
TTP e il TTIP.  


Nello specifico, in particolare a riguardo degli accordi commerciali internazionali, il maestro di Mussolini, Pareto, ha detto che il mercato libero deve regnare supremo e libero da ogni vincolo dello Stato in ogni aspetto, non solo all’interno delle nazioni, ma anche, e in modo particolare, tra le nazioni. 
Come ho messo in evidenza, a questo proposito, nel mio recente libro sullo sviluppo storico del fascismo fino al giorno d’oggi: “Pareto è stato coerentemente un purista del mercato libero, almeno dal 1896. Per esempio, il 1 Settembre 1897 nelle sue “The new Theories of Economics” pubblicate sul “Journal of Political Economics”, ha dichiarato: Se fossi dell’opinione che un dato libro potesse contribuire più di un altro ad affermare il libero scambio nel mondo intero, non esiterei un istante a dedicarmi corpo ed anima allo studio di tale opera, mettendo da parte per il momento lo studio della pura scienza”. Ha inoltre dichiarato: “Siamo stati in grado di dimostrare con forza che i coefficienti di produzione in un regime di competizione libera sono determinati dagli imprenditori esattamente nello stesso modo in cui un governo socialista li dovrebbe fissare se volesse realizzare il massimo di ofelimità [il termine da lui inventato per “welfare” per metter in ombra l’attuale base di valore, cosicché gli economisti possano fingere di essere liberi dal valore, anche se loro stessi valutano le cose in analisi di costi-benefici che, di fatto, applicano la sua teoria pro-aristocratica, o fascista] per i suoi soggetti”. [E bisogna qui notare il lapsus di Pareto nel dire che i governi hanno “soggetti” e non “cittadini”]. Pareto ha sempre messo in discussione se un governo socialista sarebbe stato in grado di raggiungere tale scopo, mentre sosteneva che un mercato libero l’avrebbe realizzato in modo naturale, così come i fisiocratici avevano detto che doveva regnare la “legge naturale” e non una sua alterazione.  
Pareto ha attaccato l’economia di Adam Smith, e dei fisiocratici francesi che avevano gettato le fondamenta per la teoria economica smithiana, su una base che i successivi economisti avrebbero poi potuto sviluppare matematicamente in un modo che avrebbe nascosto l’essenziale fascismo della teoria, - la forma modernizzata (post-agraria) del feudalesimo.
Barak Obama e i Repubblicani al Congresso stanno semplicemente portando l’operazione fascista al livello successivo. Per quanto riguarda i Democratici al Congresso, sono divisi sulla questione perché (almeno fino alla nuova teoria economica che ho spiegato nel mio libro) nessuno ha ancora formulato una teoria economica per una democrazia, l’attuale teoria economica è stata invece designata appositamente per uno stato controllato dal fascismo e da un’aristocrazia.


Di conseguenza, i pochi democratici progressisti che ancora rimangono al Congresso stanno avendo delle difficoltà nel comunicare facilmente e volentieri al pubblico qual è la reale posta in gioco nella proposta di Obama per il TPP e il TTIP: il trasferimento della sovranità democratica ad un’aristocrazia fascista internazionale, dominata dagli aristocratici Americani. Senza questo passaggio della sovranità democratica nazionale ad un ente fascista internazionale che rappresenta il management aziendale mondiale, tali trattati non avrebbero senso.

Questo trasferimento è chiamato “Investor state dispute settlement” [meccanismo di risoluzione delle controversie Investitore-Stato] o ISDS. 

In realtà è un governo mondiale che si impone, chiaramente fascista. Non è per nulla democratico ed è una forma di governo sospetta che, dal momento in cui diventa imposta, riduce la sovranità nazionale. La precedente proposta progressista di governo globale che era stata di moda dopo la seconda guerra mondiale, così da diminuire le possibilità di una terza guerra mondiale, si basava invece sull’idea di una federazione internazionale di democrazie indipendenti. L’ ISDS non ha nulla in comune con quella visione, l’originale versione di governo globale. E’ invece puro fascismo, su scala internazionale.  

Nel primo decennio dopo la Seconda Guerra Mondiale, aveva dominato la visione di Roosvelt di un governo democratico mondiale, con l’obiettivo della nascita di Nazioni Unite democratiche, che si sarebbero sviluppate fino a comprendere, in modo sempre più egualitario, sempre più parti del mondo; ma, dopo che il dominio repubblicano cominciò a
riaffermarsi in America con Eisenhower e con i fratelli Dulles a controllare e strutturare le future politiche internazionali, le cose si sono mosse sempre più nella direzione di un controllo sul mondo basato sull’aristocrazia americana (in particolare con il Colpo di Stato della CIA di Allen Dulles in Iran nel 1953)


e Barak Obama si inserisce perfettamente in quella tradizione totalmente repubblicana e fascista, benché sia “democratico” sulla carta. 
Alcuni analisti sostengono che Obama fosse un agente della CIA in un precedente periodo della sua vita. (La CIA, quando Eisenhower si insediò al potere, mise i pro-nazisti della CIA al potere; e in seguito questo controllo è diventato sempre più profondamente radicato.) Il giornalista inglese Obert Fitch sembra aver capito Obama già dal 2008, subito dopo la sua elezione a Presidente. In sostanza, Fitch descrisse Obama come un fascista che aveva deciso di salire al potere ingannando i progressisti, facendoli pensare di essere uno di loro. Fitch dipinge Obama come un agente segreto conservatore, un Manchurian candidate, un cavallo di troia, un repubblicano nelle vesti retoriche di un democratico. 
Aveva capito Obama, già allora.

Per quanto riguarda ciò che gli studi economici empirici e non la teoria economica indicano quello che sarà probabilmente il risultato dei TTP e TTIP: è stata condotta un’analisi economica indipendente per ciascuno di questi due accordi commerciali, e ciascuna ha raggiunto le stesse conclusioni: i cittadini, ovunque, si impoveriranno a causa loro ma gli aristocratici, specialmente negli Stati Uniti, si arricchiranno. Tali accordi faranno, probabilmente, esattamente ciò che sono stati pensati per fare.  

Per quanto riguarda ciò che alcuni difensori di Obama dicono sui suoi trattati commerciali, per la precisione che l’ ISDS è un dettaglio e che l’accordo nella sua sostanza generale è buono: è la stessa cosa che sostenere che una persona è in buona salute, ma che il suo cervello o il suo cuore hanno bisogno di essere aggiustati o anche sostituiti. Queste persone
sanno che si tratta di trattati negativi; è per questo che li supportano. Vengono pagati dall’aristocrazia.


HILLARY CLINTON SAREBBE MEGLIO ?
E quindi, che dire del successore designato di Obama? Sarebbe diversa? Ecco il resoconto a questo riguardo:
Il 23 febbraio 2008, Hillary Clinton fece un’arringa dai toni aspri davanti a microfoni e telecamere “Barak Obama, vergognati!”, sostenendo che due dei volantini della sua campagna avevano mentito circa le sue posizioni.

Uno dei volantini diceva che la proposta di Hillary Clinton di un mandato di assicurazione sanitaria avrebbe penalizzato gli americani che non acquistavano assicurazioni sanitarie. Verità, ma lei ha cercato di negarlo. (Obama copiò il suo piano solo dopo essere stato eletto, semplicemente aggiungendo il mandato individuale al suo stesso.) L’altro volantino del quale Hillary si è lamentata citava la caratterizzazione che il Newsday dava dell’opinione sul NAFTA di Hillary nel 2006: “Clinton pensa che il NAFTA sia stata una manna per l’economia”. Adesso Hillary sosteneva che pure quella era una menzogna. 

Molti della stampa hanno supportato ciecamente le sue accuse contro Obama, perché “la manna” era una frase usata dal Newday, non da Hillary. Tuttavia, ancora una volta era lei, e non Obama, che mentiva. Nella sua “Living History”del 2003 (p. 182) si vanta del fatto che suo marito avesse fatto approvare il NATFA, e dice “Creare una zona di libero scambio nel Nord America – la più grande zona di mercato libero nel mondo- espanderebbe le esportazioni americane, creando posti di lavoro e assicurando che la nostra nazione possa raccogliere i frutti – e non il peso – della globalizzazione. Questo si suppone fosse uno dei suoi più importanti successi , che erano (p. 231) “Il successo di Bill sul budget, la legge Brady ed il NAFTA”. Ma ora Hillary stava chiedendo che Obama si scusasse perché il suo volantino diceva “Solo Barak Obama si è opposto al NAFTA e agli altri trattati economici sbagliati”. Tale frase era semplicemente un fatto, nonostante ciò che Hillary e i maggiori media americani stavano adesso sostenendo. 
(Obama stava tenendo in serbo il suo peggio per la nazione per quando sarebbe diventato Presidente – ed in particolare dopo che fosse stato rieletto e quindi libero di andare verso l’ “estrema-destra”, sua  inclinazione naturale fin dall’inizio, che non ha però potuto seguire se non prima di aver ingannato tutti su quale fosse il suo scopo reale, in modo da poter forse arrivare in una posizione adatta a  realizzarlo.)

Il 20 marzo 2008, il giorno dopo che Hillary aveva finalmente reso pubblica la sua agenda per gli anni alla  Casa Bianca, John Nichols di The Nation scrisse nel suo blog che “La menzogna di Clinton uccide la sua  credibilità sulle politiche commerciali”, e disse: “Ora che sappiamo dalle 11.0000 pagine dei documenti  della Casa Bianca rilasciati questa settimana che la ex First Lady era una ardente sostenitrice del  NAFTA;… ora che sappiamo che era coinvolta nel bel mezzo delle manovre per impedire che i gruppi per i diritti umani, per il lavoro, per l’agricoltura e per l’ambiente ottenessero accordi migliori; …ora che sappiamo dai record ufficiali del suo periodo come First Lady che Clinton è stata il relatore principale ad una sessione a porte chiuse, dove 120 opinioniste donne sono state verbalmente vessate perché facessero pressioni sui loro rappresentanti al Congresso perché approvassero il NAFTA; ora che sappiamo dal servizio della ABC News sull’incontro che “i suoi interventi sono stati completamente a  favore del NAFTA” e che “non c’era possibilità di equivocare il suo supporto per il NAFTA a quel tempo”, … cosa dovremmo pensare ora della campagna di Clinton, nella quale afferma che non è mai stata a suo agio con il programma attivista del libero scambio, che è costato centinaia di migliaia di contratti sindacali agli Stati Uniti?”

Il giorno successivo, Jake Tapper, ABC, nel suo blog “Political Punch”, con il titolo “Dalla scrivania del fact-checker: La campagna di Clinton distorce Il meeting NAFTA di Clinton” ha scritto : “Ho parlato con  tre ex ufficiali dell’Amministrazione Clinton di cui ho fiducia, i quali mi dicono che l’allora First Lady era contraria all’idea di introdurre il NAFTA prima del sistema sanitario, ma che non aveva riserve in pubblico o nel privato sulla sostanza del NAFTA. Eppure la campagna di Clinton continua a diffondere il mito che lei fosse contraria al NAFTA”. Ha portato avanti questa menzogna anche dopo che era stata ripetutamente e sicuramente provata come tale.  

Di conseguenza: la sola reale differenza tra Hillary Clinton e Barak Obama è che Obama è un bugiardo molto più esperto di lei. Ed è la ragione per cui è arrivato dov’è ora. Lei probabilmente non ci riuscirà; è sempre la stessa incompetente, tanto oggi quanto ieri.  

Eric Zuesse
Fonte: www.countercurrents.org
Link: http://www.countercurrents.org/zuesse260415.htm

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di STELLA FUCCENECCO

LO STATO CORPORATIVO DI BENITO MUSSOLINI
L'applauso col quale ieri sera avete accolto la lettura della mia dichiarazione mi ha fatto domandare stamane se valeva la pena di fare un discorso per illustrare un documento che è andato direttamente alle vostre intelligenze, ha interpretato le vostre convinzioni ed ha toccato la vostra sensibilità rivoluzionaria.
Tuttavia può interessare di sapere attraverso quale ordine di meditazione, di pensiero, io sia giunto alla formulazione della dichiarazione di ieri sera. Ma prima di tutto voglio fare un elogio di questa assemblea e compiacermi delle discussioni che si sono svolte.
Solo dei deficienti possono stupirsi che si siano determinate delle divergenze e che siano apparse delle sfumature. Tutto questo è inevitabile vorrei dire necessario.
Armonia è armonia, la cacofonia è un'altra cosa.
CONTINUA QUI

CARTA DEL LAVORO [21-22 aprile 1927]
approvata dal Gran Consiglio 
II. Il lavoro, sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche, manuali è un dovere sociale. 
A questo titolo, e solo a questo titolo, è tutelato dallo Stato. Il complesso della produzione è unitario dal punto di vista nazionale; i suoi obiettivi sono unitari e si riassumono nel benessere dei singoli e nello sviluppo della potenza nazionale.
VII. Lo Stato corporativo considera l'iniziativa nel campo della produzione come lo strumento più efficace e più utile nell'interesse della Nazione.
L'organizzazione privata della produzione essendo una funzione di interesse nazionale, l'organizzatore dell'impresa è responsabile dell'indirizzo della produzione di fronte allo Stato. Dalla collaborazione delle forze produttive deriva fra esse reciprocità di diritti e di doveri. Il prestatore d'opera, tecnico, impiegato od operaio, è un collaboratore attivo dell'impresa economica la direzione della quale spetta al datore di lavoro che ne ha la responsabilità.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15039

NOAM CHOMSKY: NON HA PIÙ IMPORTANZA CHI DETIENE IL POTERE POLITICO, TANTO NON SONO PIÙ LORO A DECIDERE LE COSE DA FARE. - Noam Chomsky


di Noam Chomsky (basato su dibattiti tenuti in Illinois, New Jersey,Massachusetts, New York e Maryland nel 1994,1996 e 1999)

Un uomo: 
Negli ultimi venticinque anni il capitale finanziario multinazionale, piuttosto che negli investimenti e nel commercio, è stato impiegato nelle speculazioni sui mercati azionari internazionali, al punto da dare l’impressione che gli Stati Uniti siano diventati una colonia alla mercé dei movimenti di capitali internazionali. 
Non ha più importanza chi detiene il potere politico, tanto non sono più loro a decidere le cose da fare. 
Che portata ha, oggi, questo fenomeno sulla scena internazionale? 
Per prima cosa dobbiamo fare più attenzione al linguaggio che utilizziamo, me compreso. Non dovremmo parlare semplicemente di “Stati Uniti”, perché non esiste una simile entità, così come non esistono entità come l'”Inghilterra” o il “Giappone”. Può darsi che la popolazione degli Stati Uniti sia “colonizzata”, ma gli interessi aziendali che hanno base negli Stati Uniti non sono affatto “colonizzati”. 
A volte si sente parlare di “declino dell’America”, e se si osserva la quota mondiale di produzione che viene effettuata sul territorio degli Stati Uniti è vero, è in declino. Ma se si considera la quota di produzione mondiale delle aziende che hanno sede negli Stati Uniti, ci si accorgerà che non c’è alcun declino, anzi, le cose vanno per il meglio. Il fatto è che questa produzione ha luogo soprattutto nel Terzo mondo.  Quindi possiamo parlare di “Stati Uniti” come entità geografica, ma non è questo ciò che conta nel mondo degli affari. In sintesi, se non si parte da un’elementare analisi di classe non si riesce nemmeno a comprendere il mondo reale: cose come “gli Stati Uniti” non sono entità. Ma lei ha comunque ragione: gran parte della popolazione degli Stati Uniti viene sospinta verso una sorta di condizione sociale da Terzo mondo colonizzato. 
Dobbiamo però ricordare che esiste un altro settore, composto da ricchi manager, da ricchi investitori e dai loro scherani nel Terzo mondo, come i gangster della mafia russa o qualche ricco dignitario brasiliano, che curano i loro interessi a livello locale. E questo è un settore del tutto diverso, i cui affari stanno andando a gonfie vele. Per quanto riguarda i capitali destinati alle speculazioni, anch’essi hanno una parte estremamente importante. 
Lei è nel giusto quando sostiene che hanno un enorme impatto sui governi nazionali. Si tratta di un fenomeno molto esteso; le cifre sono di per sé impressionanti. Intorno al 1970, circa il 90 percento del capitale coinvolto nelle transazioni economiche internazionali veniva utilizzato a scopi commerciali o produttivi e soltanto il 10 percento a scopi speculativi. 
Oggi le cifre si sono invertite: nel 1990, il 90 percento del capitale totale era utilizzato per la speculazione; nel 1994 si era saliti addirittura al 95 percento. Inoltre l’ammontare globale del capitale speculativo è esploso: l’ultima stima della Banca mondiale indicava una cifra di circa 14 000 miliardi di dollari. 

Ciò significa che ci sono 14 000 miliardi di dollari che possono essere liberamente spostati da un’economia nazionale a un’altra: un ammontare enorme, superiore alle risorse di qualsiasi governo nazionale, e che quindi lascia ai governi possibilità estremamente limitate quando si tratta di operare scelte politiche economico-finanziarie. 

Perché si è verificata una crescita tanto imponente del capitale speculativo? I motivi chiave sono due. Il primo ha a che fare con lo smantellamento del sistema economico mondiale del dopoguerra, che avvenne nei primi anni settanta. Vedete, durante la Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti riorganizzarono il sistema economico mondiale e si trasformarono in una sorta di “banchiere globale” [durante la Conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite a Bretton Woods, nel 1944]: il dollaro diventò la valuta mondiale, venne fissato all’oro e divenne il punto di riferimento per le valute degli altri paesi. Questo sistema fu alla base della consistente crescita economica degli anni cinquanta e sessanta. Ma negli anni settanta il sistema di Bretton Woods era divenuto insostenibile: gli Stati Uniti non erano più abbastanza forti economicamente da continuare a essere il banchiere del mondo, soprattutto per gli alti costi della guerra nel Vietnam. 
Così Richard Nixon prese la decisione di smantellare del tutto l’accordo: all’inizio degli anni settanta sganciò gli Stati Uniti dal sistema monetario aureo, aumentò le tasse sulle importazioni, distrusse tutto il sistema. La fine di questo sistema di regolamentazione internazionale diede l’avvio a una speculazione sulle valute senza precedenti e a una fluttuazione degli scambi finanziari, fenomeni da quel momento in costante crescita. Il secondo fattore che ha determinato il boom del capitale speculativo è stato la rivoluzione tecnologica nelle telecomunicazioni, che avvenne nello stesso periodo e rese d’improvviso molto facile il trasferimento di valuta da un paese all’altro. 

Oggi, virtualmente, l’intera Borsa valori di New York si sposta a Tokyo durante la notte: il denaro è a New York di giorno, poi viene trasferito “via rete” a Tokyo, e siccome il Giappone è in anticipo di quattordici ore rispetto a noi, lo stesso denaro viene utilizzato in entrambi i posti. Ormai, quasi 1000 miliardi di dollari vengono spostati quotidianamente sui mercati speculativi internazionali, con effetti enormi sui governi nazionali. 
A questo punto, la comunità internazionale che gestisce questi investimenti ha un virtuale potere di veto su tutto ciò che un governo nazionale può fare. È quanto accade oggi negli Stati Uniti. Il nostro paese si sta riprendendo lentamente dall’ultima recessione; certamente è la ripresa più lenta dalla fine della Seconda guerra mondiale. 
Ma c’è stagnazione soltanto sotto un certo punto di vista: la crescita economica è molto bassa, si sono creati pochi posti di lavoro (in realtà, per molti anni, i salari sono persino scesi durante questa “ripresa”), ma i profitti sono andati alle stelle. Ogni anno la rivista Fortune esce con un numero dedicato alla ricchezza delle persone più importanti del mondo, Fortune 500, il quale ci dice che i profitti in questo periodo si sono impennati: nel 1993 erano molto buoni, nel 1994 esaltanti e nel 1995 avevano battuto ogni record. 

Nel frattempo i salari reali scendevano, la crescita economica e la produzione erano molto basse e questa lenta crescita a volte veniva addirittura fermata perché il mercato obbligazionario “dava segnali” di non gradirla. 

Vedete, gli speculatori finanziari non vogliono la crescita: vogliono valute stabili, quindi niente crescita. 

La stampa specializzata parla apertamente della «minaccia di una crescita troppo impetuosa», della «minaccia di un eccesso di occupazione»: tra di loro lo dicono chiaramente. Il motivo? Chi specula sulle valute teme l’inflazione, perché fa diminuire il valore del suo denaro. 

E qualunque tipo di crescita o di stimolo economico, qualunque diminuzione della disoccupazione minacciano di far crescere l’inflazione. Agli speculatori valutari questo non piace, così quando vedono i primi segnali di una politica di stimolo dell’economia o di una qualsiasi iniziativa capace di produrre una crescita, portano via i capitali da quel paese, provocando una recessione. 

Il risultato complessivo di queste manovre è uno spostamento internazionale verso economie a bassa crescita, bassi salari e alti profitti, perché i governi nazionali che cercano di prendere decisioni di politica economica e sociale non hanno mano libera temendo una fuga di capitali che potrebbe far crollare le loro economie. 

I governi del Terzo mondo sono bloccati, non hanno nemmeno la possibilità di portare avanti una politica economica nazionale. 

Ormai c’è da chiedersi se anche le grandi nazioni, Stati Uniti inclusi, abbiano la possibilità di farlo. Non credo che i governi che si sono succeduti in America avrebbero voluto politiche economiche molto diverse ma, nel caso, penso che sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, attuarle. 
Per darvi soltanto un esempio, subito dopo le elezioni del 1992, sulla prima pagina del Wall Street Journal comparve un articolo in cui si informavano i lettori che non avevano alcun motivo di temere che qualcuno dei “sinistrorsi” vicini a Clinton avrebbe cambiato qualcosa una volta arrivato al potere. 
Ovviamente il mondo degli affari già lo sapeva, come si può notare osservando l’andamento dei mercati finanziari verso la fine della campagna elettorale. Ma ad ogni buon conto il Wall Street Journal spiegò che, se per qualche sfortunata coincidenza Clinton o qualsiasi altro candidato avesse cercato di avviare un programma di riforme sociali, sarebbe stato immediatamente bloccato. 

L’articolo affermava una cosa ovvia e citava i dati che la confermavano. Gli Stati Uniti hanno un forte debito, che era parte integrante del programma Reagan-Bush per non permettere al governo di portare avanti iniziative di spesa sociale. 

“Essere in debito” significa soprattutto che il dipartimento del Tesoro ha venduto un sacco di titoli – obbligazioni, buoni del Tesoro e via discorrendo – agli investitori, che a loro volta li scambiano sul mercato dei titoli. 
Secondo il Wall Street Journal, ogni giorno si scambiano circa 150 miliardi di dollari esclusivamente in titoli del Tesoro. 
L’articolo spiegava che se gli investitori che possiedono questi titoli non apprezzano le politiche del governo americano possono, come avvertimento, venderne qualche piccola quota e ciò provocherà automaticamente un aumento del tasso d’interesse, che a sua volta farà aumentare il deficit. 
Ebbene, in questo articolo si calcolava che se questo “avvertimento” fosse sufficiente ad alzare il tasso d’interesse dell’1 percento, il deficit aumenterebbe da un giorno all’altro di 20 miliardi di dollari. 
Ciò significa che se Clinton (questa è pura immaginazione) proponesse un programma di spesa sociale di 20 miliardi di dollari, la comunità degli investitori potrebbe trasformarlo istantaneamente in un programma da 40 miliardi dollari, con un solo piccolo segnale, bloccando così ogni altra mossa di quel genere. 

Contemporaneamente, sull’Economist di Londra – grande giornale liberista – si poteva leggere un articolo fantastico sui paesi dell’Europa orientale che avevano votato per far tornare al potere i socialisti e i comunisti. 
Ma in sostanza l’articolo invitava a non preoccuparsi, perché «l’amministrazione è sganciata dalla politica». 

In altre parole, indipendentemente dai giochi che quei tipi si divertono a fare nell’arena politica, le cose continueranno come sempre, perché li teniamo per le palle: controlliamo le valute internazionali, siamo gli unici che possono concedere prestiti, possiamo distruggere le loro economie come e quando vogliamo. 

Che si occupino pure di politica, che fingano pure di avere la democrazia che vogliono, facciano pure: basta che «l’amministrazione sia sganciata dalla politica». Quello che sta accadendo in questo periodo è una novità assoluta. Negli ultimi anni si sta imponendo un nuovo tipo di governo, destinato a servire i bisogni sempre crescenti di questa nuova classe dominante internazionale, che a volte è stata definita “il governo mondiale di fatto”. I nuovi accordi internazionali sul commercio riguardano proprio questo aspetto, e parlo del NAFTA, del GATT e così via, così come della cee e delle organizzazioni finanziarie come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, la Banca interamericana di sviluppo, l’Organizzazione mondiale del commercio (wto), i G7 che programmano gli incontri tra i grandi paesi industrializzati. 
Questi organismi sono tutti espressione della volontà di concentrare il potere in un sistema economico mondiale che faccia sì che «l’amministrazione sia sganciata dalla politica»; in altre parole, che la popolazione mondiale non abbia alcun ruolo nel processo decisionale, che le scelte strategiche vengano trasferite in un empireo lontanissimo dalle possibilità di conoscenza e di comprensione della gente, che così non avrà la minima idea delle decisioni che influenzeranno la sua vita e certo non potrà modificarle. 
La Banca mondiale ha un proprio modo per definire il fenomeno: lo chiama “isolamento tecnocratico”. Quindi, se leggete gli studi della Banca mondiale, vedrete che parlano dell’importanza dell’ “isolamento tecnocratico”, alludendo alla necessità che un gruppo di tecnocrati, essenzialmente impiegati nelle grandi imprese multinazionali, operi in pieno “isolamento” quando progetta le politiche perché, se la gente venisse coinvolta, potrebbe farsi venire in mente brutte idee, come un tipo di crescita economica che operi a favore di tutti invece che dei profitti e altre sciocchezze del genere. 
Allora bisogna che i tecnocrati siano isolati, e una volta ottenuto lo scopo si potrà concedere tutta la “democrazia” che si vuole, tanto non farà alcuna differenza. Sulla stampa economica internazionale questo quadro è stato definito con una certa franchezza come “la nuova età imperiale”. E la ritengo una definizione azzeccata: di certo stiamo andando in quella direzione.

https://miccolismauro.wordpress.com/2014/11/30/il-capitale-internazionale-la-nuova-eta-imperiale/

lunedì 11 maggio 2015

Latouche: "L'economia ha fallito, il capitalismo è guerra, la globalizzazione violenza". - Giuliano Balestreri

Latouche: "L'economia ha fallito, il capitalismo è guerra, la globalizzazione violenza"
Serge Latouche 

Il teorico della decrescita felice interviene al Bergamo Festival: "Il libero scambio è come la libera volpe nel libero pollaio". E poi critica l'Expo: "E' la vittoria delle multinazionali, non certo dei produttori. Serve un passo indietro, siamo ossessionati dall'accumulo e dai numeri".

MILANO - "La globalizzazione è mercificazione". Peggio: "Il libero scambio è come la libera volpe nel libero pollaio". E ancora: "L'Expo è la vittoria delle multinazionali, non certo dei produttori". Serge Latouche, francese, classe 1940, è l'economista-filosofo teorico della decrescita felice, dell'abbondanza frugale "che serve a costruire una società solidale". Un'idea maturata anni fa in Laos, "dove non esiste un'economia capitalistica, all'insegna della crescita, eppure la gente vive serena".

Di più: la decrescita felice è una delle strade che portano alla pace. E Latouche ne parlerà il 12 maggio al Bergamo Festival (dall'8 al 24 maggio) dedicato al tema "Fare la pace", anche attraverso l'economia. L'economista francese, in particolare, si concentrerà sulla critica alle dinamiche del capitalismo forzato che allarga la distanza fra chi riesce a mantenere il potere economico e chi ne viene escluso. Ecco perché, secondo Latouche, la decrescita sarebbe garanzia e compensazione di una qualità della vita umana da poter estendere a tutti. Anche per questo "considerare il Pil non ha molto senso: è funzionale solo a logica capitalista, l'ossessione della misura fa parte dell'economicizzazione. Il nostro obiettivo deve essere vivere bene, non meglio".

Abbiamo sempre pensato che la pace passasse per la crescita e che le recessioni non facessero altro che acuire i conflitti. Lei, invece, ribalta l'assioma.
Fa tutto parte del dibattito. Per anni abbiamo pensato proprio che la crescita permettesse di risolvere più o meno tutti i conflitti sociali, anche grazie a stipendi sempre più elevati. E in effetti abbiamo vissuto un trentennio d'oro, tra la fine della Seconda guerra mondiale e l'inizio degli anni Settanta. Un periodo caratterizzato da crescita economica e trasformazioni sociali di un'intensità senza precedenti. Poi è iniziata la fase successiva, quella dell'accumulazione continua, anche senza crescita. Una guerra vera, tutti contro tutti. 

Una guerra?
Sì, un conflitto che ci vede contrapposti gli uni agli altri per accumulare il più possibile, il più rapidamente possibile. E' una guerra contro la natura, perché non ci accorgiamo che in questo modo distruggiamo più rapidamente il pianeta. Stiamo facendo la guerra agli uomini. Anche un bambino capirebbe quello che politici ed economisti fingono di non vedere: una crescita infinita è per definizione assurda in un pianeta finito, ma non lo capiremo finché non lo avremo distrutto. Per fare la pace dobbiamo abbandonarci all'abbondanza frugale, accontentarci. Dobbiamo imparare a ricostruire i rapporti sociali.

Un cambio rotta radicale. Sapersi accontentare, essere felici con quello che si ha non è certo nel dna di una società improntata sulla concorrenza. 
E' evidente che un certo livello di concorrenza porti beneficio a consumatori, ma deve portarlo a consumatori che siano anche cittadini. La concorrenza non deve distruggere il tessuto sociale. Il livello di competitività dovrebbe ricalcare quello delle città italiane del Rinascimento, quando le sfide era sui miglioramenti della vita. Adesso invece siamo schiavi del marketing e della pubblicità che hanno l'obiettivo di creare bisogni che non abbiamo, rendendoci infelici. Invece non capiamo che potremmo vivere serenamente con tutto quello che abbiamo. Basti pensare che il 40% del cibo prodotto va direttamente nella spazzatura: scade senza che nessuno lo comperi. La globalizzazione estremizza la concorrenza, perché superando i confini azzera i limiti imposti dalla stato sociale e diventa distruttiva. Sapersi accontentare è una forma di ricchezza: non si tratta di rinunciare, ma semplicemente di non dare alla moneta più dell'importanza che ha realmente.

I consumatori però possono trarre beneficio dalla concorrenza. 
Benefici effimeri: in cambio di prezzi più bassi, ottengono salari sempre più bassi. Penso al tessuto industriale italiano distrutto dalla concorrenza cinese e poi agli stessi contadini cinesi messi in crisi dall'agricoltura occidentale. Stiamo assistendo a una guerra. Non possiamo illuderci che la concorrenza sia davvero libera e leale, non lo sarà mai: ci sono leggi fiscali e sociali. E per i piccoli non c'è la possibilità di controbilanciare i poteri. Siamo di fronte a una violenza incontrollata. Il Ttip, il trattato di libero scambio da Stati Uniti ed Europa, sarebbe solo l'ultima catastrofe: il libero scambio è il protezionismo dei predatori.

Come si fa la pace?
Dobbiamo decolonizzare la nostra mente dall'invenzione dell'economia. Dobbiamo ricordare come siamo stati economicizzati. Abbiamo iniziato noi occidentali, fin dai tempi di Aristotele, creando una religione che distrugge le felicità. Dobbiamo essere noi, adesso, a invertire la rotta. Il progetto economico, capitalista è nato nel Medioevo, ma la sua forza è esplosa con la rivoluzione industriale e la capacità di fare denaro con il denaro. Eppure lo stesso Aristotele aveva capito che così si sarebbe distrutta la società. Ci sono voluti secoli per cancellare la società pre economica, ci vorranno secoli per tornare indietro.

Oggi preferisce definirsi filosofo, ma lei nasce come economista. 
Sì, perché ho perso la fede nell'economia. Ho capito che si tratta di una menzogna, l'ho capito in Laos dove la gente vive felice senza avere una vera economia perché quella serva solo a distruggere l'equilibrio. E' una religione occidentale che ci rende infelici.

Eppure ai vertici della politica gli economisti sono molti. 
E infatti hanno una visione molto corta della realtà. Mario Monti, per esempio, non mi è piaciuto; Enrico Letta, invece, sì: ha una visione più aperta, è pronto alla scambio. Io mi sono allontanato dalla politica politicante, anche perché il progetto della decrescita non è politico, ma sociale. Per avere successo ha bisogno soprattutto di un movimento dal basso come quello neozapatista in Chiapas che poi si è diffuso anche in Ecuador e in Bolivia. Ma ci sono esempi anche in Europa: Syriza in Grecia e Podemos in Spagna si avvicinano alla strada. Insomma vedo molto passi in avanti.

A proposito, Bergamo è vicina a Milano. Potrebbe essere un'occasione per visitare l'Expo.
Non mi interessa. Non è una vera esposizione dei produttori, è una fiera per le multinazionali come Coca Cola. Mi sarebbe piaciuto se l'avesse fatto il mio amico Carlo Petrini. Si poteva fare un evento come Terra Madre: vado sempre a Torino al Salone del Gusto, ma questo no, non mi interessa. E' il trionfo della globalizzazione, non si parla della produzione. E poi non si parla di alimentazione: noi, per esempio, mangiamo troppa carne. Troppa e di cattiva qualità. Ci facciamo male alla salute. Dovremmo riscoprire la dieta meditterranea. Però, nonostante tutto, sul fronte dell'alimentazione vedo progressi. Basti pensare al successo del movimento Slow Food.


http://www.repubblica.it/economia/2015/05/10/news/latouche_decrescita_felice-113782708/?ref=fbpr
Ecco quanti euro dovrà restituire l’Inps ad ogni pensionato La percentuale di perequazione per l’anno 2012 è pari al 2,7% mentre per l’anno 2013 al 3%. Questa è la percentuale dell’aumento mensile della pensione negato ai pensionati per il blocco della perequazione deciso dalla Riforma Fornero. Gli adeguamenti e quindi gli arretrati di pensione dovranno essere erogati dall’Inps a chi ha avuto nel 2012 una pensione superiore a 1.443 euro lordi al mese. Forniamo alcuni esempi di calcolo degli arretrati.
Pensionato con una pensione lorda di 1.600 euro. Si tratta di un assegno pensionistico che è tra 3 e 4 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 1.600 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 42 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 91 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 93 euro circa mensili.
Pensionato con una pensione lorda di 2.100 euro. Si tratta di un assegno pensionistico che tra 4 e 5 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 2.100 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 54 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 117 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 123 euro circa mensili.
Pensionato con una pensione lorda di 3.100 euro. Si tratta di un assegno pensionistico 6 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 3.100 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 76 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 162 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 182 euro circa mensili.
Le cifre sopra indicate sono al lordo, quindi sugli arretrati l’Inps applicherà la tassazione Irpef. 
Tutto quello che si deve sapere per avere restituito dall’Inps quanto maturato dopo la sentenza della Corte Costituzionale lo si trova nella circolare n. 10/2015 della Fondazione Studi. Un  vademecum in cui si trovano le “istruzioni per l’uso” necessarie per vedere riconosciuti i propri diritti.