Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 5 agosto 2015
Sanità, ecco cosa cambia dopo i tagli: Tac ed ecografie solo se necessarie. - Carla Massi
Dopo il sì al taglio di 2,3 miliardi alla sanità ora è il momento della riorganizzazione negli ospedali e negli ambulatori. Riorganizzazione vuol dire stretta su analisi, visite ed esami per immagini. Ma anche penalizzazioni nei confronti dei medici che firmeranno prescrizioni inappropiate. Anche stipendi decurtati.
Entro agosto il ministero della Salute dovrebbe presentare i diversi protocolli mirati a ridurre gli sprechi: dal test per verificare il livello di colesterolo, alla Tac, alla risonanza, all’ecografia in gravidanza fino ai ricoveri. L’operazione riguarda circa il 15% delle prestazioni che oggi il servizio sanitario passa gratuitamente. Duecento, tra analisi ed esami, sono sotto la lente e circa 108 ricoveri. In cinque anni, si dovranno recuperare almeno 10 miliardi. Ai risparmi su beni e servizi (per gli acquisti un’unica centrale) si sommeranno quelli sul personale, i ricoveri e la diagnostica. Le prestazioni erogate sono 200 milioni all’anno, si ipotizza che dovranno essere 28 milioni in meno ogni dodici mesi. Analisi ed esami inutili costano oltre 13 miliardi l’anno al bilancio del sistema sanitario.
Già elaborata una sorta di lista nera. Al lavoro, oltre i tecnici del ministero della Salute anche altre otto istituzioni, fra le quali l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d’Italia e la Consip.
I TEST
Sugli esami non una scure che taglia di netto ma sì o no al rimborso secondo la condizione di salute del paziente. Come già avviene per i farmaci. Ciò significa che per chi è colpito da una particolare patologia, uno specifico test è gratuito mentre per chi non ha fattori di rischio, è obbligatorio il pagamento. Per mettere un freno al cosiddetto “consumismo sanitario” potrebbe essere introdotto un meccanismo secondo il quale in caso di più accertamenti i successivi restano a carico del servizio sanitario solo se il primo indica che sono necessari per arrivare a disegnare nel modo corretto la diagnosi. O per verificare l’effetto di una terapia.
Se, per esempio, le analisi per misurare il colesterolo o i trigliceridi dovessero essere ripetuti senza che vengano evidenziati allarmi specifici l’accertamento sarà a carico del cittadino. Ancora un esempio: non sarà possibile fare l’antibiogramma (un esame che permette di valutare se un batterio è sensibile ad un determinato antibiotico) se l’urinocultura fatta in precedenza non ha evidenziato valori non nella norma. I test genetici saranno rimborsati sono nel caso in cui venga diagnosticata prima una malattia ereditaria.
LE IMMAGINI
Super revisione anche per Tac, risonanza magnetica ed ecografie. Prescrizioni contingentate e su misura. Solo in casi di effettiva necessità visto il costo di questi accertamenti. Al medico di base verrà consegnato il nuovo protocollo, dovrà attenersi scrupolosamente a questo pena la riduzione del suo stipendio. Inutile insistere con il dottore di base per avere questo o quell’esame. Dirà di no. Come oggi dice no se chiediamo un farmaco non previsto per la nostra patologia. Il medico potrà evitare le sanzioni in caso di prescrizioni inappropiate motivando le proprie decisioni.
La Tac sarà a pagamento, per esempio, se si vuole verificare la presenza di un’ernia mentre la risonanza non sarà gratuita se il paziente ha solo un semplice mal di schiena. E no risonanza al ginocchio per gli over 65.
IN ATTESA
Possibile stretta in arrivo anche per gli esami e le ecografie durante la gravidanza. È stato lo stesso ministro della Salute a parlare di risparmio dalle donne in attesa. Che sono cinquecentomila l’anno. «Si abbonda ingiustificatamente in prescrizioni», ha sentenziato qualche mese fa Beatrice Lorenzin. Gli accertamenti, dunque, verranno contingentati e modulati secondo le condizioni della paziente e del bambino. Chi vorrà sottoporsi ad altri test dovrà pagarli di tasca propria.
LE DEGENZE
Ricoveri sempre più brevi per diverse patologie. Che siano reparti di medicina o chirurgia. Due o tre giorni in più in corsia vogliono dire miliardi. Il progetto non è nuovo. Prevedeva che l’uscita dei pazienti dall’ospedale fosse facilitata dalla presenza di servizi di assistenza nel quartiere come le cure domiciliari. Ma, solo in poche Regioni, si è raggiunta questa continuità dalla corsia a casa. Quei trattamenti che fino ad oggi prevedevano un ricovero, dovranno riconvertirsi in day hospital o in regime ambulatoriale.
http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/SANITA/sanita_cosa_cambia_dopo_tagli_tac_ecografie/notizie/1498142.shtml
STATO: UN DIO IN TERRA, UN DIO MORTALE. - Rosanna Spadini
Filippo Taddei, responsabile economico del piddì, nonché professore alla prestigiosissima John Hopkins University, dice: «L'intero mercato è destinato a cambiare e con esso anche la mentalità dei lavoratori italiani. Dobbiamo abituare la gente che l'istruzione sarà molto più lunga e costosa, le assunzioni a tempo indeterminato molte di meno, i tempi di lavoro più lunghi, i pensionamenti verranno posticipati. Le riforme non hanno solo un fine economico, ma anche e soprattutto sociale perché servono a modificare la mentalità lavorativa degli italiani.» Capito?
Hanno fatto il deserto e l'hanno chiamato "Europa". È la schiavitù postmoderna, la globalizzazione della miseria, il neocolonialismo di pochi soggetti privati potenti, i banksters e le multinazionali, che giocano con la sorte dei popoli e la vita delle persone. È un vero e proprio piano di schiavitù dichiarato, che si sta realizzando grazie al consenso dei cittadini italiani, e tramite le riforme piddine volute dall'Ocse, che devono procurare suggestioni comportamentali, istruzioni di condotta formulate in maniera assolutamente esplicita:
1) devi aggiornarti e cambiare mentalità, te lo chiede l'Europa!
2) l'istruzione diventerà privata, quindi sarà molto più costosa, aggiornati!
3) anche la sanità diventerà privata, lo vuole lo zio Sam
4) le assunzioni a tempo indeterminato non esistono più, cosa credevi?
5) dovrai lavorare di più e guadagnare di meno, è la globalizzazione bellezza …
6) alla pensione ci penserai domani, c'è tempo …
Gli infamoni eurocrati procedono indisturbati nel loro piano criminale, sostenendo con ogni mezzo disponibile la solita guerra contro tutto ciò che è pubblico: scuola, sanità, spesa statale, pensioni, welfare state. Il "capitalismo da casinò" sta saccheggiando i paesi che l'hanno adottato, costringendoli fin sull'orlo di un default, oggi è toccato alla Grecia, domani toccherà all'Italia, il cui Sud ha un Pil ancora peggiore, e poi agli altri Piigs, sporchi e luridi maiali che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità e ora osano piangere lacrime di coccodrillo. Non l'ha detto apertamente il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ma insomma … l'ha fatto intendere, durante un'intervista rilasciata ai giornalisti del gruppo Lena (Repubblica).
Juncker avrebbe detto a proposito della Grecia, con falso buonismo: "Sì perché abbiamo evitato il peggio. Ma su questo punto, come sull'immigrazione, ho constatato una rottura di fatto - che fino a quel momento era virtuale - dei legami di solidarietà in Europa. E dunque esco da questa esperienza contento ma non felice. Ne esco molto preoccupato per il futuro. Non parlo solo della Grecia, c'è un insieme di elementi che ci fanno preoccupare molto. Ad ogni modo l'accordo è buono perché esiste. Nella vita di una coppia ci sono momenti difficili dove ci sono dubbi e ci interroghiamo sul nostro futuro insieme. Poi però torniamo in noi per paura del futuro. A un certo punto avevo detto che il nuovo governo greco si stava per suicidare per paura di morire. Abbiamo evitato la morte e abbiamo fatto di tutto per evitare il suicidio".
Ma Juncker, nel momento in cui pronunciava queste gravi parole, non ha tenuto conto di alcune incongruenze ipocrite che emergevano dalla sua affermazione:
1) il concetto di solidarietà europea in che cosa consiste?
2) se non si parla solo della Grecia, quali altre preoccupazioni ci sono?
3) quale paura esiste per il futuro?
4) l'accordo con la Grecia è "buono" solo perché "esiste"?
5) il governo greco se fosse uscito dall'Eurozona si sarebbe suicidato?
6) con l'accordo greco si è evitata la morte dell'Eurozona?
Insomma Juncker, il "coniglio ebbro", non si è accorto di aver detto alcune enormità illogiche, perché ha parlato della mancanza di solidarietà tra gli stati di una Unione che assomiglia sempre di più ad un vero e proprio lager, che sta smantellando i diritti democratici dei cittadini. Egli parla di fallimento dello Stato come di cosa normale, e non si accorge dell'assurdità giurisdizionale, perché le categorie del diritto pubblico sostengono che lo "stato sovrano" non è un contraente come tutti gli altri, e dunque se per caso incorre in crisi finanziarie che lo mettono in difficoltà, ha diversi modi per onorare i propri debiti, magari non solo con l'austerity, come'è avvenuto appunto nel lager dell'Eurozona, quindi può ad esempio aumentare il prelievo fiscale, ma non in maniera eccessiva per non deprimere la domanda interna, può ridurre il proprio debito attraverso un haircut, può stampare carta moneta, perché la zecca e la sovranità monetaria sono organi vitali dello stato moderno.
Infatti fondamentale per la nascita dello Stato Moderno fu l'istituzionalizzazione del diritto di coniare moneta e la conseguente affermazione di un'economia monetaria. Le retribuzioni professionali cominciarono ad avvenire tramite salari pagati in valuta corrente e non più in natura, come invece accadeva nel sistema feudale. In particolare lo Stato si afferma in Europa intorno al XV secolo, in seguito ad un progressivo accentramento del potere e della territorialità. Scompare infatti la frammentazione verticistica del sistema feudale , a vantaggio di potere centrale che governa su di un determinato territorio, che subordina anche la Chiesa al potere dello Stato. Questo processo è rafforzato dall'emergere della borghesia e dalla sua esigenza di solidità economica e protezione del patrimonio.
Le prime avvisaglie della nascita della nuova classe sociale borghese si ritrovano in molti testi anche anteriori, per esempio in molte novelle del "Decameron" di Giovanni Boccaccio (1348-53). La splendida novella di Federigo degli Alberighi, termina con una frase molto significativa. " Li fratelli, udendo l'animo di lei e conoscendo Federigo da molto, quantunque povero fosse, sì come ella volle, lei con tutte le sue ricchezze gli donarono. Il quale così fatta donna e cui egli cotanto amata avea per moglie vedendosi, e oltre a ciò ricchissima, in letizia con lei, miglior massaio fatto, terminò gli anni suoi." Tutti ricorderanno la novella in cui Federigo, della nobile famiglia degli Alberighi, sperpera tutte le proprie ricchezze per catturare l'amore di monna Giovanna, ed arriva addirittura a sacrificare il suo "buon falcone" per amore di lei, offrendoglielo arrostito come piatto prelibato, non avendo più alcuna possibilità di dedicarle un pranzo convenientemente sontuoso. Insomma alla fine della novella, quando monna Giovanna decide di sposarlo e di renderlo quindi di nuovo ricco, grazie alle enormi ricchezze da lei ereditate, il Boccaccio dice una cosa molto curiosa, appunto che Federigo da quel momento in poi divenne "miglior massaio". La novella dunque attesta la morte dell'aristocrazia, divenuta ormai una classe sociale improduttiva e parassitaria in quel dato momento storico e certifica la nascita della borghesia, che mirava appunto ad essere una "buona massaia" della modernità, cioè attenta alla solidità economica e preoccupata della tutela del proprio patrimonio.
Un'altra delle dinamiche fondanti degli stati moderni sono state anche le guerre di religione del '500, prodotte dalla perdita di centralità della cristianità medievale, e nate dalla Riforma Protestante. Il risultato di questo processo fu l'affermazione tecnica e secolare della sovranità dello stato, che inizia ad utilizzare un apparato amministrativo professionale per l'esercizio concreto del potere, secondo procedure sempre più organizzate.
Questa nuova forma di potere, sostenuta espressamente dalla borghesia, rappresenterà la garanzia di una maggiore stabilità del potere politico, sempre più svincolato dalla religione, attraverso quel tipico processo di secolarizzazione che permetterà la nascita dei valori democratici, sorti durante l'Illuminismo, e affermatesi nell'unica dimensione storicamente possibile: lo Stato Nazione.
«Questa è l'origine del grande "Leviatano" - dirà Thomas Hobbes - o meglio, per parlare con più riverenza, di quel "Dio mortale" (Mortal God) al quale noi dobbiamo, al di sotto del "Dio immortale", la nostra pace e la nostra difesa. Infatti con l'autorità concessagli da ogni singolo individuo dello Stato, egli possiede tanto potere e tanta forza, che è in condizione di ridurre tutte le volontà alla pace comune in patria e al reciproco aiuto contro nemici esterni. Proprio in ciò consiste l'essenza dello Stato; esso è, per volerlo definire, una persona dei cui atti una grande moltitudine, in base a dei patti reciproci, si è considerata essa stessa l'autrice, affinché tale persona possa usare la forza e i mezzi di tutti, nel modo che riterrà più utile, per la loro pace e la comune difesa.» (Th. Hobbes, Leviathan)
Un “dio in terra” dunque, un “dio mortale”, però le ragioni della sua eventuale morte erano tutte di diritto pubblico, conflitti intestini o sconfitte in guerra, e non erano certo ragioni di diritto commerciale, cioè di diritto privato. Se invece oggi Juncker può affermare, senza ombra di imbarazzo, che lo Stato può fallire, è perché il suo attributo fondamentale, cioè la sovranità gli è stata defraudata. Contro di lui si erge un potere che non solo lo può condizionare, ma lo può addirittura distruggere. Lo Stato dunque perde, fallisce, muore di fronte a una nuova sovranità, la sovranità dei creditori privati. E dove muore lo stato, muore la democrazia.
Però … non ditelo troppo in giro … non vi crederanno !!
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15389
martedì 4 agosto 2015
Melanzane sott’olio senza cottura: la ricetta originale.
Le melanzane sott’olio rappresentano un ottimo contorno o un antipasto sfizioso e si accompagnano molto bene con una varietà di alimenti. La preparazione delle melanzane sott’olio è di solito diversificata a seconda della provenienza territoriale e della tradizione famigliare, però ci sono dei procedimenti standard, originali, che andrebbero sempre seguiti. Nella seguente ricetta sono presenti le istruzioni per preparare le melanzane sott’olio senza cottura, nella maniera tradizionale. Sono molto rapide e particolarmente gustose, però ricordate di mettere sotto sale le melanzane la sera prima, altrimenti potrebbero conservare il loro gusto amarognolo.
Andiamo in cucina e passiamo subito alla nostra gustosa ricetta.
Andiamo in cucina e passiamo subito alla nostra gustosa ricetta.
Ingredienti
- 10 melanzane lunghe
- 1 Kg di sale fino
- Aceto di vino bianco
- 1 lt di olio d’oliva
- 1 testa d’aglio
- Origano
- Peperoncini freschi
Le quantità di origano e di aglio decidetele voi, ognuno deve basarsi sui proprio gusti personali, soprattutto quando si parla di un ingrediente come l’aglio non facile da digerire.
- 10 melanzane lunghe
- 1 Kg di sale fino
- Aceto di vino bianco
- 1 lt di olio d’oliva
- 1 testa d’aglio
- Origano
- Peperoncini freschi
Le quantità di origano e di aglio decidetele voi, ognuno deve basarsi sui proprio gusti personali, soprattutto quando si parla di un ingrediente come l’aglio non facile da digerire.
Preparazione
Lavate e tagliate le melanzane a fette spesse circa mezzo centimetro e lunghe una decina di centimetri circa. Ora bisogna metterle sotto sale per eliminare il liquido che conferisce alla melanzana quel caratteristico sapore amarognolo. Disponete le fette a strati, cospargendole di sale fino, dentro un contenitore forato e poggiatelo su un recipiente che servirà a raccogliere il liquido. Mettete sopra le melanzane un piatto o un peso per schiacciarle e lasciatele drenare per tutta la notte. Fate lo stesso con i peperoncini, dopo averli tagliati a fettine sottili.
Lavate e tagliate le melanzane a fette spesse circa mezzo centimetro e lunghe una decina di centimetri circa. Ora bisogna metterle sotto sale per eliminare il liquido che conferisce alla melanzana quel caratteristico sapore amarognolo. Disponete le fette a strati, cospargendole di sale fino, dentro un contenitore forato e poggiatelo su un recipiente che servirà a raccogliere il liquido. Mettete sopra le melanzane un piatto o un peso per schiacciarle e lasciatele drenare per tutta la notte. Fate lo stesso con i peperoncini, dopo averli tagliati a fettine sottili.
Il giorno dopo prendete le melanzane e immergetele in una soluzione composta per una metà di acqua e per l’altra di aceto. Dopo dodici ore scolate le melanzane e sistematele su un panno bianco, pulito, quindi strizzatele e infilatele in vasetti di vetro sterilizzati (per farle durare anche diversi mesi) e a chiusura ermetica, condendole con due spicchi d’aglio tritato, due peperoncini a pezzetti e una spolverata di origano per ogni barattolo.
Versate l’olio d’oliva ogni tre o quattro strati e alla fine rimboccate fino all’orlo se necessario. È importante che tutte le melanzane siano ricoperte do olio.
La ricetta originale, ad onor del vero, prevede che le melanzane vengano immerse in aceto puro; io l’ho diluito per non sentirne il sapore troppo forte, ma se al contrario vi piace, non aggiungete l’acqua.
Chi invece vuol sentire il meno possibile l’aceto può tenere le melanzane in ammollo solo per un paio d’ore, oppure procedere con la cottura in acqua aceto; questa soluzione è però consigliata ai soli esperti, perché anche pochi secondi in più di bollitura possono rovinare le melanzane.
L’utilizzo dell’aceto, in ogni modo, serve ad evitare la formazione di muffa. A Napoli la ricetta tipica infatti prevede solo olio d’oliva, tralasciando quindi l’immersione nell’aceto..a voi la scelta!
lunedì 3 agosto 2015
Matteo Renzi, il premier che gettò la maschera. - Saverio Lodato
Detesta la magistratura.
Detesta il controllo di legalità.
Detesta le inchieste.
Mal sopporta Procure e investigatori. Non ritiene che il Paese abbia bisogno di grandi verità sul passato recente e remoto. Non gliene frega niente di stragi, grandi delitti e mandanti esterni. Una volta a Firenze, a una giornalista che gli chiese che ne pensasse della strage di via dei Georgofili, rispose infastidito: "chieda alla mia segretaria". Elegante, non c’è che dire. E soprattutto rispettoso del dolore dei parenti delle vittime.
Detesta il confronto. Detesta la dialettica parlamentare. Gli piace la Cavalcata delle Valchirie, ma a colpi di voti di fiducia.
Non capisce perché lo Stato debba reggersi sull’equilibrio di tre poteri, quando ne basterebbe uno solo, il suo. Odia i giornali e i giornalisti, quelle rare volte che lo mettono in cattiva luce. Gli va il sangue al cervello, e metterebbe, metaforicamente, s’intende, la mano alla fondina, al solo sentir parlare di intercettazioni telefoniche, soprattutto se è anche lui a finirci dentro, come è accaduto quando anticipava che avrebbe licenziato Letta senza preavviso.
Non pronuncerà mai, né l’ha mai pronunciata, la parola "valori". Lo stesso dicasi per la "questione morale" che sembra diventata in Italia, da quando c’è lui, parola ricoperta dalla muffa della Crusca. Se scoppiano scandali che denotano un tasso di corruzione che ha fatto ormai dell’Italia una nazione irrecuperabile, fa finta di reagire con “gli strumenti della politica", nominando "consulenti" e "commissari", pretendendo la verità senza la quale "chi ha sbagliato pagherà". Tutto il mondo ha capito come Roma sia diventata negli anni la capitale dello Stato-Mafia. Ma consulenti e commissari, servizievoli al suo dettato, trovano il modo di non scioglierne il consiglio comunale, quando al Sud, per un decimo di quanto è accaduto a Roma, ne sono stati sciolti a bizzeffe.
Non lo sentirete mai pronunciare il nome di Nino Di Matteo, il pubblico ministero palermitano che rischia la vita. Non hai mai fatto riferimento, né lo farà mai, al processo sulla Trattativa Stato-Mafia che, fosse per lui, andrebbe spianato da una ruspa.
Non capisce perché lo Stato debba reggersi sull’equilibrio di tre poteri, quando ne basterebbe uno solo, il suo. Odia i giornali e i giornalisti, quelle rare volte che lo mettono in cattiva luce. Gli va il sangue al cervello, e metterebbe, metaforicamente, s’intende, la mano alla fondina, al solo sentir parlare di intercettazioni telefoniche, soprattutto se è anche lui a finirci dentro, come è accaduto quando anticipava che avrebbe licenziato Letta senza preavviso.
Non pronuncerà mai, né l’ha mai pronunciata, la parola "valori". Lo stesso dicasi per la "questione morale" che sembra diventata in Italia, da quando c’è lui, parola ricoperta dalla muffa della Crusca. Se scoppiano scandali che denotano un tasso di corruzione che ha fatto ormai dell’Italia una nazione irrecuperabile, fa finta di reagire con “gli strumenti della politica", nominando "consulenti" e "commissari", pretendendo la verità senza la quale "chi ha sbagliato pagherà". Tutto il mondo ha capito come Roma sia diventata negli anni la capitale dello Stato-Mafia. Ma consulenti e commissari, servizievoli al suo dettato, trovano il modo di non scioglierne il consiglio comunale, quando al Sud, per un decimo di quanto è accaduto a Roma, ne sono stati sciolti a bizzeffe.
Non lo sentirete mai pronunciare il nome di Nino Di Matteo, il pubblico ministero palermitano che rischia la vita. Non hai mai fatto riferimento, né lo farà mai, al processo sulla Trattativa Stato-Mafia che, fosse per lui, andrebbe spianato da una ruspa.
E’ solito abbracciarsi agli "impresentabili" in campagna elettorale, per l’immancabile foto ricordo.
E’ solito bistrattare i suoi stessi compagni di partito, pensiamo alla Bindi, o allo stesso Orfini, quando si sono permessi in alcune occasioni, anche se magari solo a parole, di alzare la cresta innalzando l’asticella della legalità.
Quando poi la temperatura sale eccessivamente, la contesa si fa rovente, i problemi esplodono, è lo specialista della fuga.
Fughe intercontinentali, fughe a lunga percorrenza, da un continente all’altro.
Fugge all’estero, America o Israele non fa differenza, perché aspetta che la situazione interna si calmi e giornali e televisioni abbiano ormai altro a cui pensare.
E lui, che non solo è il premier, ma il segretario del PD, pretende una sua "presenza blindata" alla Festa nazionale dell’Unità. Come se Papa Francesco, per affacciarsi in piazza San Pietro, pretendesse fucili mitragliatori che fanno capolino dalle persiane. Ma c’è di più, e di peggio, come si sarebbe detto una volta. Alla fine, alla Festa dell’Unità non c’è neanche andato, accontentandosi di incontrare, in un’improvvisata, i cuochi che se lo son visti catapultare in mezzo a pentole e padelle. Temeva un fitto lancio di uova e pomodori di stagione.
Direte che è arrogante.
Che è un cialtrone, un cialtroncello o un cialtronaccio, a usare i diminutivi e i peggiorativi della parola "cialtrone" riportati dal dizionario Treccani. E sbagliereste di grosso. Direte che è un superficiale, un approssimativo, un giovane Narciso dirottato da palazzo Pitti a Palazzo Chigi.
Direte che a suo tempo, uno dei suoi primi gesti mediatici fu rendere omaggio a Silvio Berlusconi nella sua dimora. Questo è vero. Ma può bastare quest’indizio, piatto forte per i "colpevolisti", per spiegare chi è oggi l’uomo che ha definitivamente gettato la maschera? Noi pensiamo di no.
Per giustificare il salvataggio del senatore Azzollini, con intercettazioni a suo carico che chiuderebbero qualsiasi udienza processuale cinque minuti dopo, ha avuto il coraggio, o la faccia tosta, se preferite, di complimentarsi con i senatori che avevano riscontrato il "fumus persecutionis" dei magistrati non accettando di far da "passacarte delle Procure". E le sue ministre ebetine, ma anche qualche suo ministro particolarmente signorsì, annuirono. Come d’abitudine.
Cosa vi aspettate di diverso da un premier così?
Da un premier che è amico di famiglia, essendone amico anche il suo papà, di un tal Verdini per quattro volte rinviato a giudizio?
O vi aspettavate che Matteo Renzi, perché è di questo signore che fino a ora abbiamo parlato, fosse un "passacarte delle Procure"?
No, no. Non lo capite? Questo premier sta cambiando l’Italia.
In che modo lo stia facendo, giudicatelo da soli.
E’ solito bistrattare i suoi stessi compagni di partito, pensiamo alla Bindi, o allo stesso Orfini, quando si sono permessi in alcune occasioni, anche se magari solo a parole, di alzare la cresta innalzando l’asticella della legalità.
Quando poi la temperatura sale eccessivamente, la contesa si fa rovente, i problemi esplodono, è lo specialista della fuga.
Fughe intercontinentali, fughe a lunga percorrenza, da un continente all’altro.
Fugge all’estero, America o Israele non fa differenza, perché aspetta che la situazione interna si calmi e giornali e televisioni abbiano ormai altro a cui pensare.
E lui, che non solo è il premier, ma il segretario del PD, pretende una sua "presenza blindata" alla Festa nazionale dell’Unità. Come se Papa Francesco, per affacciarsi in piazza San Pietro, pretendesse fucili mitragliatori che fanno capolino dalle persiane. Ma c’è di più, e di peggio, come si sarebbe detto una volta. Alla fine, alla Festa dell’Unità non c’è neanche andato, accontentandosi di incontrare, in un’improvvisata, i cuochi che se lo son visti catapultare in mezzo a pentole e padelle. Temeva un fitto lancio di uova e pomodori di stagione.
Direte che è arrogante.
Che è un cialtrone, un cialtroncello o un cialtronaccio, a usare i diminutivi e i peggiorativi della parola "cialtrone" riportati dal dizionario Treccani. E sbagliereste di grosso. Direte che è un superficiale, un approssimativo, un giovane Narciso dirottato da palazzo Pitti a Palazzo Chigi.
Direte che a suo tempo, uno dei suoi primi gesti mediatici fu rendere omaggio a Silvio Berlusconi nella sua dimora. Questo è vero. Ma può bastare quest’indizio, piatto forte per i "colpevolisti", per spiegare chi è oggi l’uomo che ha definitivamente gettato la maschera? Noi pensiamo di no.
Per giustificare il salvataggio del senatore Azzollini, con intercettazioni a suo carico che chiuderebbero qualsiasi udienza processuale cinque minuti dopo, ha avuto il coraggio, o la faccia tosta, se preferite, di complimentarsi con i senatori che avevano riscontrato il "fumus persecutionis" dei magistrati non accettando di far da "passacarte delle Procure". E le sue ministre ebetine, ma anche qualche suo ministro particolarmente signorsì, annuirono. Come d’abitudine.
Cosa vi aspettate di diverso da un premier così?
Da un premier che è amico di famiglia, essendone amico anche il suo papà, di un tal Verdini per quattro volte rinviato a giudizio?
O vi aspettavate che Matteo Renzi, perché è di questo signore che fino a ora abbiamo parlato, fosse un "passacarte delle Procure"?
No, no. Non lo capite? Questo premier sta cambiando l’Italia.
In che modo lo stia facendo, giudicatelo da soli.
Addio a Giovanni Conso, presidente emerito della Corte Costituzionale.
È morto stanotte a Roma Giovanni Conso, presidente emerito della Corte costituzionale. Conso era nato a Torino il 23 marzo 1922.
Professore ordinario di procedura penale, era stato nominato Giudice Costituzionale il 25 gennaio 1982. Era stato eletto presidente il 18 ottobre 1990 e aveva esercitato le funzioni fino al 3 febbraio 1991.
I funerali si terranno mercoledì 5 agosto alle ore 11, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma. La camera ardente sarà invece domani, dalle 10.30 alle 13.30, presso il Palazzo della Consulta.
Il personaggio. Nato a Torino il 23 marzo 1922, giurista e accademico italiano, Giovanni Conso è stato ministro della Giustizia del governo Amato (12 febbraio - 28 aprile 1993) e del governo Ciampi (28 aprile 1993-16 aprile 1994), e presidente dell'Accademia dei Lincei. Nominato Giudice Costituzionale dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini il 25 gennaio 1982 Conso ne diventa presidente il 18 ottobre 1990 fino al 3 febbraio 1991 quando cessa dalla carica per scadenza del mandato. Avvocato, professore universitario, ha insegnato procedura penale nelle facoltà di giurisprudenza delle Università di Genova, Urbino, Torino, della «Sapienza» di Roma e della Lumsa di Roma. Professore emerito di Procedura penale presso l'Università di Torino è stato membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura dal 1976 al 1981. Durante il suo mandato come Guardasigilli, nel marzo del 1993, si aprì a Palermo l'indagine giudiziaria per associazione mafiosa nei confronti di Giulio Andreotti.
http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/giovanni_conso_morto_presidente_consulta/notizie/1498219.shtml
IL NECROLOGIO SUL MULLAH CENSURATO DAL CORRIERE DELA SERA. - Massimo Fini
“Senz’altro”. Dopo dieci minuti l’impiegata sempre molto gentile, collaborativa e pure simpatica (mi aveva trovato anche il codice fiscale che non ricordo mai) mi ha richiamato. “Ma lei è uno del mestiere”. “Più che altro un ex. Sono in pensione da anni”. “Dalle fotografie non si direbbe. Sembra molto più giovane”. “Grazie. Purtroppo gli anni ci sono. Possiamo andare?”. Ho dettato quindi il necrologio che recitava così:
“Massimo Fini rende onore al Mullah
Mohammed Omar
combattente, giovanissimo, contro gli invasori sovietici, perdendo un occhio in battaglia, combattente, vittorioso, contro i criminali ‘signori della guerra’ che avevano fatto dell’Afghanistan terra di abusi, di soprusi, di assassinii, di stupri, di taglieggiamenti e di ogni sorta di violenze sulla povera gente, riportandovi l’ordine e la legge, sia pure una dura legge, la Sharia, peraltro non estranea, almeno nella vastissima area rurale, ai sentimenti e alle tradizioni della popolazione di quel Paese, infine leader indiscusso per quattordici anni della resistenza contro gli ancora più arroganti e moralmente devastanti occupanti occidentali. Che Allah ti abbia sempre in gloria, Omar”.
Finito il testo lei mi ha detto: “Mi perdoni, per un necrologio del genere devo chiedere l’autorizzazione”. “Capisco. Mi può far sapere nel pomeriggio se la cosa è andata a buon fine?”. “Se non mi sente troverà il necrologio sul Corriere e sul corriere.it. Altrimenti la chiamo”. Verso le sei mi ha telefonato, molto imbarazzata: “Per ordini superiori il suo necrologio non può essere pubblicato. Mi spiace molto, mi scusi”. “Non si preoccupi. Non è lei che, semmai, deve scusarsi”.
E così la censura è arrivata anche sui necrologi. Credo sia la prima volta che ciò accade in una democrazia, luogo deputato della libertà di pensiero e di espressione delle proprie opinioni.
Recentemente sono stato insignito del Premio Montanelli alla carriera che dovrebbe essermi consegnato a ottobre a Fucecchio, a meno che nel frattempo non mi sia revocato per indegnità, sempre in nome della libertà di informazione. Sono certo che il vecchio Indro non avrebbe condiviso nemmeno un fonema del mio necrologio sul Mullah, ma sono altrettanto certo che non si sarebbe mai sognato di bloccarlo. Caso mai ci avrebbe riso su, considerandolo una provocazione, anche se provocazione non era. Perché Montanelli era un vero liberale. Quando i liberali esistevano ancora.
Massimo Fini
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15395
Mohammed Omar
combattente, giovanissimo, contro gli invasori sovietici, perdendo un occhio in battaglia, combattente, vittorioso, contro i criminali ‘signori della guerra’ che avevano fatto dell’Afghanistan terra di abusi, di soprusi, di assassinii, di stupri, di taglieggiamenti e di ogni sorta di violenze sulla povera gente, riportandovi l’ordine e la legge, sia pure una dura legge, la Sharia, peraltro non estranea, almeno nella vastissima area rurale, ai sentimenti e alle tradizioni della popolazione di quel Paese, infine leader indiscusso per quattordici anni della resistenza contro gli ancora più arroganti e moralmente devastanti occupanti occidentali. Che Allah ti abbia sempre in gloria, Omar”.
Finito il testo lei mi ha detto: “Mi perdoni, per un necrologio del genere devo chiedere l’autorizzazione”. “Capisco. Mi può far sapere nel pomeriggio se la cosa è andata a buon fine?”. “Se non mi sente troverà il necrologio sul Corriere e sul corriere.it. Altrimenti la chiamo”. Verso le sei mi ha telefonato, molto imbarazzata: “Per ordini superiori il suo necrologio non può essere pubblicato. Mi spiace molto, mi scusi”. “Non si preoccupi. Non è lei che, semmai, deve scusarsi”.
E così la censura è arrivata anche sui necrologi. Credo sia la prima volta che ciò accade in una democrazia, luogo deputato della libertà di pensiero e di espressione delle proprie opinioni.
Recentemente sono stato insignito del Premio Montanelli alla carriera che dovrebbe essermi consegnato a ottobre a Fucecchio, a meno che nel frattempo non mi sia revocato per indegnità, sempre in nome della libertà di informazione. Sono certo che il vecchio Indro non avrebbe condiviso nemmeno un fonema del mio necrologio sul Mullah, ma sono altrettanto certo che non si sarebbe mai sognato di bloccarlo. Caso mai ci avrebbe riso su, considerandolo una provocazione, anche se provocazione non era. Perché Montanelli era un vero liberale. Quando i liberali esistevano ancora.
Massimo Fini
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
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