martedì 22 settembre 2015

Senato, la riforma regala ai sindaci l’impunità. Il Parlamento laverà i reati. - Thomas Mackinson

Senato, la riforma regala ai sindaci l’impunità. Il Parlamento laverà i reati


A differenza dei 74 consiglieri regionali "designati" dagli elettori, 21 sindaci saranno catapultati direttamente in Parlamento. I prescelti godranno così delle guarentigie degli onorevoli: non potranno essere perquisiti, intercettati e arrestati senza autorizzazione di Palazzo Madama. E per concedere questo privilegio i partiti faranno a gara.

Col Senato 2.0 di Renzi il primo cittadino di Venezia sarebbe ancora Giorgio Orsoni, oggi ai domiciliari per l’inchiesta sul Mose con richiesta di patteggiamento. Il Comune di Trani avrebbe ancora a che fare con il “comitato politico-affaristico” che pilotava gli appalti. Il suo sindaco, Luigi Riserbato, non sarebbe stato interdetto dai pubblici uffici e non si sarebbe mai dimesso. Nulla si sarebbe poi saputo di Calatafimi, comune del Trapanese dove Nicolò Ferrara deliberava le gare di giorno e prendeva la stecca di sera: perché tanto onesto e puro era da presiedere il “Consorzio per la legalità” e tenere seminari sulla corruzione in Prefettura. A inchiodarlo, ancora una volta, le intercettazioni.
E’ lungo, lunghissimo, l’elenco dei sindaci disarcionati in questi anni dalle inchieste giudiziarie. Presto però quell’elenco potrebbe accorciarsi di quel po’. Perché tra gli effetti collaterali della riforma del Senato che tiene banco da mesi c’è anche quello di concedere il privilegio dell’impunità ai primi cittadini d’Italia: niente più arresti, niente intercettazioni o perquisizioni per loro senza autorizzazione del Parlamento. Per cinque anni, a tutto beneficio della prescrizione. E’ l’effetto imprevisto di una piccola ma ingombrante “svista” del governo e delle competenti commissioni parlamentari: mentre sui 74 consiglieri regionali si cercano accordi per dar loro una parvenza di elettività col cosiddetto “listino”, nulla si dice a proposito di quei 21 sindaci, uno per regione più uno ciascuno per le Province autonome di Trento e Bolzano. Loro saliranno tutti sul Freccia Rossa diretto a Palazzo Madama, e non sarà il cittadino-elettore a rifornirli di biglietto né tantomeno a fermarli con le preferenze.
Poco importa ora se in questo  modo viene aggirata del tutto la disposizione con cui nel 1957 il legislatore aveva disposto l’incompatibilità tra le cariche di sindaco (sopra i 20mila abitanti) e di parlamentare. Perché nei successivi 58 anni i partiti hanno fatto spallucce catapultandone a dozzine (oggi, tra le grandi città: Biffoni a Prato, Decaro a Bari e Bitonci a Padova…). Il punto vero è che adesso una legge dello Stato – costituzionale per di più! – li spinge a forza in Senato e li mette tutti sotto l’ombrello delle guarentigie: significa, in soldoni, che un minuto dopo il giuramento sulle loro spalle calerà la coperta dell’immunità parlamentare, pur continuando a deliberare atti e concessioni in veste di sindaci. Fine degli arresti, zero intercettazioni, giammai perquisizioni senza il via libera del Senato.
In altre parole: i sindaci non saranno più sottoposti al controllo di legalità della magistratura, come gli altri cittadini. Che rubino o ricettino materiale pedopornografico (è successo a febbraio, a un sindaco del Salernitano) il destino delle loro vite sarà sottratto ai giudici ordinari e appeso al chiodo della Giunta per le autorizzazioni e dell’Aula, dove la ragion politica è riuscita a salvare Azzollini dall’arresto e Calderoli da un processo. Il primo, in fondo, doveva rispondere solo di associazione a delinquere. Il secondo d’aver paragonato un ministro a un gorilla. Non è questione di lana caprina: in ballo ci sono l’architettura istituzionale dello Stato e la classe di amministratori e politici locali più mediocre e corrotta di sempre.
E’ poi vero che il loro mandato terminerà con quello delle amministrazioni locali cui appartengono. E che quindi si dà per acquisita l’elettività indiretta per una sorta di “proprietà transitiva”: i cittadini eleggono i consiglieri regionali, questi a loro volta eleggono i sindaci-senatori. Ma la selezione fatta dai partiti e nelle urne non si è dimostrata un sostituto adeguato ai magistrati, né un antidoto alla corruzione della classe politica. Al punto che per arginare gli “impresentabili” messi in lista si è dovuto ricorrere a una “legge speciale”, la Severino, che ponesse limiti alla candidabilità dei condannati. E gli indagati? Fieramente resistono e in attesa di giudizio… si candidano.
Come il sindaco di Bolzano, per dire. Gigi Spagnolli (Pd) si è candidato per la terza volta rischiando il rinvio a giudizio ad urne aperte. Un domani potrebbe tranquillamente vestire i panni di senatore della Repubblica. Proprio in questi giorni la Procura sta chiudendo l’indagine a suo carico (abuso d’ufficio) in una vicenda di concessioni edilizie sospette, a favor di centro commerciale. Ecco, se passasse la riforma del Senato e fosse scelto in “quota Bolzano”, Spagnolli potrebbe riporre la pratica nel cassetto, congedare i suoi legali e fare “ciao ciao” con la manina ai pm mentre sale sul treno per Roma. Così, grazie alla riforma, per gli amministratori locali inguaiati si accenderà una lucina in fondo al tunnel: quelli che avessero un problema con la giustizia per quel che fanno da sindaci lo risolverà all’istante con le prerogative che hanno come senatori. Un incentivo a delinquere.
La Riforma della Costituzione disegnata dal Governo rischia così di consegnare alla storia il peggior Senato della Repubblica, zeppo di casi umani e giudiziari. Le ragioni affondano nella debolezza dell’impianto della legge che non abolendo il Senato ne tiene in vita un fantoccio sgonfio. Nel passaggio alla Camera sono evaporate in ordine: le “funzioni in via esclusiva” di intrattenere rapporti con la Ue, quella di controllo sui curricula delle authority, le competenze sui temi di bioetica, famiglia, diritti eccetera. Cosa resta? Quasi nulla.
E se il nuovo Senato nulla conta, questo il punto, anche chi lo compone conterà come il due di picche a briscola. Non solo. Essendo la carica sprovvista di obolo – perché la riforma occasione di risparmio vuol sembrare – non c’è neppure l’appeal del guadagno. Per tutte queste ragioni insieme l’investitura sarà percepita da chi la riceve come una vera iattura. E l’unica ragione per dedicarsi al pendolarismo romano, tolte di mezzo le altre, sarà il beneficio dell’immunità. Così, una volta capita l’antifona, sul treno per Roma si farà fatica a trovare posto.

Minacce, ricatti, compravendite. - Andrea Scanzi




Minacce, ricatti, compravendite. 
Grasso trattato come un pezzente, battute da bullo sfigato ("Sì alla riforma o riduco il Senato a museo"), editti bulgari - anzi fiorentini - a chi nei talk osa invitare troppi ospiti (dove?) non renziani. 
Si dirà: questo qua è come Berlusconi. 
No: Renzi è peggio di Berlusconi. 
Molto peggio. 
E lo è non perché ha una storia più losca (difficile) o perché ha più pendenze giuridiche (impossibile) del suo maestro Silvio: lo è perché è più impreparato, più arrogante, più megalomane, più debole, più ridicolo. 
E - quel che è peggio - più protetto e anzi addirittura osannato da un'informazione (e da una intellighenzia) che, se la metà delle cose di adesso le avesse fatte Berlusconi, avrebbe come minimo invaso la Polonia gridando al golpe. 
La vergogna senza pari continua.
( Andrea Scanzi )


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lunedì 21 settembre 2015

Cannelloni con ricotta e pomodoro. - Maria Bonaccorso



Visto che siamo nel week-end vi do’ la ricetta dei cannelloni con ricotta e pomodoro che ho preparato l’altro giorno in pochissimo tempo. I cannelloni all’uovo infatti, hanno la prerogativa di non dover essere sbollentati quindi, se scegliete un ripieno veloce da preparare, ci si impiega veramente pochissimo tempo a preparare un bel piatto di cannelloni. Per la ricetta di oggi, l’unica cosa che ho dovuto preparare è stato il sugo di pomodoro ma, anche quello, in 15 minuti era già bell’e pronto 😀Altra prerogativa di questa ricetta di cannelloni è che sono preparati senza besciamella… già, perché per la copertura ho utilizzato la stessa ricotta risparmiandomi così un bel po’ di calorie. Allora, vi ho convinti a preparare questi cannelloni ricotta e pomodoro per questo fine settimana?

Ingredienti:

Cannelloni con ricotta e pomodoro
cannelloni: 6-8
ricotta: 500 gr.
sale
pepe
parmigiano grattugiato
basilico
noce moscata
sugo di pomodoro: 300 ml. circa

Come preparare i cannelloni con ricotta e pomodoro

Per prima cosa preparate il sugo di pomodoro seguendo la ricetta che trovate qui. Una volta pronto, tenete il sugo da parte.
Prendete la ricotta e mettetela la scolare per una mezz’ora. Trascorso questo tempo, mettete la ricotta in una ciotola e lavoratela con una forchetta. Aggiungete del sale, del pepe nero, una grattugiata di noce moscata, del trito di basilico e del formaggio grattugiato. Mescolate la ricotta.
Prendete la pirofila per cuocere i cannelloni e versate del sugo di pomodoro sul fondo.
Prendete i cannelloni all’uovo e riempiteli di ricotta con un cucchiaino oppure con una tasca da pasticciere. Disponete i cannelloni uno affianco all’altro e, quando avrete finito, ricopriteli con il sugo di pomodoro facendo andare il sugo anche tra un cannellone e l’altro.
farcire_cannelloni_con_ricotta
Mescolate la ricotta rimasta con un paio di cucchiai di sugo e mescolatela.
Versate la ricotta sui cannelloni, distribuitela uniformemente e ricoprite con del formaggio grattugiato.
Infornate i vostri cannelloni con ricotta e pomodoro nel forno caldo a 180 C per 20-30 minuti, fino a quando non saranno dorati in superficie.
infornare_cannelloni
Sfornate il cannelloni con ricotta e lasciateli intiepidire un paio di minuti prima di servirli.
Serviteli con qualche fogliolina di basilico fresco.
cannelloni-con-ricotta-e-pomodoro

CANNELLONI DI MELANZANE.



Le melanzane rimpiazzano la pasta sfoglia e diventano scrigni di un gustoso ripieno di prosciutto, scamorza, uova e pomodoro.

1) Per realizzare la ricetta dei cannelloni di melanzane innanzitutto soffriggi la cipolla tritata e il basilico in una casseruola con 3 cucchiai d'olio; unisci la passata di pomodoro, sale e pepe e cuoci a fuoco moderato per 15 minuti.
2) Pulisci le melanzane e tagliale a fette sottili per il lungo. Sbatti 2 uova con un pizzico di sale in un piatto fondo. Infarina le fette di melanzane, passale nelle uova e friggile in abbondante olio caldo. Man mano che sono dorate, scolale e asciugale sulla carta assorbente. 
3) Distribuisci sulle fette di melanzana il prosciutto e la scamorza a listarelle, 2 uova sode a spicchietti, un cucchiaio di sugo di pomodoro e uno di grana. Arrotolale a involtino e disponile in una teglia rettangolare sul fondo della quale avrai versato un velo di sugo di pomodoro. Distribuisci il sugo rimasto sui cannelloni, cospargi con abbondante grana e inforna a 180° per 30 minuti circa. Servi i cannelloni di melanzane.

Gli orrori del governo.



La legge Biagi ha portato al disastro economico attuale. Nata per aiutare le aziende in difficoltà, come da previsioni, è stata utilizzata da chiunque volesse arricchirsi in breve tempo sulle spalle dei lavoratori divenuti, con essa, schiavi.
Con il jobs act il mondo del lavoro subirà un ennesimo contraccolpo negativo che si ripercuoterà come una scure sull'economia italiana.


Cetta

Considerazioni.



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domenica 20 settembre 2015

Tiziano Renzi e gli incontri con i sindaci per costruire centri commerciali del lusso. - P.G. Cardone e G. Scacciavillani

Tiziano Renzi e gli incontri con i sindaci per costruire centri commerciali del lusso

A Sanremo e Fasano, in provincia di Brindisi, il padre del premier ha fatto parte della delegazione di imprenditori che vuole edificare due outlet del gruppo The Mall. Un affare milionario tra società schermate e personaggi di spicco del renzismo. 

Settembre 2014, Sanremo. Nel suo ufficio a palazzo di città, il neo sindaco Alberto Biancheri riceve una folta delegazione: imprenditori, proprietari di terreni e commercialisti. Sul tavolo, la proposta di realizzare un outlet della moda di lusso nel comune ligure. Parlano, espongono il progetto, si confrontano. In un angolo della stanza, in disparte, un uomo non più giovane ascolta interessato. Non parla, né si presenta. Marzo 2015, Fasano, provincia di Brindisi. La scena si ripete. Codazzo di abiti scuri e ventiquattrore, il sindaco Lello Di Bari dietro la scrivania, gli affari sul tavolo, il centro commerciale nei progetti. Poi quel signore. Cappello a falde larghe e occhiali scuri. In silenzio. Personaggio d’altri tempi e d’altre suggestioni. Gli incontri pre business finiscono e dopo qualche giorno Biancheri e Di Bari vengono informati che l’uomo era Tiziano Renzi.
“Mi hanno detto che era consulente per gli aspetti riguardanti il marketing”, spiega il ligure Biancheri. “Non so perché fosse lì”, dice invece il primo cittadino di Fasano. Così in questa storia di affari di certo restano due fatti: Renzi senior, che interpellato da Il Fatto Quotidiano chiude la conversazione senza nemmeno voler ascoltare le domande, e una serie di società panamensi, cipriote e lussemburghesi dietro le quinte di parte del progetto. I protagonisti sono la holding francese Kering fondata dal magnate innamorato dell’Italia François Pinault e un gruppo di imprenditori riconducibili al mondo degli affari fiorentino. Tiziano Renzi, che mette la sua faccia sulle trattative per il via libera alla realizzazione dei nuovi outlet è solo la punta di un iceberg intorno al quale ruota un’intricata ragnatela di affari e di nomi più o meno noti del giglio magico. Dall’ex numero uno delle partecipate pubbliche fiorentine Andrea Bacci all’ex presidente di Banca Etruria, Lorenzo Rosi.
In principio, va detto, fu Firenze. Che con Sanremo e Fasano (con i suoi tanti resort a 5 stelle) condivide i turisti che non badano a spese quando quando si tratta di capi d’alta moda. L’ideale per il colosso mondiale del lusso che negli ultimi 15 anni ha rilevato importanti marchi di ciò che restava del made in Italy, a partire dalla maison fiorentina Gucci. E qui vuole continuare a crescere, visto che The Mall, il suo centro commerciale di Leccio Reggello in provincia di Firenze, si è rivelato un investimento di grandissimo successo: soltanto nel 2014 ha generato ricavi per oltre 17 milioni di euro, con un incremento del 61,5% sul 2013. Merito degli oltre 3,2 milioni di visitatori all’anno, quasi mezzo milione in più della galleria degli Uffizi. Naturale che il gruppo francese abbia deciso di replicare il modello. L’Italia, tuttavia, oltre che della moda e dell’arte tanto amate da Pinault, è anche il Paese della burocrazia e dei tempi biblici. Tanto da rendere preziosissimo l’aiuto di quelli che in gergo si chiamano sviluppatori: imprenditori che trovano il luogo, incontrano i sindaci, creano società ad hoc, promettono ricadute economiche e occupazionali sul territorio, sbrigano le pratiche burocratiche con l’ausilio di gente del posto che conosce e sa muoversi e, ottenuti i permessi, costruiscono i centri commerciali. Poi li rivendono o riaffittano, chiavi in mano, al committente.
Poco importa se si sacrifica la trasparenza: delle società che hanno gestito le operazioni di Firenze, Sanremo e Fasano non si possono conoscere tutti i proprietari, perché una parte delle azioni hanno fatto o fanno capo a imprese con sedi a Cipro,Lussemburgo o Panama. Il ruolo di Renzi senior, poi, non è chiaro. Non compare ufficialmente, ma c’è. A Sanremo, come a Fasano. Non si sa se anche a Leccio Reggello dove i Renzi sono padroni di casa: Tiziano è stato capogruppo e segretario del Pd a Rignano sull’Arno, a un tiro di schioppo, mentre sua madre risiede a Reggello e Matteo, prima di diventare sindaco di Firenze, dal 2004 al 2009 è stato presidente della Provincia. In ogni caso Luigi Dagostino, il deus ex machina dei piani di sviluppi degli outlet, ha detto al mensile fasanese Osservatorio che “io con Matteo e Tiziano Renzi sono amico da ben 25 anni. Li frequento da quando Matteo non era neanche in politica. Con Tiziano Renzi abbiamo solo rapporti di pubblicità, ma mi lega una profonda amicizia. Quando sono venuto in Puglia, durante la campagna elettorale per le regionali, Tiziano Renzi, che fa anche politica, è venuto con me perché aveva alcuni incontri in Puglia”. Mentre il primo cittadino di Sanremo riferisce di aver inteso che il padre del premier ha un ruolo in particolare sull’organizzazione delle trasferte dei crocieristi verso l’outlet.
Ma all’ombra del marketing di Tiziano Renzi l’amico Dagostino, barlettano di nascita e toscano di adozione, negli ultimi anni oltre che di permessi, carte bollate e trattative, si è occupato di trasferimenti societari. Dall’Italia a Cipro, Panama, Lussemburgo e ritorno. L’ultimo in ordine cronologico riguarda la Egnazia Shopping Mall di Firenze, nata nel febbraio 2015 con la regia di Dagostino per costruire e gestire l’outlet di Fasano. Tra i suoi azionisti hanno figurato con oltre il 30% del capitale, la Torrado Holdings e la Tressel Overseas, entrambe di stanza a Panama. Accanto a loro Andrea Bacci, l’imprenditore di Rignano sull’Arno che Matteo Renzi ha spesso scelto per guidare le partecipate della Provincia e del Comune di Firenze. Oltre ad essere stato, nel 1993, socio di Renzi senior nella Raska e, nel 2011, uno dei tre amici che hanno prestato dei soldi al padre del premier, versandoli su un libretto di pegno da 75mila euro con cui Tiziano Renzi ha rimpiazzato l’ipoteca sulla casa di famiglia (“Ho successivamente restituito il denaro con altri assegni, in maniera da rendere tutto tracciabile”, ha detto Renzi senior ai pm titolari dell’inchiesta Chill Post). A proposito di abitazioni, poi, l’impresa edile di Bacci nel 2004 ha effettuato i lavori di ristrutturazione nella villa del presidente del Consiglio a Pontassieve. Uno di famiglia, insomma. E non solo. Bacci, quando è numero uno della Florence Mutimedia creata da Renzi, diventa l’ufficiale di collegamento tra l’allora presidente della Provincia di Firenze e Denis Verdini. Anche questa è una storia di marketing, ma più virata sull’acquisto di pagine di pubblicità istituzionali sul giornale dell’ex braccio destro di Berlusconi da parte dell’ente pubblico.
Ma non finisce qui. Tra gli amministratori della società che vuole realizzare l’outlet di Fasano, spicca il nome di Lorenzo Rosi, ex presidente della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, lo stesso istituto di credito in cui Pierluigi Boschi, il padre del ministro delle Riforme, è stato vicepresidente prima che Bankitalia procedesse con il commissariamento per “gravi perdite del patrimonio”. Rosi è stato anche amministratore di società partecipate impegnate nella realizzazione di centri commerciali, come Pescara Outlet detenuta al 50% con Unieco e liquidata a fine 2014. Ma quello che è stato segnalato nell’ambito del caso Banca Etruria è la concessione di finanziamenti milionari in conflitto d’interesse alla cooperativa di costruzioni La Castelnuovese di San Giovanni Val d’Arno, di cui Rosi è stato presidente fino a luglio 2014. E che figura tra gli azionisti di Egnazia, sempre la società che sta portando avanti il progetto The Mall a Fasano.
Meno nomi noti, ma schemi analoghi per le due società che si sono occupate rispettivamente di ampliare il primo Mall di Kering, quello fiorentino, e di ottenere il via libera a quello sanremese. A gestirle sono stati infatti lo stesso Dagostino e l’aretino Marcello Innocenti, destreggiandosi abilmente in trattative con i francesi. Dai quali nel 2012 è stato comprato un terreno a Reggello per 5,7 milioni poi riaffittato a Kering per 1,35 milioni annui previa intestazione della proprietà a una società cipriota, la realizzazione del fabbricato e, soprattutto, l’ottenimento di tutti i permessi per l’attività commerciale. Con tanto di previsione di un incentivo economico per ogni metro quadro di ampliamento della superficie di vendita netta del nuovo edifico autorizzato. Invece nell’operazione sanremese Kering, che interpellata in merito da il fattoquotidiano.it non ha voluto fornire chiarimenti sui suoi rapporti con Dagostino,  è entrata a cose fatte a dicembre 2014. Il gruppo francese ha rilevato l’azienda sviluppatrice del progetto – passato anche per le mani della famiglia del segretario provinciale di Vercelli della DestraFranco Caserta - direttamente in Lussemburgo, da una società controllata da Panama. Sotto la cui regia il contestato Mall sanremese ha preso la scossa ed è andato a segno dopo che era rimasto per anni nel cassetto del sindaco. Magie del marketing.