lunedì 9 aprile 2018

Quattro giorni per dichiarare una Guerra Fredda. - Thierry Meyssan (20/3/2018)

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La settimana appena trascorsa è stata eccezionalmente ricca di avvenimenti. Nessun media ne ha fornito un quadro complessivo perché tutti hanno deliberatamente mascherato alcuni fatti per non smentire la narrazione dei propri governi. Londra ha tentato di provocare un grave conflitto, ma ha gettato la spugna davanti alla Russia, al presidente Trump e alla Siria.

Il governo britannico e alcuni alleati, fra cui il segretario di Stato, Rex Tillerson, hanno tentato di scatenare una guerra fredda contro la Russia.


Il piano prevedeva, da un lato, la messinscena di un attentato contro un ex agente doppiogiochista a Salisbury; dall’altro, un attacco chimico nella Ghuta contro i “ribelli moderati”. I cospiratori volevano approfittare dello sforzo della Siria per liberare la periferia della capitale e della disorganizzazione della Russia per le elezioni presidenziali. Al termine delle manovre il Regno Unito avrebbe indotto gli USA a bombardare Damasco e il palazzo presidenziale, e chiesto all’Assemblea Generale dell’ONU di escludere la Russia dal Consiglio di Sicurezza.


Tuttavia, i servizi segreti siriani e russi sono venuti a conoscenza di quel che si stava tramando. Hanno acquisito la certezza che gli agenti statunitensi, che stavano preparando proprio dalla Ghuta un attacco chimico contro la Ghuta, non dipendevano dal Pentagono, bensì da altra agenzia USA.


A Damasco, il vice ministro degli Esteri, Fayçal Miqdal, il 10 marzo ha convocato d’urgenza una conferenza stampa per allertare i siriani. Da parte sua, Mosca ha dapprima tentato di entrare in contatto con Washington per via diplomatica. Ma, sapendo che l’ambasciatore statunitense, Jon Huntsman Jr., è amministratore di Caterpillar, che ha fornito agli jihadisti traforatrici per costruire le fortificazioni sotterranee, Mosca ha cercato di aggirare la via diplomatica normale.


Ecco la concatenazione degli avvenimenti.12 marzo 2018


L’esercito siriano sequestra due laboratori di armi chimiche, uno il 12 marzo a Aftris, un secondo il giorno successivo, a Chifonya. Nel frattempo, la diplomazia russa spinge l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) a entrare nell’inchiesta di Salisbury.


Alla Camera dei Comuni, il primo ministro britannico, Theresa May, accusa in modo violento la Russia di essere il mandante dell’attentato di Salisbury. Secondo May, l’ex agente doppiogiochista Serguej Skripal e la figlia sarebbero stati avvelenati con una sostanza nervina di uso militare, del tipo «sviluppato dalla Russia» sotto il nome di «novitchok». Poiché il Cremlino considera i disertori russi bersagli legittimi, May ne trae la conclusione che è altamente probabile che l’atto criminale sia stato voluto da Mosca.


Il novitchok è conosciuto grazie alle rivelazioni di due personaggi sovietici, Lev Fyodorov e Vil Mirzayanov. Nel 1992 lo scienziato Fyodorov pubblicò sul settimanale russo Top Secret (Совершенно секретно) un articolo in cui metteva in guardia sull’estrema pericolosità del prodotto e lanciava l’allarme sul possibile uso da parte degli occidentali delle vecchie armi sovietiche per distruggere l’ambiente e rendere la Russia invivibile. In ottobre 1992 Fyodorov e un responsabile del controspionaggio, Mirzayanov, pubblicarono su Notizie da Mosca (Московские новости) un secondo articolo in cui denunciavano la corruzione di alcuni generali e il traffico di novitchok da loro gestito, ignorando però a chi potessero venderlo. Mirzayanov fu arrestato per alto tradimento e poi rilasciato. Fyodorov è morto in Russia lo scorso agosto, Mirzayanov vive in esilio negli Stati Uniti, dove collabora con il dipartimento della Difesa.


JPEG - 35.4 KbL’ex ufficiale russo del controspionaggio Vil Mirzayanov si è rifugiato negli Stati Uniti. Ora ottantatreenne, da Boston commenta il caso Skripal.



Il novitchok era fabbricato in un laboratorio sovietico a Nurus, nell’attuale Uzbekistan. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica fu distrutto da specialisti statunitensi. L’Uzbekistan e gli Stati Uniti sono quindi inevitabilmente entrati in possesso di campioni della sostanza e li hanno studiati. Entrambi i Paesi sono in grado di produrre il novitchok.

Dopo un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, il segretario di Stato, Rex Tillerson, a sua volta condanna la Russia per l’attentato di Salisbury.


Nel frattempo, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU si discute della situazione della Ghuta. La rappresentante permanente degli Stati Uniti, Nikki Haley, dichiara: «È passato quasi un anno dall’attacco al gas sarin del regime siriano a Khan Shaykhun, gli Stati Uniti avevano messo in guardia il Consiglio. Avevamo detto che, di fronte all’inazione sistematica della comunità internazionale, gli Stati Uniti sono talvolta costretti ad agire da soli. Non c’è stata reazione da parte del Consiglio, quindi gli Stati Uniti hanno colpito la base aerea dalla quale Al Assad aveva sferrato l’attacco ad armi chimiche. Oggi rinnoviamo l’avvertimento».


I servizi dell’intelligence russa fanno circolare documenti dello stato-maggiore statunitense da cui risulta che il Pentagono è pronto a bombardare il palazzo presidenziale e i ministeri siriani, sul modello di quanto fatto per conquistare Bagdad (dal 3 al 12 aprile 2003).


Commentando la dichiarazione di Nikki Haley, il ministero russo degli Esteri, che ha sempre bollato l’affare di Khan Shaykhun come «manipolazione dell’Occidente», rivela che le false informazioni che hanno indotto in errore la Casa Bianca, spingendola a bombardare la base di Al-Shayrat, provenivano da un laboratorio britannico che non ha mai rivelato come si era procurato i campioni.


13 marzo 2018

Il ministero russo degli Esteri pubblica un comunicato che condanna un possibile intervento militare degli Stati Uniti e annuncia che, qualora cittadini russi fossero colpiti a Damasco, Mosca non mancherebbe di rispondere in misura proporzionata, dal momento che il presidente russo è costituzionalmente responsabile della sicurezza dei suoi concittadini.

Aggirando la via diplomatica ufficiale, il capo di stato-maggiore russo, generale Valery Gerasimov, contatta l’omologo USA, generale Joseph Dunford, per informarlo dei timori di un attacco chimico sotto falsa bandiera nella Ghuta. Dunford prende la cosa molto seriamente e allerta il segretario della Difesa, generale Jim Mattis, che a sua volta riferisce al presidente Donald Trump. Vista la sicurezza con cui i russi sostengono che il tiro mancino sarebbe preparato all’insaputa del Pentagono, la Casa Bianca chiede al direttore della CIA, Mike Polpeo, di scovare i responsabili del complotto.


Non conosciamo gli esiti dell’inchiesta interna, ma il presidente Trump si convince che il segretario di Stato, Rex Tillerson, è implicato. Tillerson è immediatamente invitato a interrompere il viaggio ufficiale in Africa e a rientrare a Washington.


Theresa May scrive al segretario generale dell’ONU accusando la Russia di aver ordinato l’attentato di Salisbury e chiede la convocazione di una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza. Senza aspettare, espelle 23 diplomatici russi.


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Il  libro di Amy Knight, pubblicato un mese e mezzo prima dell’attentato 
di Salisbury, anticipa quella che sarebbe diventata la tesi dell’MI5. 
L’autrice stessa afferma di non aver la minima prova di quanto sostiene.

Su richiesta della presidente della Commissione dell’Interno della Camera dei Comuni, Yvette Cooper, la ministra dell’Interno, Amber Rudd, annuncia che l’MI5 (servizi segreti militari interni) sta per riaprire 14 inchieste su morti che, secondo fonti USA, sarebbero state ordinate dal Cremlino.


Così facendo, il governo britannico sposa le teorie della professoressa Amy Knight, una sovietologa americana che, il 22 gennaio 2018, aveva pubblicato uno strano saggio, Ordini di uccidere: il regime di Putin e l’assassinio politico. L’autrice, che è “la” specialista dell’ex KGB, tenta di dimostrare che Vladimir Putin è un assassino seriale, responsabile di dozzine di uccisioni politiche, dagli attentati di Mosca del 1999 a quello della Maratona di Boston del 2013, passando per l’esecuzione a Londra nel 2006 di Alexandre Litvinenko e per quella a Mosca nel 2015 di Boris Nemtsov. L’autrice stessa però confessa di non avere alcuna prova di quanto sostiene.


I liberali europei entrano in azione. L’ex primo ministro belga, Guy Verhofstadt, presidente del gruppo dei liberali al parlamento europeo, invita l’Unione Europea ad adottare sanzioni contro la Russia. Il suo omologo a capo del partito liberale britannico, Sir Vince Cable, propone il boicottaggio europeo della Coppa del Mondo di calcio. Immediatamente, Buckingham Palace annuncia l’annullamento del viaggio in Russia della famiglia reale.


L’autorità di controllo britannica, l’OFCOM [Office of Communications, ndt], annuncia che per ritorsione potrebbe oscurare Russia Today, benché la rete televisiva non abbia violato in alcun modo le leggi britanniche.


Il ministero russo degli Esteri convoca l’ambasciatore britannico a Mosca per informarlo che misure a titolo di reciprocità gli saranno indicate da lì a poco, in ritorsione dell’espulsione da pare di Londra dei diplomatici russi.


Ancor prima di averlo comunicato all’interessato, il presidente Trump annuncia su Twitter di aver destituito il segretario di Stato. Tillerson viene sostituito da Mike Pompeo, ex direttore della CIA, che il giorno prima aveva confermato l’autenticità delle informazioni trasmesse dal generale russo Dunford. Arrivato a Washington, Tillerson ottiene conferma della propria destituzione dal segretario generale della Casa Bianca, generale John Kelly.


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Rex Tillerson, ex patron della più grande multinazionale al mondo, Exxon Mobil, si riteneva al di sopra della mischia. Con sua grande sorpresa, è stato invece brutalmente licenziato da Donald Trump. Tillerson pensava di essere al servizio del mondo anglosassone, Trump lo ha ritenuto invece un traditore della patria.

L’ex segretario di Stato, Rex Tillerson, proviene dalla borghesia texana. Lui e la sua famiglia si sono impegnati negli Scout statunitensi, di cui divenne il presidente nazionale (2010-2012). Culturalmente vicino all’Inghilterra, quando divenne presidente della mega multinazionale Exxon Mobil (2006-2016), non esitò sia a condurre una campagna politicamente corretta perché i giovani gay fossero ammessi negli scout, sia a reclutare mercenari nella Guyana britannica. Sarebbe membro della Pilgrims Society, il più prestigioso club anglo-statunitense, presieduto dalla regina Elisabetta II, di cui numerosi membri fecero parte dell’amministrazione Obama.

Nelle funzioni di segretario di Stato, la sua buona educazione ha rappresentato una guarentigia per Donald Trump, reputato dall’alta società statunitense un istrione. Tillerson è entrato in conflitto con il presidente su tre questioni di primaria importanza, che ci permettono di tracciare l’ideologia dei cospiratori: 

- come Londra e lo Stato Profondo Usa, Tillerson riteneva utile demonizzare la Russia per consolidare il Potere degli anglosassoni nel campo occidentale; 
- come Londra, Tillerson pensava che per salvaguardare il colonialismo occidentale in Medio Oriente occorreva favorire il presidente iracheno, sceicco Rohani, contro la Guida della Rivoluzione, l’ayatollah Khamenei. Sosteneva quindi l’accordo 5+1; 
- come lo Stato Profondo USA, Tillerson riteneva che l’oscillazione della Corea del Nord verso gli Stati Uniti doveva rimanere segreta ed essere sfruttata per giustificare un dispiegamento militare, diretto in realtà contro la Cina Popolare. Era dunque favorevole a colloqui ufficiali con Pyongyang, ma si opponeva a un incontro tra i due capi di Stato.

14 marzo 2018

Mentre Washington è ancora sotto shock, Theresa May interviene di nuovo alla Camera dei Comuni per sviluppare le proprie accuse. Che vengono ribadite dai diplomatici britannici in numerose organizzazioni intergovernative di tutto il mondo. Rispondendo al primo ministro, il deputato blairista Chris Leslie definisce la Russia uno Stato-canaglia e chiede venga cacciata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Theresa May s’impegna a esaminare la questione rimarcando che tale cacciata non potrà che essere decisa dall’Assemblea Generale, per poter così aggirare il veto russo.

Il Consiglio del Nord-Atlantico, cioè la NATO, si riunisce a Bruxelles su richiesta della Gran Bretagna. I 29 Stati membri stabiliscono un nesso tra il ricorso alle armi chimiche in Siria e l’attentato di Salisbury. Tutti considerano la Russia come « probabilmente» responsabile di entrambi questi eventi.


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Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, insieme alla rappresentante permanente della Gran Bretagna nel Consiglio del Nord-Atlantico, Sarah MacIntosh. Costei è ex direttrice delle problematiche della difesa e dell’intelligence al ministero inglese degli Esteri, incarico che lasciò a Jonathan Allen, attuale incaricato d’affari all’ONU.

A New York, il rappresentante permanente della Russia, Vasily Nebenzya, propone ai membri del Consiglio di Sicurezza di adottare una dichiarazione comprovante la volontà condivisa di far luce sull’attentato di Salisbury, affidando l’inchiesta all’OPAC, nel rispetto delle procedure internazionali. Ma la Gran Bretagna si oppone a ogni testo che non contenga l’affermazione secondo cui la Russia sarebbe « probabilmente responsabile» dell’attacco.


Durante il dibattito che segue, la Gran Bretagna è rappresentata dal proprio incaricato d’affari, Johathan Allen. È un agente del MI6 [spionaggio per l’estero], che ha creato il servizio di propaganda bellica del Regno Unito e ha attivamente sostenuto gli Jihadisti in Siria. 

Allen dichiara: «La Russia ha già interferito negli affari di altri Paesi; si è già fatta beffe del diritto internazionale in Ucraina; disprezza la convivenza civile, come mostra l’attacco a un aereo commerciale sui cieli dell’Ucraina da parte di mercenari russi; ancora, la Russia difende l’uso da parte di Assad di armi chimiche (…). Lo Stato russo è responsabile di questo tentativo di assassinio». Il rappresentante permanente della Francia è François Delattre, che grazie a un decreto derogatorio del presidente Nicolas Sarkozy fu formato dal dipartimento di Stato degli USA. Delattre interviene per ricordare come il proprio Paese si sia fatto promotore di un’iniziativa per mettere fine all’impunità di coloro che usano armi chimiche. Lascia intendere che tale iniziativa, diretta contro la Siria, potrebbe rivolgersi anche contro la Russia.

L’ambasciatore russo, Vasily Nebenzya, ricorda che la seduta è stata convocata su richiesta di Londra, ma che è la Russia a volerla pubblica. Osserva che la Gran Bretagna viola il diritto internazionale giacché evoca questa vicenda al Consiglio di Sicurezza mentre tiene l’OPAC al di fuori dell’inchiesta. Rimarca che, se Londra ha potuto identificare il novitchok, è perché ne possiede la formula e può dunque fabbricarne direttamente. Ricorda ancora il desiderio della Russia di collaborare con l’OPAC, nell’ambito delle procedure internazionali.


15 marzo 2018

La Gran Bretagna diffonde una dichiarazione comune, firmata la vigilia insieme alla Francia, alla Germania, nonché a Rex Tillerson, all’epoca ancora segretario di Stato degli USA. Il testo fa proprio il sospetto britannico: denuncia l’uso «di una sostanza neurotossica di qualità militare, di un genere sviluppato dalla Russia». Afferma che è «altamente probabile che la Russia sia responsabile dell’attacco».

Il Washington Post pubblica un articolo d’opinione firmato da Boris Johnson, mentre il segretario statunitense al Tesoro, Steven Mnuchin, adotta nuove sanzioni contro la Russia. Queste non sono legate alla vicenda in corso, ma alle accuse di ingerenza nella vita pubblica degli Stati Uniti. Il decreto sanzionatorio fa tuttavia riferimento all’attentato di Salisbury, assunto a conferma dei comportamenti subdoli della Russia.


Il ministro britannico della Difesa, il giovane Gavin Williamson, dichiara che la Russia, alla luce dell’espulsione dei suoi diplomatici, dovrebbe «smetterla» (sic). Dalla fine della Seconda Guerra mondiale è la prima volta che il dirigente d’uno Stato membro permanente del Consiglio di Sicurezza ricorre a simili termini nei confronti di un altro membro del Consiglio. Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, commenta: «È un giovanotto affascinante che vuole sicuramente conquistare un posto nella Storia facendo dichiarazioni shock. [...] Ma forse gli difetta l’educazione ».


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Nel corso di tutta la sua storia, l’Inghilterra non ha mai esitato a mentire e a venir meno alla parola data pur di difendere i propri interessi. Di qui il soprannome francese di Perfida Albione (dal nome latino dell’Inghilterra).

Conclusioni

In soli quattro giorni la Gran Bretagna e i suoi alleati hanno creato le premesse di una nuova divisione del mondo, cioè d’una guerra fredda.

Ma è un fatto che la Siria non è l’Iraq e l’ONU non è il G8, dal quale peraltro la Russia è stata esclusa in seguito all’adesione della Crimea alla sua Federazione e al proprio sostegno alla Siria. Gli Stati Uniti non vogliono distruggere Damasco e la Russia non sarà esclusa dal Consiglio di Sicurezza. La Gran Bretagna, dopo essersi ritirata dall’Unione Europea e aver rifiutato di firmare la dichiarazione cinese sulla via della seta, pensava così di accrescere la propria statura politica eliminando un concorrente. Un colpo basso con il quale s’illudeva di conquistare una nuova dimensione, diventando la Global Britain annunciata da Theresa May. Ma, così facendo, la Gran Bretagna ha soltanto distrutto la propria credibilità.

Thierry Meyssan

Traduzione 
Rachele Marmetti

Il Cronista 

http://www.voltairenet.org/article200234.html

mercoledì 4 aprile 2018

Palermo, “posti di lavoro in cambio di voti”: ai domiciliari due esponenti di Noi con Salvini in Sicilia.

Palermo, “posti di lavoro in cambio di voti”: ai domiciliari due esponenti di Noi con Salvini in Sicilia

L'ex parlamentare regionale Salvino Caputo è stato arrestato insieme al fratello Mario, candidato all'Ars con il Carroccio. Nel 2013 Salvino fu il primo parlamentare a decadere in conseguenza della legge Severino dopo la condanna per tentato abuso d'ufficio. Giorgetti: "Possibile che abbiamo fatto qualche errore". Vozza: "Classe dirigente sostituita con condannati".

Chiedevano voti in cambio di posti di lavoro. Con questa accusa è stato arrestato l’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Monreale, Salvino Caputo, avvocato penalista e commissario straordinario per la  provincia di Palermo del movimento Noi con Salvini , la costola siciliana della Lega.  Ai domiciliari con lui anche il fratello Mario Caputo, candidato non eletto alle ultime elezioni regionali sempre con la Lega. Salvino Caputo nel 2013 era stato costretto a lasciare l’Ars dopo che nei suoi confronti era diventata definitiva una condanna a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio. L’ex parlamentare – ex militante di An  – fu il primo in Italia a dover lasciare il proprio scranno in conseguenza della legge Severino.
“Un anno fa venni sostituito proprio da Salvino Caputo alla guida del movimento per volontà di Alessandro Pagano, che mi scaricò in malo modo”, ricorda Francesco Vozza, ex responsabile palermitano della Lega che contestò a lungo la nomina di Caputo voluta dal coordinatore della Sicilia Occidentale di Noi con Salvini. “Temo che sia giunta l’ora di dire le cose per come stanno: Pagano ha ucciso un’intera classe dirigente emergente per sostituirla con condannati, riciclati e persone che in generale non c’entrano nulla col progetto di Matteo Salvini“, ha dichiarato Vozza. “Pertanto (e credo di poter parlare a nome di tantissimi militanti), da oggi non accetteremo più la leadership dell’onorevole Pagano – ha aggiunto l’esponente leghista – La Sicilia non merita questo schifo e come Lega avremmo dovuto importare il modello Zaia, non certo questa vergogna che porta proprio il nome di Pagano”.

L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari con la nuova accusa di voto di scambio è stata emessa dal gip di Termini Imerese su richiesta della procura. I carabinieri hanno arrestato anche Benito Vercio, 62 anni, indicato dagli investigatori come “procacciatore di voti nel termitano”. Nel corso delle indagini, la Procura della Repubblica avrebbe accertato dodici episodi di compravendita di voti in cambio di promesse di posti di lavoro o altre utilità, commessi da due degli arrestati insieme ad altri indagati.
Giancarlo Giorgetti, capogruppo della Lega alla Camera, ha commentato dicendosi “deluso e amareggiato”. “La magistratura faccia il suo lavoro, se ci sono delle colpe si condanni pesantemente”, ha aggiunto, “ma non credo che in Sicilia siano gli unici sospettati per questo reato”. Alla domanda se la Lega abbia imbarcato al Sud troppi esponenti della vecchia politica locale, il capogruppo risponde “è possibile che in alcune zone sia stato commesso qualche errore, in un percorso di crescita in zone problematiche. Ma la Lega che compra voti in Sicilia mi sembra una ricostruzione fantasiosa”.

Chi è Salvino Caputo – Caputo è un politico di lungo corso che ha militato sempre nelle fila del centrodestra. Ex attivista del Msi, per due volte sindaco di Monreale, è stato per quattro legislature deputato regionale eletto con An e Forza Italia prima e con il Pdl poi. Nella primavera scorsa, infine, l’approdo alla Lega con la nomina a commissario straordinario del movimento Noi con Salvini per i comuni della provincia di Palermo. Nel 2013 è decaduto da parlamentare dell’Ars: primo politico colpito dalla Severino. L’ex deputato cercò, secondo i giudici, di fare annullare alcune multe che i vigili urbani avevano contestato all’allora arcivescovo Salvatore Cassisa e ad alcuni suoi ex assessori quando era sindaco di Monreale. Fu la commissione Verifica dei poteri a sancire la decadenza di Caputo e nel 2015 la Corte d’appello confermò in via definitiva l’esclusione dall’Ars.
Anche a causa di questi precedenti, la nomina di Caputo da parte del coordinatore della Sicilia Occidentale Pagano, era stata appunto duramente contestata dal suo predecessore Vozza. “Non condivido la scelta di Pagano né nel metodo né nel merito. Se è normale nominare commissario un condannato in via definitiva per abuso d’ufficio, decaduto dall’Ars, allora smetto di fare politica. Ho avviato delle consultazioni con i vertici della Lega Nord per capire se Matteo Salvini è al corrente di questa nomina. Per quanto mi riguarda c’è un problema politico grande quanto una casa”, disse allora Vozza. Secca fu la replica di Pagano: “Tutto il movimento si stringerà attorno a Caputo con grande impegno, al fine di portare avanti il nostro progetto insieme a Salvini in tutto il territorio siciliano. Nella provincia di Palermo sarà il nostro punto di riferimento a livello organizzativo nei comuni che hanno imminenti scadenze elettorali”.
E fu così che la politica peggiore si appropriò dell'unica possibile risorsa di vita per avvantaggiarsene.
Il lavoro, pertanto, è un bene concesso, discrezionalmente, da pochi corruttori a pochi corrotti.
Per noi, pedine private di ogni diritto, è solo la conferma di ciò che già sospettavamo.
Ma è così viene interpretata ed applicata la democrazia in Italia.
(Se non sbaglio, però, il primo articolo della Costituzione non dice che la nostra è una Repubblica democratica fondata sul lavoro offerto dai partiti.....)

venerdì 30 marzo 2018

Soffiate in Consip, ancora guai per Lotti: confermate le accuse. - Marco Lillo e Valeria Pacelli

Due versioni – Luca Lotti,  fedelissimo di Matteo Renzi e deputato Pd.  – Ansa

Confronto con l’ex Ad Luigi Marroni che tira dritto: “Mi avvisò dell’inchiesta”. Il ministro indagato nega e ammette che ad agosto i due si incontrarono a Roma.

Tranquillo e documentato, il grande accusatore conferma ma precisa le sue accuse contro Luca Lotti. L’ex amministratore di Consip, Luigi Marroni, si è presentato alle 17 alla caserma dei Carabinieri del Reparto Operativo in via Inselci a Roma con un taxi. Con sé aveva una cartellina piena di documenti e mail. Riguardavano anche un incontro che interessava ai pm romani, quello in cui Lotti gli avrebbe svelato le indagini su Consip. Ieri c’era la Procura al gran completo a sentire i due protagonisti del caso, uno di fronte all’altro. Davanti al procuratore Giuseppe Pignatone, al sostituto Mario Palazzi e all’aggiunto Paolo Ielo, nel confronto teso con l’accusato, Marroni ha ricostruito l’incontro nel quale Luca Lotti – a suo dire – gli avrebbe rivelato l’esistenza delle indagini e delle intercettazioni.
Marroni era pronto a tirare fuori le mail tra le rispettive segreterie per fissare l’appuntamento ma non è stato necessario depositarle perché l’appuntamento non è stato negato nemmeno da Lotti. L’incontro c’è stato dunque ed è avvenuto a Largo Chigi, negli uffici della presidenza del consiglio. Durante l’incontro però, secondo Lotti, non si parlò dell’inchiesta napoletana su Consip.
La prima volta che Marroni fa il nome dell’ex ministro è il 20 dicembre 2016: quel giorno gli investigatori partenopei entrano negli uffici Consip perché Marroni sta facendo togliere le microspie piazzate su ordine dei pm napoletani Henry John Woodcock e Celeste Carrano. Marroni viene interrogato prima dai carabinieri del Noe e poi dai pm napoletani. Ai carabinieri dice: “Ho appreso in quattro differenti occasioni da Filippo Vannoni (presidente della fiorentina Publiacqua, ndr), dal generale Emanuele Saltalamacchia, dal presidente di Consip Luigi Ferrara e da Luca Lotti di essere intercettato”. Ferrara a detta di Marroni, gli disse di averlo saputo dall’ex Comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette. Versione che Ferrara, sentito dai pm romani, non conferma e verrà indagato per false informazioni ai pm. Marroni poi disse ancora ai carabinieri del Noe: “A luglio 2016 durante un incontro Luca Lotti mi informò che si trattava di un’indagine che era nata sul mio predecessore Domenico Casalino e che riguardava anche l’imprenditore campano Romeo. Delle intercettazioni ambientali nel mio ufficio l’ho saputo non ricordo se da Lotti o da un suo stretto collaboratore”.
Ai pm Woodcock e Carrano, nella sera del 20 dicembre 2016, aggiunge ancora: “Confermo che nel luglio 2016 l’onorevole Luca Lotti, che io conosco, mi ha detto di stare attento perché aveva appreso che vi era una indagine della Autorità Giudiziaria sull’imprenditore Romeo di Napoli e sul mio predecessore Casalino, dicendomi espressamente che erano state espletate operazioni di intercettazioni telefoniche e anche ambientali, mettendomi in guardia”.
Quel verbale di Marroni è stato precisato poi nei successivi due esami come persona informata dei fatti, davanti ai pm di Roma, a giugno 2017 e a gennaio 2018. Marroni ha confermato di essere stato avvertito da Lotti e ha tenuto fermo che Lotti gli parlò delle intercettazioni. Però non ha confermato che Lotti gli parlò precisamente di intercettazioni ambientali. Ecco spiegata la nota diffusa in serata da ambienti vicini a Lotti: “Il ministro Lotti ha ribadito la sua totale estraneità. Inoltre Marroni non ha fatto riferimento a cimici”. Anche il tempo della soffiata è stato precisato. Marroni aveva sostenuto che fosse avvenuta a luglio e aveva escluso il mese di agosto perché ricordava di essere in ferie. Però già nei due precedenti interrogatori, aiutandosi con le mail, ha datato la soffiata ai primi giorni di agosto, probabilmente il 3 agosto 2016, prima di partire per le vacanze.
Lotti ieri ha confermato l’incontro, ma ha negato di aver mai rivelato a Marroni alcunchè. La versione del ministro è la stessa del 27 dicembre 2016, quando si precipitò in Procura a Roma dopo che Il Fatto rivelò la sua inscrizione nel registro degli indagati per rivelazione di segreto e favoreggiamento: nulla sapeva Lotti e nulla poteva dire a Marroni. Versione ribadita ieri guardando in faccia il suo accusatore.
Adesso sarà la Procura di Roma a decidere chi mente, con evidenti conseguenze penali. Lotti rischia un processo per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio. Il manager rischierebbe l’accusa di calunnia.
L’ex senatore dell’Italia dei Valori Luigi Li Gotti è il legale che gli è stato vicino in questi momenti difficili. Marroni dopo le sue dichiarazioni è rimasto testimone ma ha perso il suo posto in Consip per mano del Pd. Li Gotti commenta: “Il tentativo di farlo passare come una persona mendace è radicalmente fallito. Marroni ha confermato quanto detto all’autorità giudiziaria ed è rimasto testimone”. E questa non è una buona notizia per l’indagato Luca Lotti.

Putin è davvero colpevole? Qualcosa proprio non torna nel caso Skripal. - Marcello Foà

caso Skripal

Siamo sicuri che ad avvelenare l’ex spia Skripal e sua figlia siano stati i russi? Ecco i dubbi dall'esame attento delle notizie uscite finora. Tanti punti che non tornano.

Siamo proprio sicuri che ad avvelenare l’ex spia Skripal e sua figlia siano stati i russi? Permettetemi di avanzare più di un dubbio esaminando con attenzione le notizie uscite finora. I punti che non tornano sono questi:

Primo. Qual è il movente? Quale l’interesse per Putin? Mi spiego: tutti riconoscono al presidente russo grande sagacia nel calibrare le sue mosse. Eccelle sia nella strategia che nella tattica. Da tempo sappiamo che gli Stati Uniti (i quali trainano l’Europa) sono impegnati in un’operazione di logoramento del Cremlino volto a ottenerne un riallinamento su posizioni filoamericane, che potrà essere ottenuto con certezza solo attraverso un cambio di regime ovvero con l’uscita di scena di Putin. Siccome una rivolta colorata è inattuabile, lo scenario è quello di rendere insostenibile il peso delle sanzioni e dell’isolamento internazionale, inducendo le élite russe a ribellarsi al presidente appena rieletto.

In questo contesto, ogni pretesto viene sfruttato per innervosire o indebolire Putin. Conoscendo l’obiettivo finale, bisogna chiedersi: ma che interesse aveva il presidente russo a tentare di eliminare un’ex spia, peraltro fuori dai giochi, ricorrendo al più spettacolare dei tentativi di omicidio, l’unico che – dopo la vicenda del polonio – tutto il mondo avrebbe attribuito al Cremlino? Ne converrete: non ha senso. Diplomaticamente sarebbe stato un suicidio, perché avrebbe offerto all’Occidente lo spunto per un’ulteriore campagna antirussa, che infatti si è puntualmente verificata, fino all’ultimo atto, l’espulsione coordinata dei diplomatici, a cui l’Italia dell’uscente Gentiloni si è accodata benchè  avrebbe potuto – e proceduralmente dovuto – astenersi. No, Putin non è leader da commettere questi errori.

E veniamo al secondo punto, che riguarda il rumore mediatico e il furore delle accuse.  Non dimentichiamolo, la comunicazione è uno strumento fondamentale nell’ambito delle guerre asimmetriche (tra l’altro è il tema che tratto nel mio ultimo saggio “Gli stregoni della notizia. Atto secondo“). Quando il rumore mediatico è assordante, univoco, esasperato, le possibilità sono due: le prove sono incontrovertibili (ad esempio l’invasione irachena del Kuwait) o non lo sono ma chi accusa ha interesse a sfruttarle politicamente, il che può avvenire solo se le fonti supreme – ovvero i governi – affermano la stessa cosa e con toni talmente urlati e assoluti da inibire qualunque riflessione critica, pena il rischio di esporsi all’accusa di essere “amici del dittatore Putin”.

Se analizziamo attentamente le dichiarazioni del governo britannico, notiamo come la stessa premier May continui a dire che “è altamente probabile” che l’attentato sia stato sponsorizzato dal Cremlino. Altamente probabile non significa sicuro, perché per esserne certi bisognerebbe provare l’origine del gas, cosa che è impossibile in tempi brevi. E nel comunicato congiunto diffuso ieri da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania si ribadisce che si tratta di «agente nervino di tipo militare sviluppato dalla Russia», che farebbe parte di un gruppo di gas noto come Novichok concepito dai sovietici negli anni Settanta. Ma sviluppato non significa prodotto in Russia. Se non è stato usato questo verbo – o un sinonimo, come fabbricato – significa che gli stessi esperti britannici non hanno prove concrete a sostegno della tesi della responsabilità russa, che pertanto andrebbe considerata come un’ipotesi investigativa. Non come un verdetto. Anche la semantica, in frammenti ad alta emotività come questi, è indicatrice e dovrebbe allertare la stampa, che invece non mostra esitazioni.

Eppure di ragioni per mostrarsi più cauti ce ne sono molte. Vogliamo ricordare le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein? Ma esempi in tempi recenti non mancano.  L’isteria accusatoria di queste ore ricorda quella delle “prove incontrovertibili” del 2013, secondo cui Assad aveva sterminato col gas 1300 civili, fra cui molti bambini. Scoprimmo in seguito che a usare il gas furono i ribelli per provocare un intervento della Nato. O, sempre in Siria, nel 2017 quando Amnesty e il Dipartimento di Stato denunciarono l’esistenza di un forno crematorio in cui venivano bruciati i ribelli, rivelazione che indignò giustamente il mondo ma che venne smentita dopo un paio di settimane dallo stesso governo americano.

Sia chiaro: nessuno sa chi abbia attentato alla vita di Skipal e di sua figlia e nessuna ipotesi può essere esclusa. Ma la propaganda è davvero assordante e i precedenti, nonché l’esperienza, suggeriscono maggior cautela. E un sano scetticismo: perché Putin sarà, per la grande stampa, “cattivo” ma di certo stupido non è.