Da un po’ di tempo non si avevano notizie di Guido Bertolaso, indimenticato capo della Protezione civile e commissario straordinario multiuso per terremoti, inondazioni, giubilei, frane, slavine, valanghe, visite papali, smottamenti, incendi boschivi, mondiali di ciclismo, emergenze rifiuti, eruzioni vulcaniche, aree marittime, relitti navali, grandi eventi, rischi bionucleari, aree archeologiche, G8, epidemie di Sars e tutte le calamità naturali possibili e immaginabili, tranne la più perniciosa: lui. Le ultime cronache, dopo la sfortunata autocandidatura a sindaco di Roma (respinta persino dai compari forzisti), lo davano impegnato in Africa, con gran sollievo per il popolo italiano, meno per quelli africani. Ieri l’ha intervistato Radio Capital, gruppo Espresso, al TgZero (così chiamato per il suo livello di credibilità) in veste di aspirante salvatore della Capitale. È lo stesso gruppo che ai bei tempi pubblicava inchieste sui disastri di Bertolaso: tipo quella di Fabrizio Gatti sui 400 milioni buttati nelle grandi opere alla Maddalena, in vista di un G8 che non si tenne mai perché proprio 10 anni fa venne dirottato fra le macerie dell’Aquila appena terremotata.
TgZero chiede a Bertolaso cosa ne pensi di due frasi che io non ho mai né pensato né pronunciato: “C’è un complotto dietro a tutti i disservizi, come sostiene Travaglio?”. “Travaglio dice che per le scale mobili della metro guaste c’è un sistema criminale spaventoso che sta reagendo perché non è più padrone come in passato”. Io non ho mai parlato di “complotti dietro i disservizi” né di poteri criminali dietro le scale guaste. Ho risposto su La7 a una domanda di Giletti che un conto sono gli errori della giunta Raggi e gli scandali nella Capitale, un altro sono gli strani incendi agli impianti di smaltimento rifiuti (i due maggiori dati alle fiamme in tre mesi), i falò di cassonetti (oltre 600 in due anni), gli autobus anche nuovi in fiamme (60 in un anno e mezzo), i guasti concomitanti alle scale mobili in svariate stazioni della metro (20 in pochi mesi). Ma soprattutto i tre bandi di gara per la raccolta rifiuti andati deserti (due nel 2018, da 105 e 188 milioni, uno nel 2019 da 225 milioni): mentre gli imprenditori chiedono investimenti per lavorare, com’è che nessuna impresa concorre a quelle lucrose commesse? Non il presunto complottista Travaglio, ma l’Antitrust ipotizza “un accordo tra le parti volto ad astenersi dalle gare, con la conseguenza che i medesimi servizi sono stati acquisiti da Ama a trattativa privata e a condizioni economiche più onerose” per la municipalizzata e più vantaggiose per i privati.
Non il complottista Travaglio, ma il ministro dell’Ambiente Sergio Costa definisce “avvertimenti che conosco bene dalla Terra dei Fuochi” gli incendi agli impianti dei rifiuti. E non il complottista Travaglio, ma la Procura di Roma ipotizza un unico disegno criminale dietro i roghi ai Tmb del Salario e di Rocca Cencia. L’ha scritto proprio Repubblica (stesso gruppo di Radio Capital) il 28 marzo: “Ama, pochi dubbi dei pm: unica regia dietro i due roghi”, “Emergenza rifiuti, verso l’unificazione dell’inchiesta su Tmb Salario e Rocca Cencia”, “C’è una regia unica per gli incendi Ama. I tecnici: sono dolosi”. Ma evidentemente a Radio Capital, oltre all’Espresso, non leggono neppure Repubblica. E preferiscono attribuirmi cose mai dette per regalare un assist a Bertolaso. Questo impunito, nel senso etimologico del termine, mette tutto insieme – errori, colpe, inefficienze, disservizi e sabotaggi criminali – per darmi del “buffone” (lui a me!) e alla Raggi della “totale incapace”. Il che è possibile, forse probabile. Ma non spiega l’impressionante catena di eventi dolosi, difficili da ascrivere alla sindaca. E poi: da qual pulpito. Se c’è un amministratore indubitabilmente più disastroso della Raggi, è proprio Bertolaso: tutti ricordano Napoli sommersa da cumuli di rifiuti ad altezza uomo, ma forse dimenticano – almeno a Radio Capital – chi era il commissario straordinario: Bertolaso, nominato da Prodi, fuggito per flop e richiamato da B. con una maleodorante scia di scandali e arresti.
Dall’alto di quella e di molte altre catastrofi, questo bel tomo sfodera l’intero repertorio dei luoghi comuni: perfino i topi, che lui pensa siano arrivati a Roma con i 5Stelle, invece fanno parte del paesaggio da secoli (“non c’è trippa per gatti” è una frase di Ernesto Nathan, mitico sindaco tra il 1907 e il 1913, che tagliò i fondi comunali del cibo per gatti, nella speranza che andassero a caccia dei topi, i quali spadroneggiavano pure in Campidoglio rosicchiando i documenti in uffici e archivi). Poi annuncia la sua panacea per tutti i mali: “Appena questi si toglieranno di torno, vedrete che Roma tornerà ad essere la bellezza che era un tempo”. Magari col bollito Bertolaso sindaco, che ce la restituirà più bella e più superba che pria. Tipo la Maddalena con le grandi opere inutili di Bertolaso e della nota Cricca di Balducci, Anemone&C. che cadono a pezzi fra le sterpaglie. Tipo Napoli con la monnezza più alta del Maschio Angioino. Tipo L’Aquila, in macerie a 10 anni dal sisma. Ora voi capirete che prendersi del “buffone” da un simile soggetto, quello che andava con la scorta a farsi “massaggiare” gratis al Salaria Village dell’appaltatore personale Anemone mentre il Tevere esondava, è un po’ troppo. Dunque Bertolaso verrà denunciato, come lui provò a fare con me e il Fatto tentando di spillarci 100 mila euro, invano. In quella causa, oltre a stabilire che avevo “riportato fedelmente alcuni fatti” e “notizie vere”, il giudice ritenne “temeraria” la sua lite e lo condannò a risarcire me, Padellaro e il Fatto con 6 mila euro, più 5 mila di spese. Visto che ha nostalgia del tribunale, ci rivediamo lì.