Visualizzazione post con etichetta Appendino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Appendino. Mostra tutti i post

mercoledì 27 gennaio 2021

Giustizia gratta e vinci. - Marco Travaglio

 

Le “rivelazioni” dell’ex pm Luca Palamara nel libro-intervista con Alessandro Sallusti, al netto delle balle, possono stupire tutti, fuorché i lettori del Fatto. Che dalle nostre cronache hanno potuto seguire passo passo, non fuori tempo massimo, la sistematica demolizione di tutti i pm non allineati al sistema per mano delle cosche correntizie e dei loro mandanti politico-istituzionali: Scarpinato, Ingroia, Di Matteo, De Magistris, Nuzzi, Apicella, Verasani, Forleo, Woodcock, Robledo, De Pasquale, Esposito e altri, fino alla defenestrazione di Davigo dal Csm. È la stessa logica delinquenziale che in questi giorni orienta la congiura per cacciare Conte e riconsegnare il Paese ai soliti ladri con la benedizione dei loro giornaloni. La magistratura di Mani Pulite e della Primavera di Palermo è diventata un’altra cosa: non più l’istituzione sana rappresentata dai Borrelli, i Caselli, i D’Ambrosio, i Maddalena, i Guariniello che oscuravano poche mele marce; ma un’entità indistinta dominata da burocrati, carrieristi, correntisti, menefreghisti, in cui si annidano pochi magistrati che si ostinano a compiere il proprio dovere a proprio rischio e pericolo. Le indagini non fatte o mal fatte superano di gran lunga quelle svolte a regola d’arte, molte sentenze sembrano terni al lotto e la giustizia – con le dovute eccezioni – si riduce a gratta e vinci. Le “riforme” e i “moniti” finalizzati a non disturbare i manovratori, sono riusciti là dove la guerra di B. aveva fallito: a “mettere in ginocchio i magistrati” (Davigo dixit) come negli anni 50, 60 e 70, quando la giustizia era forte coi deboli e debole coi forti.

Oggi è prevista la sentenza del processo a Chiara Appendino, una delle sindache più oneste e perbene mai viste. Risponde di omicidio e lesioni colpose per la tragedia di piazza San Carlo del 3 giugno 2017, quando – durante la proiezione sul maxischermo della finale di Champions Juventus-Real Madrid – due donne morirono e 1500 persone furono ferite nel fuggifuggi scatenato da una banda di rapinatori armati di spray al peperoncino, scambiati per terroristi bombaroli. La più classica delle disgrazie imprevedibili e inevitabili, come può testimoniare il sottoscritto, che accorse in piazza a recuperare sua figlia ferita. Molti dei feriti, fra cui lei, erano caduti nella calca su un tappeto di vetri rotti, cioè di bottiglie di birra che incredibilmente la polizia aveva consentito venissero vendute da abusivi nella zona transennata. Soltanto in seguito si scoprì la banda dello spray urticante che aveva scatenato il panico, i cui membri sono già stati condannati per omicidio preterintenzionale. Resta da capire che senso abbia ormai il processo alla sindaca.

E che avrebbe potuto fare la Appendino per evitare l’accaduto se non, col senno di poi, vietare la manifestazione? Cosa che ovviamente non le venne in mente di fare, non potendo prevedere l’imprevedibile. La stessa piazza era stata concessa ai tifosi l’anno prima per la finale Juve-Barcellona dall’allora sindaco Piero Fassino pochi mesi dopo le stragi Isis a Parigi, e con gli stessi protocolli di sicurezza. Eppure oggi l’Appendino rischia 1 anno e 8 mesi (tanti ne ha chiesti il pm), che andrebbero ad aggiungersi ai 6 mesi per falso rimediati a ottobre in un altro processo kafkiano: quello sul “caso Ream”. Breve riepilogo: nel 2012 la giunta Fassino contrae uno strano debito con la società Ream, che versa al Comune una caparra di 5 milioni per avere il diritto di prelazione su un’area destinata a centro congressi. Nel 2013 il progetto viene aggiudicato a un’altra società, anche perché incredibilmente Ream ha versato la caparra senza partecipare alla gara. E i 5 milioni vanno restituiti. Ma la giunta Fassino non paga. E, ai solleciti di Ream, risponde che ridarà i soldi solo quando il vincitore della gara avrà la concessione e il Tar avrà sentenziato sul ricorso di una ditta esclusa. Nel 2016 arriva la Appendino e, trovando le casse vuote, tratta con Ream per rinviare la restituzione dei 5 milioni, che intanto restano fuori bilancio, tantopiù che l’affare è sempre fermo al Tar. Ma i capigruppo di opposizione, il leghista Morano e il pd Lorusso (compagno di chi ha contratto e non saldato il debito), la denunciano.

L’Appendino viene indagata per due abusi e due falsi (sui bilanci 2016 e 2017), ma rivendica la scelta, stanti le trattative con Ream per rinviare il pagamento: tant’è che poi ottiene di effettuarlo nel 2018 e iscrive il debito nel bilancio di quell’anno, col via libera della Corte dei Conti. La Procura però, malgrado il centro congressi sia rimasto bloccato al Tar fino all’autunno 2020, sostiene che l’aggiudicazione si fosse perfezionata già quattro anni prima, dunque la caparra andasse iscritta a bilancio e restituita nel 2016. Alla fine il gup, con rito abbreviato, condanna la sindaca, sia pure solo per il falso del 2016: 6 mesi per aver favorito il suo Comune iscrivendo un debito atipico nel bilancio 2018 anziché 2016. Nelle motivazioni, a tratti esilaranti, si legge che il dolo che fa dell’errore un reato è dimostrato anche dagli esposti di Lorusso e Morano (nel frattempo condannato in appello a 2 anni e 4 mesi per induzione indebita): cioè degli oppositori della sindaca. L’altroieri, con comodo, la Procura ha indagato Fassino per turbativa d’asta sulla folle caparra del 2012. Tanto è tutto prescritto. A questo punto, spiace dirlo, ma è sempre più arduo distinguere la giustizia dalla burla.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/27/giustizia-gratta-e-vinci/6079517/

mercoledì 14 ottobre 2020

Eccesso di coerenza. - Marco Travaglio

 

Quattro anni fa, quando Roberto Giachetti si candidò a sindaco di Roma ed escluse dalle liste l’ambientalista Nathalie Naim perché imputata per diffamazione ai danni dei bancarellari abusivi, scrivemmo che c’è un limite anche alla coerenza: le “liste pulite” sono un dovere civico, ma bisogna sempre verificare i fatti alla base di un’imputazione e anche di una condanna. Se sono criminali, o soltanto immorali, o scorretti e dunque incompatibili con i requisiti di “disciplina e onore” prescritti dalla Costituzione per chi ricopre pubbliche funzioni, è giusto non candidare chi li ha commessi o, se è già stato eletto, cacciarlo dal partito e dalla carica. Altrimenti nessun problema. Solo così la politica può affermare il suo “primato”: non coprendo gli amici da ogni delitto e rinfacciando ai nemici condotte meno gravi; ma decidendo autonomamente e chiaramente cosa si può fare e cosa no, a prescindere dai processi penali che seguono altre logiche e regole, e poi risponderne ai cittadini. Non tutto ciò che è reato è immorale e non tutto ciò che è immorale è reato.

Lo ripetiamo anche oggi, alla notizia che Chiara Appendino, dopo la condanna a 6 mesi in primo grado per falso ideologico, si è autosospesa dal M5S e ha deciso “per coerenza” di non ricandidarsi a sindaca di Torino. Convinta di ribaltare quel verdetto in Appello, ma sa bene che – sebbene abbia scelto il rito abbreviato – la sentenza non arriverà mai prima dell’estate, quando la città tornerà alle urne. È un gesto tanto nobile quanto raro, anzi unico. Ma a noi pare un eccesso di coerenza. E i 5Stelle, impegnati in mille beghe su questioni molto più secondarie e trascurabili, dovrebbero affrontare la faccenda subito, per affidarla ai probiviri e aggiornare il loro Codice etico, ancora troppo rigido e dunque inefficace. Giusto allontanare i condannati, anche in primo grado, per reati gravi, qual è certamente sulla carta il falso. Ma l’ultima parola deve sempre spettare ai probiviri, dopo aver esaminato i fatti. Che, per l’Appendino, sono a dir poco kafkiani. Nel 2012 la giunta del Pd Piero Fassino contrae un debito con una società privata, la Ream, che versa al Comune una caparra di 5 milioni per avere il diritto di prelazione sull’area ex Westinghouse, interessata da un progetto di riqualificazione e rilancio con un mega-centro congressi. Nel 2013 il progetto viene aggiudicato a un’altra società e i 5 milioni vanno restituiti. Ma la giunta Fassino non paga. E, ai solleciti della Ream, risponde nel 2014 e nel 2015 che ridarà i soldi solo al termine delle procedure per l’aggiudicazione della concessione al vincitore della gara, bloccate dal ricorso al Tar di un concorrente escluso.

Nel 2016 arriva la Appendino e si ritrova pure quel debito. Siccome le casse sono vuote e si rischia il pre-dissesto, la nuova giunta 5Stelle apre una trattativa con Ream per rinviare la restituzione dei 5 milioni, che nell’attesa restano fuori bilancio, tantopiù che il centro congressi è sempre bloccato al Tar. Ma i capigruppo di opposizione, compresi i partiti di centrosinistra che non hanno mai restituito un centesimo, presentano un esposto in Procura contro la Appendino. Così la sindaca viene indagata per due abusi d’ufficio e due falsi (sui bilanci 2016 e 2017), insieme al capo di gabinetto Paolo Giordana e all’assessore al Bilancio Sergio Rolando. I tre rivendicano la scelta, viste le trattative in corso con Ream per rinviare il pagamento: tant’è che poi ottengono di restituire i soldi nel 2018 e infatti iscrivono il debito, d’intesa con Ream, nel bilancio 2018. E la Corte dei Conti dà loro ragione nella relazione al rendiconto 2016 e al bilancio di previsione 2017-’19, entrambi approvati come ineccepibili, smontando la tesi contraria dei revisori dei conti: la caparra poteva non essere registrata nei “debiti fuori bilancio”. Ma la Procura la pensa diversamente, arrivando a sostenere che, siccome Ream continuava a chiedere indietro i soldi, non c’era alcuna trattativa col Comune; e che, malgrado il centro congressi sia rimasto bloccato al Tar fino al mese scorso, l’aggiudicazione si era perfezionata già quattro anni prima, nell’autunno 2016. Dunque la caparra andava iscritta a bilancio e restituita nel 2016.
Alla fine il gup, con rito abbreviato, assolve gli imputati dai due abusi e dal falso del 2017, ma li condanna per il falso del 2016. In soldoni, la Appendino viene condannata per aver favorito il suo Comune iscrivendo un debito atipico nel bilancio sbagliato: quello del 2018 anziché quello del 2016. Si vedrà in Appello e in Cassazione se ha sbagliato lei o il Gup: se la sentenza sarà confermata, la sindaca avrà sbagliato una posta di bilancio; se sarà annullata, i pm e il gup avranno preso una cantonata. Ma, per la reputazione della Appendino e per il suo futuro politico e amministrativo, non cambierà nulla: nel peggiore dei casi, avrà commesso un errore, peraltro avallato dalla Corte dei Conti. E non nell’interesse proprio, ma della sua città. Non ha rubato, mafiato, truffato, sperperato, abusato del suo potere a fini personali. E neppure il suo più acerrimo nemico può accusarla di condotte men che cristalline. Un movimento che ha a cuore l’onestà dovrebbe annullare la sua autosospensione e spingerla a ricandidarsi. Non malgrado la sentenza, ma alla luce della sentenza. Non per la presunzione di innocenza, ma per la certezza di onestà.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/14/eccesso-di-coerenza/5965304/

giovedì 4 aprile 2019

Minacce ai sindaci e sabotaggi agli impianti pubblici. Chi sta perdendo i privilegi sta alzando il tiro. - Davide Manlio Ruffolo



Il pacco bomba alla sindaca di Torino è solo l’ultima intimidazione di una serie infinita per i sindaci M5S. A Roma non c’erano mai stati tanti incendi e sabotaggi. Così verrebbe da dire che l’onestà e il cambiamento presentano il conto. Il sistema che si è nutrito per decenni nell’illegalità sta alzando il tiro, e non ci vuole certo un detective per capire che quello che sta succedendo da Nord a Sud è una rivolta, e non solo della criminalità organizzata, ma anche di imprenditori senza scrupoli e di quel malaffare che vede in bilico i suoi interessi. Un sistema marcio fino al midollo che non intende arrendersi al nuovo, alla rivalsa popolare, alla promessa di pulizia che un manipolo di consiglieri comunali e alcuni sindaci – con la Raggi e l’Appendino a fare da parafulmine su tutti – stanno provando a mantenere. Una partita non facile.
A Roma basti vedere la questione rifiuti con le sue pesanti carenze infrastrutturali. Naturale che qualcuno pensasse di risolvere il problema con i soliti modelli: discariche e inceneritori. tutto l’opposto della sindaca Virginia Raggi che mira al riciclo e all’economia circolare. Un nuovo modo di guardare al futuro che si è schiantato sullo strano incendio di entrambi gli impianti dell’azienda pubblica Ama, quello di via Salaria e quello di Rocca Cencia, sicuramente di origine dolosa, come accertato dalla Procura. E per rendere il messaggio più chiaro, anche 600 cassonetti dell’immondizia sono stati dati alle fiamme.
Numeri troppo grandi per credere nella casualità. Così mentre la vecchia politica risolveva ogni problema con gli affidamenti diretti, ossia senza passare per una gara pubblica, M5S ha scelto di fare l’esatto opposto mirando a togliere i privilegi acquisiti da pochi e in modo opaco, aprendo alla concorrenza e al benessere. Un discorso logico che fatica ad imporsi nella realtà. E non per incapacità delle amministrazioni, come qualcuno imputa ai grillini, quanto perché si vanno a toccare interessi privati. E questi fanno in modo che le gare vengano disertate così da creare una situazione emergenziale che fa tornare agli affidamenti diretti. Ma tutto ciò non può e non deve succedere.
Parliamo di sistemi di potere incancreniti che pur di opporre resistenza al cambiamento, manipolano l’informazione e gli stessi cittadini. Basti pensare alle manifestazioni pro Tav che, in barba ad un’analisi costi benefici che giudica il progetto disastroso, sembrano convocate per perseguire interessi di pochi anziché quello generale della nazione. Miliardi di euro che il Movimento Cinque Stelle vorrebbe spendere per cose concrete come l’edilizia scolastica o la lotta al dissesto idrogeologico. E invece no, qualcuno, tanto in Italia quanto nell’Unione europea, vuole che la pioggia di denaro si riversi sulla Torino-Lione. Forse non si può parlare di una regia unica dietro ai tanti sabotaggi subiti da M5S ma siamo in presenza di un sistema di potere che sta reagendo.
Fenomeni che non risparmiano neanche la politica dove capita che qualche manina spunti dal nulla per alterare una legge e favorire specifici interessi. Senza dimenticare le minacce ricevute da Virginia Raggi, specie nel periodo degli sgomberi dei Casamonica, o, peggio, i pacchi bomba indirizzati alla sindaca di Torino Chiara Appendino. Insomma basta unire i punti per rendersi conto che M5S è sotto assedio per il suo voler imporre una rivoluzione culturale che a qualcuno non va giù. Un cambiamento epocale che solo tenendo la barra dritta, nonostante il mare in tempesta, potrà portare, anzi porterà, ai risultati sperati.