Immagine del sistema binario che contiene la nana bruna Gj 504 B (ingrandita nel riquadro in alto), ottenuta dalla telecamera Nirc2 del telescopio Keck II. La stella è lontana circa 40 volte la distanza terra-sole dalla sua stella ospite (la cui posizione è contrassegnata da una “x”) e ha un periodo orbitale di circa 240 anni. Il team è stato in grado di tracciare parte dell’orbita per vincolarne la forma. Crediti: Brendan Bowler (UT-Austin) / WM Keck Observatory
Le chiamano stelle fallite, una classe di oggetti più massicci dei pianeti giganti – hanno masse comprese tra le 13 e le 75 masse gioviane – non abbastanza, però, da accendere la fusione nei loro nuclei per brillare come vere stelle. Sono le nane brune, stelle per le quali oggi, attraverso imaging diretto, è possibile distinguerne la loro natura stellare in un sistema binario da quella di un pianeta con il quale condividono diverse caratteristiche, compresa la bassa luminosità. Tuttavia, il loro meccanismo di formazione, e ciò che lo differenzia rispetto a quello di esopianeti giganti gassosi, non è ancora ben chiaro.
Adesso, una squadra di astronomi guidata da Brendan Bowler dell’Università del Texas, ad Austin, utilizzando la tecnica dell’imaging diretto con il telescopio Keck Observatory e il Subaru Telescope, nelle Hawaii, oltre a simulazioni al computer, è riuscito a venirne a capo. «Un modo per arrivare a questo è studiare la dinamica del sistema, ovvero guardare le orbite», afferma Bowler.
E proprio studiando le orbite che alcune nane brune ed esopianeti giganti gassosi compiono attorno alle loro stelle ospiti in 27 sistemi, il team ha trovato una differente eccentricità di queste orbite – una misura di quanto essa sia circolare o allungata – nei due tipi di oggetti. Secondo i ricercatori è la chiave per comprendere il differente meccanismo di formazione di questi compagni delle loro stelle ospiti. «Anche se questi compagni hanno milioni di anni, l’impronta di come si sono formati è ancora codificato nella loro eccentricità odierna», dice a questo proposito Eric Nielsen, ricercatore all’Università di Stanford e membro del team.
Utilizzando la telecamera nel vicino infrarosso Nirc2 del telescopio Keck II del Keck Observatory, nonché il telescopio Subaru, il team di Bowler ha prima scattato immagini di pianeti giganti e nane brune mentre questi orbitano attorno alle loro stelle.
Orbite di 9 dei 27 corpi celesti, tra nane brune ed esopianeti giganti gassosi, che Bowler e il suo team hanno ottenuto tramite simulazioni. Crediti: Brendan Bowler (UT-Austin)
A questo punto, considerato che questi oggetti sono così distanti dalle loro stelle ospiti che un’orbita può richiedere anche centinaia di anni, per studiare le loro orbite hanno utilizzato un software, chiamato orbitize!, che usa le leggi del moto di Keplero per identificare quali tipi di queste orbite siano coerenti con le posizioni misurate, e quali no.
Il codice – ovvero il software di simulazione – genera diverse possibili orbite per ciascun corpo celeste. In particolare, il leggero movimento di ogni pianeta gigante o nana bruna forma un insieme di possibili orbite. Più piccolo è l’insieme, più gli astronomi si avvicinano alla vera orbita del compagno. E più immagini dirette di ciascun oggetto possiedono mentre esso orbita, più perfezioneranno la forma dell’orbita.
«Piuttosto che aspettare decenni o secoli affinché un pianeta completi un’orbita, possiamo ottenere dati in intervallo temporale più breve con misurazioni di posizione molto accurate», spiega Nielsen. «Una parte di orbitize!, che abbiamo sviluppato appositamente per adattarsi alle orbite parziali, ci ha permesso di trovare orbite anche per i compagni di più lungo periodo».
Distribuzione dell’eccentricità orbitali di pianeti giganti e nane brune. Un valore di 0,0 corrispondente a un’orbita circolare, mentre un valore vicino a 1,0 è un’ellisse appiattita. Crediti: Brendan Bowler (UT-Austin)
Come si evince nel grafico accanto, il risultato principale di questo studio, pubblicato sulla rivista Astronomical Journal, è che le geometrie delle orbite per i pianeti giganti e per le nane brune sono significativamente diverse: circolari per i primi, più ellittiche per le seconde.
Dati che i ricercatori interpretano con un diverso meccanismo di formazione: dal disco appiattito di gas e polvere che ruotava attorno alla stella ospite, per i giganti gassosi; da uno dei addensamenti di gas e polvere in cui si è divisa una nube più grande prima di collassare, per le nane brune. L’altro addensamento ha poi formato la stella ospite di un sistema binario.
In futuro, campioni più grandi e un monitoraggio continuo dell’orbita aiuteranno i ricercatori a stabilire se queste distribuzioni di eccentricità siano correlate ad altri parametri come la massa della stella ospite, la molteplicità e l’età.