C’è chi come Stefania Pezzopane del Pd è pronta a vergare un emendamento per imporre la restituzione del malloppo e così togliere il Parlamento dal “verminaio” in cui è stato gettato. E chi, dopo il caso del bonus partite iva ottenuto da cinque o forse solo tre deputati in carica, attacca il governo, colpevole di non aver imposto un tetto al godimento dell’aiuto. Ma alla fine dei conti prevale il fronte di chi semplicemente vuol fare la pelle al presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Sulla graticola per la “fuga di notizie” che ha innescato un regolamento dei conti in piena regola. E che chiama in causa anche Nunzia Catalfo titolare del Lavoro che vigila sull’Istituto nazionale di previdenza nella bufera, da tempo tra i ministri in odore di sostituzione: la tentazione di prendere, come si dice, due piccioni con una fava è fortissima.
Ne sanno qualcosa dalle parti di Italia Viva che medita vendetta: accusa Tridico di una gestione da “barbari” dell’Inps per la gogna che si è scatenata dopo che pure un deputato renziano è finito nella lista dei furbastri di Montecitorio che avrebbero chiesto il bonus da 600 euro previsto nel Cura Italia. Il renziano vicepresidente della Camera, Ettore Rosato, dopo averne chiesto conto a ciascuno dei suoi (tutti hanno negato di aver anche solo fatto richiesta della provvidenza) è passato all’attacco chiedendo direttamente al presidente dell’Inps: “Ho sentito Tridico e mi ha rassicurato che nessun parlamentare di Iv ha incassato il bonus”. Episodio chiuso? Neanche per sogno perché nel frattempo tra le prime linee dei renziani c’è chi ne chiede le dimissioni con l’accusa di aver messo fango nel ventilatore oltre che aver provocato un danno alle istituzioni parlamentari oltre che all’Inps. Mentre le chat interne comunque ribollono attorno alla teoria complottista: Tridico in persona avrebbe additato Iv per vendicarsi delle rampogne che gli ha riservato in passato.
E la Lega? Dopo aver avviato un’indagine interna perché fin dal principio almeno tre deputati salviniani sono indicati come sospetti per aver richiesto il bonus, per tutta la giornata si è camminato sulle uova: il governatore del Veneto Luca Zaia ha usato la clava. Mentre Matteo Salvini, che all’inizio aveva pure adombrato l’eventualità che potesse trattarsi di un errore da commercialisti, ha minacciato sospensioni. “Forse era meglio parlare da subito di espulsioni” confessa un maggiorente del Carroccio. Certo “che si tratti comunque di due o tre deputati minori”.
I Cinque Stelle, dal canto loro, sono pronti a scaricare la “mela marcia”. Il reggente, Vito Crimi prende l’iniziativa di scrivere una e-mail a tutti gli eletti affinché rinuncino alla privacy ché sarebbe questa l’unica maniera per togliere Tridico dall’impiccio. Ma l’iniziativa ha suscitato più di un malumore e saranno diversi quelli che non risponderanno alla richiesta dei vertici del Movimento. Qualcuno inizia a dire che la scelta di fare i nomi è tutta politica: basta che il ministro Catalfo faccia la sua parte dando semaforo verde al presidente dell’Inps intenzionato, in caso contrario, a tenerseli nel cassetto. Insomma scoppia un caso anche tra i pentastellati.
Perché qualcuno fa presente che l’Anac addirittura prescrive, e fin dal 2013, la pubblicazione di tutti i soggetti che abbiano ricevuto provvidenze pubbliche con la sola eccezione dei dati “identificativi delle persone fisiche destinatarie dei provvedimenti in questione qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni circa lo stato di salute o la situazione di disagio economico-sociale degli interessati”. E non sembra proprio questo il caso dei parlamentari. D’altra parte invece c’è chi ritiene che pubblicare soltanto i nomi dei politici che hanno goduto del bonus cozzerebbe con la legge e forse pure con la Costituzione. Ad ogni buon conto il Garante della Privacy fa sapere che “non intende anticipare giudizi dal momento che il collegio potrebbe essere ufficialmente investito della questione”. Da chi? Dal governo se dovesse essere chiamato a rispondere in Parlamento. O da Tridico stesso.
Cosa che non servirà per chi si è già “autodenunciato”. È il caso di alcuni consiglieri comunali (tra i beneficiari del bonus ci sarebbero anche 2000 amministratori locali) come Anita Pirovano di Milano: “Noi consiglieri prendiamo solo un gettone di presenza. Io non vivo di politica a differenza dei parlamentari e dei consiglieri regionali”. O Jacopo Zannini eletto in comune a Trento e Francesco Rubini a Ancona. Ma poi lo rivendica pure il consigliere regionale di Forza Italia in Friuli Venezia Giulia Franco Mattiussi, titolare tra le altre attività di un hotel.
Sarebbe tutto più semplice se fossimo noi cittadini a pretendere di conoscere i nomi di chi ha, pur se legalmente, chiesto il bonus. Noi non dovremmo avere solo il dovere di andarli a votare, ma anche il diritto di conoscere il loro operato.
In ogni caso, questi nostri prescelti, profumatamente da noi pagati, hanno mostrato il loro vero volto: quello di chi, avendo vinto la lotteria di un "lavoro più che sicuro" molto ben retribuito anche se non si fa nulla, che dà diritto ad una pensione vita-natural-durante estendibile anche ai congiunti in caso di morte, anche se ci si è "impegnati" solo per un giorno, non intendono rinunciare alle mollichine che vengono elargite dal governo, sempre con i nostri soldi.
Questi sono là, dove noi li abbiamo messi, non per occuparsi di noi, ma per usufruire di tutti i benefici che i loro predecessori hanno costruito per rendersi la vita più facile, creando quelle differenze sociali tra noi e loro che la Costituzione indica di abolire.
Sono illegali, agiscono non in nome, ma contro ciò che è sancito dalla Costituzione.
by c.