mercoledì 19 agosto 2020

Coronavirus, le discoteche non riapriranno. Il Tar respinge il ricorso dei gestori. “Il loro interesse è secondario rispetto alla salute”.

Coronavirus, le discoteche non riapriranno. Il Tar respinge il ricorso dei gestori. “Il loro interesse è secondario rispetto alla salute”

A tutela delle aziende coinvolte, il giudice ha ricordato che è emersa la "comune volontà" di governo e Regioni di aprire "con immediatezza un tavolo di confronto con le Associazioni di categoria, al fine di individuare interventi economici di sostegno nazionale al settore interessato". Il presidente della Silb-Fipe: "Il no del tribunale è incentivo a feste in ville".

Niente da fare per discoteche e locali notturni: almeno per ora non riapriranno. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso presentato dai gestori contro l’ordinanza del ministero della Salute che, il 16 agosto scorso, ne ha disposto la chiusura a fronte dell’aumento dei contagi nel Paese. Lo ha deciso il presidente della terza sezione quater del tribunale amministrativo attraverso un decreto monocratico, in cui si legge che “nel bilanciamento degli interessi proprio della presente fase del giudizio, la posizione di parte ricorrente risulta recessiva rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto”. Specie se si tiene conto che dalla Conferenza Stato-Regioni, aggiunge il giudice, è emersa la “comune volontà” di aprire “con immediatezza un tavolo di confronto con le Associazioni di categoria, al fine di individuare interventi economici di sostegno nazionale al settore interessato”. Già fissata il 9 settembre l’udienza in camera di consiglio per la valutazione collegiale del ricorso.
Per il Tar, si legge ancora nel decreto, la tutela della salute “costituisce l’oggetto primario delle valutazioni dell’Amministrazione, caratterizzate dall’esercizio di un potere connotato da un elevato livello di discrezionalità tecnica e amministrativa in relazione alla pluralità di interessi pubblici e privati coinvolti e all’esigenza di una modulazione anche temporale delle misure di sanità pubblica nella prospettiva del massimo contenimento del rischio“. Parole che ribadiscono la necessità, da parte di Palazzo Chigi, di contenere la diffusione del virus anche a costo di danneggiare specifici settori economici. Negativa, invece, la reazione della Silb-Fipe (l’associazione di categoria dei gestori che aveva presentato il ricorso). “Fino al 7 settembre staremo chiusi e ora prolifererà l’abusivismo“, ha dichiarato il presidente Maurizio Pasca. “Siamo già in possesso di centinaia di video di feste abusive in ville che sfuggono a ogni controllo. In un filmato con giovani che addirittura si dichiarano positivi al Covid“. Parziale soddisfazione, invece, per il fatto che “è stato riconosciuto il danno subito”, aggiunge. “Motivo per cui il giudice monocratico ha rimandato la decisione finale a quello collegiale”.
Tutto è cominciato il 16 agosto, quando ministri e governatori delle Regioni si sono riuniti per decidere cosa fare delle discoteche dopo le immagini degli assembramenti registrati nel weekend di ferragosto. In quell’occasione si è deciso di adottare la linea dura, disponendo la chiusura dei locali su tutto il territorio nazionale (senza possibilità di deroga alle Regioni) e garantendo allo stesso tempo dei contributi economici agli operatori del settore. Uno schema che comunque non è andato giù ai gestori dei locali della movida, decisi sin da subito ad impugnare l’ordinanza del ministero e a chiederne la sospensione cautelare urgente. La loro linea poi è cambiata quando Maurizio Pasca del Silb Filp ha annunciato di essere disposto a “ritirare il ricorso” se ci sarà “un impegno serio per aiutare economicamente tutte quelle discoteche che non hanno più riaperto dal 23 febbraio”. Nonostante questo, ieri il ministro dello Sviluppo economico Patuanelli ha deciso di far saltare il vertice con le associazioni di categoria in attesa del pronunciamento del Tar. Ora la discussione potrà ripartire. Il nuovo incontro è atteso per oggi.

Discoteche. I gestori dichiarano solo 18 mila euro all’anno: cifre da Caritas. - Alessandro Robecchi

Nuovo decreto del governo: stop alle discoteche e mascherine nei ...
C’è sempre da diffidare quando si sente la formuletta facile che recita: “Trasformare un problema in un’opportunità”. Di solito si intende che la sfiga resta per molti, quasi per tutti (il problema), e pochi, pochissimi, colgono la palla al balzo per guadagnarci (la famosa opportunità). Insomma, mi scuso in anticipo se userò questa formuletta in modo un po’ libero, ma insomma, i tempi sono quelli che sono e quindi sì, potremmo tentare davvero di trasformare un problema in opportunità.
Caso di scuola: gli aiuti che lo Stato, giustamente, elargisce ai settori in difficoltà, sia ai lavoratori (la cassa integrazione e gli altri ammortizzatori) che alle aziende. Distribuiti a pioggia e senza troppi controlli nei primi mesi dell’emergenza Covid, sono diventati una coperta – corta, come sempre – che ognuno tira di qua e di là, sempre dalla sua parte, ovvio. Così la sora Meloni poteva tuonare “Mille euro a tutti”, dal bracciante a Briatore, e i capataz di Confindustria implorare di darli tutti a loro. Sono ben note le condizioni di partenza: una situazione drammatica mai vista, con il Paese chiuso, molte produzioni ferme, i lavoratori in casa, eccetera eccetera. Un errore, non aver messo limiti e paletti adeguati alla distribuzione di soldi, vero, e un’unica scusante abbastanza potente: la fretta e – appunto – l’emergenza. Poi si è scoperto che almeno il trenta per cento delle aziende ha fatto lavorare i dipendenti lo stesso, pagandoli con soldi nostri (la cassa integrazione invece dello stipendio), il che è stato quantificato come un furto di circa 2,7 miliardi, non un dettaglio, insomma. Questo il problema. Veniamo all’opportunità.
Il decreto di chiusura delle discoteche offre un buon esempio per la discussione. Attentato al libero mercato, dicono i gestori, con Salvini che si accoda, forse memore dei balletti con le cubiste del Papeete, e lady Santanchè che si fa riprendere mentre danza, si ribella, dice che la sua, di discoteca, non chiuderà. Tutto bellissimo. Poi vai a cercare qualche dettaglio ed eccolo qui. Proprietari e gestori di discoteche, a leggere gli studi di settore (quando ancora c’erano) e le dichiarazioni dei redditi degli anni successivi, non superano in media i 18.000 euro di reddito annui, un giro d’affari che sembrerebbe miserabile anche per una piccola salumeria. I titoli dei giornali se la prendono sempre con i gioiellieri che guadagnano meno delle loro commesse – un classico –, ma a giudicare dai dati del ministero dell’Economia (basta cercare “discoteche dichiarazioni dei redditi”) si direbbe che chi possiede una sala da ballo col bar, le luci abbaglianti, il dj, le cubiste e altre cose utili al divertimento, passi le sue giornate in fila alla Caritas, guidi una vecchia Panda del ’99 e mantenga la famiglia con meno di 1.200 euro al mese. Francamente, anche con molta buona volontà, è difficile da credere.
Ecco dunque l’opportunità: perché non cogliere l’occasione degli aiuti (sacrosanti, ripeto) per fare un serio controllo in alcuni (anche tutti) i settori economici? Intanto, ovvio, commisurare gli aiuti alle dichiarazioni dei redditi, dato che sarebbe pazzesco rimborsare oltre i guadagni dichiarati. E poi approfittare dei controlli per verificare le condizioni di lavoro: quali contratti? Quali inquadramenti professionali? Quanti lavoratori in nero? Possiamo vedere il cedolino di fine mese dei buttafuori o delle cubiste? I contratti dei dj? Coraggio, Inps, Inail, ministero del Lavoro! Trasformiamo un problema in un’opportunità!

Draghi di Nazareth. - Marco Travaglio

Draghi, la sua ricetta su giovani e debito pubblico. Un'agenda per ...
Essendo, comunque la si pensi, un personaggio di alta qualità, Mario Draghi ha il suo bel daffare a schivare il pressing dei cortigiani che lo vorrebbero presidente del Consiglio e/o della Repubblica, ministro, supercommissario a qualsiasi cosa, ma anche presentatore del festival di Sanremo e di Temptation Island. Ieri mattina, per dire, non aveva ancora parlato al Meeting di Rimini e già i giornaloni, pur non avendo la più pallida idea di ciò che avrebbe detto, si avventuravano in tumide esegesi del suo pensiero, tanto ignoto quanto messianico e salvifico. Il Messaggero, in orgasmo, titolava: “Draghi apre il Meeting: in campo se il governo va in stallo sui fondi Ue”, “Atteso un discorso ‘programmatico’ dall’ex presidente della Bce, che aveva già avvisato: bisognerà convivere con il debito” (ammazza che volpe). E la Repubblica, in estasi mistica: “Il Meeting di Rimini nel segno di Draghi: ‘Può indicarci la via’”, “Vittadini: ‘Ha una visione’” (come i tre pastorelli di Fatima; e pare che senta pure le voci, tipo Giovanna d’Arco).
Poi Supermario ha parlato e non ha detto assolutamente nulla, anche se l’ha detto benissimo. Si capiva che lo faceva apposta, onde evitare che qualcuno gli affibbiasse discorsi programmatici, autocandidature di qua e di là, indicazioni viarie, visioni, apparizioni, divinazioni, annunciazioni, poteri paranormali, sedute spiritiche, messaggi medianici. Anzi, per dirla tutta aveva l’aria di prendere per i fondelli i seguaci non richiesti, pronunciando ostentatamente una serie di banalità come Peter Sellers nei panni del giardiniere Chance in Oltre il giardino. “Fintantoché le radici non sono recise, va tutto bene, e andrà tutto bene, nel giardino”, “Prima vengono la primavera e l’estate, e poi abbiamo l’autunno e l’inverno. Ma poi torna la primavera e l’estate”, diceva Chance: e tutti arrotavano la bocca a cul di gallina per la profondità delle metafore politico-economiche. Ieri Draghi l’ha imitato alla perfezione. “Sono tempi di incertezza, di ansia e di riflessione. Ma non siamo soli e la strada si ritrova certamente”: accipicchia. “Come diceva Keynes, quando i fatti cambiano, io cambio le mie idee”: perbacco. “I sussidi sono una prima forma di vicinanza della società a chi è più colpito, ma servono a ripartire, non resteranno per sempre”: perdincibacco. “Ai giovani bisogna dare di più”: di Ruggeri-Morandi-Tozzi. “Non dobbiamo privarli del loro futuro”: ma non mi dire. “Nel secondo trimestre 2020 l’economia si è contratta a un tasso paragonabile a quello registrato nella seconda guerra mondiale”: ma va? “Investire nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione e nella ricerca”: apperò.
“Affrontare insieme le sfide che ci pone la ricostruzione”, da cui “l’Europa può uscire rafforzata”, ma solo se non dimentica che “la responsabilità si accompagna e dà legittimità alla solidarietà. Perciò questo passo avanti dovrà essere cementato dalla credibilità delle politiche economiche a livello europeo e nazionale”, anche perché – beninteso – “la situazione di oggi richiede un impegno speciale”: mecojoni. Circonfuso da cotanta studiata vaghezza, Supermario se è ripartito da Rimini supersoddisfatto, convinto di aver messo tutti nel sacco. Tiè. Ma, subito dopo, la cascata di bava e saliva tracimante dalle agenzie di stampa e dai social eccellenti (“Ascoltare Draghi”, “Agenda Draghi”, “Io sto con Draghi”, “Mai più senza Draghi”), si incaricava di dimostrare che ogni suo sforzo era stato vano: apostoli, discepoli, agiografi e prefiche continuavano a tallonarlo con aria estatica, le mani giunte e il passo a ginocchioni, adoranti e petulanti come i seguaci di Brian di Nazareth, il personaggio dei Monty Python inopinatamente scambiato suo malgrado per il Messia. “Dicci, maestro, dicci qualcosa!”. E lui: “Andatevene via!”. “E come dobbiamo andarcene?”. “E io che ne so, lasciatemi in pace”. “Dacci un segno!”. “Ma un segno ce l’ha già dato portandoci in questo posto!”. “Ma non sono io che vi ci ho portati, ci siete venuti da soli!”. “Maestro, il tuo popolo ha camminato molte miglia per stare con te, sono stanchi e non hanno mangiato!”. “E non sarà mica colpa mia!”. “Ma non c’è cibo su questa montagna desolata!”. “Bah, ci sono dei cespugli di ginepro laggiù”. “Miracolo! Ha riempito di frutti quei cespugli che hanno generato bacche di ginepro!”. “Certo che hanno generato bacche di ginepro: sono cespugli di ginepro!”. “Non ci vedevo e ora ci vedo!” (il tizio non vede una buca e ci casca dentro). “Miracolo del Messia!”. “Mi ha pestato un piede!”. “Miracolo! Pesta un piede anche a noi, Signore e Messia!”. “Non sono il Messia”. “Sì, sì, tu sei il Messia, io me ne intendo perché ne ho seguiti parecchi”. “Io non sono il Messia, come ve lo devo dire? Lo giuro su Dio!”. “Soltanto il vero Messia nega la sua divinità!”. “Cooosa? Ma così state cercando di incastrarmi! E va bene, allora sono il Messia”. “L’ha detto! È lui! È il Messia!”. Ora, per sfuggire a quest’orda di zecche bavose e appiccicose, Supermario ha una sola via d’uscita: la stessa di Brian di Nazareth che, sfinito dagli stalker, prorompe in un liberatorio “E adesso andatevene tutti affanculo!”. E quelli, dopo un ultimo disperato tentativo (“Quale via ci consigli, o Signore?”), finalmente si disperdono. Oggi però l’esito è tutt’altro che scontato: siccome non siamo nella Palestina di duemila anni fa, ma nell’Italia del 2020, c’è pure il caso che qualcuno scambi l’eventuale vaffa di Draghi per un’autocandidatura al posto di Beppe Grillo.

La prudente vaghezza dei nominati. - Antonio Padellaro

LA SUSSIDIARIETA' COME CRITERIO DI ORGANIZZAZIONE DI UNA SOCIETA ...

È confortante prendere atto dell’esistenza di un Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, composto da deputati e senatori di maggioranza (da Graziano Delrio Pd, a Ettore Rosato Iv), e di opposizione (da Mara Carfagna FI, a Fabio Rampelli FdI, ai leghisti Massimiliano Romeo e Giancarlo Giorgetti). Consola il fatto che la politica sappia manifestarsi agli occhi dei cittadini come dialogo tra diversi mettendo da parte, per una volta, risse e insulti. Dalla lettura del testo comune pubblicato ieri dal Corriere della Sera abbiamo ricavato tre considerazioni. La prima, se non abbiamo saltato qualche firma riguarda l’assenza di rappresentanti del M5s (c’è il deputato Paolo Lattanzio, eletto con i grillini ma poi passato al gruppo Misto). Sarebbe interessante capire se alla base della non presenza nell’Intergruppo di rappresentanti del gruppo parlamentare più numeroso vi sono ragioni insuperabili, e quali. Una seconda considerazione concerne il merito del documento nel quale più che di Sussidiarietà (principio secondo il quale, se un ente inferiore è capace di svolgere bene un compito, l’ente superiore non deve intervenire ma può eventualmente sostenerne l’azione) si critica “il ricorso continuativo dei Dpcm” da parte del premier Giuseppe Conte durante la pandemia. Poiché “la Costituzione non prevede un diritto speciale per lo stato d’emergenza”. Terzo punto: “ è sotto gli occhi di tutti la necessità di una riforma che renda più decisivo il rapporto tra rappresentanti e rappresentati”, scrivono i parlamentari, lamentando che “al legislatore manca l’energia che viene dal basso”. Giudizio condivisibile se non rimanesse nel cielo dei buoni propositi ma senza sporcarsi le mani con una proposta concreta e terrena. Per esempio, quale “energia dal basso” può scaturire da un Parlamento di nominati, che devono rendere conto a chi li ha nominati, senza correre il rischio di non essere più nominati? Se questo è il problema era così difficile dichiararlo senza girarci attorno? Oppure tanta prudente vaghezza ha a che fare con il noto principio del non disturbare il manovratore (o se vogliamo il nominatore)? Del testo in questione si parlerà al Meeting di Rimini di CL , il 21 agosto. E forse questo spiega tutto.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/08/19/la-prudente-vaghezza-dei-nominati/5903890/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-08-19#

La politica del terrore. Massimo Erbetti

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A chi giova la politica del terrore? Si accusa il governo di allarmismo, di trasmettere paura ai cittadini, di renderli schiavi adottando misure restrittive non necessarie...la mascherina? Una museruola...la chiusura delle discoteche? Una punizione per i giovani...il distanziamento sociale? Un disegno per renderci "pecore".
Ma siamo certi che sia il Governo ad adottare la politica del terrore?
Adesso cerchiamo di capire chi realmente adotta la politica del terrore, analizzando alcuni post e dichiarazioni che circolano in internet:

1)“Il 14 settembre io non autorizzo nessun personale della scuola ad isolare i miei figli se dovessero presentare improvvisamente qualche linea di febbre. Nessun personale sanitario può prelevare i miei figli da scuola in mia assenza traumatizzandoli. Non firmerò nessun foglio di autorizzazione che prevede questo tipo di trattamento.
Fino alla maggiore età io genitore sono l’unico tutore dei miei figli. Modificate queste direttive o i figli ce li teniamo a casa!!!!!copiate e incollate tutti!!i nostri figli non sono animali“.
QUESTA NOTIZIA È FALSA, non esiste nessuna direttiva del genere, sfido chiunque a trovarla.

2)
- Migranti, l’accusa di Salvini al governo: “Importa infetti per prorogare stato di emergenza”
QUESTA NOTIZIA È FALSA e a dirlo non sono io ma i fatti:
«Altro che migranti, il problema sono i vacanzieri»... «il 25-40% dei casi sono stati importati da concittadini tornati da viaggi o da stranieri residenti in Italia». E i migranti, tema caro alla destra italiana? «Il contributo dei migranti, intesi come disperati che fuggono, è minimale, non oltre il 3-5% è positivo e una parte si infetta nei centri di accoglienza dove è più difficile mantenere le misure sanitarie adeguate». Insomma, non costituiscono un pericolo non solo perché sono una piccola parte ma anche perché vengono tutti controllati, sottoposti a tampone e difficilmente hanno contatti con la popolazione locale...e a dirlo non sono io, ma Locatelli Presidente del SSN.

3)
dichiarazione di Matteo Salvini, subito dopo il dcpm del 17 agosto:
"Il governo cambia un’altra volta idea e torna a chiudere negozi e locali, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, mentre il virus viene importato dall’estero. Un governo duro con gli italiani e morbido con i clandestini".
QUESTA NOTIZIA È FALSA, non è prevista nessuna chiusura per nessun tipo di negozio... vediamo se qualcuno riesce a dimostrare il contrario.
E potrei continuare per ore ad elencare notizie false, volte solo a creare terrore e panico tra la gente... potrei parlare delle mascherine che fanno male alla salute...o i tamponi che danneggiano il cervello...e magari parlare di quelli che asseriscono che si stanno bruciando chiese per toglierci la nostra religione...vogliamo dare un piccolo accenno a chi va a protestare in piazza con i cartelli con su scritto "basta scienza"?...

Questa è la vera politica del terrore...dovete avere necessariamente un nemico e poco importa se sia il migrante, il governo, la scienza, Bill Gates, i vaccini...dovete aver paura paura e ancora paura...e per trasmettervela usano notizie false....sapete di cosa dovete avere realmente paura? Di voi stessi, di quando non indossate la mascherina, di quando la indossate male, di quando non rispettate le distanza, di quando non vi lavate le mani...ma sopratutto quando per paura, cercate un falso nemico per giustificarla.

Luna e il suo ospite.

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In questa foto Luna e io guardiamo nella stessa direzione. Forse perché abbiamo appena scoperto che ci accomuna tanto. In realtà no, fuori da ogni simbolismo stupido stiamo ascoltando mio figlio. Luna è una bambina dolcissima. Una persona a me cara l'ha definita "una principessa Disney". Da qualche anno ha scoperto un ospite che non la lascia in pace facilmente. Si chiama epilessia focale. Al contrario di quella che conoscono tutti, questo tipo provoca assenze. Sei completamente sconnesso dal mondo.

La stranezza è che sembra parta dallo stomaco. Senti qualcosa salire fino alla testa e dopo si rallenta tutto. Luna ha capito che l'ospite non poteva essere cacciato. Era un gatto invadente che usciva dalla porta per rientrare fin troppo a sorpresa dalla finestra. Allora ha accettato di conviverci. Anche se un minimo di lamentela lo fa. Ad esempio quando deve prendere lo sciroppo che accompagna con la Coca Cola. E poi ha deciso di raccontarsi.

Suo papà l'ha fotografata nella quotidianità, dai momenti tranquilli a quelli di tensione pura che la mamma nemmeno riesce a descrivere per quanto fanno male. Come quella volta che ebbe più di 40 episodi in un giorno. Dalle foto verrà fuori una mostra per raccontare le giornate di chi vive con "l'ospite improvviso". Da Luna ho imparato una storia giapponese: le anime gemelle sono legate da un filo nel dito. E per tutta la vita cercano l'altro capo del filo. Chi è fortunato lo trova presto o lo trova a prescindere. Che è già una mezza fortuna.

Ma io da Luna ho ancora molto da imparare. Perché anche io ho il suo stesso ospite, in forma molto più lieve e meno aggressiva. Ma sono sicuro che lei mi darà i consigli giusti. Del resto forse non siamo anime gemelle. Ma ci lega un filo. Colore del sangue. Come quello che potrebbe esserci tra uno zio e sua nipote. Ecco, così. Per questo guardiamo dalla stessa parte.

Foto di Peppe Gambino


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martedì 18 agosto 2020

Macché bis a Milano: Sala chiede a Grillo la guida della “Tim-2”. - Gianni Barbacetto

Macché bis a Milano: Sala chiede a Grillo la guida della “Tim-2”

Il sindaco - Obiettivo: la carriera da manager pubblico.
Ha detto la verità, Giuseppe Sala, sulla sua visita al fondatore del Movimento 5 stelle. Dopo l’incontro del 10 agosto a Marina di Bibbona, ha twittato: “La giornata al mare da Beppe Grillo è stata molto piacevole e interessante. Abbiamo parlato di tante cose, ma non di ciò a cui tanti pensano e cioè delle elezioni milanesi. Ah, ottima cucina”. L’anno prossimo si voterà per scegliere il sindaco di Milano. Normale ipotizzare che Sala possa aver discusso con Grillo l’atteggiamento dei Cinque Stelle nei confronti della sua ricandidatura: sostegno? non belligeranza? netta opposizione? Invece no: Sala ha davvero parlato d’altro. Perché ha ormai maturato la decisione di non ricandidarsi a Milano e di puntare invece a un posto manageriale nazionale. Alla guida della società pubblica che potrebbe nascere da Telecom Italia per gestire la rete e le infrastrutture telefoniche. Posto irraggiungibile, senza l’ok dei Cinquestelle.
Il giorno dopo – casi del destino – Grillo posta sul suo blog un intervento dal titolo curioso (“Dite al treno che io passo solo una volta”) ma dall’argomento chiarissimo: Telecom Italia, da spezzare in due società. “Bisogna dividere i servizi dalle infrastrutture, creando finalmente due società separate”, scrive Grillo. “La prima società sarà focalizzata sulle attività commerciali e dei servizi verso i clienti finali. La seconda società sarà proprietaria di tutte le infrastrutture che comprendono: le torri di Inwit, la rete mobile (incluso il 5G), i data center, il cloud, la rete internazionale di Sparkle e la società sulla fibra derivante dall’integrazione della rete fissa di Telecom con quella di Open Fiber”. Se la prima società manterrà gli attuali assetti proprietari, “sotto la guida peraltro di un investitore francese”, la seconda dovrà invece essere saldamente controllata dalla mano pubblica. È qui che vorrebbe planare Sala, diventando uno dei manager più strategici del Paese.
Che Sala non si voglia ricandidare l’ha capito subito una che se ne intende, Ada Lucia De Cesaris, ieri vicesindaco e candidata (poi delusa) alla successione di Giuliano Pisapia, oggi avvocato e pasdaran di Matteo Renzi in Italia viva: “Quello strano virus che colpisce i sindaci di Milano per il secondo mandato”, ha scritto il 14 agosto su Twitter. “Non capisco cosa impedisca di buttarsi a capofitto per dimostrare la grandezza e la capacità della nostra amata città”. Non è poi così difficile da capire: la campagna elettorale sarà durissima, il centrodestra sarà all’attacco in una città che resta fedele al centrosinistra solo nei quartieri del centro, il Sala del #milanononsiferma è uscito molto indebolito dalla pandemia, che ha rallentato, se non bloccato, la narrazione trionfale della metropoli in eterna espansione. Così meglio non rischiare e partire per nuove avventure. Che hanno bisogno di sponde grilline. Ormai, per Sala, la ricandidatura per il secondo mandato a Palazzo Marino è soltanto una scelta residuale, che scatterà nel caso non riesca a raggiungere il nuovo obiettivo.
Grillo nel suo post attacca l’apertura di Telecom “a investitori internazionali di private equity, finalizzato esclusivamente a fare cassa per ridurre il debito esistente”. No all’operazione finanziaria sulle torri Inwit. No al “progetto di dismissione parziale dei datacenter attualmente allo studio in partnership con Google”. No alla “vendita di un pezzo della rete secondaria al fondo americano Kkr, in logica puramente finanziaria e non industriale”. Sì invece a “un ambizioso piano di sviluppo infrastrutturale”. Con investimenti pesanti “nelle tecnologie di comunicazione, sia attuali (come la fibra ottica) sia prospettiche (come il 5G), anche congiuntamente con gli altri operatori del settore”. Per fare questo, è necessario creare “una società unica delle reti e delle tecnologie”, che sia realizzata “sotto la guida e l’indirizzo di istituzioni pubbliche”. Grillo pensa a Cassa depositi e prestiti: “La società unica delle infrastrutture e delle tecnologie dovrebbe avere come primo azionista un soggetto in grado di garantire l’indipendenza del network dai suoi utilizzatori, oltre che un orizzonte di investimento di lunghissimo periodo”. Come Cdp, appunto, che “sarebbe sinonimo di stabilità nell’azionariato e garanzia di massicci investimenti per lo sviluppo dell’infrastruttura digitale del Paese”.
Sala è un uomo dalle molte vite. È già stato manager Telecom nel 2005, direttore generale della società nata allora dalla fusione tra Telecom Italia e Tim. Poi ha fatto il commissario di Expo e il sindaco di Milano. Oggi si offre per guidare, se nascerà, il nuovo colosso strategico delle telecomunicazioni italiane. Un posto che vale una visita d’agosto a casa Grillo.