Un poliambulatorio costato la bellezza di 17,1 milioni. È la seconda vita dell’Astronave di Guido Bertolaso alla Fiera di Milano. Travolta dalle polemiche per l’inutilizzo della struttura edificata con le donazioni di migliaia di cittadini e imprese, la Regione Lombardia ha elaborato un complicato “piano di riserva” per la cattedrale nel deserto che giace inerme al Portello. Con la nota G1.2020.0028782 del 6 agosto scorso – documento riservato che Il Fatto ha potuto visionare – la Direzione generale Welfare (cioè l’assessore Giulio Gallera) ha imposto al Policlinico di Milano di redigere un “progetto finalizzato a garantire l’erogazione di prestazioni specialistiche ambulatoriali presso il Padiglione Fiera Milano City”.
Dovranno così trovare posto almeno nove ambulatori: dalla ginecologia, alla cardiologia, dall’urologia alla dermatologia. Tutto fuorché i decantati 221 letti di terapia intensiva (che poi sono meno, visto che per completare l’ultimo padiglione da 64 postazioni servono 7 milioni di euro, chiesti dal Pirellone al governo). Letti che alla fine costeranno 109 mila euro l’uno ma saranno messi da parte fino a un’eventuale nuova emergenza.
La ratio, secondo Gallera, è offrire in Fiera le prestazioni congelate nei primi sei mesi dell’anno causa Covid, “caratterizzate – scrive – da tempi d’attesa particolarmente elevati”. Non è dato sapere perché il Policlinico, oggi operante non in condizioni di emergenza, con tutti i sanitari disponibili e le terapie intensive vuote, abbia bisogno di nuovi spazi. Di sicuro, però, per attivare il poliambulatorio serve forza lavoro, tanto che la nota del 6 agosto precisa: “Per la componente medica (…) sarà possibile chiedere l’urgente attivazione di nuovi contratti libero professionali con medici specialisti”.
La missiva non chiarisce chi si sobbarcherà i costi di adattamento di spazi nati per ospitare postazioni di terapia intensiva. Se il Policlinico con i suoi fondi, cioè soldi pubblici, oppure se verranno utilizzati i soldi avanzati dalle donazioni. Ed entrambe le ipotesi fanno sorgere dubbi: se i fondi saranno pubblici, perché investirli in una struttura destinata comunque a essere smantellata tra due anni? Se invece saranno quelli regalati dai privati, sorgerà un problema legale. Le donazioni, infatti, erano finalizzate a costruire terapie intensive. Se il Pirellone le vuole usare per gli ambulatori, dovrebbe avere il consenso di ogni donatore. E non solo di quelli che hanno versato sul conto della Fondazione Fiera (circa 21 milioni), ma anche di quelli che hanno dato oltre 25 milioni per l’ospedale sul conto della Regione.
A oggi non si sa quanto costerà il Piano B. Dal Policlinico fanno sapere che ancora una quantificazione dei costi non è stata fatta, ma che comunque dovrebbero essere limitati. Gli ambulatori dovrebbero occupare il modulo in via di completamento e dovranno essere operativi “entro la fine del prossimo mese di settembre”. Non tutti sono d’accordo su questa nuova destinazione d’uso: “Spostare le prime visite all’ospedale in Fiera è come fare il gioco delle tre carte: ho un ospedale che non sta funzionando perché Covid e sposto alcuni servizi di base all’ospedale Fiera per far vedere che funziona”, attacca il capogruppo M5s Massimo De Rosa. “Stanno cercando di mettere una pezza a un ospedale che continua a non avere senso. Ho strutture già attrezzate, il Policlinico, che oggi erogano prestazioni ambulatoriali soprattutto in regime privato, e per avere gli stessi servizi nel pubblico, devo andare in Fiera”.