L’azienda sanitaria - Ha 361 milioni di euro di debiti, trasformati in parte in bond. Ma non si trovano più le ricevute delle operazioni.
A Cosenza l’ultima richiesta è arrivata lo scorso agosto: versare 8,3 milioni di euro. Sull’unghia, altrimenti si va in tribunale. È su questa nuova bomba su cui si è appena seduto Guido Longo, neo commissario alla sanità calabrese. L’intimazione di pagamento spedita alla Azienda sanitaria locale (in Calabria si chiamano Asp) è firmata da una società di Milano: la Tocai Spv Srl. I proprietari ultimi della Tocai non sono noti, l’impresa è controllata da un trust, il Rubino Finance, che gestisce una serie di altre aziende attive nello stesso business: debiti della sanità, in particolare sanità calabrese, la più disastrata d’Italia. Circa 11 anni di commissariamento e un buco in bilancio che si allarga di anno in anno.
La Corte dei Conti dice che la sanità pubblica della regione ogni anno perde 105 milioni di euro, e il buco si aggiunge ai debiti accumulati. Solo quelli con i fornitori privati valgono 1,1 miliardi di euro (dati 2019). Tra questi, ci sono quelli di società come la Tocai Spv. Le Spv (Special purposevehicles) sono società-veicolo, fanno cartolarizzazioni. Negli ultimi anni, molte si sono buttate su questa nuova nicchia di mercato. Fanno affari rivendendo crediti di aziende private nei confronti delle Asl italiane.
Funziona così. Molte aziende private convenzionate con il sistema sanitario nazionale, come le cliniche e le Rsa, dovrebbero essere pagate per le prestazioni effettuate in convenzione dalla propria Asl di riferimento, ma invece di aspettare il pagamento (solitamente in ritardo) vendono il loro credito a queste società-veicolo, in cambio di liquidità immediata. Le Spv si accollano il rischio di recuperare il credito a fronte di un prezzo d’acquisto vantaggioso. Poi trasformano questi crediti in titoli finanziari, impacchettandoli in bond da vendere agli investitori. La Tocai nel suo bilancio dice di aver comprato in totale fatture da aziende sanitarie private per 10,5 milioni di euro, pagandole 9,6 milioni. E le ha di fatto rivendute, a investitori istituzionali non meglio specificati, trasformandole in obbligazioni. Titoli che promettono un ottimo rendimento: 5,5% annuo.
È così che si è messo in moto il mercato dei bond sanitari in Calabria. Decine di Spv create negli ultimi quattro-cinque anni per fare profitti, sfruttando la malagestione della sanità locale. Come nel caso dei mafia bond, scoperti mesi fa da un’inchiesta del Financial Times.
Per la Corte dei Conti, le doppie e triple fatture della Asp di Reggio Calabria sono poca cosa rispetto a quanto successo Cosenza. Sul totale di 1,1 miliardi di debiti verso i fornitori privati, la Asp di Cosenza è la più indebitata delle cinque aziende sanitari della regione, con un fardello di 361 milioni. Il numero ufficiale potrebbe non essere esaustivo, visto quanto sta succedendo proprio con la Tocai. Quando ad agosto la società milanese ha chiesto il pagamento di vecchie fatture per 8,3 milioni di euro, alla Asp di Cosenza sono saltati sulla sedia. Due dirigenti hanno scritto alla loro capa, Cinzia Bettelini, commissario della Asp, per comunicare che quelle fatture non “non erano registrate nella contabilità aziendale”, si legge nei documenti. Com’è possibile che la Asp Cosenza non avesse mai registrato fatture per 8,3 milioni? E quanti altri debiti del genere gravano sul bilancio regionale?
A una richiesta di intervista il commissario Bettellini non ha risposto. Una dirigente interna all’azienda sanitaria locale, chiedendo l’anonimato, ci ha confermato che “le fatture non ci sono. Tutte quelle con la Tocai sono state saldate: le fatture che ci chiedono ora sono inesigibili, potrebbero essere fatture che l’azienda privata da cui le hanno comprate non ha mai inviato a noi”. Tocai ci ha fatto sapere di essere in possesso di tutte le garanzie che il credito in questione è certo, liquido ed esigibile, aggiungendo che proprio quelle fatture sono “oggetto di un giudizio davanti al Tribunale di Cosenza”, in cui la difesa dell’Asp Cosenza “non ha mai contestato la mancata ricezione delle fatture”.
Come se non bastasse, l’azienda privata da cui Tocai ha comprato i crediti nel frattempo è fallita. È la Casa di Cura Tricarico. La Procura di Paola ipotizza la bancarotta fraudolenta. Alcuni dei titolari l’avrebbero spolpata usando i soldi dell’azienda per fini personali, per questo a giugno sono stati arrestati.
Chi pagherà alla fine gli 8,3 milioni che mancano? La Asp Cosenza o l’anonima società milanese? All’azienda sanitaria costerebbe un po’ di debito in più, particolare di un fenomeno generale, quello della finanziarizzazione dei crediti sanitari di una regione, la Calabria, che oggi non ha abbastanza posti per ricoverare i malati di Covid. Ma anche per Tocai sarebbero dolori. “Il servizio titoli emessi, in linea interessi e capitale, è assicurato unicamente dagli incassi derivanti dal portafoglio crediti”, scrive nel bilancio la società. Significa che se da Cosenza non pagano, le cose rischiano di mettersi male anche per chi ha investito in quei bond.