mercoledì 31 marzo 2021

Renzi “Messaggero” d’Arabia e apostolo della democrazia. - Daniela Ranieri

 

Di regola, in democrazia un politico non si può intervistare da solo, perché si farebbe le domande che vuole, nel linguaggio che più gli conviene, mettendo in atto le strategie retoriche necessarie a nascondere le proprie pecche e a dare di sé un ritratto migliore. Ma nel caso del soggetto in questione, intervistarsi da sé o essere intervistato da un giornalista sortisce esattamente lo stesso risultato. Qualità precipua di Renzi è infatti ribaltare la realtà: nei rari casi in cui qualcuno gli chiede conto di qualcosa di scabroso che lo riguarda, gli basta rispondere la cosa più assurda, insensata e manipolatoria possibile per neutralizzare qualsiasi domanda.

Il cronista del Messaggero (che lo chiama presidente, chissà di che) gli chiede dei suoi rapporti col principe saudita Mohammed bin Salman: “Il portavoce di Amnesty Italia la accusa di ‘fare un cattivo servizio ai diritti umani’. Cosa risponde?”. Facile: Renzi, immune dall’imbarazzo, dalla coscienza del proprio ruolo e in definitiva dal decoro personale, risponde che si reca in Arabia Saudita, dove siede in un board collegato alla famiglia reale in cambio di 80 mila euro l’anno, per aiutare il regime a “scegliere la strada delle riforme incoraggiando la difesa dei diritti umani”. Come mai non ci abbiamo pensato prima? Basta guardare il video della chiacchierata tra Renzi e il principe che la Cia e l’Onu ritengono un assassino segaossa: c’è da scommettere che bin Salman, chiamato con deferenza “Vostra Altezza” e “amico mio”, mentre sorride davanti a questo buffo personaggio azzerbinato che in uno stravagante inglese si vende la storia di Firenze cianciando di Rinascimento dietro compenso, sta pensando alle riforme da avviare. Cosa non si fa, per esportare la democrazia. Del resto, il giorno prima aveva rimproverato alcuni cronisti fuori dal Senato perché non si occupano del tema dei “big data dell’Arabia Saudita” e stanno dietro ai presunti omicidi dei dissidenti. A una cronista troppo informata ha detto di “fidarsi più di Biden che di lei”; il quale Biden riterrebbe il principe innocente perché non l’ha sanzionato. Qui la manipolazione è massima: Renzi, sull’orlo della crisi nervosa, sposta l’attenzione da sé alla cronista (che ha citato un rapporto dell’intelligence di Biden); porta un argomento fallace (mancanza di sanzioni Usa = assoluzione del principe saudita) a sostegno dell’opportunità della sua prestazione a gettone; infine, gioca con le parole: “Io chiamo my friend una persona che conosco da anni e che è un mio amico” (dev’essere un perfezionamento del metodo delle querele contro i giornalisti). Se è un suo amico, perché va dicendo che vola a Riyad per motivi geopolitici? E se ci va per motivi geopolitici, perché si fa pagare? Perché, dice il membro della Commissione esteri e senatore della Repubblica col 41% delle presenze ma il 100% dello stipendio, recarsi su un jet privato ad adulare uno spietato autocrate che si finge moderno per dare una ripulita d’immagine al regime che tortura e crocifigge i dissidenti è l’impegno di chi fa politica: “Chi fa politica deve coltivare relazioni perché i leader dei Paesi non ancora democratici incoraggino e valorizzino i diritti. Io nel mio piccolo lavoro in questa direzione”. Ecco cos’è, Renzi: una specie di apostolo della democrazia, un ambasciatore dei diritti umani presso le petromonarchie che non li rispettano. A saperlo prima, Jamal Khashoggi, entrato nel consolato saudita di Istanbul con le sue gambe e uscitone a pezzi (non tutti: alcuni sono stati ritrovati in giardino), avrebbe fatto meglio a incensare il “nuovo Rinascimento” del principe dietro lauto compenso, invece di scribacchiare di diritti umani sul Washington Post.

(Ps: sullo spessore politico del soggetto in questione il 98% degli italiani non ha dubbi; ma, nel caso, basta leggere nella stessa intervista che la crisi è stata “aperta da Conte” e si spiega tutto).

IlFattoQuotidiano

Ora si scopre che giuseppe va assolto. - Antonio Padellaro

 

In una famosa vignetta del New Yorker si vede Dio seduto sulle nuvole che rassicura un’anima penitente convinta di finire all’inferno: “Ma no, neppure questo è peccato, chissà come sei stato in ansia”. Ci viene in mente ogni volta che per effetto dell’indulgenza plenaria concessa urbi et orbi onde celebrare l’avvento dei Migliori, Giuseppe Conte apprende che le colpe per cui era stato cacciato, con somma ignominia, nel limbo degli ex premier, non erano poi così gravi. E ci piace immaginare che ad assolverlo ci sia un Padre Eterno con le fattezze di un misericordioso Mario Draghi. Il clamoroso fallimento giallorosa della campagna di vaccinazione? Ma no, tranquillo, sono gli stessi problemi che sta incontrando il generalissimo Figliuolo, con in più i casini di AstraZeneca. Le Regioni litigiose che andavano in ordine sparso ma tutte contro il governo? Ma no, è tutto uguale a prima con in più i presidenti mitomani che pensano di contrattare lo Sputnik direttamente con Vladimir Putin. Matteo Salvini che malgrado i 400 morti al giorno guidava l’assalto a Palazzo Chigi di ristoratori e albergatori contro le chiusure? Ma no, lui è lì che ripete sempre le stesse cose, però adesso sta dentro Palazzo Chigi. La mancata approvazione del Mes che avrebbe affossato la sanità italiana? Ma no, lo sapevano tutti che non sarebbe servito a niente. Il disastro del Recovery Plan scritto male e con intollerabile ritardo? Ma no, “in Italia ci stiamo ancora domandando se riusciremo a presentare una sufficiente quantità di progetti capaci di superare l’esame, e se una volta ottenuto tutto quel denaro le nostre scassate amministrazioni saranno in grado di spenderlo” (La Stampa).

A questo punto, vedo l’Onnipotente che dice sorridendo al suo contrito predecessore di non preoccuparsi: Giuseppe, come vedi, se non sono peccati i miei, non potevano esserlo neppure i tuoi, chissà come sei stato in ansia. Finalmente mondato dalla colpa, Conte si accinge a ritornare in Italia quando l’occhio gli cade sul titolo di Repubblica: “Quegli strani silenzi di Conte”. Un grido e lo vediamo fare velocemente dietrofront: noooo meglio le fiamme eterne.

IlFattoQuotidiano

Spalmiamo. - Massimo Erbetti


Ma si dai tanto chi vuoi che se ne accorga?...un po' di positivi in meno…qualche tampone in più…allunghiamo un po' il brodo… un pizzico di sale…due code di rospo…un occhio di pipistrello…

E la pozione magica è fatta…non si va in rosso e tutti sono felici e contenti…perché questo è… un'alchimia…un gioco di prestigio…sembrerebbe addirittura una favola per bambini…e invece no è la triste e vergognosa verità…una verità con più di centomila morti.
Siamo tutti scandalizzati e inorriditi da quanto accaduto in Sicilia, sarebbe assurdo non esserlo, ci sono addirittura le intercettazioni. Perché lo hanno fatto? Perché la domanda è questa…soldi? Pressioni? Non dover rendere conto ad esercenti e industriali? Per non affossare ancor di più un'economia ormai allo stremo?

Ma ve lo ricordate quanto accaduto ad inizio pandemia lo scorso anno? Quando in Lombardia confindustria faceva pressioni per ritardare la zona rossa?
Non starò qui a puntare il dito, lo hanno già fatto in tanti, tantissimi…io voglio chiedermi invece il perché?
Voglio continuare a chiedermi perché…perché questo cinismo? Perché?

Perché siamo un popolo che vive tutto come una costrizione, non riusciamo a capire che il di stanziamento, le chiusure, le Mascherine…sono protezioni…protezioni capito? Non sono privazioni…ma noi siamo fatti così…l'obbligo della cintura di sicurezza in auto? Una restrizione…infatti si parla di "obbligo"...obbligo del casco in moto? Una restrizione…anche in questo caso si parla di obbligo…viviamo tutto quello che dovrebbe essere solo buon senso come un obbligo…non ci domandiamo quante vite hanno salvato e salvano caschi e cinture… i più attempati ricorderanno che quando scattò l'obbligo delle cinture i più "creativi" si inventarono delle magliette con su stampate cinture di sicurezza finte…noi siamo questo…

E anche ora, con la pandemia, ci comportiamo come se fossimo vittime di restrizioni e obblighi…
Ma se cambiassimo la prospettiva? Se non vivessimo tutto questo come un obbligo, ma come una protezione?... Essere in zona rossa non è una colpa…rischiare di ammalarsi di covid non è una colpa…le malattie non sono una colpa…avete mai vissuto come una colpa essere malati? Perché ora si? La zona rossa è un'onta?
Essere in zona rossa non è un obbligo…essere in zona rossa è protezione…è proteggersi…
Un obbligo…una protezione….vedete come tutto cambia? Vi obblighiamo alla zona rossa…vi proteggiamo con la zona rossa…non vi suona in un altro modo?

Ecco cominciamo ad usare i termini giusti, cominciamo a valutare correttamente parole e azioni e forse…nessuno si permetterà più di "spalmare" i dati.

Fb.Massimo.Erbetti 

Sim Sala Bim. - Marco Travaglio

Se rinasco, voglio essere Beppe Sala. Conoscete un ragazzo più fortunato di lui? Io no. Fa il “city manager” a Milano nella giunta di destra della Moratti (dicesi Moratti) e tutti lo scambiano per un compagno e lo eleggono sindaco col centrosinistra, in cui decide chi entra e chi no, distribuendo gli appositi pass. Rilascia dozzine di interviste sul futuro del Pd, a cui però si scorda di iscriversi. Un mese fa, incassato il via libera del Pd alla ricandidatura a sindaco senza passare per le primarie, aderisce ai Verdi Europei (quelli italiani potrebbero riconoscerlo). E si traveste da Greta Thunberg che, se lo conoscesse, lo picchierebbe per le cementificazioni prima, durante e dopo l’Expo. Lui del resto, per farsela amica, l’ha paragonata ad Anna Frank, confondendo lo smog delle città con i lager della Shoah. Campione di legalità, all’Expo si scordò di quella polverosa pratica chiamata “bando di gara” e assegnò tutti gli appalti brevi manu. Uno lo truccò pure, retrodatando le carte, e fu condannato in primo grado a 6 mesi per falso in atto pubblico. Però, beninteso, “voglio l’assoluzione, non la prescrizione”: infatti in appello intascò la prescrizione e portò a casa. Ma nessuno se ne accorse: i giornali erano troppo occupati a lapidare Virginia Raggi, anch’essa imputata per falso, ma purtroppo assolta in primo e secondo grado. Peggio per lei. Fra l’altro lei, a inizio pandemia, si guardò bene dall’organizzare spritz corretti Covid e lanciare hashtag “Roma riparte” o “Roma città riaperta”, diversamente da lui a Milano: infatti, diversamente da lui, è una pessima sindaca. Né le venne in mente di dire “basta smart working, torniamo al lavoro”, come se gli smartworker poltrissero: roba che al confronto Carlo Bonomi è un illuminato imprenditore olivettiano. Fortuna che quell’ideona venne in mente a Beppe: Virginia l’avrebbero impiccata a Spelacchio.

Ad agosto Sala incontrò l’altro Beppe, Grillo, ma i giornaloni si dimenticarono di domandargli cosa ci fosse andato a fare. Lo scoprì Barbacetto: voleva la benedizione per fare il capo di Tim2 per la rete unica e mollare finalmente Milano, che non l’ha capito. Grillo rispose che non dipendeva da lui, infatti non se ne fece nulla. Sala riscoprì un’improvvisa passione per Milano. E si ricandidò a sindaco col Pd senza chiedere niente al Pd (tanto non è iscritto) né tantomeno al M5S (“meglio correre separati”). Proprio come la Raggi, che però almeno al M5S lo disse. Infatti a lei rompono le palle perché non ha il permesso del Pd ed è un “ostacolo”, un “inciampo”, una “minaccia” per l’alleanza giallorosa. Invece a lui nessuno dice niente. Ieri ha annunciato un’imminente “Lista Volt”, ma pare che non sia l’abbreviazione di Voltagabbana.

IlFattoQuotidiano

martedì 30 marzo 2021

UniCredit, il maxi stipendio di Orcel subito nel mirino.

 

Glass Lewis consiglia ai fondi di votare contro i 7,5 milioni promessi al neo ad in assemblea.

Tanto, così tanto da essere troppo. Glass Lewis, tra i principali proxy advisor che ispirano il voto dei grandi fondi in assemblea, suggerisce di opporsi ai 7,5 milioni offerti da Unicredit +1,49% al suo prossimo amministratore delegato, Andrea Orcel.

L’assemblea è alle porte (il 15 aprile), e stamattina alle prime ore del giorno è uscito il primo dei report delle proxy in vista del voto. Glass Lewis si dice «preoccupato dalla struttura della remunerazione del nuovo manager, che comprende un premio in azioni non commisurato alla performance». Conti alla mano, l’ex Ubs guadagnerà 2,5 milioni, a cui si aggiungerà un premio in azioni pari al 200% della stessa cifra: totale 7,5 milioni in un anno, quanto basta e avanza a farlo il banchiere più pagato d’Italia. Per la cronaca, il suo predecessore Jean Pierre Mustier nel 2016 al suo ingresso aveva ridotto del 40% il compenso fisso, portandolo a 1,2 milioni e l’anno scorso aveva rinunciato a 2,6 milioni di bonus secondo le ricostruzioni del Financial Times.

Ora il proxy advisor si scaglia contro il trattamento riservato a Orcel, ma anche sulla scarsa trasparenza data dalla banca. Nei documenti presentati in vista dell’assemblea, Gae Aulenti ha spiegato che «per allineare gli interessi del ceo con quelli degli azionisti, il cda ha approvato sin dal primo anno un premio in azioni che ammonta all’intera remunerazione per il 2021 pagabile in due tranche e senza alcuna condizione».

Oltre alla remunerazione, il 15 aprile in assemblea si voterà anche per il rinnovo del cda: si vedrà quale effetto sortirà Glass Lewis sull’azionariato, in cui peraltro si segnala l’ascesa di Allianz. Ieri Consob ha segnalato che la compagnia tedesca è salita dall’1,25% al 3,11%.

IlSole24Ore

Bollette luce e gas più care ad aprile, sconti a pmi.

 

Arera, in secondo trimestre +3,8% per elettricità e +3,9% per gas.

Primavera con prezzi in aumento per le bollette di elettricità e gas spinte dall'aumento delle materie prime: dal primo aprile, così una famiglia italiana tipo si troverà a spendere in media il 3,8% per l'elettricità e il 3,9% in più per il gas. Nonostante il nuovo rialzo però la spesa annuale sarà complessivamente ancora leggermente inferiore, circa 56 euro, a quella dell'anno precedente, circa 517 euro (-0,7%, ovvero 4 euro rispetto ai 12 mesi equivalenti dell'anno precedente -1° luglio 2019 - 30 giugno 2020) per l'elettricità e circa 966 euro per il gas (-5,2%, pari a 52 euro, rispetto ai 12 mesi equivalenti dell'anno precedente).

Per le piccole imprese però a mitigare gli aumenti in arrivo nel secondo trimestre dell'anno arriverà, l'effetto 'tagliabollette' previsto nel Dl sostegni: 600 milioni di risparmi complessivi per una platea di circa 3,7 milioni di soggetti con uno sconto ad aprile, maggio e giugno. Lo sconto arriva a valere circa 70 euro al mese per un cliente con contratto con potenza di 15 kW con un risparmio fino al 70% per gli esercizi commerciali ancora costretti alla chiusura. Gli aumenti però sono una ennesima stangata secondo i consumatori:"Per questo avevamo proposto all'inizio della pandemia di ridurre l'Iva sul gas al 10% sull'intero consumo e non solo sui primi 480 Smc annuali come è attualmente", dice Marco Vignola, responsabile del settore energia dell'Unione Nazionale Consumatori. "Lo chiediamo ora anche al Governo Draghi". "Sulla spesa degli italiani per luce e gas pesa una tassazione oramai insostenibile", afferma il Codacons: quasi la metà della bolletta del gas se ne andrà dall'1 aprile per oneri e imposte (il 43,1%), mentre per l'elettricità la tassazione pesa per il 33,1% su ogni fattura". In dettaglio, l'Arera spiega che per quanto riguarda l'aggiornamento dei prezzi dei servizi di tutela, gli aumenti sono sostanzialmente legati al trend di crescita delle quotazioni delle principali commodities energetiche, che ha caratterizzato gli ultimi mesi del 2020 e soprattutto il primo trimestre 2021. "L'aumento è guidato dal forte apprezzamento delle materie prime influenzato anche dalle attese per una prossima ripresa economica, sulla quale i mercati stanno scommettendo, ora che i piani vaccinali rendono più concreta l'uscita dalla pandemia" - dice il presidente dell'Autorità, Stefano Besseghini - "Supportare le imprese in questi mesi è quindi una scelta prioritaria, dal forte valore sociale anche per le famiglie, per questo l'Autorità ha dato immediata esecuzione anche al provvedimento del Decreto Sostegni e rinviato il previsto aumento degli oneri generali di sistema".

ANSA

Pochi soldi, piccoli gabbati: sostegni peggio dei dl Ristori. - Patrizia De Rubertis

 

I nuovi ristori allo studio del governo saranno sempre un cantiere aperto, il cui ammontare degli aiuti susciterà malumori: troppi pochi soldi stanziati in un arco temporale troppo lungo, mentre imprese e professionisti restano in ginocchio, stravolti da un anno di chiusure o da orari di lavoro ridotti. Il copione si ripete dal maggio del 2020, lungo i quattro decreti che hanno stanziato i contributi a fondo perduto per compensare la diminuzione di fatturato causata dall’emergenza Coronavirus. E con le stesse accuse, la scorsa settimana, si è chiuso anche il più travagliato dei decreti, il “Sostegni”. Ma le categorie produttive coinvolte, dopo aver lungamente protestato per gli esigui contributi ottenuti, ora già rimpiangono i decreti precedenti che hanno previsto aiuti più elevati. E aspettano che il premier Mario Draghi attivi altri interventi. Si parla di un sesto decreto (e un nuovo scostamento di bilancio) che detterà anche le nuove regole per stabilire l’effettivo ammontare dei contributi a fondo perduto che, questa volta, dovrebbero andare solo alle imprese costrette a ulteriori misure più restrittive. Insomma, un piano di ristori che è l’esatto contrario di quello seguito dal decreto Sostegni che, abolendo i codici Ateco, da oggi distribuirà 11,5 miliardi di euro a una platea più ampia di beneficiari agevolando perlopiù le imprese che fatturano oltre 5 milioni di euro e lasciando ai piccoli le briciole. Tagliati fuori anche imprese e professionisti con un calo di fatturato minore del 30% tra il 2019 e il 2020.

Per capire meglio le accuse di ristoratori e negozianti, abbiamo chiesto alla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro di elaborare una tabella di simulazione sui vari ristori messi in campo nell’ultimo anno per fare una comparazione. I decreti sono il dl Rilancio che, approvato nel maggio 2020, ha stanziato 6 miliardi di euro di contributi a fondo perduto, il dl Ristori dell’ottobre 2020 (12,4 miliardi), il dl Ristori bis del novembre 2020 (1,4 miliardi) e il dl Sostegni (oltre 11 miliardi). Non è stato considerato il decreto Natale che ha stanziato 645 milioni di euro ai soli titolari di partita Iva interessati dalle restrizioni imposte nelle zone rosse durante le festività natalizie. Se i dl Rilancio, Ristori e Ristori bis hanno preso come base di calcolo la differenza tra l’importo della media mensile del fatturato del mese di aprile 2020 su aprile 2019 delle attività previste dai codici Ateco, il dl Sostegni ha invece calcolato l’ammontare del contributo applicando una percentuale di ristoro in base alla differenza di quanto fatturato tra l’anno 2020 e il 2019. Perché questa differenza? Per ampliare la base dei beneficiari, il dl Sostegni ha notevolmente ridotto la base di calcolo, facendo diminuire anche gli importi erogati. Contestazione che arriva dal Servizio del Bilancio del Senato. Ma per i tecnici di Palazzo Madama ci sarebbe anche un problema di stanziamenti: i soldi del decreto del governo Draghi potrebbe non bastare avendo esteso i ristori anche alle maxi attività che fatturano fino a 10 milioni.

Bar. Prendiamo un bar con fatturato pre-Covid di 100mila euro e un crollo del 50% nel 2020. Se il suo fatturato nell’aprile 2019 è stato di 17 mila euro, esattamente un anno dopo ha registrato zero durante il lockdown. La prima tornata di ristori, che hanno praticamente riguardato tutte le attività, hanno permesso al barista di prendere 3.400 euro (il 20% dei ricavi). Importo salito a 5.100 euro a fine ottobre con il dl Ristori che ha tenuto la stessa base di calcolo, aumentando però le percentuali dei ristori. La nuova tranche di soldi del dl Sostegni (il dl Ristori bis ha previsto contributi solo ai codici Ateco esclusi dal decreto precedente) è quindi crollata a 2.500 euro.

Ferramenta. Stessa doglianza del barista arriva dal proprietario di una ferramenta (fatturato di 300 mila euro nel 2019 e di 210 mila euro nel 2020; con entrate di 15 mila euro ad aprile 2020 e 40 mila nel 2019) che ha preso solo 5 mila euro a maggio 2020 e ora 3.750 euro. Dal momento che la sua attività, considerata servizio essenziale, è rimasta sempre aperta, non ha percepito altri ristori. “I dati parlano da soli. L’ultimo decreto è un mini-sostegno che a piccoli e medi imprenditori non basterà a pagare un mese di affitto dei locali, ma ha accontentato le imprese che fatturano fino a 10 milioni, prima escluse da tutte le disposizioni”, commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro.

Negozio di abbigliamento. Salendo con i fatturati si nota, infatti, che un negozio di abbigliamento che a maggio 2020 ha preso oltre 15 mila euro di ristoro, ha poi incassato il doppio a novembre e ora prenderà 11.600 euro.

Concessionaria di auto. Con il caso di scuola per chi fattura fino a 5 milioni di euro: una concessionaria d’auto. Esclusa dal Ristori e dal Ristori bis per il limite di fatturato, ha ottenuto 50 mila euro sia a maggio scorso sia ora con il dl Sostegni. Ma sono le imprese più grandi a rifiatare di più con l’aumento del tetto di fatturato da 5 a 10 milioni di euro: così oggi a richiedere i ristori, 66 mila euro, potrà essere per la prima volta anche un’azienda che produce plastiche.

IlFattoQuotidiano