martedì 23 aprile 2024

La scoperta del nitroplasto: un nuovo capitolo dell’evoluzione cellulare.

L’alga marina (Tyler Coale/UCSC)

Un batterio marino diventa un organulo in simbiosi con un’alga, rivoluzionando la fissazione dell’azoto e aprendo nuove prospettive evolutive.

Un evento straordinario, che si è verificato solo tre volte nella storia della vita sulla Terra, è stato recentemente documentato nuovamente. Un batterio marino è stato assorbito da un’alga ospite, coevolvendo con essa a tal punto da diventare un organulo, parte integrante della macchina cellulare dell’alga stessa. Questo fenomeno rende queste alghe i primi eucarioti noti per ospitare un organulo in grado di fissare l’azoto, un processo fondamentale per la vita.

Secondo Tyler Coale, autore principale di uno dei due recenti articoli sulla scoperta, è estremamente raro che gli organuli derivino da situazioni simili. La prima volta che ciò è accaduto ha dato origine alla complessità della vita, generando le mitocondri. Successivamente, si è verificato altre due volte, incluso oltre un miliardo di anni fa, segnando l’inizio della vita vegetale sulla Terra con l’avvento del cloroplasto.

Le basi per questa scoperta straordinaria sono state gettate quasi trent’anni fa, quando il Professore Jonathan Zehr dell’UC Santa Cruz e il suo team hanno identificato un nuovo cianobatterio nell’Oceano Pacifico capace di fissare l’azoto. Questo processo è cruciale poiché consente ai microrganismi di estrarre l’azoto dall’ambiente e combinarlo con altri elementi per formare composti azotati essenziali per la vita.

Il batterio è stato denominato UCYN-A e,contemporaneamente in Giappone, la paleontologa Kyoko Hagino stava studiando un’alga marina che si è rivelata essere l’ospite ideale per UCYN-A. Nel corso degli anni, il legame tra i due organismi è diventato sempre più chiaro agli occhi degli scienziati, fino a giungere alla conclusione che UCYN-A non è solo in simbiosi con l’alga ospite, ma è diventato parte integrante della cellula algal stessa, trasformandosi in un organulo.

 

In due nuovi articoli, pubblicati rispettivamente nel marzo 2024, team internazionali di ricercatori presentano le loro prove. Il primo articolo dimostra che UCYN-A e l’alga ospite, Braarudosphaera bigelowii, hanno dimensioni simili, indicando una connessione metabolica tra di loro, tipica degli organuli. Come afferma Zehr, è un adattamento alla cellula, simile a quanto avviene con i mitocondri e i cloroplasti.

Il secondo articolo fornisce prove che UCYN-A importa proteine dalle cellule ospiti, un chiaro segnale dello sviluppo dell’organulo. Attraverso l’analisi proteomica, Coale ha confermato che molte delle proteine essenziali per il funzionamento di UCYN-A sono prodotte all’interno dell’alga ospite e importate nel batterio. Zehr lo descrive come un puzzle magico che si incastra perfettamente e funziona.

Questo nuovo organulo scoperto è stato denominato “nitroplasto” e, a differenza dei mitocondri e dei cloroplasti più antichi, la sua evoluzione è stata datata a circa 100 milioni di anni fa. Questa scoperta apre nuove prospettive sull’importanza della fissazione dell’azoto negli ecosistemi oceanici e potrebbe avere implicazioni anche per l’agricoltura terrestre.

Coale spiega che questo sistema rappresenta una nuova prospettiva sulla fissazione dell’azoto e potrebbe offrire indicazioni su come un organulo simile potrebbe essere ingegnerizzato nelle piante coltivate. Zehr ritiene che UCYN-A non sia un caso isolato, ma il primo ad essere stato identificato, lasciando intravedere un futuro ricco di scoperte e ricerche nel campo della biologia evolutiva.

Entrambi gli studi sono stati pubblicati sulle prestigiose riviste scientifiche Cell e Science, gettando nuova luce su uno degli eventi più straordinari della storia evolutiva della vita sulla Terra.

(A) Immagine SEM di una cellula di B. bigelowii circondata da 12 pentaliti (al largo di Tomari, 17 giugno 2012). Un pentalite (scala calcarea dei Braarudosphaeraceae) indicato dal pentagono aperto blu è composto da cinque segmenti trapezoidali. La freccia nera indica la lunghezza del lato del pentalite dove sono state effettuate le misurazioni. (B) Immagine SEM del pentalite di B. bigelowii (lato prossimale) (al largo di Tomari, 17 giugno 2012). (C) Ingrandimento del lato prossimale di un pentalite (Fig. 1B) che mostra la struttura laminare. (D) Immagine LM del campione TMR-scBb-1 (E) Immagine LM del campione TMR-scBb-7. (F) Immagine LM del campione TMR-scBb-8.
Come se avere i primi nitroplasti documentati non fosse abbastanza, Hagino et al, PLOS ONE 2013 (CC BY 3.0)

Merith Ptah, prima donna di scienza. Sara Sesti

 

La storia più antica della scienza femminile si alimenta di presenze silenziose e discrete che la parola scritta non ha saputo, o voluto, consegnare alla memoria dei posteri. Quello di Merith Ptah è il primo nome di scienziata giunto fino a noi.
Vissuta in Egitto intorno al 2700 a.C. Merith è stata immortalata dal figlio come “grande medica” nell’incisione del ritratto nella sua tomba vicino a Saqqara, la necropoli dell’antica capitale egiziana di Menfi, che si trova a circa 19 miglia a sud dell’attuale Il Cairo.
Di lei ci sono poche altre informazioni, così come di tante donne di cui si conosce l’esistenza grazie al fortuito ritrovamento delle iscrizioni funerarie che ne ricordano il nome e la professione, oppure alla fugace citazione di un’opera perduta.
Merith è stata apprezzata anche dagli astronomi, infatti l’International Astronomical Union le ha intitolato un cratere d’impatto molto ampio su Venere.
Per saperne di più: “Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie", Ledizioni, Milano 2023

lunedì 22 aprile 2024

Clamorosa scoperta della fisica: all'interno del vetro e della plastica, il tempo è reversibile. - Francesca Argentati

Freepik-Pixabay

 Incredibile scoperta nel campo della fisica: un nuovo studio ha scoperto che il tempo può essere invertito nel vetro e nella plastica, all'interno dei quali si è dimostrato reversibile. Scopriamo di più.

Il tempo per gli esseri viventi ha un'unica direzione

Il tempo per gli esseri viventi ha un'unica direzione

Freepik

Un colpo di scena degno di nota arriva dall'Università Tecnica di Darmstadt, Germania, dove i fisici hanno scoperto che il tempo è reversibile sia nella plastica che nel vetro. Tutti noi siamo abituati a vedere il tempo come uno scorrere inesorabile di secondi, minuti, ore, giorni, mesi e anni, dai quali non si può tornare indietro: qualcosa che si è rotto non può essere riportato indietro, al suo stato intonso prima della frattura, e il prossimo compleanno non può avere una candelina in meno rispetto al precedente (a meno che non si decida di imbrogliare, naturalmente!). Insomma, il tempo per gli esseri viventi ha un'unica direzione, che ci porta a maturare e invecchiare.

Questo risponde alla Seconda Legge della Termodinamica di Newton, noto anche come "freccia del tempo", secondo cui il disordine di un sistema aumenta col passare del tempo, il quale può solo andare avanti e non indietro. Eppure, per alcuni elementi, con grande sorpresa, sembra non essere proprio così. Il team di scienziati coordinato da Till Böhmer all’Istituto di fisica della materia condensata ha scoperto che lo scorrere inarrestabile e irreversibile del tempo non è omogeneo e generalizzabile, soprattutto nel caso del vetro e della plastica e i loro movimenti molecolari.

I movimenti molecolari del vetro sono reversibili

I movimenti molecolari del vetro sono reversibili

Nature Physics

Questi materiali, infatti, sono costituiti da molecole intrecciate che si muovono continuamente, spostandosi in posizioni sempre diverse per individuare uno stato energetico più idoneo. Questa attività è quella che porta gli elementi a mutare nel tempo, inducendo il concetto dell'invecchiamento. Sebbene, però, il vetro frantumato non possa essere ripristinato e riportato alle sue origini, i ricercatori hanno capito che, invece, i movimenti molecolari di questo materiale sono reversibili. Böhmer ha annunciato che "è stata un'enorme sfida sperimentale"resa possibile grazie al tempo materiale, una sorta di orologio situato all'interno del materiale stesso, che ha un ritmo e una cadenza diversi rispetto al tempo che tutti conosciamo e che scorre in base alla rapidità con cui le molecole si spostano cambiando posizione.

Per decenni gli scienziati hanno provato a calcolare questo tempo materiale, ma senza riuscirci: ora, il team tedesco ha vinto questa sfida con l'uso di videocamere ultrasensibili, in grado di cogliere e registrare le impercettibili oscillazioni delle molecole. Thomas Blochowicz, professore presso l'Università tecnica di Darmstadt e tra gli autori della ricerca, ha affermato che "non si possono semplicemente osservare le molecole oscillare." I fisici hanno puntato un laser su un campione di vetro, creando una luce multidirezionale proveniente dalle molecole, che ha colpito il sensore della fotocamera con puntini chiari e scuri. A questo punto, il team ha calcolato il cambiamento di queste oscillazioni nel tempo, misurando a tutti gli effetti il tempo interno del vetro.

Il tempo del vetro è reversibile, ma anche il suo invecchiamento?

L'analisi statistica delle fluttuazioni è stata coadiuvata dai ricercatori dell'Università di Roskilde, Danimarca. Una collaborazione che ha portato a un risultato incredibile: il tempo materiale del vetro è reversibile e può scorrere all'indietro. Tuttavia, spiega Böhmer, "questo non significa che l’invecchiamento dei materiali possa essere invertito. Anzi: proprio il tempo materiale si conferma la prova dell'irreversibilità dell'invecchiamento e tutto il resto di ciò che si muove all'interno del materiale riferendosi a questa misurazione temporale non ha alcun impatto sul processo di invecchiamento.

La diffusione dinamica della luce ha permesso di monitorare le oscillazioni nel processo di invecchiamento estetico del vetro, che sono risultate stazionarie e reversibili.
La scoperta inedita può essere applicata ai materiali cosiddetti disordinati, sebbene siano necessari ulteriori approfondimenti, tra cui la comprensione di come questa reversibilità sia collegata alle leggi fondamentali della fisica e in che modo il tempo interno cambia in base al tipo di materiale. Non resta che attendere le prossime risposte alle molte domande che questa scoperta ha portato con sé.

Sculture in pietra presso il Tempio di Kom Ombo.

 

Il Tempio di Kom Ombo fu costruito più di duemila anni fa, nell'antico Egitto, durante il regno tolemaico, nella città di Kom Ombo.
La particolarità del tempio è costituita dalla dedicazione del culto a due diverse triadi di divinità. La prima la più antica e primordiale della regione era costituita dal dio coccodrillo Sobek, Hathor e Khonsu. La seconda, di epoca più tarda, era costituita da Haroeris cioè Horo il Vecchio, manifestazione solare del dio falco, Tasenet-nofret sorella di Horus e Panebtani, il signore dei due paesi.
Il tempio fu inizialmente edificato da Tolomeo VI all'inizio del suo regno, ed ampliato in seguito dai suoi successori; particolarmente Tolomeo XIII costruì le sale ipostile esterne e interne.
La struttura del tempio è costituita da due corpi di fabbrica perfettamente simmetrici l'uno con l'altro rispetto all'asse principale: vi si ergono così due ingressi rispetto al muro esterno, due passaggi rispetto ogni camera e la successiva. Il santuario di sinistra è dedicato al dio Horo, mentre quello di destra al dio Sobek; i bassorilievi che decorano i due santuari riservano la stessa importanza a entrambe le due divinità.

domenica 21 aprile 2024

La piramide di Ben Ben.

 

Quella davanti a te è la piramide di Ben Ben, che ha sconcertato gli scienziati per migliaia di anni e finora non sono riusciti a risolvere il puzzle. La piramide si trova al Museo Egizio.
La piramide è fatta di pietra di ferro nera, che si trova nello spazio solo nei meteoriti spaziali. Tutti i suoi componenti non esistono sulla faccia della Terra. E qui appare il secondo puzzle perché è pietra di ferro, cosa molto impossibile e difficile da modellare e perforare.
Come ha fatto a tagliarsi con tanta precisione in angoli e deviazioni?
Ok, è impossibile che si interrompa; dovrebbe essere impossibile anche per lui rimanere impresso su di esso!
No, ha incisioni molto sottili sui volti della piramide, e gli scienziati hanno trovato impossibile per qualsiasi strumento, antico o moderno, incidere le iscrizioni con tale precisione a meno che non si utilizzi uno strumento di taglio laser.
Esiste anche un mistero, ovvero che la pietra meteorite di ferro nero, grazie alla composizione dei suoi componenti, si diverte a emettere energia elettromagnetica positiva nel suo ambiente, il che fa sentire psicologicamente a proprio agio chiunque si avvicini.
Come ti ho detto, la piramide si trova al Museo Egizio.

Nessuno è immune dalla relatività di Albert Einstein, nemmeno sulla Terra (e il tempo non è lo stesso).

 

Quando Einstein presentò la sua teoria della relatività ristretta, nel 1905, la nostra concezione di universo cambiò per sempre. Prima di lui, gli scienziati descrivevano ogni “punto” dell’universo utilizzando solo quattro coordinate: le tre posizioni spaziali più il tempo, per indicare in quale momento si era verificato un determinato evento. Tutto questo cambiò quando il celebre scienziato realizzò che se ti muovi rispetto a un altro osservatore, invecchierai meno di qualunque altra cosa rimasta ferma. Ogni volta che un osservatore si muove nell’universo rispetto a un altro, sperimenterà una dilatazione del tempo. Il suo orologio scorrerà più lentamente rispetto all’osservatore fermo. Questa grande verità è stata messa alla prova diverse volte, nell’ultimo secolo, anche utilizzando orologi sugli aerei.

Il fattore gravitazionale di Einstein.

Quando Einstein presentò per la prima volta la sua teoria della relatività ristretta, c’era un elemento mancante: non considerava l’attrazione gravitazionale, la gravità. Non aveva ancora idea che la vicinanza ad una grande massa potesse alterare anche lo scorrere del tempo. A causa della rotazione e della gravità attrattiva di ogni particella che compone la Terra, il nostro pianeta si gonfia all’equatore e viene compresso ai poli. Di conseguenze, l’attrazione gravitazionale della Terra ai poli è leggerissimamente più forte (di circa lo 0,4%) rispetto all’equatore.

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L’obiettivo originale di Einstein, però, era di utilizzare orologi per verificare la validità della sua teoria. Fu solo negli anni Cinquanta che si riuscì a testarne l’efficacia, dato che gli orologi al quarzo o meccanici non erano affidabili per questo tipo di esperimenti. Fu così che venne creato l’orologio atomico: l’idea fu quella di utilizzare la frequenza vibrazionale di un atomo per tenere il tempo. 

L’esperimento di Hafele-Keating.

Fu grazie all’esperimento di Hafele-Keating che si riuscì a verificare con estrema precisione gli effetti del campo gravitazionale terrestre sullo scorrere del tempo. Era il 1971. Gli astronomi Richard Keating e Joseph Hafele presero tre orologi atomici. Ne lasciarono uno in aeroporto, gli altri due se li portarono a bordo di due voli intorno al mondo, uno in direzione opposta all’altro. Quello che volava verso est andava anche nella stessa direzione della rotazione terrestre. E poiché il movimento dell’aereo e la rotazione del pianeta andavano nella stessa direzione, anche le velocità si sommarono: per le sue lancette sarebbe trascorso meno tempo. L’altro venne portato a bordo di un aereo che si muoveva verso ovest, quindi contro la rotazione terrestre.

Al loro ritorno i tre orologi non erano più sincronizzati: quello che aveva viaggiato verso est (nella stessa direzione della rotazione terrestre) era indietro di 59 miliardesimi di secondo, rispetto all’orologio rimasto in aeroporto. Quello che aveva viaggiato verso ovest (e quindi in senso contrario rispetto alla rotazione terrestre) era avanti di 273 miliardesimi di secondo. Sono ovviamente valori impercettibili, ma che dimostrarono ancora una volta quanto avesse ragione Einstein.

https://www.passioneastronomia.it/il-tempo-non-e-lo-stesso-per-tutti-einstein-aveva-ragione-di-nuovo/

DA DOVE VENIVANO I MAYA E GLI AZTECHI? - Minerva Elidi Wolf

 

Charles Étienne Brasseur de Bourbourg (1814 – 1874) era un abate fiammingo del XIX secolo. Oltre alla sua professione clericale, l’abate francese è universalmente noto per i suoi significativi contributi alla conoscenza dei popoli mesoamericani. Infatti, Charles Étienne Brasseur era anche un famoso scrittore, etnografo e archeologo specializzato particolarmente nello studio delle civiltà Maya e Azteca.
Secondo lo studioso, i Maya ricordavano la loro madrepatria come un “continente situato nel Pacifico”, e che in seguito era sprofondato. Loro chiamavano questo continente con il termine “Terra di Mu”.
Fino a pochi anni fa si pensava che questa fosse solo una leggenda. Ma l’avvento dei satelliti ha provato che era tutto vero. Infatti l’attuale Indonesia e l’Australia sono ‘i resti’ di un continente molto più grande, che gli scienziati chiamano Sundaland. Questo continente situato nelle acque dell’Oceano Pacifico venne parzialmente sommerso a partire da 14.000 anni fa, quando l’Oceano Pacifico si è innalzato di circa 140 metri.
Come facevano i Maya ad essere a conoscenza del “continente sommerso” nell’Oceano Pacifico? Era solo una incredibile coincidenza? Oppure i loro antenati erano davvero provenienti da Sundaland?
Anche in questo caso, se volessimo dare solo retta alla scienza, e non ai nostri pregiudizi, i Maya avrebbero assolutamente ragione. I loro antenati provenivano da Sundaland. Come facciamo a saperlo con certezza? Secondo Kenneth M. Olsen, PhD, un biologo specializzato in evoluzione dei vegetali presso la Washington University di St. Louis, abbiamo prove inconfutabili che navigatori provenienti dalla zona di Sundaland e Sahuland riuscirono ad arrivare fino a Panama, in Centro America, in epoca precolombiana.
La ‘prova vivente’ è la presenza della noce di cocco in America. Questo ricercatore ha scoperto che tutte le piante di cocco, in qualsiasi parte del mondo si trovino, sono originarie o dall’India o dalla zona che un tempo era Sundaland. Inoltre, il professore spiega che, almeno per quanto riguarda le grandi distanze, la pianta di cocco non emigra in maniera naturale, come fanno i semi di altre piante. Nel suo caso deve essere portata dall’essere umano in altre zone lontane, per poter attecchire anche lì. Se la pianta di cocco è arrivata in Centro America in epoca precolombiana, vuol dire che dei marinai dalla zona di Sundaland sono arrivati in America prima di Colombo e l’hanno piantata.