Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 5 aprile 2012
Reddito di cittadinanza, il modello sociale europeo che l’Italia ignora. - di Giovanni Perazzoli.
La trasmissione sullo stato sociale di Michele Santoro è stata un’altra occasione persa per parlare dello stato sociale.
Per me che vivo in Olanda appare assolutamente incomprensibile che non si ponga in Italia alcuna attenzione ai sussidi di disoccupazione europei.
I giornali parlano di un “modello tedesco” che è frutto più di fantasia che di realtà. Tanto più, allora, perché non informare l’opinione pubblica italiana che in Germania (come in tutta Europa) non sono, attenzione, coloro che sono stati licenziati ad avere dallo stato l’affitto dell’alloggio e un sussidio illimitato, ma tutte le persone maggiorenni disoccupate, indipendentemente dal fatto che abbiamo o meno mai lavorato? Il sussidio termina, in mancanza di un’occupazione, con la pensione. Non è assolutamente vero quello che scrivono i giornali italiani che sia a tempo determinato. Confondono per ignoranza o in modo intenzionale l’indennità di disoccupazione e il sussidio di disoccupazione.
Come si fa a ignorare in Italia un aspetto così importante della vita di ogni cittadino europeo? Non me ne capacito. In Italia non si sa neanche che chi in Europa (Francia, Germania, Gran Bretagna e non solo Danimarca, Svezia…) non guadagna abbastanza ottiene un’integrazione del reddito, e anche chi lavora part time ottiene un’integrazione del reddito. Poi si scopre che in Italia il reddito medio è da miseria. E tutti si sorprendono. Ma veramente in Italia si ignora l’abc dello stato sociale? Mi pare strano da credere.
L’esistenza di quello che di fatto è un reddito di cittadinanza in Europa spiega molte cose che in Italia vengono riproposte, lasciatemi dire, in modo del tutto assurdo. Spiega la flessibilità europea (peraltro di gran lunga minore che in Italia), spiega l’assenza di lavoro nero, spiega l’assenza delle massicce raccomandazioni, spiega anche il fatto che le persone competenti occupino in genere il posto che compete loro (mentre così non è in Italia). Non capisco perché nonostante l'Europa raccomandi dal lontano 1992 all’Italia di introdurre un reddito di cittadinanza questo non succede neanche con la crisi. E soprattutto è incomprensibile che a sinistra nessuno ne parli chiaramente. A chi giova? Evidentemente a qualcuno gioverà.
Certo non giova agli operai che si danno fuoco, alle famiglie che resteranno senza un reddito, e senza una casa di cui Santoro mostra ogni volta il dramma. Ma senza mostrare le soluzioni che in altri paesi hanno adottato da decenni, la denuncia mi pare parziale e anche un po’ ambigua. Non mi pare che sia uno scoop scoprire quello che per diversi milioni di persone è assolutamente normale. La Francia è stata l'ultimo paese in Europa ad adottare una forma di sussidio che di fatto è un reddito di cittadinanza ben venti anni fa. La rivista “Esprit” dedicò un numero speciale all'evento. Possibile che in Italia nessuno ne sappia nulla?
Le persone giudicano per paragoni e confronti. Se il confronto con gli altri paesi viene loro negato non ci si può lamentare che non cambi nulla. La primavera araba è iniziata con la possibilità di guardare con la televisione e con internet fuori del recinto nazionale. Lo stesso avvenne nei paesi dell’Est.
Forse non si vuole la democrazia europea e si guarda ad altro? In ogni caso, per scegliere bisognerebbe conoscere. Sapere che un’altra società non solo è possibile, ma già esiste da diversi decenni, impegnerebbe diversamente le forze politiche, e i sindacati. Questo sarebbe "rivoluzionario", e sarebbe europeo. L'unico che in Italia sta ponendo con coerenza il problema del reddito di cittadinanza sul modello europeo è Maurizio Landini; temo però sia un outsider, una scheggia impazzita del sistema.
Ichino ha detto in trasmissione che l’indennità di disoccupazione che vorrebbe introdurre il governo Monti è di qualche mese più lunga dell’indennità di disoccupazione tedesca (12 o 18 mesi). Ma non ha spiegato bene (anche perché nessuno glielo ha chiesto) che dopo l’indennità di disoccupazione in Germania (e in tutta Europa) c’è un altro sussidio, meno “ricco”, per modo dire, ma che èillimitato (ovvero limitato solo dalla pensione e, ovviamente, da una nuova eventuale occupazione) e che copre anche l’affitto dell’alloggio. Vi pare poca cosa? Vi sembra un dettaglio trascurabile? Una donna sola e disoccupata con figli ha in Germania dallo stato più di 1800 euro mensili. Non mi fermo qui sulle cifre e sulla tipologia dei benefici che hanno le persone che non lavorano nei paesi europei e in particolare in Germania: l’ho fatto nel numero in uscita su MicroMega.
Io mi chiedo sgomento: come è possibile dedicare un’intera trasmissione sullo stato sociale, far iniziare la Fornero con la sua proposta di riforma degli "ammortizzatori sociali", e non parlare dei sussidi di disoccupazione che esistono in Europa? Possibile che nessuno ritenga importante ricordare che è dal 1992 che l’Europa raccomanda all’Italia di adottare il reddito di cittadinanza? Possibile che nessuno abbia notato che anche nella famosa lettera della Bce (sic!) si rinnova al governo italiano l’invito a introdurre i sussidi di disoccupazione sul modello europeo e che la stessa cosa viene ripetuta nelle famose domande di chiarimento dell’Europa?
Una breve ricerca su internet: ecco una parte del testo della raccomandazione 92/441 CEE pubblicato anche sulla Gazzetta ufficiale. Leggo:
Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell'impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente.
Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale.
Poi leggo:
(12) … il Parlamento europeo, nella sua risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea (5), ha auspicato l'introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, inteso quale fattore d'inserimento nella società dei cittadini più poveri;
O anche
il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 12 luglio 1989 in merito alla povertà (6), ha anch'esso raccomandato l'introduzione di un minimo sociale, concepito ad un tempo come rete di sicurezza per i poveri e strumento del loro reinserimento sociale
E dunque l’Europa raccomanda a tutti gli stati membri:
di riconoscere, nell'ambito d'un dispositivo globale e coerente di lotta all'emarginazione sociale, il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana e di adeguare di conseguenza, se e per quanto occorra, i propri sistemi di protezione sociale ai principi e agli orientamenti esposti in appresso.
E questo significa che al reddito minimo garantito si può avere accesso
senza limiti di durata, purché il titolare resti in possesso dei requisiti prescritti e nell'intesa che, in concreto, il diritto può essere previsto per periodi limitati, ma rinnovabili
(http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31992H0441:IT:HTML)
In tutti i Paesi dell’Europa questo è realtà. Non in Italia, in Grecia e in Ungheria.
Possibile che nessuno abbia capito che quello che manca in Italia è quella sicurezza economica che viene dalla rete dei sussidi che permette alle persone di cambiare lavoro con relativa tranquillità soprattutto da giovani? Un mio giovane amico olandese ha fatto un’infinità di mestieri; è stato, tra le altre cose, maestro di sci, ha aperto una scuola di windsurf, ha aperto un Hotel, poi lo ha chiuso e aperto una ditta di costruzioni. È questo che si chiama “flessibilità”, non la macelleria sociale che hanno in mente in Italia destra e sinistra.
Possibile che non si capisca il significato di apertura del mercato e della protezione sociale? Non significa licenziare in massa la gente, significa fare in modo che i giovani possano sperimentare le loro possibilità e le loro idee in un mercato aperto e non controllato dalla corporazioni e dalle varie rendite (vera potenza italiana). È per questo che l’Europa chiede le liberalizzazioni, non certo per perseguitare i tassisti (una delle cose, non so se più ridicole o drammatiche, è stata la farsa sui tassisti, come se da loro dipendesse lo spread. Magari si voleva solo alzare un gran polverone e mandare tutto il resto in caciara?).
Liberalizzare significa aprire l’accesso alle professioni senza doversi fare un tessera di partito, pagare tangenti, essere parte di un sistema di potere, di una lobby famigliare, politica, religiosa ecc. Significa che in Italia uno che vuole fare il giornalista o il notaio non debba essere figlio di un giornalista o di un notaio, significa che se vuole aprire un negozio si viene aiutati (come avviene in tutta Europa) e non ostacolati. È così difficile da capire? Aprire il mercato significa andare un po’ a vedere come si fa carriera nella televisione di stato, alla Rai. Significa andare a vedere quanti sono i figli di papà dentro le università. Magari dei papà “riformisti”. Ma veramente nessuno capisce che una cosa è la precarietà con la certezza del reddito e dell’alloggio, e un’altra è la precarietà con il niente?
Ho capito che il reddito minimo garantito è come un punto archimedeo: sembra piccolo, ma in realtà è il punto d’appoggio di due concezioni della società completamente diverse.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/reddito-di-cittadinanza-il-modello-sociale-europeo-che-l%E2%80%99italia-ignora/
Cassaforte Belsito, tre le carte scoperte una cartella intestata a "The family"
Renzo Bossi e Francesco Belsito
Prime rivelazioni sui documenti rinvenuti nell'ufficio dell'ex tesoriere della Lega. Oggi si riunisce il consiglio federale del partito per nominare il nuovo segretario amministrativo.
NAPOLI - Nella cassaforte del tesoriere della Lega Francesco Belsito tra la documentazione contabile sequestrata ieri dai carabinieri del Noe e dalla Guardia di Finanza vi è anche una cartella con l'intestazione "The family'. L'ipotesi degli investigatori è che i documenti siano relativi alle elargizioni ai familiari del leader del Caroccio Umberto Bossi. Gli atti sono all'esame dei pubblici ministeri di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock.
La notizia, se confermata, è destinata a creare ulteriore scompiglio in un partito già alle prese con lo schock delle prime rivelazioni sul contenuto delle inchieste giudiziarie aperte da diverse procure sull'utilizzo improprio dei rimborsi elettorali da parte della Lega. Il Consiglio federale del partito si riunisce oggi in via Bellerio per nominare il nuovo tesoriere che prenderà il posto di Francesco Belsito e dovrà fare chiarezza sui conti del movimento. A confermarlo è stato lo stesso Umberto Bossi che in mattinata ha spiegato ai suoi che l'ordine del giorno è questo, quasi a voler smentire le voci che davano per imminente le sue dimissioni. "Oggi decido la nomina del nuovo segretario amministrativo della Lega, il consiglio federale si riunisce per questo".
In ambienti vicini alla Lega tuttavia si lasciano aperte tutte le ipotesi e tra queste, appunto, a sorpresa anche un possibile passo indietro del Senatur. Quanto alla segreteria politica riunitasi ieri, sempre secondo alcune voci. Di fatto non avrebbe espresso alcun candidato.
La notizia, se confermata, è destinata a creare ulteriore scompiglio in un partito già alle prese con lo schock delle prime rivelazioni sul contenuto delle inchieste giudiziarie aperte da diverse procure sull'utilizzo improprio dei rimborsi elettorali da parte della Lega. Il Consiglio federale del partito si riunisce oggi in via Bellerio per nominare il nuovo tesoriere che prenderà il posto di Francesco Belsito e dovrà fare chiarezza sui conti del movimento. A confermarlo è stato lo stesso Umberto Bossi che in mattinata ha spiegato ai suoi che l'ordine del giorno è questo, quasi a voler smentire le voci che davano per imminente le sue dimissioni. "Oggi decido la nomina del nuovo segretario amministrativo della Lega, il consiglio federale si riunisce per questo".
In ambienti vicini alla Lega tuttavia si lasciano aperte tutte le ipotesi e tra queste, appunto, a sorpresa anche un possibile passo indietro del Senatur. Quanto alla segreteria politica riunitasi ieri, sempre secondo alcune voci. Di fatto non avrebbe espresso alcun candidato.
SUICIDIO DI MASSA. - di Marco Travaglio
Le carte dell’inchiesta sulla Lega suscita, in
chiunque sia dotato di un milligrammo di
materia grigia, una domanda su tutte: com’è che
siamo arrivati a questo punto? È la stessa
domanda che sgorgava spontanea dalle carte dei casi
Lusi, P3, P4, Enav-Finmeccanica, Cricca,
Monnezzopoli campana, furbetti del quartierino,
Mastella’s, Telecom-Tavaroli, Sismi-Pollari, Tarantini,
Lavitola, Tedesco, Milanese, casa Scajola, casa
Tremonti, casa Lunardi, Malinconico Tours, Regione
Lombardia, giù giù fino a Calciopoli, al
calcioscommesse alle mazzette ai vigili di Roma. Visti
tutti insieme – e chissà quanti ne abbiamo dimenticati
– gli scandali degli ultimi anni fanno impallidire
Tangentopoli, per qualità dei personaggi coinvolti e
per quantità di soldi pubblici rubati. Solo che sono
spalmati nello spazio e nel tempo, dunque vengono
rapidamente dimenticati: chiodo scaccia chiodo, anzi
ladro scaccia ladro. Ma basta alzare lo sguardo e
osservarli dall’alto per avere il quadro di paese di ladri i
quali, diversamente dagli altri paesi, appartengono
tutti alle classi dirigenti e rubano sempre e solo denaro
pubblico. Per ogni appalto truccato, favore indebito,
fondo nero, bilancio truccato, tassa evasa, collusione
malavitosa, cricca o lobby o loggia dedita alla
grassazione, ci sono decine e centinaia di complici,
favoreggiatori e pali che sanno, vedono, aiutano,
tacciono e coprono. Il risultato è un sistema illegale di
massa che coinvolge milioni di italiani e che nessuna
riforma della giustizia o delle carceri, nessun aumento
d’organico di tribunali e forze dell’ordine potrà mai
scoperchiare e punire per intero. Basta aprire un
cassetto per trovare una mazzetta, grattare un
intonaco per scoprire un bilancio falso, sollevare un
sasso per veder sciamare orde di parassiti grassi e
puzzolenti. Per capire lo scandalo Lega non occorre
addentrarsi nelle accuse penali, che spetta ai giudici
valutare: basta e avanza il curriculum di Belsito.
Condannato per guida senza patente, dunque autista
del ministro della Giustizia Biondi, buttafuori da
discoteca, entrato nel cuore dell’Umberto portandogli
le focacce, coinvolto in due crac, titolare di società
private più un diploma fantasma e due lauree per
corrispondenza da Malta e da Londra, dunque
vicetesoriere del partito, deputato, sottosegretario,
membro del Cda Fincantieri, infine tesoriere al posto
di Balocchi che in punto di morte gli passò i segreti dei
“rimborsi elettorali” (41 milioni in 10 anni per
campagne costate 3,5). Il potere di ricatto dei
tesorieri, elisir di eterna vita politica, spiega perché, da
quel ruolo, si esce solo coi piedi in avanti. Quando
Bossi dice “denuncerò chi ha utilizzato i soldi della
Lega per sistemare la mia casa”, la prima tentazione è
farsi una risata e iscriverlo al Partito dell’Insaputa, in
compagnia di Scajola, Malinconico, Fede, Lusi, Rutelli
& C. Ma il guaio è che, viste le pratiche dei partiti e le
condizioni del Senatur, è persino possibile che il
famelico “cerchio magico” di familiari e famigli agisse
alle sue spalle. Se siamo a questo punto è grazie ai
politici (quasi tutti) che hanno smantellato l’a buso
d’ufficio, il falso in bilancio, l’uso di fatture false,
dimezzato la prescrizione, evitato leggi anti-tangenti e
conflitti d’interessi o per la responsabilità giuridica dei
partiti, quadruplicato i “rimbor si”, legalizzato i fondi
neri fino a 50 mila euro l’anno pro capite. Ma anche
grazie al tradimento dei chierici che, dinanzi a
un’emergenza nazionale da 200 miliardi l’anno (tra
evasione e corruzione), raccontano da vent’anni la
favola del “g iustizialismo” e della “guerra tra politica e
ma gistratura”. Intanto il presidente della Commissione
Trasparenza alza le mani in segno di resa. La Severino è
costretta a “consultazioni” con gli sherpa dei partiti
per partorire una legge che esiste da 20 anni in
tutt’Europa. I partiti si fan le pippe su una legge
elettorale che fa rimpiangere il Porcellum. Il capo
dello Stato esala un inutile “monito” al giorno. E il
governo “tecnico” perde tre mesi per l’articolo 18. In
attesa della retata finale.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=360126890692182&set=a.139700576068149.13581.139696202735253&type=1&theater
mercoledì 4 aprile 2012
Balle e ancora balle per mistificare la realtà. - di Emanuele Boanini
Leggo che Monti ha presentato la riforma del lavoro,e per l'articolo 18, torna il reintegro!!! Sembra una buona notizia però non mi convince del tutto,infatti non capisco perchè a fronte di una " manifesta insussistenza" il giudice non debba reintegrare d'ufficio e possa invece decidere per un indenizzo.Se è manifestamente illeggittimo dovrebbe reintegrare e stop. Magari con un indennizzo di 10 mesi l'azienda si toglie di mezzo il lavoratore..e poi che fa? Inolte vorrei capire come può giudicare la manifesta insussistenza per motivi economici se non può andare a verificare l'operato dell'azienda..
A fronte di questo e delle ultime vicende mi rendo veramente conto di una realtà ormai conclamata: un paese allo sbando, dove il singolo cittadino non conta più niente; un paese incapace di trovare la forza morale necessaria per risorgere, in cui si magnifica con evidente ipocrisia l’”Equità” e non si fa nulla di concreto, non dico per applicarla, ma almeno per farla intravvedere a chi si sente ormai disperato,incapace di andare avanti.Siamo giunti persino a dover mestamente soffermarci sul suicidio di una ottantenne dignitosa cui hanno ridotto la pensione di 200 Euro su un totale di 800, in pratica di un quarto.La poveretta temeva d’esser costretta a chiedere l’elemosina per continuare a vivere e ha preferito con dignità di farsi da parte. Un taglio di spesa importante,equo,necessario alla salvezza del paese dove persiste beata e riverita una classe dirigente che si fotte senza nessun ritegno centinaia e centinaia di milioni di Euro.
Una classe dirigente (mi riferisco sopratutto alla lega,che fino a pohi mesi fa era al governo) piuttosto distratta che non si accorge nemmeno se qualcuno gli paga la casa o i lavori di ristrutturazione e si incazza pure se qualche timido provvedimento prevede non subito,ma in futuro di limitare l’uso dell’auto blu, dell’autista, dell’ufficio e di un codazzo di segretari. Siamo tutti costretti a subire le conseguenze di una evasione vergognosa, reiterata spavaldamente sotto gli occhi di tutti, ma chi dovrebbe tentare di estirparla trova la compattezza necessaria per impedire sul nascere le liste nere degli evasori. Ci prendono platealmente in giro con notizie ridicole:la guardia di finanza procede ai controlli delle auto di grossa cilindrata parcheggiate in strada, da non credere! Come se non sapessimo che basterebbe l’incrocio dei dati al PRA per conoscere paternità e maternità dei possessori di qualsiasi veicolo. Balle e ancora balle per mistificare la realtà e accontentare i bischeri che ci credono.
TECNICI A LORO INSAPUTA - Marco Travaglio-Il Fatto Q.-04/04/12
Certo che questi tecnici sono proprio dei
fenomeni. Esordiscono col decreto
“Salva - Italia” che, in soldoni, al netto dei soliti
regali alle banche, si riduce a due cose:
spostare l’età pensionabile fino a 66-67 anni (la più
alta d’Europa) e inventare o aumentare una serie
innumerevole di tasse, imposte e balzelli. Compresa
l’Imu: ora si scopre che non si sa come e quanto
pagare, ma intanto avanti con gli anticipi, poi
qualcosa s’inventerà. C’è anche uno zuccherino per
chi chiede equità: la mitica tassazione dell’1,5% sui
capitali esodati, già costati agli evasori e ai malavitosi
la bellezza del 5% di imposte (invece del 50). Poi si
scopre che la norma è scritta coi piedi, per cui
nessuno pagherà nulla. E c’è pure un contentino per
chi invoca il taglio dei costi della politica: la
soppressione (almeno a parole) delle province, che
dovrebbe far risparmiare – direbbe la contessa
Fornero in dolce stil novo – una paccata di miliardi.
Poi si scopre che è tutto finto. Le province restano,
ma non sono più i cittadini a eleggere direttamente i
consiglieri provinciali: li nominano i consiglieri
comunali, cioè la casta. Ma il baraccone resta in
piedi, e se una parte delle competenze passa alle
regioni, spendiamo anche di più perché i dipendenti
regionali guadagnano il 30% più di quelli provinciali.
Un affarone. Poi arrivano le mitiche liberalizzazioni
per spezzare le reni alle lobby (i famigerati tassisti e
farmacisti): pompe magne, rulli di tamburo,
trombette a palla, perepereperepé. Guai se il
Parlamento le affossa. Risultato: persino le licenze
dei tassinari passano sotto l’egida dei sindaci, che
non cambieranno un’acca. Intanto la Ragioneria
dello Stato segnala un problemino da niente: per una
serie di norme del decreto manca la copertura
finanziaria. Ma che sarà mai, approvate lo stesso. Poi
Report e il Fatto scoprono gli effetti devastanti del
combinato disposto del Salva-Italia e del
Milleproroghe: il primo manda la gente in pensione a
66-67 anni, il secondo salva dal limbo i lavoratori in
mobilità, ma si dimentica di quelli incentivati
all’esodo, che nessuno sa quanti siano. Chi dice 20
mila, chi 65 mila, chi 100 mila, finché arriva il dato
dell’Inps: 350 mila. Senza lavoro né stipendio né
pensione. Esodati e mazziati. Panico nel governo:
ops, che sbadati, non ci avevamo pensato. Se non
fossero tecnici, parrebbero dilettanti allo sbaraglio.
Report domanda alla Fornero come pensa di
risolvere il problema. E lei, con l’aria di chi passa di lì
per caso: “Daremo un sussidio”. Non hanno pane,
mangino brioches. Minuscolo dettaglio: per 350 mila
sussidi ci vogliono miliardi, che nessuno sa dove
trovare. Il che, fra l’altro, dimostra che pure il
Salva-Italia è stato fatto e approvato senza copertura
finanziaria. Roba che neanche ai tempi di Pomicino,
di cui pure Monti fu un valido collaboratore. Bei
tempi quando i presidenti della Repubblica
respingevano le leggi e i decreti non coperti, in base
all’articolo 81 della Costituzione: “Ogni altra legge
che importi nuove o maggiori spese deve indicare i
mezzi per farvi fronte”. Napolitano, come sempre,
firma tutto. E sull’art. 18 dice che “la riforma aiuta la
crescita”, ma “devo ancora approfondire il tema”.
Intanto che approfondisce, l’idea che chi scrive una
legge e chi la vota debba preoccuparsi delle
conseguenze di quel che fa non è proprio
contemplata, nell’era dei tecnici. Il sottosegretario
Polillo, che non è un tecnico ma un vecchio politico
e un po’ della gente si preoccupa, propone di
disdettare gli accordi tra imprese ed esodati,
rimandandoli a lavorare, e promette che il governo
non li lascerà in mezzo a una strada. Ma la Fornero,
sempre con l’aria da pic-nic, lo fulmina: “Se il
sottosegretario ha una ricetta, se ne faccia carico
per sonalmente”. L’idea che una ricetta dovrebbe
avercela lei che ha creato il guaio con la cosiddetta
“riforma delle pensioni”, non la sfiora neppure. Ora
magari lancerà un concorso a premi per creativi, da
abbinare alla Lotteria Italia o al Gratta e Vinci: “Trova
tu la ricetta per salvare gli esodati”.
Tangenti, è bufera sulla Lega al Pirellone Boni indagato. "Un milione al Carroccio". - di Emilio Randacio
Il leghista Davide Boni
I militari della guardia di finanza negli uffici del presidente del consiglio regionale. L'inchiesta a maggio aveva decapitato la giunta di Cassano d'Adda. Fra gli indagati anche Luigi Zunino "Il politico leghista utilizzava gli uffici pubblici per lo scambio dei soldi". I sospetti sui destinatari.
Un'altra inchiesta della Procura di Milano scuote i piani alti della Regione Lombardia e soprattutto squarcia un velo su un presunto giro di tangenti da oltre un milione di euro che sarebbero finiti agli esponenti locali della Lega Nord. Dopo i casi di mazzette che hanno riguardato Filippo Penati, Franco Nicoli Cristiani e Massimo Ponzoni - e dunque nell'ordine un esponente del Pd e due del Pdl - gli inquirenti milanesi sono ora sulle tracce di versamenti illeciti utilizzati, secondo l'accusa, dal Carroccio in ambito territoriale. Uno dei più noti esponenti lombardi del partito guidato da Umberto Bossi, il maroniano Davide Boni, attuale presidente del consiglio regionale, è finito indagato per corruzione (una decina di episodi), assieme al capo della sua segreteria, Dario Ghezzi, e a Marco Paoletti, fino a qualche mese fa consigliere provinciale della Lega, poi sospeso e passato al gruppo misto.
I fatti contestati. Gli altri indagati sono l'immobiliarista Luigi Zunino (ex numero uno di Risanamento), Edoardo Sala (ex sindaco di Cassano d'Adda), l'architetto Michele Ugliola e suo cognato Gilberto Leuci. Boni e Ghezzi, secondo la Procura, "utilizzavano gli uffici pubblici della Regione come luogo d'incontro per raggiungere accordi o per la consegna dei soldi". Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto milanese Alfredo Robledo e del pm Paolo Filippini, Boni e Ghezzi, a cui la guardia di finanza, nel corso di una serie di perquisizioni, ha notificato un'informazione di garanzia, avrebbero gestito "affari illeciti spartito tangenti che l'architetto Michele Ugliola e il cognato Gilberto Leuci avrebbero concordato con alcuni imprenditori, tra cui Luigi Zunino e Francesco Monastero (legato al gruppo Sile Costruzioni).
I fatti contestati. Gli altri indagati sono l'immobiliarista Luigi Zunino (ex numero uno di Risanamento), Edoardo Sala (ex sindaco di Cassano d'Adda), l'architetto Michele Ugliola e suo cognato Gilberto Leuci. Boni e Ghezzi, secondo la Procura, "utilizzavano gli uffici pubblici della Regione come luogo d'incontro per raggiungere accordi o per la consegna dei soldi". Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto milanese Alfredo Robledo e del pm Paolo Filippini, Boni e Ghezzi, a cui la guardia di finanza, nel corso di una serie di perquisizioni, ha notificato un'informazione di garanzia, avrebbero gestito "affari illeciti spartito tangenti che l'architetto Michele Ugliola e il cognato Gilberto Leuci avrebbero concordato con alcuni imprenditori, tra cui Luigi Zunino e Francesco Monastero (legato al gruppo Sile Costruzioni).
Il business dei centri commerciali. Il tutto sarebbe avvenuto affinché alcuni amministratori locali, anch'essi destinatari di parte dei profitti illeciti, favorissero gli interessi immobiliari degli imprenditori in diverse aree di Milano e dell'hinterland, soprattutto per la realizzazione di centri commerciali. In alcuni casi si tratta di progetti ancora "attuali". Boni, in particolare, avrebbe ricevuto tra il 2008 e il 2010 (quando era assessore regionale all'Edilizia e al territorio) buste di contanti anche nei suoi uffici in Regione. Mazzette per un totale di oltre un milione di euro, fra soldi promessi ed effettivamente versati, finiti anche nelle mani di Ghezzi e che sarebbero andati non nelle tasche dei due ma - questa è l'ipotesi degli inquirenti - a finanziare in ordine sparso le iniziative estemporanee della Lega, attraverso esponenti locali.
E' per questo che i pm stanno valutando anche la possibilità di contestare il reato di finanziamento illecito ai partiti. Un quadro accusatorio che intende far luce su una sorta di 'sistema Lega' che non tocca via Bellerio, ma è basato su un metodo di rastrellamento e di distribuzione di profitti illegali, accomunato nei corridoi della Procura al vecchio meccanismo di Tangentopoli.
Salvini: "Colpiti perché all'opposizione" Giannini: "La nemesi del Carroccio" Saviano twitta: "Mi negò la cittadinanza onoraria" Boni su Facebook Le reazioni dei partiti L'aula va avanti Ufficio di presidenza: quattro indagati su cinque Quando disse: "Tangenti al Pirellone? Mai avuto sospetti" Tangenti e urbanistica a Cassano d'Adda
La replica di Boni e l'attacco delle opposizioni. "In relazione ai fatti oggi contestati anticipo fin d'ora la mia totale estraneità", è stato il primo commento di Boni dopo la notizia dell'avviso di garanzia. "Nel contempo confermo la mia piena disponibilità a chiarire la mia posizione e la mia estraneità con gli organi inquirenti, in modo da poter fare piena luce sulla vicenda nei tempi più rapidi possibili". Ma il il capogruppo del Pd in Regione Lombardia, Luca Gaffuri, dopo una riunione fra i gruppi di opposizione, chiede di "andare al più presto al voto" e invoca "subito le dimissioni di Boni". Alla richiesta di Gaffuri si sono associati anche Idv, Sel e Udc (ma quest'ultima ritiene con il capogruppo Giammarco Quadrini che "questo consiglio regionale debba andare avanti con il proprio mandato"). Boni è stato poi intervistato per la trasmissione 'Forte e chiaro' su Antenna 3. "E' naturale che un avviso di garanzia è un avviso di garanzia, non è il primo né l'ultimo che ho ricevuto. Riferendosi a un precedente caso giudiziario in cui fu coinvolto quando era presidente della Provincia di Mantova, Boni ha ricordato: "A quel tempo ci fu una condanna a otto mesi in primo grado e un'assoluzione in appello perché il fatto non sussisteva. Questa fu allora la situazione, per cui l'affronto serenamente. E' naturale che nel rispetto degli inquirenti credo che ci siano tutti i passaggi che poi col tempo vedremo. Sono sereno, mi dispiace non aver potuto seguire il consiglio regionale".
Formigoni: "Presunzione di innocenza". Sul caso interviene il presidente della Regione, Roberto Formigoni: "Mi auguro che Davide Boni riesca presto a dimostrare la sua totale estraneità - fa sapere il governatore - E' chiaro che seguiamo e seguiremo con attenzione l'evolvere delle vicende, ma vale il principio della presunzione di innocenza fino a giudizio emesso". Formigoni ha aggiunto di lasciare a Boni qualsiasi valutazione su eventuali dimissioni dalla presidenza del consiglio regionale. "Se fossero dimostrati degli atti dannosi nei confronti della Regione Lombardia - ha poi assicurato Formigoni a margine della presentazione di un libro - ci costituiremo parte civile come parte lesa: però attendiamo di sapere di più".
Le reazioni della Lega. Renzo Bossi, il figlio-consigliere regionale del Senatur, per tutta la giornata ha evitato di rispondere ai giornalisti. E' stato visto parlare al telefono più spesso del solito. Ma "non dico niente", ha detto a più riprese. E così alle cronache restano per adesso le paure di un complotto anti Lega. "Non dobbiamo chiedere soldi a nessuno, è sicuramente una coincidenza strana che si stia montando tutto un sistema intorno alla Lega, che è rimasta l'unica forza politica d'opposizione", ha detto l'europarlamentare Matteo Salvini. Il tesoriere del movimento, Francesco Belsito, ha assicurato: "Siamo estranei a fatti dove si fa riferimento a ipotetici versamenti presso la cassa del partito". Si capirà nelle prossime ore che cosa farà Boni di fronte al montare di quello che qualcuno ha già comunque ribattezzato il 'sistema Lega'.
Tutto cominciò a Cassano d'Adda. Nell'ambito dell'inchiesta - nata da una costola dell'indagine su presunte tangenti che ha coinvolto la passata amministrazione di Cassano d'Adda e che nel maggio 2011 ha portato in carcere l'allora sindaco Edoardo Sala - i militari della guardia di finanza hanno perquisito gli uffici di Boni e Ghezzi in Regione. Il blitz ha riguardato anche Zunino e Monastero, entrambi indagati assieme a Ugliola, Leuci e Paoletti. Boni - il quale ha dichiarato la sua "totale estraneità" ai fatti e ha dato la sua "piena disponibilità a chiarire" la sua posizione - e Ghezzi, come si legge nel decreto di perquisizione, "utilizzavano gli uffici pubblici della Regione come luogo di incontro per concludere accordi nonchè per la consegna dei soldi". Per gestire "affari illeciti", insomma, incontrando anche di recente gli altri coindagati.
Il sistema delle mazzette. Secondo i pm "è dimostrato il pieno coinvolgimento" di entrambi nel giro di mazzette, nel quale Ugliola - già coinvolto alla fine degli anni Novanta nella Tangentopolì di Bresso - fungeva da raccordo fra il livello locale e regionale. Un sistema che, a detta degli investigatori, riguarda anche altri piccoli imprenditori e che ha continuato a funzionare fino a qualche mese fa. A carico di Boni e del suo stretto collaboratore ci sono una serie di interrogatori resi a investigatori e inquirenti dai coindagati, tra cui un paio di verbali della fine dell'anno scorso di Paoletti e dichiarazioni dello stesso Ugliola (il primo a collaborare con i magistrati) oltre a una serie di intercettazioni, tra cui diverse telefonate tra Paoletti e Monastero. Alcuni atti dell'inchiesta sono stati trasmessi per competenza alla Procura di Monza, che indaga sul cosiddetto 'sistema Sesto' (in cui è coinvolto anche Penati), perché lo stesso Ugliola avrebbe intrattenuto rapporti con amministratori e imprenditori per progetti a Sesto San Giovanni.
Il flusso delle tangenti. Dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni messe a verbale da alcuni indagati - tra cui lo stesso Paoletti - Boni e Ghezzi avrebbero trattato un milione di euro dal 2008 al 2010. Denaro in contanti che, come risulta dalle conversazioni telefoniche e dagli interrogatori, il presidente del consiglio regionale e il capo della sua segreteria non avrebbero intascato, ma in qualche modo sarebbe arrivato ad esponenti locali del Carroccio: si suppone per finanziare iniziative del partito in ambito territoriale. Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Robledo e del pm Filippini, il denaro veniva versato dagli imprenditori per ottenere facilitazioni per la realizzazione, in particolare, di centri commerciali nell'hinterland milanese. Un sistema nel quale a fare da tramite ci sarebbe stato l'architetto Ugliola, che avrebbe avuto rapporti con altri amministratori dei comuni della cintura di Milano e anche con quelli di Sesto San Giovanni. Alcuni atti dell'inchiesta sono stati trasmessi ai pm Walter Mapelli e Franca Macchia, che stanno indagando sul cosiddetto 'sistema Sesto' in cui è coinvolto anche Filippo Penati.
La maledizione dell'ufficio di presidenza. Il leghista Davide Boni è il quarto indagato nell'ufficio di presidenza del consiglio regionale in questa legislatura. Dei cinque componenti originari, eletti il 15 maggio 2010, solo uno il segretario Carlo Spreafico (Pd) non ha ricevuto avvisi di garanzia. Il primo a lasciare l'incarico per motivi giudiziari è stato Filippo Penati (Pd), ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex presidente della Provincia ed ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani. Si è dimesso da vicepresidente dopo essere stato indagato per tangenti in una inchiesta sulla riqualificazione delle aree ex Falck e Marelli a Sesto San Giovanni e ora fa parte del gruppo misto. Al suo posto è stata eletta lo scorso settembre come vicepresidente Sara Valmaggi (Pd).
Dopo Penati è toccato all'altro vicepresidente: Franco Nicoli Cristiani (Pdl). L'ex assessore all'Ambiente e al commercio è stato arrestato lo scorso novembre per tangenti. Scarcerato il 24 febbraio, nel frattempo si è dimesso non solo da vicepresidente ma anche da consigliere regionale (ruolo che aveva ricoperto ininterrottamente dal 1995): nell'ufficio di presidenza ha preso il suo posto un altro consigliere del Pdl, Carlo Saffioti. L'ultimo in ordine di tempo a essere arrestato è stato Massimo Ponzoni (Pdl), che si è costituito lo scorso 17 gennaio, rientrato dall'estero dopo aver saputo che la Procura di Monza aveva emesso un provvedimento di arresto con l'accusa di bancarotta nell'ambito dell'inchiesta sul fallimento della società Pellicano. Quello stesso giorno si è dimesso da segretario del consiglio, dove lo ha sostituito Doriano Riparbelli.
http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/03/06/news/corruzione_nuova_tegola_sul_pirellone_indagato_il_presidente_leghista_boni-31033896/?ref=fbpr
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