A ottobre Italia viva e Pd hanno pure votato le linee guida in Aula.
Dopo i rischi di “dittatura sanitaria” si è passati ai rischi di dittatura da Recovery Plan. I fatti parlano di riunioni pubbliche, tante, di deliberazioni del Parlamento, di un dibattito alla luce del sole.
Eppure Matteo Renzi ha ventilato l’ipotesi di una “dittatura” via Next Generation riferendosi a riunioni di governo “tenute in uno stanzino”, invocando il dibattito parlamentare adombrando sospetti su “manager con poteri sostitutivi rispetto al governo” e sullo stesso governo “sostituito da una task force”. Ha fatto anche riferimento a “35 miliardi messi dalla Germania sul turismo” mentre noi ne mettiamo solo tre. E via di questo passo, prontamente assistito da una pattuglia di giornalisti compiacenti che su vari quotidiani fanno passare lo stesso messaggio.
Per capire che si tratta di propaganda basta leggere delle carte. Si scopre così che la struttura deputata al piano, presso il ministero degli Affari europei, ha lavorato con riunioni periodiche aperte a tutti, che il processo è controllato rigidamente dalla Commissione europea e che se qualche critica può essere mossa andrebbe senz’altro in senso contrario alle politiche difese da Renzi e soci.
La guida europea.
Il controllo europeo è chiaro fin dalla Guida al Recovery plan (Guidance to member states, Recovery and Resilience Plans) redatta il 17 settembre, in cui oltre a ricordare le coordinate di fondo a cui il Recovery deve sottostare, si richiede affidabilità sull’uso delle risorse, sulle norme, soprattutto i dettagli sulle misure messe in atto “per evitare ogni rischio di frode, corruzione o cattiva amministrazione in genere nell’aggiudicazione dei contratti”.
Nelle linee guida si richiede l’indicazione di una “autorità politica” a livello ministeriale dotata delle necessarie misure di coordinamento e di applicazione delle riforme e degli investimenti. Guardando alla bozza di decreto che circola in queste ore, che probabilmente sarà rivista alla luce delle opposizioni renziane, lo schema scelto sembra esattamente quello richiesto dall’Europa.
L’autorità politica.
Al vertice del piano c’è chiaramente una autorità politica, il Comitato esecutivo istituito all’interno del Ciae, il Comitato interministeriale per gli affari europei. Questo è l’organismo politico di riferimento “con compiti di coordinamento, vigilanza e supervisione”. Nel Ciae ci sono di fatto tutti i ministri e nel Comitato esecutivo il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia e quello dello Sviluppo economico.
Si sostiene che Palazzo Chigi centralizzi tutto con il decreto di nomina dei Responsabili di missione, ma questo avviene comunque “su proposta del Comitato esecutivo”. I famigerati Responsabili di missione, i manager che rischiano di sostituire il governo, “controllano l’attuazione dei progetti e delle opere necessarie per l’attuazione del Pnrr, anche mediante l’esercizio dei poteri di cui al comma 15”. Vediamo dunque questi poteri.
I poteri dei manager.
“Poteri di impulso e coordinamento operativo per favorire la realizzazione, da parte dei soggetti attuatori, dei progetti al fine di garantire il rispetto dei tempi; poteri di vigilanza e monitoraggio nei confronti dei soggetti attuatori; poteri sostitutivi alle condizioni di cui al comma 16”.
I poteri sostitutivi sono i grandi inquisiti, anche perché vengono esercitati mediante “ordinanze” che rispettano, di fatto, solo il codice penale e l’antimafia. La loro ratio è quella di “risolvere situazioni o eventi ostativi alla realizzazione delle opere”, un modo per evitare “gli ingorghi” come dice il ministro degli Affari europei, Enzo Amendola, e che obbedisce alla logica europea che sta a monte.
Le coordinate Ue.
Se Renzi avesse letto tutti i documenti saprebbe anche che la Commissione ha stabilito delle coordinate per lo stanziamento dei fondi. Il 37% del Recovery deve essere infatti destinato al settore “Green”, il 20 per cento ai piani di digitalizzazione. C’è una chiara spinta a garantire fondi all’ammodernamento delle imprese o alla Coesione sociale e le linee guida dettano in dettaglio anche i modi in cui i fondi possono essere impiegati. Ad esempio indicando come priorità “l’efficientamento energetico delle residenze private e pubbliche” a cui va la parte più rilevante pari a circa 40 miliardi.
I fondi per la Salute.
Questo esempio aiuta a chiarire meglio il caso dei fondi per la Salute che secondo Renzi, ma anche secondo il ministro Roberto Speranza, sono sottodimensionati. Quando si parla di efficientamento energetico si indica la priorità “a scuole e ospedali” quindi in quella voce ci sono anche spese per la Sanità. Così come nella digitalizzazione. I dati riaggregati delle varie voci non sono disponibili, ma i conti andrebbero fatti in questo modo.
Il Parlamento ha discusso.
Che ci siano delle coordinate europee da seguire sarebbe stato chiaro a Italia Viva se avesse preso sul serio il Parlamento che il 13 ottobre ha discusso e approvato le “Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Al Senato intervenne proprio Renzi che, a parte un po’ di battute e la solita sparata sul Mes, sul Recovery disse questo: “Noi abbiamo apprezzato i suoi toni, le affidiamo il messaggio che Alessandro Baricco lascia in Oceano mare, quando le due persone dialogano e lei dice a lui: ‘Ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando’. E lui risponde: ‘Che sia troppo tardi, madame’”. Il personaggio è questo.
Incontri al ministero.
Quello che però Renzi e i suoi non possono non conoscere è il percorso di costruzione del Piano con diversi appuntamenti, a partire dalle riunioni del Comitato tecnico di Valutazione costituito presso il Ciae, formato da rappresentanti dei vari ministeri, ma anche di Regioni, Comuni e Province.
Andando sul sito del ministero si possono leggere anche i resoconti. Dal 29 luglio al 2 novembre ci sono state ben 16 riunioni, l’ultima presieduta dallo stesso Amendola. In quelle occasioni, si è sempre discusso della struttura del piano, del crono-programma, delle richieste della Ue e di quelle delle varie amministrazioni. Se si fosse voluto discutere seriamente le occasioni di confronto non sono mancate.