
All’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna è stata sperimentata con successo una tecnica innovativa capace di “congelare” i tumori. Sei pazienti, affetti da una forma rara di tumore chiamata fibromatosi desmoide, sono stati trattati con la crioterapia, un procedimento che utilizza il freddo estremo per distruggere le cellule malate.
Si tratta di un risultato che rappresenta un passo importante nella medicina italiana, perché dimostra come tecniche meno invasive e più mirate possano offrire nuove speranze anche in casi complessi o recidivanti.
Un tumore raro ma insidioso.
La fibromatosi desmoide non è un tumore maligno nel senso classico del termine: non produce metastasi e non si diffonde in altri organi, ma può comportarsi in modo molto aggressivo. Si sviluppa nei tessuti connettivi, nei muscoli o vicino ai tendini, crescendo lentamente ma in maniera invasiva, tanto da comprimere nervi, organi e strutture vitali.
Spesso chi ne è colpito convive per anni con dolore cronico o limitazioni funzionali, perché la massa, pur non essendo cancerosa, può risultare difficile da rimuovere completamente senza danneggiare le aree circostanti.
La chirurgia tradizionale, in questi casi, non sempre è risolutiva. Anche dopo un intervento perfettamente eseguito, il rischio di recidiva rimane alto. Per questo motivo i medici del Rizzoli hanno deciso di sperimentare un approccio diverso, capace di colpire solo il tessuto malato senza compromettere quello sano.
Come funziona la crioterapia.
La crioterapia, detta anche crioablazione, si basa su un principio semplice: il freddo può uccidere le cellule.
Durante il trattamento, i medici inseriscono delle sottili sonde metalliche – chiamate ago-sonde – direttamente all’interno del tumore, sotto la guida di tecniche radiologiche di precisione. Attraverso queste sonde viene fatto passare un gas ad altissima pressione, che provoca un rapido abbassamento della temperatura fino a raggiungere circa -80 gradi Celsius.
In pochi minuti si forma attorno al tumore una sorta di “bolla di ghiaccio” che congela i tessuti malati. Questo shock termico rompe le membrane cellulari, danneggia i vasi sanguigni che alimentano la massa e porta le cellule tumorali alla morte.
Nei giorni e nelle settimane successive, il corpo umano assorbe gradualmente il tessuto necrotico, riducendo la massa e alleviando i sintomi.
Il grande vantaggio della crioterapia è che consente di preservare i tessuti sani, riducendo il rischio di complicazioni e rendendo spesso inutile un intervento chirurgico invasivo. Inoltre, il paziente può tornare alle proprie attività in pochi giorni, con un tempo di recupero minimo e senza le cicatrici o i disagi tipici della chirurgia tradizionale.
I sei pazienti trattati.
Al Rizzoli, la procedura è stata applicata su sei persone di età e condizioni diverse, tutte affette da fibromatosi desmoide* in aree difficilmente operabili.
In alcuni casi, i pazienti avevano già subito interventi chirurgici o trattamenti farmacologici senza risultati soddisfacenti. La crioterapia è stata quindi una sorta di ultima risorsa, ma con esiti sorprendenti.
Già dopo i primi mesi di follow-up, i medici hanno osservato una significativa riduzione del volume dei tumori e, soprattutto, un miglioramento del dolore e della qualità della vita. In uno dei casi più emblematici, un paziente che da anni viveva con dolori persistenti è tornato a condurre una vita normale dopo una sola seduta.
Nessuno dei sei pazienti ha riportato complicazioni gravi, e nei controlli successivi non si sono registrate nuove crescite della massa.
Un passo avanti per la medicina mininvasiva.

Il successo di questi trattamenti rappresenta un importante segnale per la medicina moderna.
Negli ultimi anni, la tendenza è quella di ridurre sempre più la traumaticità delle cure, cercando di sostituire gli interventi chirurgici con tecniche percutanee, cioè eseguite attraverso la pelle, con aghi o microsonde.
La crioterapia è già impiegata in altri ambiti della medicina, ad esempio nella cura di alcune forme di tumore al rene, al fegato o alla prostata, ma la sua applicazione sui tessuti muscolo-scheletrici è ancora relativamente recente.
Il lavoro svolto a Bologna apre, quindi, la strada a nuove possibilità terapeutiche anche per tumori benigni ma difficili da gestire, o per recidive localizzate dove la chirurgia risulterebbe troppo rischiosa.
Un futuro promettente.
I medici del Rizzoli, incoraggiati dai risultati, stanno ora ampliando il campo di studio per capire se la crioterapia possa essere applicata anche ad altri tipi di lesioni.
Il passo successivo sarà raccogliere dati su un numero più ampio di pazienti, per verificare l’efficacia nel lungo periodo e valutare eventuali limiti o effetti collaterali non ancora osservati.
Un aspetto interessante della crioablazione è la possibilità di personalizzare il trattamento: grazie alle immagini radiologiche, i medici possono controllare in tempo reale la diffusione del freddo, assicurandosi che l’intera massa tumorale venga trattata, ma senza danneggiare organi o nervi vicini. Questo livello di precisione, impensabile solo pochi anni fa, è frutto di un’evoluzione tecnologica continua.
Una nuova speranza per i pazienti
Il caso dei sei pazienti di Bologna è un esempio concreto di come la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica possano migliorare la qualità della vita anche in situazioni che sembravano senza soluzione.
Non si tratta di una cura universale per tutti i tipi di tumore, ma di una nuova arma a disposizione dei medici, da affiancare alle terapie tradizionali.
L’obiettivo finale è chiaro: offrire trattamenti sempre più efficaci, meno dolorosi e con minori conseguenze per chi già combatte una battaglia difficile.
Conclusione
La sperimentazione condotta al Rizzoli dimostra che la crioterapia può rappresentare una rivoluzione silenziosa nella cura dei tumori benigni ma aggressivi.
“Congelare” un tumore non è più un’immagine simbolica, ma una realtà clinica che sta dando risultati tangibili.
Mentre la scienza continua a perfezionare queste tecniche, l’esperienza bolognese resta un orgoglio per la medicina italiana e una fonte di speranza per molti pazienti: perché a volte, anche nel gelo, può nascere la vita.
(*tumori benigni del tessuto molle, ma localmente aggressivi)
https://www.social-magazine.it/al-rizzoli-di-bologna-medici-congelano-i-tumori-la-nuova-terapia-che-elimina-le-masse-senza-bisturi-ne-chemio/