sabato 27 febbraio 2010

Chi ha salvato lo "schiavo" - Carlo Tecce




Due anni fa la commissione rifiutò la richiesta d’arresto per
Di Girolamo. Ora Schifani chiede di “annullare l’elezione”.

La casta contro la casta. I faldoni dell'ordinanza, la frode colossale, la seconda richiesta di arresto in due anni, a riflettori accessi, i parlamentari provano a scalfire l'immunità che copre il senatore Nicola Di Girolamo. Belle parole: “Nessuno è intoccabile” (Maurizio Gasparri). E lettera della terza carica Renato Schifani aMarco Follini, presidente della Giunta: “È possibile che ci siano nuovi e rilevanti elementi per l'annullamento dell'elezione di Di Girolamo”. Peccato che per tre volte, due in aula e una nella Giunta, la casta aveva protetto il senatore dalle inchieste della magistratura.

Procediamo con ordine cronologico . Il 24 giugno 2008, a pochi mesi dalle Politiche, la Giunta elezioni e immunità parlamentari nega (compatta da destra a sinistra) l'arresto ai domiciliari richiesto dal Tribunale di Roma per falso in atto pubblico (residenza all'estero, in Belgio). Dieci senatori, compreso Follini, avevano partecipato alla discussione: Casson, Sanna, Lusi, Adamo del Pd, Pastore , Musso, Valentino e Saro del Pdl, Li Gotti dell'Idv: “Non c’è il rischio dell’inquinamento delle prove né di fuga”. E Follini: “Ha prevalso il buon senso”. Soltanto il rappresentante del partito di Di Pietro aveva votato sì all'arresto. Il parere della Giunta, il 24 settembre 2008, è arrivato in Senato per la ratifica: nessun problema, c’è una maggioranza schiacciante (204 sì, 43 contrari e un astenuto): “Con votazione a scrutinio segreto, chiesta dal prescritto numero di senatori, il Senato approva le conclusioni della Giunta. Applausi dal gruppo Pdl”, si legge nel resoconto stenografico della seduta. Per il ricorso di Raffaele Fantetti (il primo dei non eletti nella circoscrizione estero), il 20 ottobre 2008, la Giunta si riunisce per la legittimità del seggio di Di Girolamo. Anche con i voti del Pdl, stavolta, la Giunta delibera l'annullamento dell'elezione del senatore per 'irregolare iscrizione all'anagrafe degli italiani residente all'estero'. Primo atto. Il secondo spetta al Senato, il 29 gennaio 2009.

C'è nervosismo e confusione a Palazzo Madama, il presidente Schifani chiede una pausa e convoca i capigruppo. Al rientro, il Pdl – guidato da Gasparri – sostiene l'ordine del giorno di Sergio De Gregorio per sconfessare la decisione della Giunta e rinvia la pratica Di Girolamo alla fine dei processi, addirittura al terzo grado in Cassazione: “Ci volevano due legislature”, commenta Li Gotti. E Gasparri oggi severo con Di Girolamo, allora era preoccupato per l'arresto immediato se il collega avesse perso la poltrona e dunque l'immunità: “Gasparri ribadisce la sospensiva – si legge nel resoconto sommario – per il timore che con la decisione odierna potessero determinarsi le condizioni per la misura cautelare”. Nel coro c'era Gaetano Quagliariello : “Non si tratta di cavilli giuridici, ma di una questione regolamentare complessa che va affrontata con la dovuta serietà”. E poi Luigi Compagna, Andrea Pastore e Sergio Vetrella a ruota. I senatori del Pdl sconfessavano i colleghi della Giunta che, vagliando istruttorie a interrogatori, avevano accolto il ricorso di Fan-tetti. Una mano d'aiuto si levò dal piano sopraelevato di Palazzo Madama, dal banco più alto. Da Schifani: “La presidenza del Senato ritiene ammissibile la richiesta di sospensiva alla luce dei precedenti e delle norme regolamentari”. E così, approvando a scrutinio segreto (e sono due) l’odg di De Gregorio, il Senato arruolò Di Girolamo nella casta degli intoccabili.

da Il Fatto Quotidiano del 26 febbraio 2010



Nessun commento:

Posta un commento