Bando del comune di Roma per gli asili nido della capitale. Si entra per punteggio, che è assegnato principalmente in base alla condizione familiare (numero di figli a carico, portatori di handicap in famiglia, genitori entrambi lavoratori e via discorrendo), e solo in seconda battuta, a parità di punteggio, entra in gioco la condizione economica. Tra le situazioni che fanno ottenere un maggior punteggio c’è, giustamente, quella della famiglia monoparentale, ossia un bambino con un genitore solo. Ed ecco che scatta il paradosso: un bambino figlio di una coppia di lesbiche, nato grazie all’inseminazione artificiale (ovviamente all’estero), ottiene i 50 punti della famiglia monoparentale, visto che formalmente è figlio soltanto della donna che lo ha partorito. La compagna – pienamente presente in famiglia – non viene considerata affatto e il bambino risulta figlio di una donna sola, con tutti i «vantaggi» che ne derivano. A tutto danno delle tanto osannate famiglie tradizionali che, con un solo figlio ed entrambi i genitori lavoratori, ottengono solo 40 punti, rimanendo perlopiù fuori dalle graduatorie.
Certo, magra consolazione per queste famiglie (perché tali sono) costrette ogni giorno ad acrobazie burocratiche per poter garantire ai propri figli una vita normale. A partire dalla completa assenza di tutele per l’altro genitore, che non può accudire il figlio in ospedale in caso di ricovero, non può viaggiare da solo con lui e non può neanche accompagnarlo all’asilo senza una precisa delega. Assenze di tutele che, in fin de conti, si ripercuotono soprattutto sui bambini che si ritrovano orfani di un genitore di fronte allo Stato, nonostante abbiano in casa una normalissima e serenissima famiglia.
Nelle pieghe delle leggi e dei regolamenti il buon senso si prende una piccola rivincita, creando però, come abbiamo visto, effetti paradossali. Binetti & c. si mettano l’anima in pace: persino per tutelare davvero la famiglia tradizionale bisognerà riconoscere a tutti gli stessi diritti.
(21 maggio 2010)
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