A Palazzo Madama passa l'emendamento alla riforma costituzionale che prevede l'elezione diretta del Capo dello Stato. Pd e Idv abbandonano l'Aula, contrari Udc, Fli e Api. E Alfano blinda Monti: "Al voto nel 2013, con nuova legge elettorale". Bersani: "Pronti a votarla anche ad agosto".
ROMA - Angelino Alfano sbarra la strada all'ipotesi di un voto anticipato all'autunno e rilancia la necessità di riscrivere la legge elettorale, ma tra Pdl e Pd il barometro segna di nuovo tempesta dopo la prova di forza sulla riforma costituzionale. "Non poniamo termine a questa legislatura, crediamo che la priorità sia l'economia e pensiamo anche che vi sia la necessità di approvare subito una legge elettorale e di andare al voto la prossima volta con un Paese in cui i cittadini possano scegliere il proprio deputato e il proprio senatore", afferma il segretario del Pdl.Ambizione, quella di Alfano, ribadita ieri sia dal presidente del Consiglio Mario Monti sia dal leader democratico Pierluigi Bersani 1, ma che si scontra con i crescenti malumori in casa del Pd. I democratici sono convinti infatti che a remare contro il raggiungimento di un'intesa sia proprio la rigidità del Pdl. "La legge elettorale va fatta subitissimo e noi ci presentiamo in modo assolutamente flessibile. Il problema non è quale riforma si fa, ma se si vuol fare. Questo è il punto", avverte Bersani. E ancora: "Noi siamo pronti anche domani mattina e già in agosto a passare in parlamento per un primo ok della riforma elettorale. I mesi del governo tecnico hanno Insegnato che la politica deve prendersi le sue responsabilità".
Ma a far salire la tensione all'interno della maggioranza è anche la questione della riforma costituzionale, con Pdl e Lega che anche oggi sono andate avanti malgrado le proteste di Pd e Idv. "E' un diversivo senza costrutto", sottolinea il segretario del Pd. "Spero solo che con questo gesto irresponsabile, inutile e del tutto inconcludente, non si faccia deragliare quello che dobbiamo fare subitissimo, che è la riforma della legge elettorale", mette in guardia.
Sulla stessa lunghezza d'onda Pier Ferdinando Casini. "Il voto al Senato non mi sorprende, ma è una sorta di vorrei ma non posso: non esiste il tema del semipresidenzialismo ma la necessità di fare la legge elettorale", dice il leader dell'Udc che propone di "chiudersi in una stanza fino a che non abbiamo la nuova legge elettorale, almeno in un ramo del Parlamento" anche "senza andare in vacanza".
Bersani e Casini si riferiscono a quanto accaduto stamane al Senato, dove l'aula grazie alla ritrovata intesa tra Pdl e Lega ha approvato alcuni punti fondamentali della riforma Costituzionale, a cominciare dal semipresidenzialismo (con l'introduzione dell'elezione a suffragio universale del capo dello Stato) e dall'abrogazione del bicameralismo perfetto. Norme che hanno ottenuto il via libera senza il voto di Pd e Idv, assenti per protesta.
"Stiamo facendo - ha detto Anna Finocchiaro, capogruppo dei senatori democratici motivando la sua richiesta di stop - una discussione senza esito. Qui si celebra non l'interesse generale ma quello particolare di due forze politiche e questo mentre in Commissione bilancio si parla di spending review. Questa riforma costituzionale non mai vedrà mai la luce" nonostante ciò "noi andremo avanti fino all'articolo 9, fino a quando non sarà restaurato il sinallagma (un contratto vincolante, ndr) tra Pdl e Lega mentre i colleghi della commissione bilancio dovranno o assentartsi dall'aula e lavorare clandestinamente oppure rinviare ad altre ore e tempi più ristretti l'esame della spending review".
"E' sempre più intollerabile - ha aggiunto Finocchiaro - che l'aula e i colleghi siano impegnati in una discussione che non ha sorte solo perché Pdl e Lega devono cavarsi lo sfizio di avere una ragione in più per tappezzare l'Italia di manifesti sul semipresidenzialismo. E' inconcepibile e oltraggioso nei confronti degli italiani e che non giova allo sforzo che insieme stiamo facendo su un'altra barricata per ridare slancio all'Italia e ridarle forza".
Critiche condivise da Beppe Pisanu, che ha votato in dissenso con il suo gruppo del Pdl. "Sono favorevole al semi presidenzialismo, ma ritengo che la via seguita in questa sede sia sbagliata. Nella migliore delle ipotesi essa ci porterà a una bandiera da sventolare, posto che trovi vento e non a un progetto da realizzare", commenta.
Preme invece per elezioni a novembre Antonio Di Pietro. "Prima che scoppi la rivoluzione e la gente scenda di piazza coi forconi andiamo a votare", afferma il leader dell'Idv. "Non esiste più una maggioranza, ma solo un gruppo di morti viventi e noi li sfidiamo", aggiunge.
Tra i tanti articoli da votare, Palazzo Madama ha però fatto uno scivolone sul Senato federale caro alla Lega. Nei giorni scorsi aveva approvato la norma che lo istituisce, ma oggi l'Aula ha messo ugualmente ai voti l'articolo 12 del ddl che parla ancora di "Commissione paritetica per le questioni regionali". Un articolo da considerare decaduto ma finito erroneamente al voto, che potrebbe mettere a rischio proprio l'esistenza del Senato federale stesso.
Ho perso il conto di quante modifiche costituzionali abbiano messo a punto senza il nostro conseso, ma una cosa s'è capita: ognuno di loro sta cercando di portare acqua al proprio mulino fregandosene altamente di quelle che sono le nostre idee e le nostre necessità. Dimenticando che se siamo in pericolo default è il risultato della loro inefficienza ed incapacità.
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