mercoledì 5 dicembre 2012

Stato-Mafia, Gup respinge eccezioni, processo resta a Palermo.



ROMA (Reuters) - Il procedimento per la presunta trattativa tra Stato e mafia resta a Palermo, come aveva chiesto la procura siciliana.
Lo ha deciso oggi il Gup Piergiorgio Morosini che ha rigettato tutte le eccezioni di incompetenza presentate dalle difese.
Anche gli ex ministri democristiani Calogero Mannino e Nicola Mancino - indagati a vario titolo insieme ad altre dieci persone - saranno giudicati dal giudice ordinario palermitano e non a Roma né dal tribunale dei ministri, come chiesto dai loro legali.
Il gup, infatti, ha stabilito oggi che i due politici non sono accusati di aver commesso il reato con riferimento alle loro funzioni ministeriali, funzioni che peraltro non ricoprivano all'epoca dei fatti contestati.
Gli indagati a vario titolo nell'inchiesta, oltre a Mannino e Mancino, sono: i boss mafiosi Totò Riina, Giovanni Brusca, Nino Cinà, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano. Poi, Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito; il generale dei carabinieri, Mario Mori, l'ex capitano dell'Arma, Giuseppe De Donno e l'ex capo del Ros, Antonio Subranni; il senatore Pdl Marcello Dell'Utri.
I reati ipotizzato a vario titolo sono violenza o minaccia a corpo politico dello Stato e concorso in associazione mafiosa. A Mancino viene contestata la falsa testimonianza, mentre a Ciancimino jr la calunnia (oltre al concorso in associazione mafiosa).
L'inchiesta è stata curata dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene.
Su alcune intercettazioni raccolte dagli investigatori in questa inchiesta pende il giudizio della Corte costituzionale - che potrebbe arrivare tra la serata di oggi e la giornata di domani - dopo che il presidente della Repubblica ha sollevato un conflitto di attribuzione con la procura di Palermo.
Il Quirinale contesta, perché lesiva dei suoi poteri, la decisione dei pm di acquisire nell'inchiesta le intercettazioni di telefonate tra Mancino e la presidenza della Repubblica su possibili interventi di quest'ultima presso il Csm circa l'operato della magistratura palermitana. 

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