Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 24 aprile 2014
Ma lo sappiamo dove stiamo andando? E a fare che? - Sergio Di Cori Modigliani
Alla fine degli anni'70, per l'ultima volta nel secolo XX, in Usa si scatenò un forte e succoso dibattito culturale relativo all'imminente futuro della cultura occidentale e dei destini della cittadinanza. Nonostante il comunismo sovietico fosse ancora "ufficialmente" in buona salute e molto saldo, era ormai chiaro a tutti che stava iniziando il suo totale declino e sarebbe imploso prima della fine della successiva decade. Ci si interrogava, dunque, su come la società si sarebbe evoluta e come sarebbe stato affrontato il dibattito politico, sia in usa che in Europa, una volta mandata in pensione la guerra fredda. Mentre iliberal della sinistra affilavano le loro armi, la destra conservatrice si fondeva compatta intorno a Milton Friedman, ai cosiddetti Chicago boys, e gettava le basi per costruire il mondo nel quale oggi ci troviamo a vivere.
Noi siamo il sogno realizzato di quella strategia: questo era il mondo che volevano costruire.
Come aveva già sentenziato, un secolo prima, il grande scrittore francese Victor Hugo: "L'inferno quotidiano dei poveri e dei disoccupati è il paradiso giornaliero delle ricche oligarchie del privilegio garantito".
Oggi, anche la massa comincia ad acquistare sempre di più la consapevolezza dello stato delle cose attuali.
Fu la pubblicazione, nell'autunno del 1978, di un eccezionale e visionario saggio di uno dei più profondi e creativi sociologi del tempo, Cristopher Lasch, vero maitre a penserdella intellighenzia statunitense dell'epoca, a dare il via. "The culture of narcissism" (tradotto in italiano con il titolo "L'età del narcisismo") arrivò in libreria lanciando il dardo incandescente che accese la polemica. Basterebbe già il titolo per comprendere l'esattezza della sua tragica previsione, a meno che non si fosse subito corso ai ripari. Ma ormai era troppo tardi.
In un celebre editoriale pubblicato per l'occasione sull'inserto domenicale del New York Times, il pensatore americano parlava dell'Italia, degli italiani, del modello sociale italiano, descrivendo la nostra nazione come la punta d'avanguardia di un gigantesco laboratorio civile che ben faceva sperare. Il nostro paese era, allora, considerato la punta più avanzata, la più sveglia, la più creativa, la più colta, la più stimolante, e quindi anche la più caotica (qui inteso in senso positivo) dalla quale prendere esempio per andare a costruire un sistema evolutivo del prossimo futuro. Lasch paragonava i dati dei valori consolidati delle due nazioni, laddove in Italia al primo posto c'erano l'erotismo e la sessualità, seguito dalla libertà civile, dall'autonomia, dalla cultura, dalla famiglia, dall'eleganza, e infine al settimo posto il danaro.
In Usa, invece, per la prima volta dopo 50 anni, il danaro era finito al primo posto, seguito al secondo posto da una novità per quei tempi inconcepibile (motivo che aveva stimolato in lui l'ispirazione per scrivere quel bel testo): la visibilità e il culto dell'immagine; al terzo posto l'idea del sogno americano, al quarto posto la libertà d'impresa.
Da allora, sono trascorsi quasi 40 anni, e le cose -grazie al successo del piano operativo della P2 orchestrato e pianificato proprio in Usa- non sono andate come il prof. Lasch auspicava, o meglio, paventava, pensando -da grande utopista meritevole- che la gente avrebbe capito in tempo i rischi del trionfo dell'interpretazione liberista di un mondo mercatizzato. Oggi, purtroppo per noi (dato che stiamo in Italia) le parti si sono rovesciate. Per il terzo anno consecutivo, in Italia, il danaro rimane consolidato al primo posto dei valori cardine dell'esistenza, seguito dal cibo, dal lavoro con contratto indeterminato, dalla famiglia, dalla fama e notorietà, dai viaggi, con l'erotismo e la sessualità scesi al settimo posto.
In Usa, invece, per il terzo anno di seguito, il danaro (dal primo posto che occupava dal 1980 al 2011) è sceso al quarto posto. Al primo c'è la piena occupazione, ovvero il lavoro ma a condizione che sia per tutti; al secondo l'indipendenza e l'autonomia, al terzo la felicità degli affetti e del sentimento,.e al quarto resta ancora solida la notorietà legata alla propria immagine,
La rivoluzione esistenziale, in America, è stata lanciata da un poliziotto. Incredibile ma vero.
E da quel passaparola è nato occupywallstreet, il movimento politico senza leader che ha iniziato a sconvolgere i trionfali piani dell'oligarchia finanziaria.
L' ho già raccontato in un vecchio post. E' accaduto nell'agosto del 2011, quando un sergente della contea di Dade, nello stato della Florida, è andato con i suoi agenti a buttar fuori di casa degli inquilini perchè la banca glie l'aveva pignorata. Davanti a quella tragedia esistenziale, il poliziotto si rifiutò di eseguire l'ordine. Nel suo rapporto ai superiori, che preparò per il processo -dopo essere stato licenziato per insubordinazione al comando- scrisse "fuck the money". L'aspetto decisivo che agì da detonatore sociale fu il fatto che il giudice della modesta contea lo assolse, dato che la banca pretendeva da lui i danni. E così la notizia uscì in un giornale di New York, a Manhattan, sul The New York Post, e una settimana dopo iniziavano i primi sit in a Broadway, davanti all'ingresso di Wall Street.
Questa era una necessaria premessa per commentare due dichiarazioni di carattere economico della giornata. La prima relativa all'Italia, dato che l'Istat ci ha informato che dal 2009 a oggi le famiglie italiane hanno perso circa 70 miliardi di euro complessivamente; che la disoccupazione aumenterà nel 2014 toccando la punta del 14,2%, ma (secondo loro sarebbe una bella notizia) nella seconda metà del 2015 comincerà a scendere. La seconda notizia riguarda gli Usa dove, questa mattina, la governatrice della Banca Centrale Janet Yellen ha dichiarato in conferenza stampa "L'obiettivo prioritario del mio ufficio è la piena occupazione; entro la fine del 2015 prevediamo di portarla al di sotto del 5%. Consideriamo il lavoro e un mercato che offre occupazione molto più importante del debito pubblico, che in questo momento non interessa al mio ufficio. Quando avremo raggiunto di nuovo la piena occupazione, allora possiamo riparlarne". Fine del comunicato.
Non c'è da meravigliarsi.
In Italia, ormai, si parla solo e soltanto di danaro, anche -direi soprattutto- in parlamento. Non esiste nessuna organizzazione politica che investa una giornata per affrontare temi che non siano legati ai soldi. Iniziano il mattino presto con i seguitissimi talk show mattinieri dedicati al danaro dove partecipano politici che si affrontano tra di loro e parlano soltanto di soldi. Dopo, verso mezzogiorno, dai soldi si passa ai cuochi: fine dell'offerta culturale italiana.
Osservando e analizzando i media, si comprende perchè il paese sia messo così male.
I soldi fanno audience, in Italia. Il danaro è diventato gossip: quello vero per chi ce l'ha e ne vuole ancora di più. Quello fantasticato, da chi non ce l'ha ma lo vorrebbe e non vede l'ora di averlo.
La campagna elettorale per le europee è di una volgarità al ribasso allarmante: ruota solo e soltanto intorno a questioni di soldi, aliquote, percentuali, grafici, e agli italiani è stato fatto credere che il paese cambierà se passerà una "certa" linea economica, se verranno spostati dei soldi dal punto A e trasferiti al punto B: come farlo, quando e dove. E' diventato un paese di ragionieri contabili, di fiscalisti, di consulenti del lavoro. I commercialisti hanno sostituito i fotografi paparazzi e i promoter. Questa agghiacciante variazione dello stesso tema ha fatto pensare che il berlusconismo sia finito e mandato in pensione, dato che invece di ascoltare l'idea del mondo raccontata da Lele Mora o Fabrizio Corona, la si ascolta raccontare a qualcuno -membro della consorteria dei cosiddetti esperti opinionisti- che ci spiega come il 2% in più o in meno cambierà la vita quotidiana di tutti noi. Non si parla di nient'altro.
E' una vita mercatizzata: esattamente ciò che ha voluto Berlusconi e coloro che lo hanno sostenuto.
Ma il paese sembra non rendersene conto, o- il che è peggio- sembra sguazzarci dentro rassicurato dal fatto che invece di perdere tempo a parlare dei grandi numeri si parli dei piccoli numeri.
Seguendo questa strada, l'Italia forse si riprenderà pure un giorno, io questo non lo so, ma non sarà più l'Italia, sarà un qualchecosa di diverso, snaturata nella propria mancanza di identità.
Ricordo i racconti dei miei genitori e dei miei nonni sull'Italia nel 1946 quando di soldi ce n'erano davvero molto ma molto pochi e per pochissimi, quindi ce n'era un grande bisogno. Loro, a quei tempi, non parlavano sempre di soldi, perchè sentivano emotivamente che il peggio stava alle loro spalle: le bombe, la guerra, i morti, la disperazione e quindi non vedevano l'ora di metterci una pietra sopra e piroettarsi nel futuro.
Volevano prendere le distanze dal passato.
La mia idea sugli italiani di oggi è (da cui i topi di laboratorio del precedente post) che in verità vivono tutti immersi in una angosciante nostalgia e vogliono ritornare al passato, altrimenti non si spiegherebbe l'attuale promozione della versione odierna della Democrazia Cristiana. Forse vogliono anche i fascisti e anche i comunisti, così, tanto per gradire.
Invece di prendere atto che l'attuale fallimento è il prodotto di perduranti errori compiuti nei decenni precedenti, si cerca di riannodare le fila di quei decenni per ritornare a un tempo che fu. E così facendo, senza accorgersene, il paese si sega le gambe da solo.
Si cambia e si migliora soltanto se si va verso il futuro.
Con tutti i rischi che comporta, ben vengano.
E senza idee, senza progettualità, senza cultura, senza istruzione, senza competenze, non esiste nessun futuro. Si è condannati a scannarsi per delle briciole ricavate da piccole fette di torta cotte a puntino da chi vuole che si parli soprattutto di danaro, che è il loro cavallo di battaglia perchè di questo vivono. Sulla pelle di tutti.
Dobbiamo cambiare tutti ottica e prospettiva, altrimenti, se non si interviene sul dibattito quotidiano delle esistenzialità ritornando a dibattere sui diritti, sulla cultura, sull'arte, sull'amore, sull'erotismo, sulla fantasia, sull'immaginazione, sulla passione, sul sogno, che sono il pane di ogni impresa e di ogni investimento di ricerca, si finirà per credere che se a settembre in busta paga ci saranno 93 euro invece che 80 oppure 57 invece che 80, allora sarà diverso.
Perchè mai dovrebbe essere diverso se gli italiani sono uguali?
Perchè mai dovrebbe esserci un cambiamento se a decidere sono i custodi del passato?
Perchè mai si dovrebbe andare nel futuro se si seguono indicazioni di persone venute dal passato, che guardano al passato, che sono figlie del passato, e pensano di darla a bere a una intera nazione soltanto perchè usano i mezzi di comunicazione tecnologica trendy?
Si chiamano "mezzi" proprio per questo: sono strumenti piatti e niente di più.
Uno scemo che usa il web e twitta, rimane uno scemo.
Stanno facendo credere al paese che il cambiamento passa attraverso la scelta dei mezzi.
E così, i topi non pensano più ai fini.
A me, personalmente parlando, interessa dibattere e discutere dei fini, non dei mezzi.
Io ho voglia di andare nel futuro.
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