Il partito di Silvio Berlusconi candida Andrea Mineo, consigliere comunale a Palermo e figlio di Franco, storico braccio destro di Gianfranco Micciché, ex consigliere regionale condannato nel giugno del 2014 a otto anni e due mesi in primo grado per intestazione fittizia aggravata dall'aver favorito Cosa nostra e peculato. Il processo d'appello in corso, ma nell'inchiesta a suo carico era stato intercettato anche il figlio.
Della pm Anna Maria Palma non aveva una buona opinione: “Minchia, questa è una pulla“. Non era migliore l’idea che si era fatto sul pentito Francesco Campanella: “Sta combinando danni con tutti“. Ma, più in generale, negativo era il giudizio sull’intero fenomeno dei collaboratori di giustizia: “Quei figli di pulla dei pentiti“. Non ci sono solo ex aspiranti Miss Italia o integerrime magistrate tra i candidati di Forza Italia in Sicilia. Nossignore. Gianfranco Micciché, da coordinatore del partito azzurro, si ritiene “assolutamente insoddisfatto dalle liste”. Il motivo? “Per la prima volta – dice – mi hanno mandato troppa gente da fuori. Non era mai successo prima, si vede che sono invecchiato”. Mistero su quali siano i candidati “mandati da fuori” al viceré di Silvio Berlusconi sull’isola.
Di sicuro non è un nome segnalato dall’alto quello di Andrea Mineo, inserito al secondo posto nella lista degli azzurri ad Agrigento. Capolista nel proporzionale per la Camera è Giusi Bartolozzi, giudice in corte d’appello a Roma e compagna di Gaetano Armao, pupillo di Berlusconi e vice del governatore Nello Musumeci. Bartolozzi ha preso il posto di Ylenia Citino, ex tronista di Uomini e Donne, depennata dalla lista nelle ultime ore e probabilmente spostata in Lombardia. Fisso al numero due è, invece, Mineo, un candidato evidentemente voluto dallo stesso Micciché. Consigliere comunale a Palermo, Andrea Mineo è figlio di Franco, storico braccio destro del leader di Forza Italia, ex consigliere regionale condannato nel giugno del 2014 a otto anni e due mesi in primo grado.
Pesanti le imputazioni per Mineo senior, condannato a cinque anni per intestazione fittizia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra e a tre anni e due mesi per peculato legato all’uso di un’auto del comune. Per l’accusa Mineo senior era il prestanome di Angelo Galatolo, rampollo e volto pulito dell’omonima famiglia mafiosa dell’Acquasanta, borgata marinara di Palermo. “Sei una persona certamente esuberante ma non mafioso, però se scopro che per vent’anni mi hai preso in giro e che sei davvero un gran mafioso, ti do una testata”, era stato il moderato commento di Micciché quando al suo braccio destro era stato recapitato l’avviso di garanzia. Il processo d’appello di Mineo è ancora in corso: il viceré di Berlusconi, quindi, non ha ancora potuto decidere se dar seguito o meno alla promessa avanzata nei confronti del suo fedelissimo. Nel frattempo ha deciso di candidargli il figlio.
Estraneo a qualsiasi imputazione o indagine, Mineo junior era però finito intercettato, quand’era appena ventenne, nell’ambito dell’inchiesta che poi porterà alla condanna del padre alla fine del processo di primo grado. A raccontarlo, qualche tempo fa, era stato il giornalista Salvo Palazzolo su Repubblica. È il 5 febbraio del 2007 e all’agenzia di assicurazioni di Mineo senior – all’epoca assessore al comune di Palermo – si presenta Pietro Scotto, condannato per traffico di droga, processato e assolto per la strage di via d’Amelio. È il fratello di Gaetano, anche lui coinvolto nell’inchiesta sull’eccidio di Paolo Borsellino, scarcerato dopo anni di carcere solo in seguito al pentimento di Gaspare Spatuzza, ma indicato da alcuni pentiti come il trait d’union tra Cosa nostra e gli ambienti dei servizi segreti. “Nel quartiere ci si conosce tutti, sin da bambini. E io poi sono l’assicuratore di centinaia di persone all’Arenella”, è sempre stata la versione di Mineo senior davanti ai magistrati che gli chiedevano conto di quelle frequentazioni.
Il giorno in cui Scotto va a fare visita al politico, però, le cimici degli investigatori registrano anche il parole pronunciate dal giovane Mineo. Un dialogo in cui quello che oggi è un aspirante parlamentare non risparmia offese a magistrati e pentiti. Dice Scotto intercettato: “Minchia un pericolo è questa… “. Mineo senior suggerisce: “Anna Maria Palma…”. Cioè uno dei pm che ha indagato sulla strage di via d’Amelio. “Mi ci sono litigato”, spiega Scotto. Il giovane Mineo fornisce la sua opinione: “Minchia, questa è una pulla“. A quel punto – come scrive la Dia nel rapporto poi finito nell’atto d’accusa del pm Pierangelo Padova -“entra nell’ufficio la segretaria dell’assessore e gli passa il cellulare, c’è una persona al telefono”. A discutere rimangono solo Scotto e Mineo junior. Che propone subito un nuovo argomento di discussione: il pentito di Villabate, Francesco Campanella, grande accusatore – tra gli altri – di politici importanti come Totò Cuffaro e Renato Schifani. “Ora c’è questo Campanella”. Scotto rilancia: “È un cornuto questo Campanella”. “Sta combinando danni con tutti”, spiega Mineo junior, prima di rivolgersi genericamente a tutti collaboratori di giustizia: “Quei figli di pulla dei pentiti“, si lascia scappare. Giudizi pesantissimi per i quali il giovane politico non ha mai chiesto scusa. “Purtroppo quando si è forti certi attacchi sono ormai una prassi”, si era limitato a scrivere su facebook nel giorno della pubblicazione di quelle intercettazioni. La speranza è che in caso di elezione in Parlamento non proponga una qualche riforma sul sistema dei collaboratori di giustizia.
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