Sembrava il pugile suonato de I Mostri di Dino Risi, Matteo Salvini l’altra sera da Lilli Gruber. Quello che più gli menavano e più diceva: “So’ contento!”. Con la differenza che l’Artemio Antinori del film era Vittorio Gassman mentre l’ex ministro degli Interni, stuntman di se stesso, è bollito di suo. Infatti, per quante botte prendesse l’Artemio Salvini di Otto e mezzo non si toglieva dalla faccia la fissità del sorriso beato. Forse una paresi facciale da trauma, forse il suggerimento dei geniali comunicatori al seguito: fai vedere che va tutto alla grandissima. C’è poco da scherzare il nuovo governo è figlio suo, picchiava Massimo Franco ricordando il suicidio politico dell’8 agosto. Con l’autunno la smetterà di fare comizi in braghette, infieriva Lilli. E lui festoso: “Omo de panza omo de sostanza”, e giù risate. Mancava solo il dialogo con Enea Guarnacci (Ugo Tognazzi): “me ricordo”, “vuoi magna?”, “me fa piacere”. Poi, l’uomo che voleva i pieni poteri alla domanda su come possa oggi ricoprire d’insulti Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, gli stessi con cui un tempo amoreggiava, si atteggia a vittima di un malefico inganno: “Ho sbagliato a fidarmi”.
Ora, se l’autore di questo diario si mettesse nei panni di un elettore leghista avrebbe tutte le ragioni per imbufalirsi con il fu Capitano. Ma come, hai fatto cadere un governo dove facevi i comodi tuoi con il bel risultato che oggi ti ritrovi a vegetare all’opposizione (noi con te) e hai fatto ’sto capolavoro perché ti sei fidato delle persone sbagliate? Ma che scusa del cavolo è? Tu eri il leader incontrastato di un partito che veleggiava verso il 40 per cento, oggi i sondaggi ti danno sotto il 30 per cento in costante calo, e ci vieni a raccontare che hai mandato tutto a puttane perché vittima di un complotto del cuore? Trattasi di gigantesca, evidente balla, aggravata dal fatto che in politica l’ingenuità è un peccato gravissimo, imperdonabile, spesso letale. Come se i troiani che si fidarono del famoso cavallo o Lord Chamberlain che diede retta a Hitler venissero oggi a piagnucolare in televisione sentendosi traditi nei sentimenti.
Davvero Salvini ritiene seriamente che fare politica consista nel continuare a ripetere la solfa dell’assalto giallorosso alle poltrone (abitudine conclamata di ogni governo), oppure denunciando il triplo degli sbarchi (in un quadro di immigrazione clandestina che resta sotto controllo)? Una ritrita propaganda elettorale che al più gli consentirà di vincere in Umbria il prossimo 27 ottobre, soprattutto per effetto dei casini giudiziari del Pd.
Al di là delle frasi rituali saremmo curiosi di sapere cosa ne pensano realmente di questo vuoto (a perdere) di politica i governatori leghisti del nord e le centinaia di amministratori locali verdi. Privi di un orizzonte che non può essere soltanto legato al successo (e non è detto) in future elezioni quando sarà. Certo, il prossimo 19 ottobre saranno tutti a Roma a fare la ola a Salvini. Ritrovandosi, smaltita la sbornia, con il solito interrogativo: circa un terzo degli italiani votano per noi, ma non sappiamo cosa farne visto che quelli al governo almeno per un po’ non li schioda nessuno. Un problema che riguarda anche il Conte Due, perché davanti a opposizioni forti e provviste di idee forti, i governi, in genere, si danno da fare e fanno quadrato: simul stabunt simul cadent. Ma se l’avversario è un pugile rintronato l’unica visibilità possibile è menarsi tra ministri, a colpi di merendine e crocifissi. Infatti.
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