Da quando esistono i 5Stelle, lo sport preferito dei giornaloni è annunciare “rivolte”, sommosse, fughe di massa, esodi biblici, fino alla morte sicura del Movimento, poi regolarmente rinviata a data causa bel tempo.
Certo, ogni tanto qualcuno se ne va, spontaneamente o spintaneamente. E chi rimane spesso mugugna a favore di telecamera. L’altro giorno abbiamo intervistato la senatrice Gelsomina Vono, passata senza fare un plissè dal M5S a Renzi perché lei è “oltre Di Maio”, ma già anche “oltre Renzi” e trova appetitose pure le idee di Salvini.
Franza o Spagna purché se magna, e lei di certo magnerà meglio, potendo finalmente tenersi lo stipendio intero. Vicenda doppiamente penosa: sia perché fu selezionata da Di Maio (come tutti i 5S all’uninominale) non tra gli iscritti, ma tra gli indipendenti della “società civile” (veniva dall’IdV); sia perché, essendo un’avvocata e non una scappata di casa, sapeva bene di candidarsi nel movimento più incompatibile col renzismo (schiforma costituzionale, giustizia, grandi opere, ambiente, politiche sociali).
Un po’ come il prode capitano Gregorio De Falco, altro indipendente eletto col M5S, poi passato al gruppo misto e firmatario ad agosto della mozione Sì Tav della Bonino, come se avesse scoperto solo allora che i 5Stelle sono No Tav.
O come Gianluigi Paragone, che scopre con alti lai la politica delle alleanze annunciata da Di Maio addirittura nel 2017 e non aveva mosso un sopracciglio nel 2018 quando fu offerto un contratto al Pd prima che alla Lega.
Per non parlare dei grillini che ora tuonano contro la piattaforma Rousseau, cui devono l’elezione. O contro il capo politico, come se lo eleggessero loro e non gli iscritti, che hanno plebiscitato Di Maio due volte in due anni. O contro le intese col Pd per il governo e per l’Umbria, come se la prima non fosse stata approvata all’unanimità dai gruppi parlamentari e dall’80% degli iscritti e la seconda dal 60%.
Chi scrive non s’è mai iscritto neppure a una bocciofila perché già fatica a rispettare il Codice penale e quello della strada, e non sopporta altre regole. Ma chi s’iscrive a una bocciofila, un club, un circolo, un movimento, un partito, ne accetta le regole. Se poi cambia idea, dovrebbe fare mea culpa sul proprio petto, non su quello altrui; e rinunciare ai soldi e ai privilegi che, grazie a quelle regole, ha accumulato.
C’è però una lezione anche per chi quelle regole le scrive. Si possono aprire le porte agli esponenti della società civile, poi si può minacciarli con tutte le multe perché non voltino gabbana. Ma resta un problema insormontabile: i candidati saranno sempre italiani.
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