mercoledì 29 luglio 2020

Bandito il futuro: solo l’indicativo presente è valido. - Antonio Padellaro

Andiamo Imparare l'italiano?: I Verbi - INDICATIVO

Aderisco alla proposta del collega Mario Giordano che vuole l’abolizione del futuro prossimo e anteriore, oltreché del gerundio, nelle dichiarazioni dei politici, soprattutto se di governo. Quelle per capirci del tipo: faremo (o stiamo facendo), serve, servirà, ci impegniamo a. Con tutte le forme verbali legate a promesse, auspici, impegni, assicurazioni. Divieto assoluto per “spero, promitto e iuro”, che infatti reggono l’infinito futuro. Mentre si raccomanda caldamente l’uso del tempo passato, in tutte le sue forme, e con la possibilità seduta stante di una verifica fattuale. Quindi non sarà sufficiente dire: abbiamo fatto questo o quello se non si potrà dimostrarlo tangibilmente.

Giordano, alfiere di un’opposizione di destra disorientata dai 209 miliardi ottenuti dal premier Giuseppe Conte a Bruxelles, prima di ammettere il successo del detestato avversario aspetta (giustamente) che tutti quei soldi vengano immessi, presto e con risultati positivi, nell’economia reale del Paese. E dunque vuole vedere cammello (anche se per convincerlo temiamo che di mammiferi gobbuti non gliene basterebbe un’intera mandria). Tuttavia non ha torto quando pone la questione della credibilità del linguaggio politico, di fatto ormai azzerato (dal consumo delle parole vuote) se non immediatamente riscontrabile nella realtà delle cose. È la ragione per cui Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno così fortemente osteggiato la sfilza di Dpcm targati Conte durante il lockdown: perché si rendevano conto di quanto fosse tremendamente efficace l’esercizio di governo senza mediazioni in una situazione eccezionale. E di quanto la popolarità del premier se ne giovasse, come infatti ne ha giovato. Adesso però l’accatastarsi di Stati Generali, commissioni bicamerali e comitati vari sul come meglio distribuire gli aiuti europei, se non rapidamente operativi rischia effettivamente di procrastinare all’anno del poi un’emergenza che non può certo attendere. Ecco perché, caro Mario, potremmo accontentarci di un governo che intanto comunica con l’indicativo presente: tempo che indica generalmente un’azione che si svolge, e si completa, al momento dell’enunciazione. O non ti basta?

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