13 voti a favore, 6 contrari e 5 non si pronunciano.
Nel giro di poche ore, Piercamillo Davigo è magistrato in pensione perché oggi compie 70 anni, ed ex consigliere del Csm proprio perché collocato a riposo. Ieri, a determinare la fuoriuscita dal Consiglio, come anticipato dal Fatto, il Comitato di presidenza costituito dal vicepresidente David Ermini, dal presidente della Cassazione Piero Curzio, e dal procuratore generale di Cassazione Giovanni Salvi. Ergo, il Quirinale.
Sono scesi in campo per dire che la via dell’uscita è tracciata dalla Costituzione. Una posizione che ha portato all’astensione anche chi aveva annunciato in punto di diritto il voto pro Davigo: Giuseppe Cascini, di Area (progressisti), seguito dai colleghi di gruppo Giovanni Zaccaro e Mario Suriano, non Alessandra dal Moro ed Elisabetta Chinaglia rimaste per il no alla decadenza; Filippo Donati, laico M5S, è passato dall’astensione al sì alla decadenza. Astenuti, ma della prima ora, anche i laici Carlo Benedetti, M5S, e Stefano Cavanna, Lega. Chi cambia voto all’ultimo precisa che lo fa “per rispetto istituzionale” verso il Comitato, come se mancasse a chi vota in modo diverso. Tanto che Fulvio Gigliotti, laico M5S, tra i 6 consiglieri pro Davigo, dichiara: “Non per mancanza di senso istituzionale, ma per radicamento del mio convincimento giuridico, confermo” il no alla decadenza. Sebastiano Ardita, di AeI annuncia il suo voto contro come i colleghi Ilaria Pepe e Giuseppe Marra ed esprime sconcerto, senza nominarlo, per il cambio di rotta di Cascini. C’è, però, una stessa premessa in tutti gli interventi, a partire da quello della presidente della Commissione verifica titoli Loredana Micciché, che ha proposto la decadenza: “Stima” per Davigo, “nessuna logica correntizia” dietro al voto. Nino Di Matteo è per la decadenza “con grande difficoltà umana, ma in piena coscienza”. Chi, in minoranza, avrebbe voluto la permanenza, invece, ha sostenuto che né la Costituzione né la legge ordinaria prevedono la decadenza da consigliere di un magistrato in pensione e che, quindi, può intervenire solo il legislatore. Ma “se la condizione di magistrato viene meno – ha sostenuto il presidente Curzio, in condivisione con il Pg Salvi – viene meno il rapporto tra laici (8, ndr) e togati (16, ndr)” che la Costituzione prevede per i Csm”. David Ermini a sorpresa parla di “un’amicizia con Davigo irrinunciabile. La Costituzione, però, ci impone di rinunciare all’apporto che Davigo, magistrato eccezionale, potrebbe ancora dare”. E conclude: “Sono convinto che proprio in nome dell’amicizia, stima e affetto che ci lega, saprà comprendere”. Alla fine 13 voti per la decadenza, 6 contrari e 5 astenuti.
Al posto di Davigo, il più votato, subentra Carmelo Celentano, primo dei non eletti in Cassazione con la centrista Unicost, che per colpa dello scandalo Palamara ha perso 3 togati su 5. Ora ne recupera uno, ma in teoria: Celentano a gennaio si è dimesso da Unicost. E, comunque, la partita non è affatto chiusa. Davigo, ci risulta, presenterà ricorso al Tar, convinto che la Costituzione, invece, gli consenta di restare.
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