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venerdì 1 novembre 2024

Come un asteroide che colpì la Terra 3 miliardi di anni fa aiutò la nascita della vita. - Roberto Demaio

 

Provocò un gigantesco tsunami, fece ribollire gli oceani e ricoprì il cielo per anni con un fitto strato di polveri, ma allo stesso tempo pose le basi per la formazione della vita sulla Terra: è l’apocalittico scenario che caratterizzò il nostro pianeta oltre 3 miliardi di anni fa, quando un enorme asteroide, 200 volte più grande di quello che causò l’estinzione dei dinosauri, colpì la Terra. A scoprirlo è stato un team di ricercatori guidato da Nadja Drabon, che ha pubblicato i risultati in un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). L’impatto, denominato S2, avrebbe arricchito l’ambiente di elementi chiave per i batteri, favorendo la comparsa della vita sul pianeta. «Pensiamo che gli eventi di impatto siano disastrosi per la vita. Ma ciò che questo studio sta evidenziando è che questi impatti avrebbero avuto benefici per la vita, specialmente all’inizio, e potrebbero aver effettivamente permesso alla vita di prosperare», ha commentato la ricercatrice Nadja Drabon.

Gli studi degli scienziati si sono concentrati sulla Terra primordiale, periodo caratterizzato da una frequenza elevata di impatti meteoritici e da forme di vita limitate a batteri e archea, un gruppo di microrganismi unicellulari noti per la loro capacità di vivere in condizioni estreme, come sorgenti termali, bocche idrotermali oceaniche e saline. Attraverso la raccolta e l’esame di campioni di roccia prelevati dalla Barberton Greenstone Belt in Sudafrica, sono state trovate prove di almeno otto eventi di impatto, tra cui quello causato dall’asteroide S2. Si tratta di un corpo fino a 200 volte più grande di quello che, 60 milioni di anni fa, sterminò i dinosauri e che, con i suoi 50 chilometri di diametro, avrebbe causato uno tsunami tale da trasportare enormi quantità di ferro dalle profondità oceaniche agli strati più superficiali. «Immagina di essere in piedi al largo della costa di Cape Cod, in una piattaforma di acque poco profonde. È un ambiente a bassa energia, senza forti correnti. Poi, all’improvviso, hai uno tsunami gigante che ti travolge e squarcia il fondale marino», ha spiegato Drabon.

Ciò, combinato al fosforo che sarebbe arrivato dalla roccia spaziale, avrebbe creato una composizione chimica che stimolò la crescita di batteri specializzati, contribuendo all’evoluzione di nuovi organismi. «L’analisi di Drabon mostra che i batteri che metabolizzano il ferro sarebbero quindi proliferati subito dopo l’impatto. Questo spostamento verso batteri che favoriscono il ferro, per quanto di breve durata, è un tassello fondamentale del puzzle che descrive la vita primitiva sulla Terra. Secondo lo studio di Drabon, gli eventi di impatto dei meteoriti, sebbene si dica che uccidano tutto ciò che incontrano sulla loro scia, hanno avuto un risvolto positivo per la vita», concludono i ricercatori.

https://www.lindipendente.online/2024/10/31/come-un-asteroide-che-colpi-la-terra-3-miliardi-di-anni-fa-aiuto-la-nascita-della-vita/?fbclid=IwY2xjawGRhP1leHRuA2FlbQIxMQABHWLwJ9DPHaA_MQTm7tJ_c2YLxTj6JWcGalZaPnEUwjCfLvuONpZxXoSZ6w_aem_FcHb_oer6R9D3x4fDUtZ8Q

giovedì 6 novembre 2014

Parkinson, a Palermo il primo intervento di stimolazione elettrica da sveglio. - Barbara Giangravè



Dal reparto di Neurochirurgia del nosocomio del capoluogo arriva una buona notizia. È stata effettuata, infatti, su un paziente di 64 anni, da venti affetto dal morbo, un’operazione all’avanguardia. 


La norma, sebbene triste, è quella di affidarsi ai classici viaggi della speranza fuori dalla Sicilia. Stiamo parlando, ovviamente, di sanità. Eppure, dal reparto di Neurochirurgia del Policlinico di Palermo, arriva a sorpresa una buona notizia. È stato effettuato, infatti, su un paziente di 64 anni, da venti affetto da morbo di Parkinson, il primo intervento di stimolazione elettrica da sveglio, con l’ausilio del monitoraggio neurofisiologico.
A eseguire l’operazione l’equipe coordinata dal professore Domenico Gerardo Iacopino, con la neurochirurga Antonella Giugno, il neurologo Marco D’Amelio e gli anestesisti Filippo Giambartino Rino Patti.
“A essere sinceri – dichiara il professore Iacopino – si tratta di un intervento che era già stato effettuato in passato, ma che non si faceva più da anni per mancanza di tecnologia adeguata. I pazienti erano così costretti ad andare al Nord per farsi operare”. La stessa trafila che aveva dovuto subire l’uomo operato martedì al Policlinico, che era già stato sia a Milano che a Torino. Nonostante i farmaci che era costretto a prendere, infatti, non aveva una buona qualità di vita e aveva tentato di essere ricoverato sia nel capoluogo lombardo che in quello piemontese. In entrambi i casi, però, era stato rimandato a casa.
“Non so il perché di quei rifiuti – precisa Iacopino – Posso solo immaginare che l’alto costo dell’operazione sia una delle motivazioni che hanno spinto i colleghi a dire di no”.
Ma come si è volto, nello specifico, l’intervento qui a Palermo?
“Abbiamo impiantato nei nuclei subtalamici del paziente – spiega Iacopino - degli elettrodi collegati a una batteria, simile a un peacemaker che determina una stimolazione cerebrale. Per ottenere il miglior risultato possibile è stato necessario utilizzare la tecnologia complessa di cui è dotato il Policlinico, e cioè tac e risonanza magnetica di ultima generazione”.
La prima parte dell’intervento, cioè quella in cui si facevano scendere gli elettrodi nei bersagli cerebrali attraverso due piccoli fori del cranio, è stata eseguita in anestesia locale e, a ogni passaggio, i neurologi interloquivano continuamente con il paziente, monitorando le funzioni neurologiche oltre che i parametri neurofisiologici. Finita questa prima fase, il paziente è stato addormentato e si è proceduto all’impianto del neurostimolatore, che è stato poi collegato agli elettrodi precedentemente posizionati.

L’intervento non ha presentato alcuna complicanza e il, giorno seguente, un esame tac dell’encefalo ha confermato sia l’assenza di complicanze che il corretto posizionamento degli elettrodi. Il paziente sta bene e tra qualche giorno tornerà a casa, in provincia di Palermo.
http://www.loraquotidiano.it/2014/11/06/parkinson-a-palermo-il-primo-intervento-di-stimolazione-elettrica-da-sveglio_11444/


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Parkinson, “trapianto staminali crea collegamenti nervosi nei topi”

Lo studio è stato pubblicato su Cell Stem Cell. Gli scienziati hanno, dapprima, ottenuto neuroni che producono dopamina a partire da cellule staminali embrionali umane e hanno, con sorpresa, constatato che erano in grado di connettersi alle altre cellule nervose del tessuto ospite.

Arriva da due centri di ricerca europei sulle cellule staminali coordinati dalla senatrice a vita Elena Cattaneo, dell’Università degli Studi di Milano, un’importante novità sperimentale che potrebbe aprire la strada all’applicazione clinica di queste versatili cellule nei pazienti malati di Parkinson

Lo studio, pubblicato su Cell Stem Cell, è stato condotto da Malin Parmar, dell’Università di Lund in Svezia, nell’ambito dei progetti di ricerca di medicina rigenerativa dei consorzi Europei NeuroStemcell eNeuroStemcellRepair.

“Lavoriamo in network, come se fossimo parte di un super laboratorio transnazionale capace di aumentare la competitività europea, e di vincere sfide di conoscenza e innovazione con gli altri continenti – spiega Elena Cattaneo -. L’Unione Europea ha cambiato il modo di fare ricerca nei nostri laboratori, abbattendo i confini tra le Nazioni, sollecitando sinergie e collaborazioni e promuovendo la mobilità dei giovani e lo scambio di materiali, cellule, idee, affinché siano verificabili da altri colleghi. 
Così, può capitare – aggiunge la studiosa milanese – che si preparino le cellule a Milano, poi si mettano in un incubatore portatile e si prenda, quindi, un aereo per trapiantarle in Inghilterra o in Svezia. In questo modo – sottolinea Cattaneo – si guadagna tempo e qualità. E, soprattutto, si creano nuove generazioni di scienziati, in cui ciascuno ha responsabilità verso il progetto comune”.

Diverse le tappe del nuovo studio. Gli scienziati hanno, dapprima, ottenuto neuroni che producono dopamina – gli stessi che vanno incontro a degenerazione nei malati di Parkinson - a partire da cellule staminali embrionali umane. Li hanno poi trapiantati in topolini di laboratorio. E hanno, con sorpresa, constatato che erano in grado di connettersi alle altre cellule nervose del tessuto ospite, attraverso un’estesa rete di ramificazioni che raggiungevano le aree cerebrali bersaglio. “Si tratta di un risultato che ha richiesto tanti anni di ricerca – spiega Malin Parmar, autrice dello studio -. Speriamo adesso di poterlo affinare ulteriormente, fino a riuscire a produrre le cellule nel rispetto dei parametri necessari per l’utilizzo clinico”.

Lo studio svedese potrebbe avere anche importanti ricadute nella comprensione di un’altra patologia neurodegenerativa che colpisce la coordinazione muscolare e porta a disturbi cognitivi, la malattia di Huntington, che il gruppo della Cattaneo presso l’Università di Milano studia da tempo. “I consorzi europei accelerano i percorsi di studio in tante direzioni – sottolinea la senatrice a vita -. Abbiamo potuto conoscere i risultati svedesi in anticipo, discuterli e integrarli nei nostri esperimenti. In questa prospettiva – conclude Cattaneo – la collaborazione europea emerge ancora una volta come qualcosa di enormemente prezioso”.