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sabato 7 dicembre 2013

Evasione fiscale, il Vaticano non rivela i nomi. E il governo mette la dogana. - Marco Lillo

Vaticano


Da mesi l'Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede rifiuta di collaborare, anche sul fronte del riciclaggio. In due anni sono state 3669 le dichiarazioni non presentate. In riposta a un'interrogazione del M5S, seguita a un'inchiesta del Fatto, il ministero dell'Economia annuncia che l’Agenzia delle dogane "ravvisa l’opportunità" di sorvegliare "i punti di entrata e di uscita" con lo Stato pontificio.

Lo Stato Città del Vaticano nasconde all’Italia migliaia di potenziali evasori fiscali o, nella peggiore delle ipotesi, riciclatori di capitali sporchi. Probabilmente all’insaputa di papa Francesco, l’Autorità di informazione finanziaria, Aif, diretta dallo svizzero René Brulhart si rifiuta da mesi di collaborare con l’Agenzia delle dogane e non fornisce all’Italia i nomi delle migliaia di persone che hanno prelevato importi considerevoli in contanti allo Ior e che poi li hanno introdotti nel territorio italiano senza dichiararlo alla Dogana, violando la nostra legge antiririclaggio. Tanto che l’Agenzia sta pensando di rinforzare i controlli alla frontiera.
Il Fatto Quotidiano ha denunciato, senza avere i numeri esatti, questa violazione sotto gli occhi di tutti, da anni, in un articolo del 26 ottobre. Nel silenzio generale, un deputato 27enne del Movimento 5 stelle, Silvia Chimenti, ha presentato un’interrogazione firmata da una dozzina di colleghi del M5S per chiedere al ministero dell’Economia conto di questo scandalo internazionale alla luce del sole. Intanto anche il Fatto Quotidiano ha chiesto all’Agenzia delle Dogane i dati delle dichiarazioni transfrontaliere presentate da chi trasporta contante in entrata sul nostro territorio e in uscita dal Vaticano.
L’agenzia ha risposto al Fatto con un’ammissione sconcertante: in due anni ci sono ben 3669 dichiarazioni non presentate per altrettanti flussi che violano la legge dal Vaticano verso l’Italia. “Il 22 maggio 2013 l’Autorità d’informazione finanziaria della Città del Vaticano ha pubblicato il primo rapporto annuale 2012 sulle attività per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo nel quale è stato reso noto, tra l’altro, il numero delle dichiarazioni valutarie (e non i relativi importi) ricevute, in ingresso e in uscita dal territorio della Città del Vaticano, negli anni 2011 e 2012”. Ecco i dati dell’Aif: nel 2011 ci sono state 658 dichiarazioni in entrata (da Italia a Vaticano) e 1894 in uscita (da Vaticano a Italia) mentre nel 2012 ci sono state 598 dichiarazioni in entrata e 1782 in uscita verso l’Italia.
A questi numeri dovrebbero corrispondere esattamente altrettante simmetriche dichiarazioni alla Dogana italiana. Poiché ogni volta che qualcuno esce dal Vaticano con un importo di contanti superiore a 10 mila euro deve dichiararlo due volte: prima all’Aif dello Stato vaticano poi alla Dogana italiana. E viceversa per i flussi inversi . Come il Fatto aveva scritto, invece, le cose non vanno così: “Presso il competente Ufficio Dogana di Roma I di questa Agenzia – ci ha scritto il direttore dell’Agenzia delle dogane, Giuseppe Peleggi – sono state presentate 3 (avete letto bene: 3 contro 1894, ndr) dichiarazioni in ingresso in Italia nel 2011 e 4 (4 contro 1782, ndr) nel 2012. Mentre le dichiarazioni in uscita sono state 21 (contro 658, ndr) nel 2011 e 13 (contro 598, ndr) nel 2012”. Il direttore Peleggi, rendendosi conto che i due dati dovrebbero essere identici e che l’Agenzia è titolare dei poteri in materia, aggiunge “in relazione alle marcate differenze rilevate dalla lettura dei dati pubblicati a fine maggio 2013, l’Agenzia in data 19 giugno 2013 ha interessato l’Aif per richiedere un incontro, con l’auspicato intervento delle altre amministrazioni nazionali competenti in materia valutaria (Mef, Uif – Banca d’Italia), volto a chiarire gli aspetti legati agli obblighi dichiarativi ed alla connessa azione di monitoraggio e controllo. In risposta, l’Aif ha manifestato interesse riservandosi di far conoscere la propria posizione all’esito dell’esame interno della richiesta”. Poi silenzio.
Ieri il ministero dell’Economia ha risposto, con una nota letta in aula dal sottosegretario del Pd Sesa Amici, all’interrogazione di Silvia Chimenti. E si è scoperto che “l’Agenzia delle Dogane rileva che nessuna ulteriore comunicazione è a oggi pervenuta da parte dell’Autorità vaticana”. In pratica il Vaticano, nonostante l’avvento di papa Francesco, da ben sei mesi non risponde alla richiesta dell’Agenzia delle dogane italiana. I correntisti che hanno prelevato allo Ior valigie di contanti sono stati costretti a riempire il modulo della dichiarazione in uscita perché altrimenti non avrebbero avuto i soldi dalla banca vaticana. Poi in Italia hanno preferito rischiare violando gli obblighi piuttosto che dichiarare il contante. E’ evidente che per il Nucleo Valutario della Guardia di Finanza sarebbe fondamentale avere quell’elenco di 3.660 mancate dichiarazioni in due anni, più quelle che mancheranno nel 2013 ma l’Aif tace. Probabilmente Bergoglio non ha ancora messo mano a quel fortino dei fedelissimi dell’ex segretario di Stato, Tarcisio Bertone. L’Aif è tuttora guidata da un direttore vicino a monsignor Ettore Balestrero(spedito all’estero da Bergoglio) come René Brülhart che percepisce 30mila euro al mese più 5 mila di spese forfetarie, più le note spese, e risiede a Roma solitamente tre giorni alla settimana, mentre il lavoro viene svolto dal suo braccio destro Tommaso Di Ruzza, genero di Antonio Fazio, ex governatore di Bankitalia.
Brülhart, l’uomo che si rifiuta di rispondere alle Dogane italiane, nonostante lo stipendio poco coerente con il nuovo corso francescano e nonostante un potenziale conflitto di interessi (è amministratore di due società estere che non si sa bene cosa facciano) sarà l’uomo decisivo della delegazione del Vaticano alla sessione di Moneyval, l’organismo antiriciclaggio che da lunedì a Strasburgo farà l’esame alla Santa Sede. La scelta di Brülhart di non consegnare i 3669 nomi dei cittadini italiani o stranieri che hanno evaso il loro obbligo di dichiarazione alla Dogana italiana nel 2011-2012, non sarà certo un bel biglietto da visita. In base al decreto 195 del 2008, tutti i soggetti che trasportano verso l’Italia più di 10 mila euro devono comunicarlo ai funzionari delle dogane. Le sanzioni arrivano fino al 50 per cento dell’importo trasferito senza dichiarazione transfrontaliera.
L’Agenzia auspica che il memorandum firmato il 26 luglio tra l’Aif vaticana e l’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia possa migliorare la situazione. Oggi nessuno rispetta la legge. Tanto che ieri nella risposta all’interrogazione il ministero ha parlato dei controlli più stringenti che stanno per essere adottati alla frontiera tra Italia e Vaticano. L’Agenzia delle dogane “facendo seguito a un’informativa del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza – spiega il ministero – ravvisa l’opportunità di un’attivazione di misure di attenzione nei confronti di tali movimentazioni da attuare sul territorio adiacente i punti di entrata e di uscita con lo Stato del Vaticano, attesa l’assenza di barriere fisiche e di uffici di confine tra i due Stati”.
Silvia Chimenti del M5S ieri in Parlamento ha lanciato un appello al papa: “Il ministero dell’Economia conferma in pieno i nostri sospetti: c’è un disallineamento totale tra il numero di dichiarazioni in entrata e in uscita tra Vaticano e Italia. A questo punto rivolgiamo un appello a papa Francesco che ha già dimostrato la sua volontà di voltare pagina e di improntare il suo pontificato alla massima trasparenza. Chiediamo al pontefice che si adoperi affinché l’Aif fornisca alla nostra Agenzia delle dogane i 1700 nominativi di potenziali evasori che nel 2012 hanno fatto viaggiare indisturbati denaro sporco tra Italia e Vaticano. In questo elenco, vogliamo sottolinearlo, sarebbero stati presenti anche i 456 mila euro di monsignor Scarano: se le autorità italiane ne fossero in possesso, le indagini sarebbero notevolmente facilitate. Il database dell’Aif potrebbe essere girato in pochi minuti alla Dogana o all’Agenzia delle Entrate: con un gesto così semplice il Vaticano fornirebbe un apporto decisivo alla lotta al riciclaggio”.

giovedì 5 settembre 2013

Ior, nell’archivio di Gotti Tedeschi trattative segrete tra Vaticano e Pdl.

Vaticano


Da Alfano a Tremonti, così si mettevano d'accordo sulle leggi. Agli atti delle procure scambi su leggi, Ici Chiesa, nomine Rai e San Raffaele fra i massimi rappresentanti di Santa Sede e Cei negli anni di Ratzinger e i vertici del centrodestra durante il governo Berlusconi e Monti.

Trattative segrete tra Vaticano e Pdl nell’archivio segreto dell’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. Lo dimostrano migliaia di email, lettere e raccomandazioni fra i massimi rappresentanti di Santa Sede e Cei negli anni del Pontificato Ratzinger e i vertici del Pdl durante i governi Berlusconi e Monti. Un archivio agli atti di tre Procure: Napoli, Roma e Busto Arsizio che indagano sulla banca del Vaticano e il suo ex numero uno, licenziato dal Cardinal Bertone poco prima dell’inizio di Vatileaks.
Nelle 40mila pagine di corrispondenza, riportate da diversi quotidiani italiani, si va dalle lettere dell’ex sottosegretario Alfredo Mantovano, che a monsignor Angelo Bagnasco chiedeva suggerimenti per la stesura della legge sul testamento biologico, alle contrattazioni con la Cei, sollecitate dall’allora ministro Giulio Tremonti, per risolvere il problema dell’Ici. E ancora le lettere di raccomandazione, come quella per la nomina di Lorenza Lei a dg della Rai. Sul testamento biologico il 6 febbraio 2011 Alfredo Mantovano scrive a Gotti: “Caro Ettore, perdonami, ma sulla questione del testamento biologico vi è necessità che dalla Cei vi sia qualche segnale”, chiedendo una “valutazione” sulla lettera scritta a Bagnasco.
In merito all’Ici, il 30 settembre 2011 Gotti invia al cardinale Bertone un documento “riservato e confidenziale di sintesi del problema Ici” e specifica che la memoria “mi è stata suggerita riservatamente dal ministro Tremonti”. Sottolinea il rischio che la Comunità europea, dopo aver avviato “una procedura contro lo Stato italiano per aiuti di Stato non accettabili alla Chiesa Cattolica”, potrebbe imporre “il recupero delle imposte non pagate dal 2005”. E suggerisce “tre strade percorribili: abolire le agevolazioni Ici (Tremonti non lo farà mai); difendere la normativa passata (strada non percorribile); modificare la vecchia norma. Il tempo disponibile per interloquire – prosegue – è molto limitato. Il responsabile Cei che finora si è occupato della procedura è monsignor Rivella. Ci viene suggerito di incoraggiarlo ad accelerare un tavolo di discussione conclusiva dopo aver chiarito la volontà dei vertici della Santa Sede”.
Sul fronte delle raccomandazioni, l’11 marzo 2011 Gotti scrive a Bertone e suggerisce di “interloquire con la Lega”, che “vuole contare in Rai”, per sostenere la candidatura di Lorenza Lei a dg. “Risulta che la dottoressa Lei avrebbe in un paio di occasioni sussurrato che il cardinal Bertone ha ricevuto assicurazioni da Berlusconi sulla sua nomina. Queste dichiarazioni hanno però provocato una certa opposizione interna ed esterna a detta designazione Oltretevere”. Quanto al San Raffaele, poco prima del terremoto giudiziario Gotti scrive a padre Georg: “Il professore Giovanni Maria Flick, in qualità di consigliere di amministrazione della Fondazione San Raffaele, da tempo esprime disagio verso la gestione dell’attuale processo. Questo disagio lo ha anche più volte esternato senza esito”. Padre Georg risponde subito, ma l’appuntamento viene rinviato.