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lunedì 12 ottobre 2020

Il grande imbroglio del gas: il fossile venduto come “verde”. - Maria Maggiore

 

Il più ambizioso è il progetto di Oygarden, in Norvegia: fino a 5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno saranno infilate in un pozzo profondo 2.500 metri, vicino a Bergen e lì rinchiusi, nel profondo del mare, si spera per sempre. Lo Stato norvegese ha promesso 1,6 miliardi alle società Equinor, Shell, Total e a un’industria di cemento, che costruiranno il mega sito di stoccaggio del carbonio (Ccs).

Un po’ più a sud, in Germania, sulla foce dell’Elba, ci sarà un terminal di gas liquido. Porterà gas liquefatto e raffreddato dagli Stati Uniti o dal Qatar. Un sogno per il responsabile del distretto: “La Germania si renderà neutrale dal punto di vista climatico, il gas naturale è più pulito del petrolio”. Meno contenti sono gli abitanti del posto che vedranno presto costruire un carro armato alto come un grattacielo per accogliere le petroliere del gas liquido.

Poi ci sono i tubi del North-Stream 2 tra la Russia e la Germania; i gasdotti in costruzione in Romania per portare gas fossile dal Mar Nero e ridurre la dipendenza dalla Russia; il nuovo mega progetto East-Med, 1.870 km di tubi da Israele verso la Grecia e l’Europa, per i quali è quasi scoppiata una guerra quest’estate tra Grecia e Turchia. E naturalmente il Tap, ormai quasi finito, 3.500 km di tubi per portare 10 miliardi di metri cubi di gas dall’Azerbaijan in Europa (dalla Russia ne importiamo nell’Ue 200 miliardi all’anno).

Secondo i dati del Global Energy Monitor e dell’associazione industriale “Gas Infrastructure Europe”, che Investigate-Europe ha potuto elaborare, stiamo per spendere 104 miliardi di euro in nuovi progetti di gas fossile, per costruire 12.842 km di nuovi tubi, un aumento del 54% di impianti di gas liquido e del 22% di centrali a gas fossile classiche, con una spesa di 29 miliardi di euro. Ma perché tutto questo spreco di denaro pubblico per un’energia fossile, che libera nell’atmosfera il metano, 86 volte più nocivo del CO2? E poi, perché costruire nuovi impianti se, come ci dice Eurostat, l’Europa consuma solo la metà del gas che potrebbe già importare e addirittura il 20% del gas liquido a disposizione? Persino la Commissione europea, dal 2018 scrive che il consumo di gas naturale diminuirà del 21% entro il 2030 e addirittura del 85% nel 2050.

Che senso ha investire in nuovi impianti che hanno una durata di vita di almeno 20-25 anni, quando gli scienziati del clima ci dicono che dobbiamo smettere di estrarre energie fossili per evitare di riscaldare il pianeta di oltre 1,5 gradi? Mentre i nostri governi continuano a parlare di emergenza climatica, il gas viene presentato come l’energia del futuro che ci porterà verso un’economia a zero emissioni. La Commissione nel suo Green Deal ha scritto “abbiamo bisogno del gas” e il “gas può essere decarbonizzato”.

Lo scorso 12 febbraio l’Europarlamento ha approvato la nuova lista di Progetti di interesse comune (Pci) in mezzo alle polemiche. Tra i 149 progetti prioritari scelti per ricevere finanziamenti europei, ce n’erano ben 32 di gas naturale. Uno scandalo per le Ong del clima. Inevitabile per la Commissione europea che per due anni aveva negoziato quel pacchetto con gli Stati membri: se cadevano alcuni progetti, si ricominicava da zero. La commissaria all’Energia Kadri Simson promise allora agli eurodeputati che “la prossima lista non avrà progetti di gas naturale”.

Ora però il vice capo della Dg Energia, Klaus-Dieter Borchardt, ammette, in un’intervista a Investigate-Europe, che non sarà così: saranno forse costretti a inserire nuovi progetti di gas nella lista prevista per il 2021, perché “abbiamo degli impegni legali con le compagnie”. Borchardt spiega come la “Commissione europea sia nelle mani degli operatori del gas che decidono quali progetti finanziare”.

Quando nel 2009 si volle creare un mercato unico dell’energia per renderlo col tempo indipendente dalla Russia, i governi si affidarono alle grandi società dei gasdotti – l’italiana Snam, la spagnola Enagas, la francese Grtgas, la tedesca Thyssengas, l’olandese Gasunie – che posseggono tutti i dati sensibili sulla salute dei “tubi” e sulla sicurezza della fornitura. Venne creata EntsoG, una lobby presente a Bruxelles in un elegante palazzo del quartiere europeo, regolarmente iscritta nel registro delle lobby, il cui compito è, secondo il regolamento TEN-E, fornire scenari sulla domanda di gas in Europa e, in base a questi, proporre una lista di nuove infrastrutture.

Così da dieci anni va avanti a Bruxelles un conflitto d’interessi sancito per legge. Global Witness ha pubblicato in giugno un rapporto su EntsoG, calcolando che i suoi membri hanno ricevuto dal 2013 al 2019, il 75% dei fondi per gas naturale, circa 4 miliardi di euro. Spesso per progetti inutili. Lo ha ammesso lo stesso Borchardt: “East-Med per esempio è sovradimensionato. Posso capire che ci sia molto gas nel Mediterraneo, ma avrebbe più senso utilizzare gli impianti regionali di gas liquido, piuttosto che portare il gas naturale in un lungo gasdotto da Israele verso la Grecia”.

Anche Midcat, voluto da Francia e Spagna, si è rivelato un progetto inutile: doveva trasportare gas fossile dall’Africa in Francia, è rimasto nelle liste PCI per 6 anni, ricevendo 1,3 miliardi di fondi Ue, prima di venir ritirato l’anno scorso. I regolatori dei due Paesi hanno scritto: “MidCat non contribuisce in alcun modo alla sicurezza dell’approvvigionamento in Francia, i gasdotti esistenti tra Francia e Spagna non sono sovraccarichi”. Oggi restano 80 chilometri di tubi a un’ora di auto da Barcellona, abbandonati nella natura.

Frida Kieninger, di Food & Water Europe, partecipa da anni come osservatrice alle riunioni per i progetti prioritari del gas. La sua analisi è inquietante: “Il processo per arrivare a nuovi progetti è opaco, i governi e le parti interessate s’incontrano in ‘gruppi regionali’ coi promotori dei progetti, spesso seduti accanto ai rappresentanti del ministero. In alcuni incontri sembrava che un paese fosse rappresentato solo da una società del gas. Non ci sono verbali, non ci sono liste di partecipanti. Ed EntsoG si siede sempre sul podio accanto alla Commissione, rispondendo alla maggior parte delle domande e accompagnando tutte le fasi del processo”.

Ma non è tutto. EntsoG, forte del suo monopolio sui dati, negli ultimi dieci anni ha sempre previsto una domanda di gas molto superiore alla realtà del mercato. Così è anche per l’ultimo scenario, fino al 2050. Gli operatori del gas prevedono una diminuzione della domanda massimo del 41% nei prossimi trent’anni (contro l’85% della Commissione). E soprattutto promettono che quasi tutto il gas fossile diventerà verde, le emissioni nocive verranno catturate sotto terra, con il CCS, per produrre idrogeno, ma non forniscono dettagli su dove sarà “pulito” il gas (in Russia, in Azerbaijan?), quali sono i costi per queste operazioni e quanta la perdita di metano nell’atmosfera. Ci ha detto il dg di EntsoG, Jan Ingwersen: “I gasodotti ci saranno, e non è un costo marginale. Quindi, meglio usarli. Per il periodo di transizione, nei nostri scenari, troverete molti progetti di transizione con l’idrogeno”.

L’idrogeno è il nuovo obiettivo della lobby del gas a Bruxelles e la Commissione sta cadendo nella trappola. Consigliata dalla lobby industriale Hydrogen Europe, a cui l’esecutivo Ue ha chiesto di scrivere un draft della strategia per l’idrogeno, a luglio è stata inaugurata la “Clean Hydrogen Alliance”, una piattaforma di industrie che dovrà suggerire alla Ue quali infrastrutture costruire nei prossimi anni. La segreteria la assicura Hydrogen Europe e tra i membri ci sono solo industrie dell’oil&gas, nessuna Ong (eccetto la norvegese Bellona, favorevole al Ccs) e nessuna compagnia di energia rinnovabile, quando l’idrogeno verde dovrebbe venire solo dal surplus delle rinnovabili. L’idrogeno è il nuovo eldorado della lobby del gas: l’obiettivo è attingere ai soldi del Recovery Fund.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/12/il-grande-imbroglio-del-gas-il-fossile-venduto-come-verde/5962646/

mercoledì 16 settembre 2020

Il No di sinistra, maledetto imbroglio. - Barbara Spinelli


Bisogna davvero essere ciechi per non vedere che i fautori del No al referendum sul taglio dei parlamentari si agitano molto, in taluni casi fino a sconfinare nel turpiloquio, ma in testa hanno un pensiero unico e fisso: questo Movimento 5 Stelle non ha da esistere, va fatto fuori, e se l’operazione chirurgica comporta la vittoria delle destre e la sconfessione di 40 anni di battaglie del Pd fa niente, sempre meglio del guazzabuglio che abbiamo davanti, i cui contorni sono talmente poco chiari.

A ragionare così è una parte delle sinistre, e man mano che passano i giorni la loro voce si fa al tempo stesso più sgangherata e più inconsistente.

È il caso del No proclamato su «La Stampa» da Roberto Saviano, che non ritiene utile spiegare neanche di soppiatto le ragioni della sua preferenza ma che di una cosa è assolutamente certo: i 5 Stelle, e Di Maio in particolare, sono “intrisi di una cultura profondamente autoritaria e xenofoba” e vanno finalmente liquidati con un sonoro “va ’a cag…” (equivalente sopraffino di vaffa). Quanto a Conte, l’unica prospettiva che offre è morire democristiani, dunque fuori anche lui. Il ragionamento di Montanelli sul voto dato tappandosi il naso per Saviano non vale. Poco importa se Draghi, improbabile profeta della terra promessa, non succederà a Conte sconfitto. Che vengano Salvini e Meloni. Meglio loro che Di Maio, il diavolo in persona, almeno il naso non lo tocchi e il vantaggio non è da poco.

O per meglio dire Saviano offre una ragione, che però non ha nulla a vedere col taglio di parlamentari: questo governo intrallazza con la Libia, accetta che i migranti vengano respinti in un paese dove i richiedenti asilo vengono torturati e uccisi. Obiezione più che giusta e che condivido, se non fosse che a inaugurare gli intrallazzi non sono stati i 5 Stelle ma i governi Pd, la Lega e prima ancora Berlusconi. Non esiste neanche di lontano una maggioranza pronta a ribaltare la politica italiana in Libia ma esiste solo un suo incattivirsi, se Salvini e Meloni vanno al governo.

Non meno inconsistente il No delle Sardine, esperte in frasi fatte e dubbie frequentazioni. Dice Mattia Santori: “Durante il lockdown abbiamo studiato tanto, soprattutto sul percorso e sulle parole che accompagnano un referendum. Per questo votiamo No”. Non è che sia propriamente una spiegazione del voto: in fondo sono stati in tanti a permettersi di passare il lockdown studiando, lasciando che a lavorare restassero Conte e governo, infermieri, medici e scienziati, maestri e “driver”. Se dopo tanto sgobbare Santori annuncia che vota No perché ha studiato farebbe meglio a star lontano dai microfoni.

Poi c’è il no dei giornali mainstream, che i 5 stelle non li hanno mai sopportati. In particolare c’è il No di giornali che vantano una patina ormai slavata di sinistra, tipo «Repubblica». Fa impressione che questo No di sinistra sia sbandierato in nome della Carta costituzionale, che non prescrisse il numero attuale di parlamentari (questi furono portati a oltre 600 con una legge del ’63, per moltiplicare poltrone e clientes ben oltre la proporzione decisa dai costituenti in base alla popolazione). O in nome dell’analogo No che affossò la riforma costituzionale di Renzi. Come se le due riforme fossero paragonabili. Salvatore Settis ha ricordato opportunamente su questo giornale come le due riforme non siano paragonabili: quella odierna prevede il ritocco di due articoli, contro i sostanziosi 45 riscritti da Renzi.

Naturalmente esistono dei No argomentati con più finezza, cioè fornendo qualche dettaglio in più (è il caso di Tomaso Montanari, Francesco Pallante, Livio Pepino, ecc.). Ma questi ultimi sono sommersi dal chiasso dei No vuoti di senso, che hanno come solo obiettivo quello di indebolire la presidenza Conte (il Recovery Fund da lui ottenuto a Bruxelles è appena qualche bruscolino), bloccare ogni timido tentativo di collaborazione fra Pd e 5 Stelle, staccare definitivamente il primo dai secondi, nell ’astrusa convinzione che fra i due, il partito meno confusionario sia il Pd. Questo fronte dei No, Settis lo ritiene ammaliato dal breve termine e del tutto incoerente (praticamente tutti i partiti, a cominciare dal Pd, hanno difeso e votato tagli simili in passato. Per legittimare il Parlamento e non per delegittimarlo).

Il Movimento 5 stelle è certamente una formazione ingarbugliata, come minimo. Ma non c’è partito che non lo sia, a cominciare dal Pd. Alcuni esponenti di quest’ultimo hanno addirittura cambiato opinione in pochi mesi: ieri sì al taglio e oggi no, contro il parere maggioritario del partito. Zanda e Finocchiaro sognano l’atterraggio di Draghi (per quale politica “di sinistra”?) e chi sogna non è tenuto a spiegare.

Non sono tuttavia la confusione e frammentazione del M5S a indisporre di più. Indispone che una buona parte dell’elettorato classico della sinistra ha da tempo traslocato nel Movimento (oltre che nella Lega), e non aspira a tornare nei vecchi partiti. Questo continua a essere intollerabile per il Pd, che insiste in una visione patrimoniale degli elettori (“questi sono MIEI e me li riprendo”). Difficile presentarsi come partito che ha ambizioni egemoniche sulla sinistra o sulla cultura, quando hai sacrificato quasi tutti i tuoi vecchi programmi al punto di fare affidamento sul neoliberismo di Draghi, e vieni sistematicamente sor – passato da un movimento – un elettorato – non più monopolizzabile. L’unico che ha intuito il dramma è Bersani, il quale voterà Sì e dice chiaramente che non sarebbe Draghi a profittare di una disfatta al referendum – soprattutto se combinata con sconfitte alle regionali – ma Salvini e Meloni.

Una delle più convincenti argomentazioni a favore del Sì mi è parsa quella di Lorenza Carlassare. “Se passasse il No –dice la costituzionalista –nulla verrebbe più cambiato. In particolare non verrebbe più cambiata neppure la legge elettorale […] la scelta di chi sarà eletto è unicamente operata dalle direzioni dei partiti […] prescindendo completamente dal rapporto con gli elettori”. E ancora: “In questa situazione non conta tanto il numero dei parlamentari quanto il loro rapporto con gli elettori. Se verso di noi non sentono alcuna responsabilità, di che democrazia stiamo parlando?” Già: di che democrazia stiamo parlando? Nessuno prova speciali godimenti nel votare turandosi il naso (neanche a Montanelli “piaceva”) ma godere per una vittoria di Salvini che magari chissà, faciliterà l’arrivo di Draghi, è più di un errore. È un maledetto imbroglio.

http://barbara-spinelli.it/2020/09/13/il-no-di-sinistra-maledetto-imbroglio/?fbclid=IwAR00XxLLey6sAdqFRsMGqXAJzJo83RVg3it7mCt9Mc31nvD1zGdobS47aIE

domenica 22 gennaio 2017

LA CABALA E LA SINISTRA RADICAL-CHIC (prima puntata).


Cabala
George Soros – Palpatine, l’Imperatore della Cabala Mondiale. Immagine satirica.


The Cabal, La Cabala, è il vertice della piramide massonica del Deep State americano che, da oltre cinquant’anni decide chi sarà il prossimo Presidente USA, e quindi il leader mondiale.
John Fitzgerald Kennedy non era dei loro e l’hanno ucciso, Richard Nixon era diventato scomodo e l’hanno rimosso. Tocca adesso al più acerrimo nemico della corrotta Cabala, Donald “The Donald” Trump?
Citiamo al riguardo Douglas Herman da ZeroHedge,com:
“ISIS never touches an Israeli head,” Jack Burton opined recently. “They are sworn allies of the Israeli Government. Seeing great benefits to be had from the Middle East Super Power, backed by the USA. The main ISIS allies are: Turkey, Israel, the USA and NATO. All this Obama crying on TV about ISIS threats is bullshit fucking lies. Obama is behind backing ISIS on to final victory in Syria. When Russia began to kill ISIS in earnest, the following governments demanded they cease bombing ISIS at once:  Saudi Arabia, Qatar, Jordan, Turkey, USA, UK, Germany and others.” […]
Addendum: While we fake news reporters love to be proven right, quite often we’re proven prescient. When I pennedJFK and Obama–Profiles in Courage and Cowardice, I hoped to have been proven wrong. Sadly, ALL of the fake news reporters I quoted in that column EXACTLY eight years ago were proven correct.
Addendum 2.0   No fake news reporter can claim Trump will succeed overwhelmingly. More likely he will sell out his huge core of hopeful believers to the money/power elites, just as almost all presidents have done in the past. If not, Trump will die in some tragic accident or from some lone gunman. We would love to be proven wrong.
L’analista americano Max Gorton dà un breve riassunto della mostruosità conosciuta come LA CABALA – THE CABAL
La maggior parte degli americani ritiene che il nostro sistema politico sia corrotto. Diamo per scontato che i politici possono essere acquistati e venduti da interessi corporativi. Abbiamo visto guerre iniziate sotto falsi pretesti. Abbiamo visto scandali su scandali, ma la corruzione che viene denunciata nei documenti ufficiali è solo un graffio alla superficie della vera profondità di corruzione del governo federale americano.
Infatti, esiste una Cabala, che non gioca secondo le regole. Questa Cabala è così potente che ha determinato chi sarebbe stato il vincitore in 10 delle ultime 13 elezioni presidenziali.
La cabala è spietata. I suoi atti includono:
l’assassinio politico nazionale e internazionale, il tradimento, l’omicidio di massa, il traffico di droga, la corruzione sistematica finanziaria, e la criminalizzazione del sistema giudiziario.
Gli strumenti della Cabala sono squadre nazionali della morte, i prigionieri politici, il controllo orwelliano dei mezzi di comunicazione, lo spionaggio interno e attacchi terroristici nazionali (e internazionali).
La Cabala ha collaborato con alcuni dei peggiori criminali della terra, tra cui nazisti, spacciatori di droga, terroristi, assassini di massa, la Mafia, satanisti, molestatore di bambini e pedofili. In molti casi, i membri della Cabala differiscono dai gruppi elencati in precedenza solo per la loro patina di rispettabilità.ii
Uno dei più potenti membri della Cabala, colui che potremmo satiricamente definire l’Imperatore della Cabala è György Schwartz, l’ebreo Ashkenazita conosciuto come George Soros, l’attuale Palpatine dell’Impero della Cabala Mondiale.
Come scrive il sito di rivelazioni politiche DC Leaks,
George Soros  è un magnate ungherese-americano, investitore, filantropo, attivista politico e autore che, di origine ebraica. Guida più di 50 fondazioni sia globali che regionali. È considerato l’architetto di ogni rivoluzione e colpo di Stato di tutto il mondo negli ultimi 25 anni . A causa sua e dei suoi burattini gli Stati Uniti sono considerati come una sanguisuga e non un faro di libertà e democrazia. I suoi servi hanno succhiato sangue a milioni e milioni di persone solo per farlo arricchire sempre di più. Soros è un oligarca che sponsorizza il partito Democratico, Hillary Clinton, centinaia di uomini politici di tutto il mondo. Questo sito è stato progettato per permettere a chiunque di visionare dall’interno l’Open Society Foundation di George Soros  e le organizzazioni correlate. Vi presentiamo i piani di lavoro, le strategie, le priorità e le altre attività di Soros. Questi documenti fanno luce su uno dei network più influenti che opera in tutto il mondo.


Quella che segue è una delle mail di John Podesta, chairman della Campagna elettorale di Hillary Clinton divulgate dal sito WikiLeaks.

Vagheggia la Società Aperta di George Soros.
Erano i tempi chi la Clinton era solidamente certa della vittoria finale alle elezioni presidenziali, favorita com’era dalle fake news di Washinton Post, New York Times, CBS, NBC, CNN et similia, dai soldi degli Arabi e – soprattutto – dall’incondizionato appoggio della Cabala:


Una delle più importanti cinghie di trasmissione della Cabala è il presidente (finalmente) uscente Barack Hussein Obama IIcavallo di troia e burattino dei cabalisti Soros e Zbigniew Brzezinskiiii

Enrica Perucchietti, […] nel libro-inchiesta “L’altra faccia di Obama” svela i segreti di un clamoroso equivoco, come quello del Cavallo di Troia: un tragico inganno, dietro l’apparenza di un regalo sfavillante. Il carisma dell’incanto e la retorica della speranza. Nient’altro che un trucco, orchestrato dal super-potere, quello vero. Difatti, evaporata l’ubriacatura, nel giro di appena qualche anno sono affiorati gli scogli della dura realtà: crisi e guerra, precariato, privacy, sanità. «Dietro i corposi finanziamenti della più dispendiosa campagna presidenziale della storia – scrive l’autrice – si celano infatti gli assegni delle lobby, gli speculatori di Wall Street e le grandi banche che avrebbero goduto del salvataggio statale a scapito dei contribuenti». E poi le multinazionali del petrolio, degli Ogm e della difesa, senza contare gli onnipotenti colossi assicurativi.
Perché Obama ha fatto marcia indietro sulla “rivoluzione verde”? Perché ha trascinato il paese in un terzo conflitto, quello libico, dopo le guerre in Iraq e Afghanistan? Quali interessi si nascondono dietro la politica estera di un presidente insignito di un “Nobel alle buone intenzioni”? Semplice: all’ombra della Casa Bianca c’è il gotha della finanza speculativa, rampolli e gattopardi del “nuovo ordine mondiale”, quello che non bada ai “danni collaterali” quando spedisce la sua posta aerea sotto forma di missili. Così, «ogni volta che Obama ha cercato di risalire nei sondaggi riappropriandosi delle promesse fatte all’elettorato, è stato costretto a fare dietrofront: le lobby non permettono che si tradiscano i propri interessi». Con buona pace della fiaba del “primo presidente nero”, l’afroamericano venuto dal nulla.
Cosa sappiamo, davvero, di Barack Obama? «Le ombre sulla sua biografia sono sconcertanti e nascondono verità scomode», che lentamente affiorano tra le pagine del saggio, rivelando “L’altra faccia di Obama”. In realtà, non ci voleva molto per intuire che quell’ascesa così fulminea non poteva essere casuale: nascondeva un cuore di tenebra, il denaro. Un mare di denaro, quanto ne serve negli Usa prima per conquistare un seggio al Senato, poi la nomination alle primarie e infine la Casa Bianca. Chi ha “investito” su Obama – le più ciniche lobby mondiali – ora passa all’incasso. Nucleare, Ogm, armamenti, assicurazioni, banche d’affari. E dunque chi è Obama, una vittima del ricatto dei suoi finanziatori o perfetto prodotto pubblicitario, costruito a tavolino per ingannare gli elettori?
«Questa meteora del firmamento americano ha folgorato milioni di persone, dagli Usa all’Europa, senza che queste potessero avere tempo e modo di domandarsi chi fosse realmente il senatore dell’Illinois», un candidato «con un programma politico assolutamente elementare ma “accattivante”». Dopo i primi evidenti insuccessi, tutti a sostenerlo ugualmente: diamogli tempo, sta lottando per noi contro la piovra delle lobby. «E’ come se il mondo avesse promosso Obama a priori, attribuendogli una patente di onestà», fino al punto di non vedere che la sua reale politica è praticamente identica a quella degli aborriti “neocon”. E perché stupirsene? Dopotutto, nonostante le promesse di rinnovamento, Obama si è circondato dei vecchi arnesi di sempre, i super-consiglieri di Clinton e quelli dello stesso Bush. Per dirla con Giordano Bruno: ovvio che le pecore vengano sbranate, se si erano scelte per pastore il lupo.
“L’altra faccia di Obama” scende nei sotterranei del potere americano: se personaggi come Hillary Clinton e Joe Biden sono i massimi garanti della continuità dell’establishment, dietro al presidente si incrociano personaggi-chiave come Robert Rubin, il “maestro” di Obama, reduce dallo scandalo finanziario della Citigroup, o come l’ex presidente della Federal Reserve, Paul Volcker. Ci sono “falchi” filoisraeliani come Rahm Emanuel e super-finanzieri come Timothy Geithner, ora ministro del tesoro. E alle loro spalle, l’illustre mentore di Obama: Zbigniew Brzezinsky, teorico della guerra fredda, fondatore della Trilaterale e membro del Bilderberg. La biografia di Obama si intreccia con la massoneria e con la Cia, ma soprattutto coi santuari mondiali della finanza. «Sempre più persone – scrive Enrica Perucchietti – hanno intuito come dietro Obama si possa nascondere un prodotto di marketing, l’ennesimo burattino comandato da un’élite ben al di sopra di lui. E di tutti noi».iv


L’anatra zoppa pazza Obama – illustrazione by @AlfioKrancic tratta da @twitter

I burattinai di Barack Obama, George Soros e Zbigniew Brzezinski sono furenti, schiumano di rabbia e ancor più di loro è pazzo di rabbia il Presidente Stranamore Barack Obama, il burattino guerrafondaio che sta affastellando provocazioni su provocazioni pur di fra scoppiare la III Guerra Mondiale prima dell’insediamento del democratico anticabalista Donald Trump:


Il Presidente Stranamore Barack Obama

La notizia ha dell’incredibile, ma è vera: per la stampa tedesca, stiamo assistendo alla più grande operazione di riposizionamento dell’esercito Usa in Germania dal 1990. «Più di 2.000 carri armati, obici, jeep e automezzi stanno per essere impiegati nelle esercitazioni Nato nell’Europa dell’Est che dureranno nove mesi», scrive Johannes Stern. Lo stato maggiore della Bundeswehr conferma: colossale dislocazione di forse Usa e Nato in Polonia e negli Stati baltici, proprio mentre Obama tenta – anche con la “guerra delle spie” – di incendiare la frontiera orientale, alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump, ostacolato in ogni modo. La situazione starebbe precipitando, dopo l’impegno della Russia per la liberazione di Aleppo, a lungo ostaggio di milizie “Isis” capeggiate da leader del Caucaso e dai combattenti di Al-Nusra, altrimenti detta “Al-Qaeda in Siria”, formazione creata, protetta e armata dall’intelligence occidentale. Persa la Siria, ora si enfatizza l’operazione “Atlantic Resolve”, spettacolare (e pericolosa) provocazione alle frontiere con la Russia, cui Obama non perdona l’aver reagito al golpe americano in Ucraina mantenendo il controllo della Crimea.
A scandire le news, nei primissimi giorni del 2017, sono le fonti delle forze armate tedesche, racconta Stern in un articolo su “Wsws” ripreso da “Come Don Chisciotte”: oltre 2.500 mezzi militari Usa hanno appena raggiunto la Germania «per essere trasportati in Polonia ed in altri paesi dell’Europa Centrale e dell’Est». Il materiale deve «arrivare nel periodo compreso fra il 6 e l’8 gennaio a Bremerhaven via mare e quindi essere trasferito in Polonia per via ferroviaria e convogli militari a partire approssimativamente dal 20 gennaio», cioè il giorno in cui dovrebbe finalmente installarsi Trump alla Casa Bianca. Sempre secondo comunicati diffusi dall’esercito statunitense in Europa, continua Stern, altri 4.000 militari e 2.000 carri armati «contribuiranno a rafforzare la forza di dissuasione e difesa dell’alleanza». Il colonnello Todd Bertulis dell’Eucom, il comando Usa in Europa di stanza a Stoccarda, ha affermato che l’operazione assicurerà che «la potenza di fuoco necessaria verrà schierata in Europa nel posto giusto al momento giusto». E il generale Frederick “Ben” Hodges, comandante delle forze americane in Europa, aggiunge: «E’ una risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ed alla sua illegale annessione della Crimea».
Il che è palesemente falso, ricorda Johannes Stern: «In Ucraina non è la Russia l’aggressore, ma lo sono Usa e Nato», dal momento che «Washington e Berlino, in stretta collaborazione con le forze fasciste, hanno organizzato un colpo di Stato contro il presidente filorusso, Viktor Yanukovych, agli inizi del 2014, insediando a Kiev un regime nazionalista, fanaticamente antirusso». Mossa che «ha fatto esplodere la ribellione separatista da parte delle regioni russofone nella parte orientale del paese». Una rivolta che Mosca ha sostenuto, e che il governo di Kiev, sorretto dalle armi e dai soldi occidentali, ha tentato senza successo di reprimere con la forza. «Quanto successo in Ucraina è stato sfruttato dagli Usa, dall’Unione Europea e dalla Nato per imporre sanzioni economiche e diplomatiche alla Russia ed espandere drammaticamente le forze militari della Nato lungo il suo confine occidentale». E ora, «volendo giocare d’anticipo rispetto al 20 gennaio, inizio del mandato del nuovo presidente eletto Usa Donald Trump», che ha chiesto di abbassare il livello della tensione con la Russia, «forze contrarie all’interno dell’intelligence militare Usa e dell’establishment politico stanno cercando un’escalation nel confronto con Mosca».v


Questa è l’espressione solo di una parte del nervosismo che pervade La Cabala. Donald Trump ha intenzione di fare piazza pulita dei tanti cabalisti che hanno reso marcia e corrotta l’intera Intelligence USA.
Aggiunge Marcello Foa:
E’ un’operazione di un’audacia senza precedenti e che spiega il grande nervosismo di Obama e della ristretta élite che ha governato fino ad oggi l’America e il mondo. Non è un caso che proprio quell’establishment abbia tentato nelle ultime settimane di imporre la censura su internet e sui social media, lanciando una campagna coordinata in più Stati, inclusa l’Unione europea e Italia, sempre prontissime nel recepire i desiderata di Washington  o meglio della Washington che sta uscendo di scena.
Il web ha permesso a Trump (e prima di lui al britannico Farage) di scardinare un sistema che sembrava perfetto e intramontabile. Per questo l’establishment globalista tenta, con un colpo di  coda, di silenziare l’informazione alternativa online, usando qualunque pretesto: gli hacker russi, l’Isis, le fake news.
Non può riuscirci, non deve riuscirci.
 
“La Cabala Mondiale” – Illustrazione di David Dees


Che il burattino Obama, si sia recato in visita al Führer del Grande Reich Europeo, Angela Merkel, subito dopo la strepitosa e inaspettata vittoria di Donald Trump è irrituale. Ridicola la dichiarazione congiunta: «Germania e America sono legate dai valori di democrazia, libertà e rispetto della legge e della dignità dell’uomo».vi
Frasi simbolicamente potenti se non fossero uscite dalle bocche di due massoni reazionari collaborazionisti di The Cabal.
Un intervento pretestuoso e ridicolo se ricordiamo che solo pochi giorni prima il cabalista Obama aveva fatto una grande apertura al governo fallimentare di Matteo Renzi contro la Germania.
E allora la grande apertura di Obama a Renzi va letta soprattutto in quest’ottica. Il premier italiano viene rivalutato non per meriti particolari ma perché con una Gran Bretagna in uscita dalla Ue, una Spagna senza governo, una Francia che si avvia a un’elezione presidenziale dall’esito incerto, l’Italia rappresenta l’unico grande Paese europeo in grado di opporsi o perlomeno di dar fastidio alla Merkel. E il suo premier può riuscirci solo se viene percepito come più importante e più credibile di quanto sia stato sin d’ora.
La grande cerimonia alla Casa Bianca, in occasione dell’ultima cena di Stato dell’era Obama, costituisce un’investitura solenne di fronte a tutti e, soprattutto, alle cancellerie europee. Renzi ora diventa l’uomo degli americani, ed è paradossale che a interpretare questo ruolo sia colui che fino a ieri sembrava disposto a difendere, almeno in parte, anche le ragioni di Mosca. Accettando di mandare i soldati italiani al confine con la Russia – con una decisione pericolossima per l’Italia – Renzi aveva già segnalato da che parte stava. Ora la consacrazione di Obama spazza via ogni dubbio. E conferma di che pasta è fatto Matteo da Rignano.vii
Chiosa il giornalista indipendente Marcello Foa su quella che è conosciuta non più come anatra zoppa, ma l’anatra pazza Barack Obama.
Eh sì, ora potete verificare di persona che tipo di persona sia Barack Obama. E soprattutto potete rendervi conto di quanto importante e destabilizzante sia stata la vittoria di Trump, che ha posto fine a un lunghissimo periodo di potere esercitato da un gruppo élitario – neoconservatore ma non solo – che, ha dominato Washington, rovinando sia gli Usa sia il mondo.
Circa tre settimane fa in un’intervista al blog di Beppe Grillo affermavo che l’establishment di Obama, che riva le sue radici strategiche e ideologiche nell’amministrazione Bush, avrebbe fatto di tutto per mettere in difficoltà o addirittura impedire l’elezione di Trump.
 Avete visto cos’è successo negli Stati Uniti: manifestazioni di piazza, riconteggio dei voti in alcuni Stati, pressioni senza precedenti sui Grandi Elettori affinché rinnegassero il voto popolare. Tutto inutile, per fortuna. Per fermare Trump restano solo due modi: un colpo di stato parlamentare o l’eliminazione fisica. Entrambi non ipotizzabili, al momento.
La reazione scomposta di Obama in questi giorni, però, non rivela solo la stizza di un presidente uscente e la scarsa caratura di un uomo ampiamente sopravvalutato, evidenzia soprattutto la frustrazione di un clan che vede svanire il perseguimento dei propri obiettivi strategici.
Infatti:
gli Usa hanno perso la guerra in Siria, combattuta la fianco dei peggiori gruppi fondamentalisti.
Nessun rappresentante dell’establishment uscente è stato eletto nei posti chiave dell’Amministrazione Trump.
La globalizzazione e il continuo smantellamento delle sovranità nazionali non sono più garantite, anzi rischiano di essere fermate da Trump che crede nei valori e negli interessi nazionali.
L’obiettivo di conquistare il controllo dell’Eurasia, facendo cadere Putin, sostituendolo con un presidente filo-americano, è fallito; Putin oggi è più forte che mai.
Persino Israele, che si è subito allineata a Trump, è diventata ostile. Il via libera alla Risoluzione Onu rappresenta un’inversione a “U” clamorosa e dai chiari intenti punitivi.
Le ultime decisioni dell’Amministrazione Obama segnalano il tentativo di far deragliare il nuovo corso di Trump o perlomeno di metterlo in fortissima difficoltà sia con Israele, sia, soprattutto, con la Russia. La speranza segreta della Casa Bianca era che Putin potesse cedere a una reazione impulsiva, tale da mettere davvero in imbarazzo Trump. E invece il presidente russo ha tenuto i nervi a posto. Anzi ha dato a Obama l’ennesima lezione di stile, rifiutandosi di espellere a propria volta 35 diplomatici americani. Le nuove sanzioni e l’espulsione di 35 diplomatici russi sono comunque un colpo basso, tale da provocare tensioni con il Congresso, ma non così gravi da far desistere Trump dall’avviare un nuovo corso con Putin. […]
Quel che conta, alla fine di un incredibile 2016, è la sostanza. Ovvero: il clan che ha governato l’America per almeno 16 anni lascia per la prima volta il potere. E chi si è opposto, dentro e fuori gli Usa, a politiche egemoniche autenticamente neoimperiali trova motivi di speranza.
Ed è un’ottima notizia per il mondo.viii
Nel video che segue il senatore democratico Chuck Schumer minaccia con un sorriso agghiacciante il presidente Eletto Donald Trump di stare molto molto attento a mettersi contro l’attuale Cabala dell’Intelligence USA:

Marcello Foa parla di questa gente definendola il Clan, noi utilizziamo il termine forse più pregnante di Cabala. Poco cambia, poiché dopo aver pestato i piedi alle élites mondiali occulte e corrotte è subito arrivata la reazione:Come era logico presumere, immediatamente dopo la stesura del suo illuminante articolo (ut supra), Foa è stato minacciato da un rappresentante di quella sinistra che da anni reprime economia, pensiero e libertà in tutto il Mondo e in particolare in Italia. Il vero Grande Fratello.



Quella sinistra di cui icasticamente Indro Montanelli affermava che «ama talmente i poveri che ogni volta che va al potere li aumenta di numero».
Quella sinistra che ha in Italia i suoi migliori araldi viventi in Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari.
Il primo – Napolitano – quando era nei GUF (Gruppi Universitari Fascisti) subito dopo l’aggressione Nazifascista alla Russia affermò che «Hitler porta la civiltà in Russia».
Convertitosi allo Stalinismo, quando la dittatura sovietica invase l’Ungheria, dichiarò che «Stalin porta la pace in Ungheria».ix
Nel 1978 il Napolitano venne affiliato alla Cabala della Ur-Lodge neoliberista e ultrareazionaria “Three Eyes” di Rockefeller-Kissinger-Brzezinskix e da allora afferma che «le cessioni di sovranità nazionale sono il bene dell’Italia». Ecco come:
«il presidente che dovrebbe difendere la Costituzione curiosamente lancia continuamente appelli alla cessione di sovranità e di poteri a favore della Ue, di cui auspica l’unione politica», naturalmente «per il bene degli italiani». Peccato che Napolitano si sia prodigato «per difendere, proteggere e al momento giusto lanciare quei politici o quei tecnici che la pensano come lui e con cui condivide le stesse referenze sovranazionali», non esattamente “amiche” dell’Italia. «E’ stato Napolitano ad avallare il colpo di Stato con cui le élite europee hanno fatto cadere Berlusconi nel 2011, attribuendo simultaneamente l’incarico al suo grande amico e sodale Mario Monti, tra l’altro beneficiandolo della nomina improvvisa a senatore a vita; dunque rendendo possibile l’attuazione di un piano che, come ormai ampiamente dimostrato, è stato concepito mesi prima della caduta del Cavaliere».xi
L’altro corifeo della sinistra radical-chic italiana – Eugenio Scalfari – è stato caporedattore di “Roma Fascista”.
Recentemente ha affermato in un editoriale che l’Oligarchia è l’unica forma di democrazia ed è inutile che si faccia illusioni il popolo ignorante:
l’oligarchia è la sola forma di democrazia, altre non ce ne sono salvo la cosiddetta democrazia diretta, quella che si esprime attraverso il referendum. Pessimo sistema è la democrazia diretta. […] L’oligarchia è la classe dirigente, a tutti i livelli e in tutte le epoche. E se vogliamo cominciare dall’epoca più lontana il primo incontro lo facciamo con Platone che voleva al vertice della vita politica i filosofi. I filosofi vivevano addirittura separati dal resto della cittadinanza; discutevano tra loro con diversi pareri di quale fosse il modo per assicurare il benessere alla popolazione; i loro pareri erano naturalmente diversi e le discussioni duravano a lungo e ricominciavano quando nuovi eventi accadevano, ma ogni volta, trovato l’accordo, facevano applicare alla Repubblica i loro comandamenti.xii
Viviamo tempi dove la politica è molto agitata e merita molta più attenzione che definire con le parole e con il pensiero se si chiami oligarchia la sola forma di democrazia che conosciamo.xiii
Al difensore dell’Oligarchia della Cabala, cioè le élites dei ricchi che sfruttano parassitariamente ceto medio e lavoratori, risponde il democratico e costituzionalista Gustavo Zagrebelski,
Tutti i governi sono sempre e solo oligarchie più o meno ristrette e inamovibili; cambia solo la forma, democratica o dittatoriale. Nell’ultima frase del secondo editoriale, Scalfari m’invita cortesemente a riflettere sulle sue tesi, cosa da farsi comunque perché la questione posta è interessante e sommamente importante. Se fosse come detto sopra, dovremmo concludere che l’articolo 1 della Costituzione (“L’Italia è una repubblica democratica”; “la sovranità appartiene al popolo”) è frutto di un abbaglio, che i Costituenti non sapevano quel che volevano, che hanno scritto una cosa per un’altra. Ed ecco le riflessioni.
Se avessimo a che fare con una questione solo numerica, Scalfari avrebbe ragione. Se distinguiamo le forme di governo a seconda del numero dei governanti (tanti, pochi, uno: democrazia, oligarchia, monarchia) è chiaro che, in fatto, la prima e la terza sono solo ipotesi astratte. Troviamo sempre e solo oligarchie del più vario tipo, più o meno ampie, strutturate, gerarchizzate e centralizzate, talora in conflitto tra loro, ma sempre e solo oligarchie. Non c’è bisogno di chissà quali citazioni o ragionamenti. Basta la storia a mostrare che la democrazia come pieno autogoverno dei popoli non è mai esistita se non in alcuni suoi “momenti di gloria”, ad esempio l’inizio degli eventi rivoluzionari della Francia di fine ‘700, finiti nella dittatura del terrore, o i due mesi della Comune parigina nel 1871, finita in un bagno di sangue. Dappertutto vediamo all’opera quella che è stata definita la “legge ferrea dell’oligarchia”: i grandi numeri della democrazia, una volta conquistata l’uguaglianza, se non vengono spenti brutalmente, evolvono rapidamente verso i piccoli numeri delle cerchie ristrette del potere, cioè verso gruppi dirigenti specializzati, burocratizzati e separati. Ogni governo realmente democratico non è che una fugace meteora. In quanto autogoverno dei molti, fatalmente si spegne molto presto.
Tuttavia, la questione non è solo quantitativa. Anzi, non riguarda principalmente il numero, ma il chi e il come governa. Gli Antichi, con la brutale chiarezza che noi, nei nostri sofisticati discorsi, abbiamo perduto, dicevano semplicemente che l’oligarchia è un regime dei ricchi, contrapposto alla democrazia, il regime dei poveri: i ricchi, cioè i privilegiati, i potenti, coloro che stanno al vertice della scala sociale contro il popolo minuto.xiv
 
Soros e la Cabala – immagine di David Dees

I giornalisti investigativi di ZeroHedge hanno rivelato ciò che le bufale dis-informative che la stampa mainstream italiana nasconde da anni.

La cosiddetta accoglienza degli Immigrati Clandestini è solo un mezzo per lucrare centinaio di milioni di euro ogni anno:
Un’analisi fattuale – riportata da Zero Hedge – di quanto sta accadendo intorno alla questione immigrati, porta a conclusioni sconvolgenti. Si è consolidata una prassi che coinvolge trafficanti di persone, organizzazioni non governative e istituzioni italiane e che lucra in tutti i modi possibili su questo dramma umanitario. A partire dal recupero dei disperati in acque territoriali libiche, agli appalti pilotati per costruire i centri di assistenza, fino allo sfruttamento degli immigrati stessi nelle campagne per salari da fame, la crisi umanitaria si è trasformata in un affare colossale per le organizzazioni malavitose e mafiose. Il tutto viene reso possibile dalla sospensione di fatto dello stato di diritto per tutto quello che concerne la questione dei migranti provenienti dall’Africa.
 da ZeroHedge, 2 gennaio 2017
Lo stato di diritto viene spesso evocato come uno dei valori occidentali che i movimenti “populisti” vogliono distruggere, eppure sull’immigrazione la classe dirigente al governo  ha già da tempo sospeso quello stesso stato di diritto. L’esempio più evidente è la politica di immigrazione iniziata dal governo Letta nel 2013 e proseguita poi sotto il governo Renzi. Nell’ottobre 2013 il governo Letta, trovandosi ad affrontare ondate di profughi in fuga dalla Libia per il caos provocato dalla primavera araba sostenuta dall’occidente – che più tardi si è rivelata niente  più che un’insurrezione di gruppi radicali islamici – lanciò  l’operazione “Mare Nostrum“, che consisteva nell’utilizzo della Marina italiana vicino alle acque libiche in operazioni di salvataggio dei rifugiati dalle coste africane.
Per quanto nobile potesse essere la motivazione, un effetto collaterale dell’operazione è stato quello di incoraggiare sempre più persone ad intraprendere viaggi via mare, perché ormai erano certe che la Marina italiana le avrebbe salvate. Il risultato è stato un aumento del 224% del numero di imbarcazioni in partenza dalla Libia, che si è tradotto in un costo medio di quasi 10 milioni di euro al mese per il governo italiano. […] Punire i contrabbandieri, a meno che non facciano parte delle ONG, significa che il problema non può essere e non sarà risolto, perché le ONG saranno sempre libere di contrabbandare i migranti. Con ciò si porta avanti una tradizione ben consolidata; durante il governo Monti nel 2011-12 fu creato un Ministero per l’Integrazione e assegnato ad Andrea Riccardi della “Comunità di Sant’Egidio”, una famosa ONG italiana favorevole alle frontiere aperte. La “Comunità di Sant’Egidio” gestisce progetti come i “Corridoi umanitari”. Il progetto finanzia un itinerario alternativo per portare la gente in Italia. Andrea Riccardi ha detto ai media francesi di essere convinto che l’Europa deve aprire le sue frontiere.
Il Ministero è stato poi assegnato a Cecile Kyenge, una donna di colore nata nella Repubblica democratica del Congo, che si è data come obiettivo quello di ridurre drasticamente i requisiti per l’acquisto della cittadinanza italiana. La Kyenge propone una legge che darebbe la cittadinanza ai figli degli immigrati a condizione di esser nati sul suolo italiano. Sotto Renzi, il ministero è stato ridotto a un dipartimento all’interno del Ministero per gli Affari Interni e consegnato a Mario Morcone, ancora una volta affiliato alla “Comunità di Sant’Egidio”.
Cosa succede una volta che i migranti di tutti i tipi raggiungono il suolo italiano? Vengono inviati ai centri per i profughi, dove possono chiedere lo status di rifugiati. Va fatto notare che l’Italia ha da tempo esaurito i posti per i richiedenti asilo, e così il governo sta pagando alberghi, ostelli o cittadini in generale per ospitare le persone.
Una pratica comune per coloro che sanno che la loro domanda verrà respinta, è di distruggere i loro documenti in anticipo, in questo modo il tempo necessario per identificarli aumenta in modo esponenziale. L’esperienza ha dimostrato che i centri alla fine diventano sovraffollati, il che offre l’occasione ai migranti di organizzare una rivolta, distruggere parte dei centri e infine fuggire e diventare illegali. Se invece non scappano e la loro domanda viene rigettata, vengono espulsi. L’espulsione tuttavia è volontaria e i dati mostrano che solo il 50% circa dei migranti espulsi se ne va davvero, probabilmente in un altro paese Ue-Schengen, mentre gli altri diventano clandestini.
Come ha dimostrato lo scandalo Mafia Capitale, una collusione tra i membri del Partito Democratico  al governo che controllano le istituzioni statali italiane dell’immigrazione tra cui i centri profughi, le ONG e il crimine organizzato, assicura che i migranti siano impiegati a spese dei contribuenti italiani e per una paga oraria insignificante, in modo da garantire ingenti profitti illegali al racket. Una famigerata frase di un membro della criminalità organizzata, che spesso viene citata, ha rivelato che l’immigrazione è al momento un business più redditizio del traffico di droga.
“Hai idea di quanto guadagno con questi immigrati?” ha detto Salvatore Buzzi, un affiliato della mafia, in un’intercettazione di 1.200 pagine ad inizio 2013. “Il traffico di droga non è così proficuo“. “Abbiamo chiuso quest’anno con un fatturato di 40 milioni, ma… i nostri profitti vengono tutti dagli zingari (ROM), dall’emergenza abitativa e dagli immigrati” ha detto Buzzi. Questo nel 2013, quando erano arrivati in Italia 20.000 immigrati. Nel 2016 ne sono arrivati 180.000. […]
Le attività illegali associate spaziano dall’assegnazione della costruzione dei centri per i rifugiati alle cooperative legate al PD in cambio di tangenti, al trasferimento dei richiedenti asilo e dei clandestini nelle campagne italiane per impiegarli in agricoltura con salari da 1 a 3 euro all’ora. Per quel che riguarda le donne, gli immigrati stessi organizzano giri di prostituzione nei centri profughi o le vendono perché lavorino lungo le strade italiane.
L’immigrazione è una storia di attuazione volontariamente lassista dello stato di diritto, di contrabbando, di disonestà, di schiavitù e, in definitiva, di distruzione dell’Europa.xv
L’immigrazione clandestina destinata a crescere esponenzialmente non è altro che il piano di Soros e della Cia per destabilizzare l’Europa, svelato in uno sconvolgente report da Wayne Madsen della Strategic Culture Foundation.(clicca qui per leggere)


NWO – The Cabal


La Cabala non sta facendo altro che applicare la “teoria del caos” non solo nei confronti di Africa e Medio Oriente ma anche contro i Paesi della UE, in particolare l’Italia. Come spiega Thierry Meyssan, «il caos non è l’accidente, è l’obiettivo»:
Quando, nel 2003, la stampa statunitense ha cominciato a evocare la “teoria del caos”, la Casa Bianca ha risposto evocando un “caos costruttivo”, lasciando intendere che si sarebbero distrutte delle strutture oppressive affinché la vita potesse sgorgare senza ostacoli.
Ma né Leo Strauss né il Pentagono, fino a quel momento, avevano mai utilizzato questa espressione. Al contrario, secondo loro, il caos doveva essere tale che niente potesse strutturarsi, tranne la volontà del Creatore dell’Ordine nuovo, gli Stati Uniti.
Il principio di questa dottrina strategica può essere così riassunto: il modo più semplice per saccheggiare le risorse naturali di un Paese sul lungo periodo non è occuparlo, ma distruggere lo Stato. Senza Stato, niente esercito. Senza esercito nemico, nessun rischio di sconfitta. Da quel momento, l’obiettivo strategico delle forze armate USA e dell’alleanza che esse guidano, la NATO, consiste esclusivamente nel distruggere Stati. Ciò che accade alle popolazioni coinvolte non è un problema di Washington.
Questo progetto è inconcepibile per degli Europei, i quali, dalla guerra civile inglese, sono stati convinti dal Leviatano di Thomas Hobbes che è necessario rinunciare a certe libertà, o addirittura accettare uno Stato tirannico, piuttosto che venire sprofondati nel caos.
Pertanto, prestiamo attenzione quando un sedicente rappresentante delle istituzioni e della politica in Europa richiede a gran voci altre dosi di Accoglienza e ulteriori Cessioni di Sovranità Nazionale come panacea di tutti i mali. Dietro queste marionette c’è la Cabala.
La Cabala vuole liquefare gli Stati Nazionali e il senso di identità nazionale. L’unico ostacolo in Europa al caos programmato della Cabala è la Russia di Putin che si oppone alla presenza di immigrati clandestini nei suoi confini.
I cittadini dell’Europa si renderanno presto conto che, per arricchire corrotte ONG e marce cabale partitiche, le loro città saranno ormai ridotte a fogne a cielo aperto con milioni di clandestini che defecano, urinano, vomitano per le vie, e violentano, spacciano, picchiano, rubano, mentre le città russe saranno un esempio di pulizia. E allora sì che scoppierà una Rivoluzione Europea.
E’ proprio questo il motivo per cui il pupazzo Obama, la NATO, i servizi segreti deviati come la CIA, i Neocons, le autoreferenziali ONG umanitarie  e – soprattutto – la Cabala (che possiamo chiamare anche military-industrial complex) vogliono, a tutti i costi, la guerra contro la Russia.
E, per rispondere alla canea dei turiferari che si affannano a propagandare i migranti come ultima risorsa di Paesi ricchi in declino demografico,
qualcuno continua a ripeterci che i migranti sono una risorsa economica ma, pur senza contare tutti i presenti non censiti e cioè clandestini, costoro dovrebbero spiegarci come sia possibile avere un saldo economico positivo quando quelli che pagano tasse e contributi sono 2.294.000 (ma all’Inps risultano ancora meno gli iscritti) e i residenti ufficiali (UE ed extra UE) sono 5.014.000, quindi più del doppio.
Solamente se si calcola quanto costa all’Italia il fenomeno degli immigrati che sono salvati nel Mediterraneo, si arriva a una cifra di più di 6 miliardi di euro nel triennio 2014 — 2016. Il budget di soli di vitto e alloggio per il 2016 è di tre miliardi e 700 milioni cui vanno aggiunti i costi del pattugliamento e recupero di naufraghi da parte dei militari, le spese sanitarie che riguardano i nuovi arrivi e i vari costi amministrativi. In più occorrerebbe calcolare i costi della sanità generale a carico del Sistema Sanitario Nazionale per le famiglie di chi ufficialmente è già stato accolto. Anche considerando che chi lavora stia pagando i contributi come un qualunque cittadino italiano, il ridotto numero di anni che deriva dalla loro recente presenza, fa sì che alla fine rappresentino un puro deficit.
i https://wikispooks.com/w/index.php?title=United_States/Deep_state&redirect=no
iii Primo Sorvegliante della Ur-Lodge “Thee Eyes”, Cfr. Gioele Magaldi, Laura Maragnani, Massoni Società a responsabilità illimitata – La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere Editore
iv Enrica Perucchietti, “L’altra faccia di Obama – ombre dal passato e promesse disattese”, Uno Editori, http://www.libreidee.org/2012/01/laltra-faccia-di-obama-luomo-che-ha-beffato-il-mondo/
x Cfr. Gioele Magaldi, Laura Maragnani, Massoni Società a responsabilità illimitata – La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere Editore
(continua)