“Lavorare per trovare nuova intesa” - Il vicesegretario del Nazareno vuole ridiscutere la riforma Bonafede. Nel mirino finiscono anche le intercettazioni.
Se il buon giorno si vede dal mattino, la giornata del governo M5s-Pd promette tempesta. I ministri non si sono ancora seduti dietro le loro scrivanie e già dichiarazioni e interviste marcano le differenze e annunciano conflitti. Dopo Paola De Micheli, neotitolare dem di Trasporti e infrastrutture, che ha subito esternato tutto il suo amore per il cemento, per il Tav, per la Gronda, per i Benetton concessionari autostradali, è Andrea Orlando, vicesegretario del Pd ed ex Guardasigilli, a incendiare un tema ancor più cruciale per i Cinquestelle: “La riforma della giustizia ora va ridiscussa da capo”. È il titolo del quotidiano La Stampa a un’intervista che, in verità, non ha quella frase tra i virgolettati. Infatti arriva subito la smentita: “Il titolo della mia intervista non corrisponde a quanto ho detto e viene riportato dal giornale”. Comunque sia, il vicesegretario del Pd chiede di ripensare la riforma appena varata dal suo successore, il ministro Cinquestelle Alfonso Bonafede. “Esistono punti sui quali con il Movimento 5 stelle siamo d’accordo”, spiega Orlando. “Ce ne sono poi altri sui quali dobbiamo invece lavorare per trovare un’intesa”.
Orlando incontrerà Bonafede martedì e inizierà la discussione. Non vuole anticipare sui giornali i temi del confronto: per motivi di galateo istituzionale e politico, ma anche per non scoprire le carte di una trattativa che ha come fine (anche) quello di non far apparire il Pd troppo subalterno ai Cinquestelle. “Su due o tre cose siamo già d’accordo e possiamo cominciare a lavorare subito. Poi possiamo discutere per trovare un’intesa su quello che ci vede più distanti”. I temi su cui l’accordo c’è già sono il processo civile, il decreto sui tribunali fallimentari, il potenziamento delle infrastrutture nel settore giustizia. Più complicato affrontare i temi in cui le posizioni sono più lontane: in primo luogo la prescrizione e le intercettazioni. Anche perché dietro il pacato Orlando si muovono altri esponenti Pd le cui idee sulla giustizia risultano più lontane da quelle dei Cinquestelle di quanto non lo fossero quelle della Lega. I “negoziatori” Pd Graziano Delrio e Dario Stefano avevano espresso le loro perplessità sulla riforma della prescrizione già negli incontri per decidere le linee del programma comune M5s-Pd, tanto che il tema è rimasto fuori dagli accordi. C’è però tornato il capogruppo Pd in commissione giustizia alla Camera, Alfredo Bazoli, che al Foglio ha dichiarato che “il primo passo da compiere per il nuovo governo è rinviare l’entrata in vigore della riforma della prescrizione”: una “bomba nucleare pronta a esplodere il 1 gennaio 2020 e a consegnare processi eterni ai cittadini”. Ma non basta: “Occorre affrontare in modo organico la riforma del processo penale”. Con anche una forma “morbida” di separazione delle carriere: “L’introduzione di nuove finestre di controllo giurisdizionale sull’attività dei pubblici ministeri”. E con una ferita al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale: “Procedure di definizione dei criteri di priorità per l’esercizio dell’azione penale”. Anche Gennaro Migliore, campione del “garantismo” targato Pd, ha chiesto al nuovo governo (sul Dubbio) “una revisione delle politiche della giustizia”, con l’abbandono del “populismo penale”. Per non lasciare spazio a dubbi, ha precisato: “Sono per arrivare a una distinzione sempre più marcata tra inquirenti e giudicanti”. E per affidare ai capi delle Procure il potere di stabilire “una selezione di priorità nell’esercizio dell’azione penale”.
Altro tema bollente e di contrasto con il Movimento 5 stelle: le intercettazioni. Il divieto di pubblicare sui giornali intercettazioni telefoniche e ambientali era contenuto in una norma voluta da Orlando quando era ministro della Giustizia. Oggi l’ex ministro nega che si trattasse di “bavaglio all’informazione”: “È enfasi propagandistica, nel mio testo non c’è alcuna sanzione per i giornalisti”.
Intanto anche dalla Commissione parlamentare antimafia arriva un segnale al Pd: “I membri del partito democratico hanno finora avuto un atteggiamento ostruzionistico nei confronti dei lavori della Commissione”, dicono i componenti Cinquestelle. “Sarebbe auspicabile che d’ora in avanti cominciassero a condividere i lavori dell’Antimafia”.